Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso
Visualizzazione post con etichetta sessantennio. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta sessantennio. Mostra tutti i post

lunedì 9 giugno 2014

Maremoto a Livorno

Filippo Nogarin, candidato espresso dai Cinque Stelle, è il nuovo sindaco di Livorno. Una svolta storica per la città e per la nostra terra.
Uno establishment che era al potere, ininterrottamente, da oltre un sessantennio, è stato licenziato in tronco.
Anche a Livorno, infine, è successo quello che era già successo a Firenze, Prato, Grosseto, Lucca, Arezzo. Gli elettori sovrani, speriamo sempre più spesso, danno delle belle spallate. E meno male!
Notiamo che altri status quo - di altri colori - sono messi in discussione a Perugia e Civitavecchia, a Colle Val d'Elsa, ma anche più lontano, verso Padova, Pavia, Potenza.
E' esattamente ciò che è necessario nel nostro tempo, nei nostri territori, nelle nostre vite.
Il nuovo sindaco - parlando in questo momento su Canale 50 - sta dicendo che non è una vittoria di parte e sbagliano tutti coloro che pensano ancora in termini di appartenza rigida a prescindere.
Siamo d'accordo: nessuno - tanto meno i candidati di quel PD che, con Matteo Renzi, è una speranza per tutto il paese - deve più vincere in quanto appartiene a una parte, ma in quanto promette di portarci da qualche parte.Auguri ai nuovi sindaci.
Auguri in particolare a Filippo Nogarin.
Congratulazioni anche a Marco Ruggeri, il giovane politico PD sconfitto a Livorno, il quale, con umiltà e dignità, ha appena ammesso la sua sconfitta, promettendo di continuare a contribuire a un vero cambiamento.


Autoscatto di Filippo Nogarin
(dal suo sito http://www.stratolimite.it/)


* * *


Approfondimenti:
- Chi è Filippo Nogarin, il nuovo sindaco di Livorno
- Andrea Romizi, candidato civico appoggiato anche dal centrodestra, è il nuovo sindaco di Perugia
- Antonio Cozzolino ha battuto un esponente non proprio nuovissimo del centrosinistra di Civitavecchia
- Massimo Bitonci, un leghista venetista, è il nuovo sindaco di Padova
- Massimo Depaoli sostituisce il berlusconiano Alessandro Cattaneo a Pavia
- Dario De Luca, con una rimonta incredibile, batte il centrosinistra di Potenza






sabato 8 giugno 2013

Padroni e ville in Toscana

Riguardo all'evocazione di padroni e ville come male sociale ritornante in Toscana, fatta dal presidente Enrico Rossi a Grosseto, di cui riparla oggi la nostra stampa, mi permetto di ricordare di chi è la responsabilità primaria dell'esplosione della bolla immobiliare, dei privilegi delle rendite, della manomorta (soprattutto pubblica) che soffoca le città e le comunità della Toscana: le macchine politico-amministrative degli attuali comuni, delle attuali province, dell'attuale governo regionale portano sulle proprie spalle la colpa principale.
La distruzione del territorio toscano è stata decisa dalla vecchia sinistra toscana, nel tentativo - in parte riuscito - di prolungare la propria egemonia e i propri privilegi ben oltre il Sessantennio.
E' la politica che consente le ville e scoraggia il lavoro, incrementando ingiustizie e ineguaglianze.
Il male è politico, non imprenditoriale. E come tutti i mali politici, occorre la rivolta dei cittadini sovrani per portare un po' di innovazione e, consentitemelo, di speranza.
Da dove possiamo ripartire? Ci sembra che un buon modo sia la scelta del "cemento zero", fatta da sindaci come Matteo Renzi, Dario Parrini e altri.

Diamo una mano, in questa direzione, e diamoci una mano, fra Toscani, invece di lamentarci e basta.

domenica 2 dicembre 2012

Congrats Bersani

Bersani, lo dicono i dati che si stanno consolidando, è il prossimo candidato premier del centrosinistra, oltre che di tanti cittadini indipendenti che si sono interessati a questa consultazione popolare.
Renzi ha già pronunciato un bel discorso, del tipo di quelli che nelle antiche democrazie si chiamano concession speech, una novità assoluta anche questa, un altro bello schiaffo all'Italietta dei burocrati e dei notabili.
Ci occuperemo ancora, da cittadini, da attivisti, da scienziati, anche delle diverse bucce organizzative e procedurali su cui sono scivolati gli organizzatori, ma resta la banana: grazie alle scelte coraggiose che Bersani e Renzi hanno fatto, d'ora in poi nessuno - ripetiamolo - nessun altro potrà candidarsi al governo di niente, senza passare da una selezione competitiva e partecipata.
Da questa esperienza, che ha dimostrato che anche in Italia - e ancora di più in Toscana - si possono fare registrazioni online e assemblee live, con centinaia di migliaia di cittadini sovrani attivi e generosi.
Sul vincitore, sulle possibilità che ha di fare qualcosa di buono, lasciandosi alle spalle non solo D'Alema e Veltroni, ma anche le Bindi e gli Stumpo, la penso in modo molto simile a quello che hanno scritto oggi sulla Nazione, Gabriele Canè. e, sul Corriere Fiorentino, Franco Camarlinghi.
Il sessantennio è finito, capito? Ma anche su questo torneremo...

