Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

giovedì 14 gennaio 2021

Liberi di criticare e di proporre delle alternative

Anche se siamo storditi dall'ignoranza e impauriti dalla povertà e dalla malattia, dobbiamo farci delle domande non solo irrigidirci e fuggire. Non basta gridare "non avrete il nostro corpo". Occorre sviluppare una coscienza politica, come comunità, non solo come singoli.

Il coronavirus Covid-19 non è più nuovo (se lo è mai stato). Nessuno che abbia potere, risorse e responsabilità di governo, può più accampare scuse. Non brancoliamo più nelle nebbie della Valseriana, dove all'alba di ogni giorno si contavano anche dieci volte più morti dell'anno precedente. Stroncata la prima ondata, quest'estate, c'è stato tutto il tempo per prendere le decisioni necessarie per cominciare a convivere con questo virus come con tutti gli altri.

Molti altri paesi, dai cantoni della Svizzera, a Taiwan, alla Nuova Zelanda, ci hanno dimostrato che si poteva fermare o comunque grandemente rallentare la circolazione del virus, si poteva continuare a vivere e lavorare, si poteva gestire tutto diversamente.

Perché, passata la prima ondata, quando si è capito che erano necessarie prevenzione e cure precoci (con o senza idrossiclorochina, questo lo avremmo lasciato al naturale pluralismo che regna in medicina, la quale è notoriamente una scienza empirica e non una scienza esatta), non si sono precettati i medici di famiglia, dando loro risorse e poteri necessari per agire? Non si dia la colpa alle regioni, perché, guarda caso, i medici di famiglia sono ancora in tutto e per tutto malgestiti dallo stato. Non siamo né i soli, né i primi a dirlo, ma il tema è ignorato anche quando viene posto dai guru del Sant'Anna, o da migliaia di operatori della medicina di base, come gli aderenti alla Campagna per le cure primarie (partita nel 2018, non certo sull'onda dell'emergenza!).

Perché, quando si è definitivamente capito che le misure di distanziamento fisico e le mascherine, potevano far sparire raffreddori e influenze e quindi rallentare drasticamente anche la circolazione di questo coronavirus, non si sono lasciate alle scuole e ai luoghi della cultura, del divertimento, dello sport e del cibo, la libertà di auto-organizzare il distanziamento e la diversificazione degli orari di ingresso, così come invece la si è lasciata ai supermercati e alle manifatture? 

Perché non si accetta che siano autorità locali (sindaci e presidenti di regione) a stabilire delle regole adatte a ciascun territorio? Si deve porre fine alla gestione centralista e autoritaria e anche allo stato d'emergenza. Il virus, qualunque sia la sua origine, sarà con noi per sempre. Accettiamolo e ricominciamo, con prudenza, a vivere, passando dalla gestione emergenziale a una ordinaria "protezione mirata" (focused protection), come suggerito dalla Great Barrington Declaration.

Perché si è coltivata la metafisica dello "stare a casa", mentre si è totalmente trascurata la saggezza dello "stare locali"? Si è lasciato che la gente continuasse a viaggiare da una regione all'altra, da uno stato europeo all'altro, facendo in modo che il virus, con le sue nuove varianti, raggiungesse anche i molti territori in cui non era arrivato.

Perché si sono firmati contratti segreti e centralizzati, a livello europeo, per produrre in fretta e furia nuovi farmaci, invece che finanziare con denaro pubblico delle soluzioni aperte, senza brevetti? I nuovi farmaci, qualunque sia la loro efficacia, essendo stati totalmente finanziati da denaro erogato dalle autorità pubbliche, avrebbero dovuto essere dichiarati subito "bene comune universale". Da ora in poi essi (non solo quelli di tipo vaccinale, ma anche quelli chiamati "anticorpali) dovrebbero essere prodotti ovunque. Tutti i territori del mondo devono esser messi in grado di produrre localmente, non per profitto ma per il bene comune, i farmaci attualmente e temporaneamente approvati con una autorizzazione d'emergenza.

Proprio perché né il servizio pubblico della RAI, né la stampa locale toscana, accettano che si pongano queste domande, continuano le testimonianze di protesta.

A Firenze, domenica 17 gennaio 2021, dalle ore 14 in poi, in piazza della SS.Annunziata, si tiene una manifestazione di critica severa alla gestione dell'emergenza, al pensiero unico, al centralismo e all'autoritarismo sanitario, che poi sono il riflesso diretto della torsione centralista e autoritaria che sta attualmente dominando nel governo centrale della Repubblica. L'evento lo trovate anche su Facebook.


Prima ancora, venerdì 15 gennaio 2021, parte una manifestazione di disobbedienza civile diffusa, lanciata in diversi territori della Repubblica da ristoratori ed esercenti di locali pubblici. Si chiama #IoApro1501. E' una rivolta gentile contro le gravi conseguenze economiche e sociali delle restrizioni imposte dal governo centrale ai bar, ai ristoranti, ai circoli, ai luoghi di incontro, ai centri sportivi e ricreativi. Non importa quanti si ribelleranno alle restrizioni e per quanto tempo, ma un messaggio va dato, perché siamo sull'orlo del precipizio. Il conflitto tra necessità di rallentare il contagio e la necessità di lavorare c'è ed è gravissimo. Chi non lo vede, chi non lo soffre, chi non si domanda come attenuarlo, sta minando il nostro tessuto comunitario. Per capire il significato di questa protesta, ascoltate direttamente Momi Tito, l'egiziano di San Frediano, che ci ha messo ancora una volta la faccia:

https://www.facebook.com/mohamed.e.hawi/posts/10157622871626767

Libera Firenze e gli altri movimenti che hanno aderito a queste manifestazioni non sono negazionisti, né "novax", né cospirazionisti o complottisti. 

Semplicemente non ci stiamo a raccontare che tutto è andato bene, da quando si è diffuso il Covid-19, che non era possibile fare altrimenti, che non si poteva gestire la pandemia diversamente e forse meglio di come è stato fatto, che non sia possibile, qui e ora, correggere la rotta, tornando alla Costituzione e al buongoverno locale, rione per rione, territorio per territorio.

 

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