Non parliamo di ciò che è accaduto all'inizio della pandemia del coronavirus Covid-19. Eravamo tutti spaventati. Sono stati commessi tanti errori, in tutto il mondo.
Parliamo di ciò che è avvenuto dall'estate 2020 in poi.
Da allora in poi si può dire che stiamo morendo di centralismo.
I frutti velonosi del centralismo si dividono sostanzialmente in due grandi categorie: le torsioni autoritarie e il disprezzo della Costituzione della Repubblica delle Autonomie, da una parte; dall'altra, l'inevitabile inefficienza, qualche volta la cialtronaggine, non di rado arrogante, di chi ignora cosa sono le diseconomie di scala e di chi rifiuta di capire la complessità e la diversità dei territori.
Il centralismo italiano ha fallito, come quello europeo, come una certa arroganza centralista globalista che si è manifestata nella stessa OMS.
A ormai un anno dall'inizio della crisi sanitaria, il potenziamento della rete dei medici di famiglia e degli ambulatori di territorio non è nemmeno iniziato. Purtroppo le regioni, proprio sui medici di famiglia, non hanno competenza diretta. Gli ostacoli giuridici, finanziari e anche culturali posti dalla mentalità centralista hanno persino rallentato e spesso fermato lo sviluppo delle USCA (unità speciali di continuità assistenziale).
Eppure il medico, intervenendo sul malato sin dai primi giorni, potrebbe azzerare la diffusione del contagio e mantenere le complicazioni e la mortalità entro le normali statistiche delle peggiori polmoniti.
Il manifesto per le cure primarie esiste da prima della pandemia e gode di sostegni prestigiosi (come quelli del Sant'Anna, un centro di eccellenza in Toscana), ma resta lontano dalle agende politiche (una vergogna, in particolare per un ministro della sanità che si autodefinisce di "sinistra").
Si possono muovere molte critiche alla rete IppocrateOrg per delle ingenuità, ma le testimonianze che ha raccolto interpellano la coscienza e le sue critiche al centralismo autoritario, anche nella scienza medica, sono ficcanti.
Totalmente ignorato, diremmo quasi censurato, è il lavoro di proposte alternative al centralismo autoritario e alla politica della quarantena proibizionista (lockdown), portato avanti dalla Great Barrington Declaration; eppure essa promuove una saggia politica di protezione mirata (focused protection), che potrebbe salvarci dal crollo economico e sociale, oltre che dall'aumento geometrico dell'ingiustizia sociale e da forme sempre più ignobili di sfruttamento dei lavoratori, specie di quelli impegnati nelle attività più pesanti e più precarie. Se qualcuno avesse aperto gli occhi sul fatto che l'agricoltura, la trasformazione alimentare, i trasporti pubblici, le pulizie, le manutenzioni, le riparazioni, l'assistenza domiciliare, sono ciò su cui si regge il mondo, lo si mette a tacere con l'infodemia del terrore. Non sia mai che questi lavoratori chiedano stipendi più equi e orari più leggeri!
Il centralismo ha fallito nel controllo del territorio. Invece di porre in essere delle sagge regole sullo "stare locale" (stile Taiwan), perché la pandemia non raggiungesse tutti i territori, si è preferita la scelta autoritaria (stile Wuhan) dello "stare a casa", appesantita peraltro, quest'ultima, da un moralismo deteriore e dal terrorismo mediatico.
Sono falliti gli acquisti centralizzati, tutti. Inquietano i lauti guadagni di chi si è trovato a poter vendere alla Protezione civile e al supercommissario Arcuri grandi partite di merce, ma non è quello il problema più grande! I grandi acquisti centralizzati sono una CERTEZZA che la merce sarà di qualità media o bassa, non soddisferà le esigenze diversificate, non potrà essere restituita o sostituita nel caso che sia inadeguata.
Sul fallimento degli acquisti centralizzati, in un campo critico come le cure intensive e la rianimazione ospedaliere, ha già scritto Open Polis.
Sul disastro delle forniture di dispositivi individuali di protezione (DPI) abbiamo già scritto su questo blog.