.

sabato 18 giugno 2011

Berlusconi perché non c'era di meglio

Il Foglio ha lanciato una interessante raccolta di riflessioni sulla fine del berlusconismo, chiedendo equanimità. Posso contribuire anch'io?
Quando sarà tutto finito, sarà stato un altro ventennio, è vero, ma credo che sia equanime ricordare che, sin dall'inizio, il popolo sovrano non ha sempre scelto, seguito, votato Berlusconi - e tanto meno i berlusconiani - quando nel mercato politico c'era qualcosa di meglio.
Silvio Berlusconi è stato un uomo di straordinario successo personale, un grande incantatore di serpenti, uno strenuo difensore del proprio impero economico, un abile manovratore politico, ma non ha sempre veramente dominato la scena o dettato l'agenda politica italiana.
Sempre più cittadini, in questi vent'anni, si sono comportati più da sovrani che da tifosi. Anche con il Cavaliere. Importanti quote di elettorato, quelle più mobili, hanno capito e anche abbastanza per tempo che gli mancava la tempra dello statista realizzatore di cambiamenti istituzionali e di riforme economiche e sociali. E' stato molto più sopportato come male minore, che veramente amato.
Ecco qualche sommario e necessariamente semplicistico promemoria.
Sin dall'inizio, cioè sin dal 1993 a Roma, l'elettorato preferisce Francesco Rutelli a Gianfranco Fini, nonostante la raccomandazione del Cavaliere.
Nel 1994 vinse sì, ma per il rotto della cuffia. Il popolo aveva preferito lui a Occhetto, ma in quanti collegi uninominali i suoi candidati troppo improvvisati persero voti a favore di persone serie di sinistra e di centro.
Nel 1996 il vincitore fu Romano Prodi, il cui governo ci ha portato, bene o male, nell'Euro.
Dal 2001 al 2006 Berlusconi riuscì a governare per l'intera legislatura, ma fu costretto a mediare con Bossi, Fini, Casini e Follini e a fare due governi. Durante quegli anni la sua parte politica, che lui ci mettesse la faccia o meno, perse clamorosamente molte elezioni locali, regionali, europee. Non gli riuscì di vincere il referendum costituzionale del 2006, anzi, non ci provò nemmeno.
Gli riuscì invece, purtroppo, di far mancare il quorum a tanti referendum radicali e riformisti, che invece sarebbero stati utili per accelerare un cambiamento in senso anglosassone delle istituzioni e, chissà, forse anche della nostra società.
Nel 2006, nonostante l'impresentabile coalizione che lo sosteneva, rivinse Prodi.
Nel 2008, invece, Berlusconi vince per la terza volta, ma solo perché l'Unione era stata un disastro. Non dimentichiamo poi che, senza la svolta del Predellino, se non si fosse presentato con la sua lista unitaria di centrodestra, la novità del nuovo Partito Democratico maggioritario e il Veltroni consacrato dalle primarie sarebbero state per lui un concorrente davvero pericoloso.
Purtroppo la sua lista unitaria di notabili, belle ragazze e giovani obbedienti, non è diventata e non diventerà mai un vero partito liberale e popolare.
Il Partito Democratico, invece, e lo dico io dalla Toscana e da quel “Toscano Diverso” che sono sempre stato, non è più la “vecchia sinistra” del “sessantennio partitocratico”. Il PD è sempre più un grande contenitore, snello e duttile, al servizio dei suoi elettori, capace di far emergere giovani come Matteo Renzi e di lasciar correre outsider come Giuliano Pisapia.
Insomma, Berlusconi è stato creativo, abile, a suo modo audace. Credo che sia stato anche sincero, quando ha predicato e reso finalmente popolari in questo paese intriso di statalismo eticista, un kerygma di idee liberali, liberiste e persino libertarie.
E' stato un leader capace di galleggiare sopra i limiti di tutti i suoi avversari. I quali, con pochissime eccezioni, sono tutti in politica da prima di lui e, spero che il Cielo e gli elettori siano d'accordo, non vorrei davvero che riuscissero a sopravvivergli.



Mauro Vaiani


mercoledì 18 maggio 2011

La rivoluzione liberale come un lavoro


Queste elezioni amministrative sono state difficili, come lo sono tutte per coloro che si appassionano e si impegnano.
Qualche segnale positivo, per coloro che vogliono liberare la politica italiana dal berlusconismo e quella toscana dal verdinismo, c'è stato.
In più continua, solo apparentemente in modo meno clamoroso, la dissoluzione della vecchia sinistra toscana, quella del sessantennio.
Si moltiplicano nel territorio situazioni dove si manifesta un confronto moderno fra democratici e liberali, una competizione molto più serrata fra persone, un maggior controllo del popolo sovrano sulle amministrazioni.
Nelle prossime settimane, fra ballottaggi e referendum, ne vedremo ancora delle belle e magari delle brutte.
A tutte le persone protagoniste dell'alternativa civico-liberale, a Giuliana Baudone e a tutti coloro che con lei si sono voluti sottrarre al "tegamismo reale" che domina la politica lucchese, a Massimo Balzi e a tutta la splendida pattuglia liberale che si è raccolta in Futuro e Libertà a Pisa, voglio dedicare le parole di Weber sulla politica come sacrificio, come sudore, come scelta di vita, riprendendole da una mia mail scritta agli amici di Insieme per Prato nel 2004.
Da anni siamo impegnati, con attaccamento, coscienza e onore, per realizzare un ideale libertino e popolano in Toscana, la rivoluzione liberale in Italia e in Europa, l'avanzamento della libertà e dell'autogoverno in tutto il mondo.
La nostra parte di lavoro non è ancora finita.
Avanti!
* * *

Nell'oscuro inverno del 1919 Max Weber pubblicò un discorso importante sulla politica: "Politik als Beruf". Vi espose la necessità di una etica della responsabilità, che superasse quell'etica dell'intenzione, dietro la quale si nascondono tutti gli estremisti, che non si curano delle conseguenze, nemmeno quelle vicine, delle proprie azioni.
Beruf è un termine difficile da tradurre in italiano, perché significa sia "vocazione" che "professione". Forse è giusto tradurlo, in pratese, con la semplice e pregnante parola più pratese che c'è: lavoro.
Quando un pratese parla di un "lavoro" da fare, intende dire che l'energia personale è coinvolta in qualcosa da fare bene e con zelo, ma anche con misura e continuità, con passione ma anche con moderazione, con spirito avventuriero ma anche con la speranza non troppo remota di cavarci qualcosa di concreto per sé e per gli altri.
Ecco la pagina finale di quell'importante discorso del 1919:
"Politica significa forare con forza e a lungo dure tavole, con passione e precisione insieme. E' certo giusto, come conferma tutta l'esperienza storica, che non si raggiungerebbe il possibile se non si fosse tentato nel mondo continuamente l'impossibile. Ma chi lo può fare deve essere un capo e non solo, anche un eroe nel senso più elementare del termine. E anche coloro che non lo sono devono armarsi di quella saldezza del cuore, che è all'altezza perfino del fallimento di ogni speranza, e questo già ora, altrimenti non saranno in grado di realizzare neppure quello che oggi è possibile. Solo chi è sicuro di non spezzarsi se il mondo, dal suo punto di vista, è troppo stupido o volgare per quel che gli vuole offrire, solo chi di fronte a tutto ciò è capace di dire "eppure!", solo costui ha la stoffa per il lavoro politico.".

