Partiamo da un presupposto, un pre-giudizio se volete: lo status quo in materia di ordinamento della giustizia non è più tollerabile. Lo sa ogni persona che ha avuto a che fare con i tempi insopportabili della giustizia nella Repubblica Italiana, soprattutto se umile e povero, figuriamoci se addirittura innocente.
La recente riforma costituzionale sulla separazione delle carriere fra giudici terzi e magistrati incaricati della pubblica accusa non sarà certo la panacea dei mali della giustizia italiana, ma, piaccia o meno, è la prima volta dopo decenni che si mette in moto un processo riformatore d'impronta garantista. Cosa di cui abbiamo estremamente bisogno in questo stato italiano sempre più lontano dai bisogni delle persone e delle comunità.
Partiremo dalle pacate e profonde parole con cui è stata annunciata la formazione del Comitato “Marco Pannella – Leonardo Sciascia – Enzo Tortora per il Sì alla separazione delle carriere”, per sostenere la riforma della giustizia approvata in Parlamento (fonte Radio Radicale): << Senza dimenticare che la separazione esisteva prima del fascismo, è del 1967 la prima manifestazione del Partito Radicale davanti alla Cassazione "per la giustizia giusta". Oggi salutiamo l'adozione da parte del Parlamento di questo segmento della riforma con la costituzione del "Comitato Marco Pannella-Leonardo Sciascia-Enzo Tortora per il Sì alla separazione delle carriere". Un segmento [a cui] quindi [dovranno seguire]: abolizione dell'obbligo dell'azione penale e la sottoposizione del Pubblico Ministero a controllo democratico; effettiva e periodica selezione professionale dei magistrati; rilancio del carattere accusatorio del nuovo processo penale; responsabilità civile dei magistrati; effettivo gratuito patrocinio per i non abbienti. >>.
La separazione delle carriere servirà, aggiungiamo, se sarà seguita da altri cambiamenti che pongano fine al proibizionismo, al panpenalismo, alla confusione normativa, alla cultura del sospetto, ai processi mediatici, all'assenza di ispettori professionisti con capacità e poteri di indagine, al sovraffollamento e alla disumanità delle carceri, alla quasi impossibilità materiale di riscatto delle persone condannate attraverso il lavoro e lo studio.
Se sarà da stimolo a ulteriori cambiamenti, magari ispirati all'utopia positiva del "Cosmonauta Francesco", qualcosa di buono ne verrà per le generazioni future.
Il centrodestra, per una strana combinazione di convenienze politiche, ha smosso le acque stagnanti della giustizia italiana, facendo ciò che gran parte del centrosinistra aveva promesso sin dai tempi dell'approvazione del Codice Vassalli (e Pisapia) del 1988. Si è data attuazione, con ottant'anni di ritardo, alla VII disposizione finale della Costituzione del 1948, quella che chiedeva la riforma dell'ordinamento fascista della magistratura.
Nel centrodestra, peraltro, non mancano esponenti che, con la loro goffaggine istituzionale o con le loro radicate convinzioni forcaiole, possono far naufragare questo inizio di riforma.