Sulla follia degli acquisti centralizzati (a partire dai banchi scolastici con le rotelle) rimandiamo a quanto è stato già abbondantemente scritto. L'incapacità di capire quanto sono avventati gli acquisti centralizzati malediva questa Repubblica da anni (basta pensare al disastro della CONSIP), ma in tempo di emergenza si è rivelata particolarmente funesta.
Sul fallimento della gestione centralizzata dei vaccini a livello europeo, non c'è altro da aggiungere. Ammesso e non concesso che la vaccinazione fosse la stragegia giusta per una malattia da coronavirus estremente cangiante nella sua natura ed estremamente variabile nelle sue conseguenze, tale strategia è fallita per eccesso di concentrazione di potere in poche mani, di segretezza, di miopia organizzativa, di arroganza politica. Come abbiamo già per tempo ricordato, la produzione di medicine deve essere pubblica, locale, senza scopo di profitto.
Grida vendetta, poi, il silenzio delle elite europee e globali sulla mancata sospensione di ogni brevetto su tutte le nuove medicine sperimentali, la cui ricerca è stata completamente e lautamente finanziata da risorse pubbliche. Quelle sul "vaccino bene comune" sono diventate delle ipocrite grida manzoniane.
Grazie al cielo altri percorsi di ricerca e di produzione di farmaci, come gli anticorpi, non si sono fermate, ma ciò è avvenuto non grazie, ma nonostante il centralismo italiano ed europeo.
Nei territori, il centralismo non ha fatto ciò che invece è stato possibile dove si sono lasciate agire le istituzioni locali: diversificazione degli orari di vita, studio e lavoro; cambiamenti nei trasporti pubblici; prevenzione degli assembramenti attraverso la riorganizzazione di spazi, mantenendo la libertà di lavorare; distribuzione di aiuti concreti a chi era in difficoltà. Una pletora di esperti, commissari, direttori generali, prefetti, dirigenti sanitari, direttori tecnici, alti funzionari amministrativi del centralismo si sono rivelati per quello che sono: mentalmente pigri, organizzativamente impreparati, tanto boriosi quanto inetti, con stipendi fuori mercato e al riparo da ogni controllo.
Abbiamo fiducia che qualcuno in più, di fronte a questo disastro, avrà capito che di centralismo autoritario si può morire.
Vogliamo crederci.
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Per coloro che hanno coraggio, fantasia, apertura mentale, consigliamo la rilettura della nota pagina in cui Tocqueville, all'alba della modernità industriale, metteva in guardia contro un mondo in cui forse si smetteva di essere sudditi, ma non si riusciva ancora a diventare cittadini:
Il y a telles nations de l’Europe où l’habitant se considère comme une espèce de colon indifférent à la destinée du lieu qu’il habite. Les plus grands changements surviennent dans son pays sans son concours ; il ne sait même pas précisément ce qui s’est passé ; il s’en doute ; il a entendu raconter l’événement par hasard. Bien plus, la fortune de son village, la police de sa rue, le sort de son église et de son presbytère ne le touchent point ; il pense que toutes ces choses ne le regardent en aucune façon, et qu’elles appartiennent à un étranger puissant qu’on appelle le gouvernement... (...) ...Cet homme, du reste, bien qu’il ait fait un sacrifice si complet de son libre arbitre, n’aime pas plus qu’un autre l’obéissance. Il se soumet, il est vrai, au bon plaisir d’un commis ; mais il se plaît à braver la loi comme un ennemi vaincu, dès que la force se retire. Aussi le voit-on sans cesse osciller entre la servitude et la licence. Quand les nations sont arrivées à ce point, il faut qu’elles modifient leurs lois et leurs mœurs, ou qu’elles périssent, car la source des vertus publiques y est comme tarie : on y trouve encore des sujets, mais on n’y voit plus de citoyens.
Alexis de Tocqueville, De la démocratie en Amérique, 1835
(source: https://www.institutcoppet.org/)
Beati quei Popoli che sapranno ritrovare le loro radici, coltivarle, proteggerle, avere il controllo del territorio, liberarsi dalle erbe infestanti, dai parassiti, dalla partitocrazia e dalla politica come l'abbiamo subita sino ad oggi.
RispondiEliminaAnimo! Alessandro! Saremo intanto un'argine e presto invertiremo questa tendenza perniciosa. Autonomie e Ambiente!
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