sabato 6 maggio 2006

Archivio - Una linea politica per Forza Italia Toscana, la nostra


 

Riproduco qui un mio intervento del 2006. E' rappresentativo del contributo che ho personalmente dato, negli ultimi anni, alla formazione di una linea politica credibile per una nuova area civico-liberale toscana, una realtà che è andata ben oltre il vecchio e angusto centrodestra e che, perdonatemi la presunzione, credo sopravviverà alla fine del ciclo politico di figure come Denis Verdini, Altero Matteoli, Silvio Berlusconi (Nota dell'A., mercoledì 8 dicembre 2010).


Forza Italia Toscana
XV Consiglio regionale, aperto agli iscritti
Sabato 6 maggio 2006
Firenze, Palazzo dei Congressi

Intervento di Mauro Vaiani, lo sherpa del sito http://www.alessandroantichi.org e collaboratore del portavoce dell'opposizione nel Parlamento toscano, Alessandro Antichi
Il testo integrale

Diventiamo noi stessi il ponte, la grande opera compiuta nella Toscana dell’incompiutezza e del declino
Oggi sono con voi da iscritto a Forza Italia, non più da esterno, come quando mi sono presentato alla Conferenza programmatica del novembre 2004, come coordinatore di Toscana Libertaria e delle liste civiche collegate a quella rete di amicizia politica.
Se tutta la Toscana fosse nel "fuso orario" di Grosseto, sarei entrato in Forza Italia già dal 1996. In quella città, infatti, una forma di grande alleanza civica e liberale per l’alternativa e per la fine dell’egemonia della sinistra post-comunista, si è realizzata con dieci anni di anticipo.
Tuttavia, lo dico sottovoce, con umiltà, sono solo uno studioso di periferia che collabora con il Portavoce dell'opposizione del Parlamento toscano, non mi pare che sia tardi...
Non ce l’abbiamo fatta con il Cinquantennio, ma riusciremo a porre fine al Sessantennio.
Mi perdonerete se parlo solo della Toscana. Sono convinto che lo snodo di tutto è qui. E' nella sottovalutazione delle roccaforti rosse l'origine di tanti problemi dei moderati italiani e delle tante cose che il presidente Berlusconi non ha potuto fare.

Grazie a Berlusconi siamo tornati ai risultati del 2001 o a quelli di Altero Matteoli. Quasi dappertutto in Toscana è un 60% per la continuità e un 40% per una speranza di alternativa. Non riusciamo a schiodarci da qui. E' l'autunno del partito-stato... E' l'inverno... O siamo ancora in piena era glaciale politica?

Cosa possiamo fare, per guadagnarci il consenso che senza Berlusconi non ci sognamo nemmeno? Anzi, addirittura, cosa possiamo fare più di Berlusconi? Occorre qualcosa in più...
 
Ho negli occhi due immagini simboliche.
 
Sono nato e cresciuto a Prato, davanti a una grande opera incompiuta, la declassata, che ormai ha più di quaranta anni, come me.
 
Vivo e lavoro a Pisa da quattro anni nei pressi una altra grande incompiuta, la FI-PI-LI nei pressi dell’aeroporto. Due volte l’anno, da quattro anni, leggo sui giornali che sono partiti i lavori definitivi per il raddoppio… Aspetto con pazienza…
 
Questa è la Toscana, nel tempo del partito-stato: incompiutezza e declino.
 
Questo non significa che sia così facile cancellare dalla mente e dal cuore della maggioranza assoluta dei Toscani, fra cui i miei genitori e gran parte delle persone che amo di più al mondo, l’immagine dell’antico Partito Comunista Toscano. Il partito del sindaco Giovannini di Prato, per esempio, o l’immagine del PCI di Berlinguer… L’immagine di un grande partito popolare, amato, odiato, rispettato dagli altri partiti popolari, che facevano di tutto per imitarlo… L’immagine di un partito serio e soprattutto meno cinico del mondo e della società in cui era immerso…
 
Un partito meno cinico e più serio... Una chimera per i Toscani, nativi e immigrati, che cercavano un punto di riferimento negli anni della Ricostruzione, dell'industrializzazione e dell'urbanizzazione selvaggia, della secolarizzazione e della perdita di legami sociali e tradizioni popolari.
 
Questo mito è difficile da sfatare. Forse perché, come molte leggende, ha in sé un nocciolo duro di verità… E chi vuole costruire un’alternativa in Toscana, deve vincere anche questa sfida con l’immaginario. Anche con il linguaggio. Anche con la legittimazione… Scavando e facendosi forti di tutte le nostre radici, quelle cristiane, quelle ebraiche e quelle laiche.
E’ un bella sfida. Si tratta di essere e di apparire una grande alternativa popolare, civica e liberale. Qualcosa di vero, di schietto, per conquistare il cuore dei Toscani…
 
Quante volte discutiamo fra di noi della "legittimazione"? Dietro la nostra in effetti debole legittimazione a proporci come alternativa, c'è anche qualcosa di profondo, di sentimentale, un attaccamento della grande maggioranza dei Toscani a qualcosa che noi non siamo, non siamo ancora, non possiamo essere da soli... 

Partecipare al 25 aprile o al 1 maggio, sicuramente ci "storicizza", ci avvicina al mondo interiore e alla storia della maggioranza dei Toscani.Perdere il referendum del prossimo 25 giugno, invece, subendo impotenti l'aggressione delle vestali della "Costituzione tradita" già mobilitate nei cosiddetti "Comitati Scalfaro", ci danneggerà... Come ha ricordato stamane anche il prof. Quagliariello.
 
Certo non siamo più, a denunciare l’egemonia, una voce solitaria che grida nel deserto.Da quando i grandi media italiani ed europei hanno cominciato pubblicamente a discutere dello strapotere economico degli eredi del vecchio Partito Comunista Italiano, a più di uno è parso che il lungo autunno del partito-stato sia finalmente diventato inverno.
 
Da quanto il presidente Silvio Berlusconi ha speso tante delle sue energie dimostrando con le parole e con i fatti che gli eredi della vecchia macchina egemonica del PCI sono il “re nudo” della politica italiana, persino nella sinistra italiana ed europea qualcuno comincia a capire e a dire ad alta voce che le regioni rosse, da roccaforti, stanno diventando le palle al piede per il futuro politico della parte politica democratica.
 
Lo sapremo dai Senesi, se è siamo arrivati a scorgere i segni di una qualche timida primavera. Se i Senesi si regaleranno il ballottaggio, non importa fra quale dei cinque candidati alla carica di sindaco, Alessandro Manganelli, Francesco Giusti, Luciano Bichi, Maurizio Cenni, Pierluigi Piccini, sarà come sentire le trombe davanti alle mura di Gerico. Saremo pronti?
E che vuol dire essere pronti all’eventualità che l’egemonia del partito-stato si incrini?
 
Secondo me essere pronti vuol dire essere capaci di costruire ponti. Intanto essere noi a finire i ponti, i viadotti, le opere materiali e spirituali che il Centrosinistra lascia incompiute. Intendo dire soprattutto: prenderci noi a cuore la Toscana, la sua gente, le sue tradizioni e libertà, diventare noi stessi un ponte, un grande luogo di incontro e di aggregazione.
 
Nel 2004 Denis Verdini ebbe occasione di parlare di Forza Italia Toscana come del partito di raccolta di tutta l’opposizione toscana, dai ribelli di centrosinistra ai gruppi civici, dai riformisti ai liberali, dal centrodestra ai gruppi conservatori e tradizionalisti. Da Pera alla Bonino, per intendersi... E soprattutto oltre! Ebbene facciamolo.
 
Facciamo di Forza Italia Toscana il ponte verso i giovani, le donne, le differenze, le minoranze, che sono naturalmente portatrici di concretezza, umanità e valori liberali e conservatori autentici, come ci ha ricordato (anni prima dell'11 settembre 2001) la grande lezione di Pim Fortuyn. 

Facciamo di Forza Italia Toscana il faro per tutti coloro che vogliono un partito-strumento e non più un partito-fine a se stesso, dominato dai machiavellismi, dal cinismo, dall’uso sistematico della violenza contro gli avversari, soprattutto quelli interni. 
 
Diverso, sì, diverso, dai partiti postcomunisti e postfascisti, dai vecchi partiti di massa, verticisti, clientelari, assistenzialisti.
Facciamo di Forza Italia Toscana il punto di riferimento per i riformisti e gli innovatori, coloro che vogliono partecipare, pur con tutte le loro differenze, alla grande alleanza civica con cui libereremo la Toscana da una esangue aristocrazia rossa che pratica il familismo amorale, il nepotismo, il clientelismo, in forme industriali e sofisticate, abile nel mantenersi entro i confini della legalità ma in realtà dilapidando i beni pubblici e saccheggiando le ricchezze private.
 
Facciamo di Forza Italia Toscana un ponte sul quale far passare l’opposizione toscana oltre il vuoto morale, culturale, organizzativo e politico che ci circonda. E’ nostro dovere, è l’urgenza morale e civile di questo nostro tempo: fare tutto quanto è in nostro potere, in Toscana, per costruire in ogni borgo, paese e quartiere, una opposizione incardinata a un progetto di continuità, unità, capacità di allargamento. Pronti per l’impossibile, in paziente attesa dell’insperato…
Con una speranza, una grande speranza civica e liberale, civile e politica.

Una visione chiara: un grande progetto di liberalizzazione della Toscana, che segni la discontinuità rispetto allo statalismo del vecchio PCI e di tutti gli altri vecchi partiti, rispetto all’immorale saccheggio delle ricchezze pubbliche per mantenere la nomenklatura e per comprare il consenso, rispetto all’insopportabile giogo gettato addosso a tutti coloro che sono capaci e hanno spirito di iniziativa e palle e polvere per emergere nella società toscana.
 
Voglio fare un saluto, e mi avvio alla conclusione, a tutti i Toscani che sono impegnati nelle prossime amministrative. In particolare ai Toscani dei piccoli centri, dei comuni con meno di 15.000 abitanti e il turno unico, che hanno l'unità e l'allargamento dell'opposizione nel loro quotidiano, nella loro fatica, nella loro generosità, non solo nei discorsi...

Un particolare augurio e incoraggiamento a Ione Orsini, candidata a Sindaco con la lista unitaria Rinnovamento a Vecchiano. Una esperienza unitaria, civica e liberale, in una antica roccaforte di repubblicani, socialisti democratici e cattolici liberali, che purtroppo è da trent'anni dentro la palude dell'egemonia comunista prima e postcomunista oggi.
 
Concludo con le parole di un documento politico che sta facendo un certo rumore a Pisa, perché è un appello a organizzare da subito le primarie per le elezioni comunali di Pisa 2008. Molti di voi già sapranno che furono le elezioni di Pisa 2003 una prova generale dell’Unione, lanciata verso la riconquista del potere a tutti i livelli. Nel cuore ho la speranza che Pisa 2008 possa essere invece, stavolta, un punto per la nostra opposizione civica e liberale.
 
Dice il documento: Nulla è eterno, nemmeno il grigiore culturale, il conformismo politico, l’incuria dei beni pubblici, il disprezzo dell’iniziativa privata e dell’innovazione, che ci sono imposti dalla sinistra postcomunista toscana. Proprio perché le nostre radici sono profonde e i nostri valori forti, sappiamo di poterci aprire, allargare, includere e convincere i Toscani a cambiare. Vedremo la fine del Sessantennio e vivremo, insieme, con un nuovo spirito repubblicano, una nuova primavera politica, dopo l’inverno del partito-stato.

Fonte:
http://www.alessandroantichi.org/content/view/159/
(acceduto il 7/12/2010)

sabato 25 marzo 2006

Archivio - Prima Pisa

Riproduco qui il documento "Prima Pisa", che testimonia la fantasia e l'energia con cui abbiamo lavorato per una alternativa civica e liberale in Toscana, stavolta non a Prato, non con Antichi in regione, ma a Pisa (Nota dell'A., martedì 7 dicembre 2010).

PrimaPisa

Documento aperto per una primavera politica nella Provincia di Pisa e in Toscana,
dopo l’inverno del partito-stato

1. A tutti i cittadini della Provincia e della Città di Pisa lanciamo un forte appello a votare per il presidente Silvio Berlusconi e per Forza Italia, nelle prossime elezioni politiche del 9-10 aprile 2006. Il Presidente ha dimostrato, con il record storico dei suoi cinque anni di governo, la capacità di reazione ai problemi incontrati in questo difficile momento storico, la serenità con cui ha resistito all’incredibile accanimento contro di lui e l’energia con cui ha condotto la campagna elettorale, di essere il miglior candidato premier.
2. Dopo le elezioni politiche, le nostre energie e il nostro impegno torneranno a essere dedicati, prima di tutto, a Pisa e alla nostra Provincia. Questo documento indica un percorso di aggregazione e rilancio, aperto al contributo di coloro che ne condividono lo spirito e le speranze.
3. Dobbiamo essere sul nostro territorio l’Alternativa moderata e liberale, protagonista dell’autogoverno delle nostre comunità, fedele alle tradizioni e alle libertà della Toscana, ancorata all’eredità spirituale cristiana, ebraica e laica dell’Italia, dell’Europa, dell’Occidente.
4. Crediamo nella libertà.
5. Crediamo nel diritto alla vita, alla proprietà, alla felicità.
6. Crediamo nella famiglia, nel lavoro, nel dovere, nel senso civico, nell’amore per la nostra terra e nella salvaguardia del Creato. Crediamo nel senso di sacrificio, nell’intraprendenza, nella meritocrazia, nell’assunzione di responsabilità.
7. Vogliamo che la nostra società sia più libera e aperta, più rispettosa e tollerante, quindi più responsabile, leale, pulita e ordinata.
8. Rifiutiamo la cultura dell’esonero dalle prove della vita, la rassegnazione alle droghe, la fuga dalla fatica e dalla realtà, l’infantilismo, il mammismo, le raccomandazioni, i favoritismi.
9. Crediamo che sia la libera iniziativa a produrre ricchezza, non la pianificazione. Crediamo in poche leggi, ma chiare e fatte rispettare. Crediamo nella solidarietà alle persone, non nelle burocrazie.
10. Crediamo nel disinteresse e nel distacco del buon amministratore, non nei funzionari garantiti a vita dal partito-stato e dalle sue organizzazioni collaterali.
11. Ci ispiriamo alle grandi figure che hanno onorato il passato politico pisano, da Filippo Mazzei a Giuseppe Toniolo, fino ai tanti sconosciuti che nell’anonimato del piccolo borgo o della strada di periferia, hanno militato nelle organizzazioni cattoliche, laico-socialiste, liberali e moderate.
12. Celebriamo il 60° anniversario della Repubblica, impegnandoci perché sia conosciuta, apprezzata e approvata dal popolo la prima vera riforma costituzionale che sia mai giunta in porto, che ammoderna lo stato, fa avanzare il federalismo, rende le istituzioni più vicine ai cittadini, in profonda coerenza con la storia della Toscana e il nostro tradizionale autonomismo.
13. Crediamo nella sovranità popolare, nelle istituzioni, nella rinascita di una moderna e leggera forma partito.
14. Noi, iscritti di Forza Italia, dobbiamo impegnarci a costruire una formazione politica unitaria e inclusiva, nella prospettiva del bipartitismo.
15. La nostra organizzazione dovrà essere adeguata alla sfida che lanciamo alla macchina egemonica della sinistra. Dovrà essere capace di autofinanziarsi e raccogliere una grande partecipazione, sia con la tradizionale apertura di sedi e circoli sul territorio, sia con i nuovi strumenti telematici.
16. Il nostro movimento unitario dovrà essere fondato, prima di tutto, sul rispetto. Rispetto delle persone. Rispetto delle idee. Rispetto delle regole.
17. Desideriamo un grande partito popolare, partecipato e pluralista.
18. I cittadini dovranno essere protagonisti della vita del partito, assieme agli iscritti e agli eletti. La libertà e l’autonomia di questi ultimi non è in discussione, ma i gruppi consiliari dovranno essere un esempio di operosità e unità, in armonia con le scelte del partito.
19. Le primarie, aperte a tutti i cittadini, saranno lo strumento per la scelta dei candidati, a partire dall’indicazione del presidente di quartiere, del sindaco e del presidente di provincia.
20. Le liste elettorali dovranno premiare in primo luogo la militanza, essere aperte alla società, alle donne, ai giovani, e rappresentative di tutte le esperienze e componenti interne.
21. Nulla è eterno, nemmeno il grigiore culturale, il conformismo politico, l’incuria dei beni pubblici, il disprezzo dell’iniziativa privata e dell’innovazione, che ci sono imposti dalla sinistra postcomunista toscana. Proprio perché le nostre radici sono profonde e i nostri valori forti, sappiamo di poterci aprire, allargare, includere e convincere i Pisani e i Toscani a cambiare. Vedremo la fine del Sessantennio e vivremo, insieme, con un nuovo spirito repubblicano, una nuova primavera politica, dopo l’inverno del partito-stato.

Pisa, Capodanno pisano 2007
(25 marzo 2006)

I firmatari, in ordine alfabetico (A parte l'estensore e curatore, che si è messo per ultimo...):
Fabio Acri
Jonathan Alvino
Damiano Anselmi
Umberto Ardito
Massimo Balzi
Cesare Barsotti
Fabiano Benatti
Mario Biasci
Marco Boldrini
Federico Bonuccelli
Mirella Bronzini
Gabriele Caleo
Giuseppe Calò
Leonardo Carloppi
Luca Cavallini
Roberto Cerri
Stefano Colombini
Stefano Colombini
Barbara Corso
Annarita D'Alò
Francesca Fabbri
Nedo Fedi
Francesco Felloni
Daniele Ferranti
Carla Ferri
Riccardo Froli
Giovanni Garzella
Massimo Gerbi
Sabrina Ghelardi
Roberto Giannattasio
Dino Guiggi
Roberta Luperini
Riccardo Maini
Fabrizio Martolini
Leonardo Mattolini
Michele Molino
Gianni Nencini
Claudio Niccolini
Domenico Pandolfi
Giuseppe Pane
Patrizia Paoletti Tangheroni
Cristiano Pennesi
Luciano Picchi
Piero Pizzi
Federico Podestà
Barbara Poscia
Maria Teresa Lumachi
Giuseppe Tizzanini
Domenico Trombi
Giacomo Zito
Mauro Vaiani

Vedi anche il sito che fu aperto da Francesco Felloni per diffondere il contenuto di questo manifesto:
http://www.episa.it/primapisa/
(acceduto il 7/12/2010)

sabato 20 novembre 2004

Archivio - Come sono finito con Verdini e con Berlusconi

Il 20 novembre 2004 intervenni, come esponente civico-liberale e coordinatore del gruppo Toscana Libertaria, alla Conferenza programmatica organizzata da Forza Italia Toscana. Riproduco qui la trascrizione del mio intervento, che fu fatta dall'organizzazione e a suo tempo pubblicata su un sito di quel partito, purtroppo oggi non più in linea. Può aiutare a far comprendere come mai cominciai a collaborare con la parte politica di Denis Verdini e di Silvio Berlusconi in Toscana. Le parentesi quadre segnalano punti del testo in cui sono intervenuto per renderlo più leggibile (Nota dell'A., martedì 7 dicembre 2010).


Intervento di Mauro Vaiani

Grazie di avermi dato questo minuto per parlare.
Sono da undici anni impegnato con “Insieme per Prato”. Forse ci conoscete perché è un organismo civico che ha ormai una sua storia.
Da tre anni coordino anche un gruppo di studio e di collegamento che si chiama “Toscana Libertaria”.
Le associazioni che ne fanno parte hanno una forte storia locale, una grande autonomia, una anima civica e libertaria, una loro elaborazione culturale.
Talvolta sono pezzi della sinistra che in qualche comune o in qualche borgo si sono staccati dal partito–stato, o piccole liste civiche che poi sono grandi invece, perché rappresentano un momento di grande unità tra persone. Molte delle quali sono normalmente impegnate nella Casa delle Libertà.
Noi dialoghiamo [con le persone del centrodestra toscano] da ormi tre anni, perché speriamo che arrivi il momento di un progetto che noi chiamiamo “Toscana insieme”. Una realtà che possa diventare un’alternativa valida a “Toscana democratica”. Qualcosa di toscano per i Toscani, da fare insieme con un atteggiamento il più unitario, il più aperto inclusivo e possibile.
So qual è il bello del maggioritario e la gente per strada lo capisce di più di molti di noi che siamo impegnati nella vita politica.
Sono anche il segretario dell’associazione Italia-Israele a Livorno e, quando sono stato cacciato dall’università, perché avevo invitato il signor Cohen il 14 ottobre scorso, ho visto e toccato con mano il bello del maggioritario.
La semplice reazione [a quell'evento di intolleranza] da parte di una opposizione credibile, rappresentata in quel momento dall’intervento di Denis Verdini, che approfitto per ringraziare, ha provocato una immediata reazione anche da parte del governatore Martini, che è stato spinto a condannare questa cosa incredibile che era successa a Pisa.
Perché il bello del maggioritario è questo: che qualcuno di credibile è all’opposizione, [per cui anche chi è al potere deve stare attento, essere più credibile].
Una credibile opposizione è un vero punto di riferimento, che può agire [trasversalmente in positivo] su tutta la società, e in questo caso ha agito.
Non è poco! Perché noi vivevamo le prime ore, i primi giorni, nel silenzio assordante dei professori e dei vari esponenti della società civile pisana che mi dicevano: “Ma Vaiani, ma come si fa a invitare un Israeliano, senza una controparte palestinese, nell’ambito di un’iniziativa per la pacificazione, per il ritiro di Israele da tutti i territori occupati?". So cosa tanti avevano nella testa, figuriamoci: il ritiro unilaterale di Israele, come se Israele fosse un unico insediamento da sloggiare!
E' stata questa la reazione media di tanti e ne siamo usciti solo dopo questa azione chiara, benefica, utile, maggioritaria: l'intervento diretto di Verdini e la necessaria risposta di Martini, che hanno provocato il risveglio della sinistra democratica Pisana e del mondo universitario.
Sessant’anni di egemonia sono una cosa seria. Un sessantennio.
Dobbiamo immaginare di trovare un minimo comune denominatore di liberalizzazione della nostra terra, per arrivare al momento in cui questi sessant'anni di egemonia finiranno.
Stiamo parlando di qualcosa di difficile e di delicato, qualcosa che richiede probabilmente un approccio da grande coalizione, qualcosa di simile alla coalizione democratico-repubblicana con cui Giuliani pose fine a quella che era la roccaforte democratica della città di New York. Ma non importa guardare così lontano. Il vostro e nostro Michele Bazzani, con il suo gruppo “Obiettivo Comune” di Barberino Val d’Elsa, è riuscito a imporre l’alternanza e, in questo modo, a stroncare questo conformismo che lentamente ci uccide… Ci vorranno anni per riprenderci dal conformismo che la sinistra in questa Toscana, prima tutta nera, poi tutta rossa, poi tutta bianco-rossa, in una continuità di stili di governo, di egemonia, di controllo di tutto, che dura da sessanta anni.
Forse ci vorrà una generazione intera per riprenderci dai guasti di questo conformismo.
Io lavoro all’università e ogni giorno ricevo centinaia di mail. Moltissime sono battute, disegni, vignette contro Berlusconi. Non ne ricevo mai una che ridicolizzi o faccia ridere o strappi un sorriso sui potenti di questa terra, di questa nostra terra Toscana. Non credo che ci si possa sentire così tranquilli, così sicuri in una terra in cui persino i comici ridono solo di Berlusconi e non dicono mai nulla su quello che il centro-sinistra rappresenta qui.
Noi proseguiamo in questa nostra opera di evangelizzazione.
Vi invito a un grande approccio unitario nei prossimi mesi.
Non si deve neanche pensare all’allargamento per forza di uno schieramento. Ogni forza politica vada verso l'appuntamento delle elezioni regionali del 2005 con la sua autonomia, la sua storia, le sue persone e i suoi leader naturali.
Però noi li vediamo qui, oggi, dei leader naturali che saranno in grado di aprire un dialogo che allarghi la Casa delle Libertà.
Voi sapete che noi viviamo in una terra dove la maggioranza assoluta degli adulti almeno una volta ha votato per il partito comunista italiano.
Grazie a D-o le cose cambiano.
Dei leader naturali di impronta liberale possono raggiungere qualche altra fetta della nostra società.
Le tre esperienze che ha ricordato Massimo Baldini, prima, di governo del centro destra in Toscana - [Grosseto, Arezzo, Lucca] - sono state anche esperienze di allargamento di coinvolgimento di inclusione.
Noi facciamo un’azione lealmente centrista, cioè stiamo in mezzo alle liste civiche, nei vari gruppi e comitati, tra cui quello dei “Centouno”.
Abbiamo un dialogo diretto anche con Renzo Macelloni [, il pragmatico ribelle leader che vorrebbe una sinistra toscana più moderna].
Noi facciamo un ragionamento per un approccio lealmente unitario...
Non vogliamo entrare nella vostra organizzazione o nella vostra vita di partito politico, noi siamo associazioni toscaniste.
Noi ci occupiamo di Toscana.
Ci piace fare qualcosa in Toscana, da Toscani, per la Toscana.
Crediamo che un cartello toscano aiuterebbe a promuovere la dignità, la libertà, il dialogo.
Toglierebbe anche le conseguenze pericolose della struttura verticale che ha la casa delle Libertà...
Se qualcosa va storto a Roma, perché bisogna pur mettere in conto che qualcosa vada storto a Roma - anche se auguriamo a questo governo il successo per tutte le sue riforme - non crediamo si debba interrompere un dialogo per il cambiamento della Toscana.
Se a Roma c’è una rottura forte, se ci sono dei temi forti che dividono a livello nazionale o europeo, non è detto che ci debbano dividere in questa regione, dove dobbiamo ripristinare un minimo di agibilità politica e imporre per la prima volta l’alternanza.
Sono convinto, per fare un altro esempio, che sia l’euroscettico sia l’eurofanatico, che abbiano un minimo di amore per il buongoverno e per il ripristino delle tradizioni e delle libertà della Toscana, possano tranquillamente collaborare nei prossimi anni.
Non credo, aggiungo, che in Toscana sia [significativa] una contrapposizione tra laici e cattolici, perché noi, che nelle nostre associazioni abbiamo radici cattoliche, ebraiche e laiche, sappiamo benissimo [che non sono le radici] che possono dividerci...
Quando si parla di ripristinate un minimo di buon governo, un minimo di amore per le cose fatte bene e un minimo di libertà, non è decisiva nemmeno la contrapposizione sinistra-destra. Anzi noi abbiamo bisogno della sinistra moderata e riformista, di qualche testa libera da quella parte. Abbiamo bisogno del dialogo fra la destra più moderata e quella più conservatrice.
[Abbiamo bisogno di essere] uniti da dei leader naturali che abbiano la voglia e la capacità [di realizzare] l’alternanza e il cambiamento in Toscana.
Grazie.

giovedì 17 giugno 2004

Babbo, sono tornato comunista

Archiviamo e rilanciamo su Diverso Toscana uno scritto originariamente pubblicato il 17 giugno 2004, da Pisa, per S.Ranieri. Eravamo in un momento difficile del nostro impegno per il superamento della vecchia sinistra toscana, della nostra opposizione storica al sessantennio e al partito-stato. Cominciavamo appena a intravedere la possibilità di partecipare, come avremmo fatto poi con la candidatura Antichi nel 2005, a una importante tentativo di creare una nuova area politica civico-liberale, una alternativa e non solo una alternanza, anche in Toscana. Con questo scritto attaccammo l'aristocrazia rossa, che allora aveva ancora saldamente il potere in Toscana. Ci sono tornate in mente queste righe oggi, 8 ottobre 2012, grazie a un articolo molto bello, pubblicato da Il Foglio, nel suo paginone centrale II-III, firmato da Enrico Deaglio, intitolato "Renzi il giovane vs Bersani il vecchio". La cosa più bella dell'articolo, a nostro parere, è questa: né Renzi, né Bersani (né Vendola, né gli altri concorrenti) sono in alcun modo membri dell'aristocrazia rossa. Così, chiunque vinca le prossime primarie del PD, il 25 novembre 2012, non resterà nulla della vecchia nomenklatura che abbiamo lealmente contrastato, né della sua aspirazione a conservare una egemonia ormai svuotata da ogni contenuto gramsciano di liberazione politica ed emancipazione sociale, ridotta a mera riproduzione di casta, a pura conservazione di potere e privilegi. E' finita, per quella elite inamovibile contro cui lanciammo, con durezza ma anche con ironia, questo modesto scritto. Possiamo scriverlo? E' la conferma che qualcosa può cambiare, che vale la pena studiare e impegnarsi, che possiamo aspirare a vedere un rimescolamento delle carte, che c'è sempre la possibilità di una circolazione lapiriana di speranza contro ogni speranza (NdA). 




giovedì 17 giugno 2004
Testimonianza
di un anonimo principe
della Toscana
sulle vittorie elettorali del Centrosinistra
nel 2003 e nel 2004





Caro babbo,

sono tornato comunista.

Sono tornato qui. A prendere il mio posto, ad assumermi la responsabilità del mio retaggio, a governare come legittimo erede della dinastia.

Era dall’anno scorso che volevo scriverti questa lettera, sulla scia dell’entusiasmo per la vittoria del sindaco Fontanelli a Pisa. La sera dell’Ascensione, di ritorno dalla festa a S.Piero a Grado, avevo cominciato, forse ispirato dalla solidità di quelle antiche pietre, dalla gioia che leggevo nei volti dei nostri militanti dopo il successo elettorale, dalla facilità con cui il bianco frizzantino mi scendeva nella gola.

Poi è rimasta lì, assieme a tante altre cose. Un anno intero è volato. Sono stato impegnato dalla sistemazione della mia nuova villa su queste colline, da cui si vede la nostra amata Versilia, Pisa e persino il porto di Livorno.

Sono stato impegnato anche nel nuovo lavoro, davvero, non ti preoccupare. L’ho preso sul serio.

La nostra grande famiglia, il nostro partito, mi ha accolto come il figliol prodigo, facendomi entrare in una prestigiosa istituzione, in cui il posto per me non ci sarebbe mai stato, se fossi stato solo l’economista ambizioso e ribelle che fuggì da te, anni fa. Ho avuto questo incarico perché sono il tuo erede, il pronipote di uno dei fondatori del PCI, il nipote di un dirigente del CLN della Toscana, il figlio di un grande sindaco comunista.

Sono tornato in seno alla mia terra, alla mia famiglia, al mio partito, dopo tanto girovagare in giro per l’Europa e per l’America in cerca non so più neanche io di cosa. Finalmente comprendo anch’io, con nettezza, la grandezza dell’opera sociale di cui sono erede.

E mi manchi, babbo.

Vorrei che tu avessi assistito a questo mio ritorno.

Sono con i cugini di Prato, di Livorno e di Arezzo, a cui mi sono riavvicinato.

Non siamo stati tutta la notte a parlare di politica, babbo, non ti preoccupare.

Siamo stati per le strade di Pisa a bere e a ballare.

Ho ancora negli occhi i Lungarni splendenti della Luminara.

Ci siamo divertiti, ma abbiamo anche festeggiato le nostre rinnovate vittorie elettorali e politiche: le vittorie dell’Ulivo e del Centrosinistra, in queste Europee e Amministrative del 2004, qui in Toscana.

Ora i miei compagni di baldoria dormono. Io invece non ho sonno.

Forse sono ancora un po’ ubriaco… Me ne accorgo da quanto vorrei che tu fossi qui, a stringermi fra le braccia…

E’ quasi l’alba del giorno di S.Ranieri, babbo.

Sono seduto alla tua scrivania preferita, quella di mogano massiccio, così antica e solenne, macchiata di inchiostro e odorosa di tabacco.

Saresti stato felice di rivederci tutti insieme e goderti la luce di questo nuovo giorno e il profumo intenso dei gelsomini.

La più grande rabbia di un Toscano, dicevi quando ormai eri vicino alla fine, è che anche la vita più lunga sembra un passaggio troppo breve in questo che è il paese più bello del mondo.

Non per merito nostro, dicevi, sei sempre stato troppo rigoroso sulla nostra storia per arrogare alla nostra egemonia meriti impropri. Con la franchezza che solo i grandi si possono permettere, sostenevi che abbiamo solo rovinato la nostra terra molto meno di quanto altre classi dirigenti del XX secolo hanno fatto con i loro paesi e le loro città, sia nel mondo capitalista, che in quello socialista, che nell’inferno del terzo mondo.

Socialdemocratici nordici, democratici americani, socialisti francesi e spagnoli, peronisti argentini, comunisti russi e cinesi, nazionalisti arabi e africani, hanno reso le loro società tristi, povere, spesso tragiche, spingendo a conseguenze estreme il potere dei moderni partiti sulle masse, sfidando l’umanità, la storia, la tradizione, quello che gli esseri umani sono realmente.

Noi, in Toscana, siamo arrivati al potere con l’umiltà delle generazioni di militanti che hanno creduto nel partito e ne hanno fatto il moderno e insostituibile Principe della nostra società. Abbiamo esercitato con moderazione e responsabilità il nostro ruolo di servitori del popolo.

Raccogliemmo noi, alla fine del Ventennio e della guerra, i Toscani dalla paura e dal disorientamento. Il nostro ex compagno socialista e nazionalista, Benito Mussolini, aveva esercitato il potere in modo brutale ma anche così radicalmente innovativo. Aveva imposto alla Toscana un livello di conformismo politico forse mai raggiunto prima da nessun precedente regime. Al suo confronto il referendum truffa con cui la Toscana fu annessa allo stato sabaudo, le antiche egemonie dei club e delle logge laiche e liberali, i circoli clericali, le prime cooperative e opere popolari cattoliche e socialiste, sembravano preistoria della politica e le antiche tradizioni toscane di irriverenza e insofferenza verso il potere sembrarono definitivamente appannate.

Fummo noi a raccogliere quanto si poteva salvare e a spingere il popolo ad affidarsi ad una nuova classe dirigente, portatrice di valori sociali e nazionali, ma anche di moderazione, legalità, rispetto per i deboli, solidarietà con i poveri e gli affamati dalla guerra.

Siamo una classe dirigente accuratamente selezionata per cooptazione, certo cementata da meccanismi di fedeltà ai vertici, ma ancora capace di mandare avanti non solo i fedelissimi, ma anche alcuni capaci.

Siamo egemoni, ma siamo un governo realista, benevolo, pragmatico.

Per questo il popolo toscano ci ama e non ci abbandona.

La maggioranza assoluta dei Toscani adulti viventi ha votato, almeno un periodo della sua vita, per noi. Nel 1990, quando la Mosca dei sogni di tutti i comunisti crollava e l’Unione Sovietica si avviava allo scioglimento, il nostro partito aveva ancora un milione di voti, il 40%, da solo. Nel 2000, dopo il crollo di tutti i partiti della prima repubblica, salvo il nostro, avevamo ancora, da soli, il 37%. Alleati con i migliori esponenti della sinistra cattolica, laica e socialista della Toscana, abbiamo ancora, dappertutto, soprattutto quando chiamiamo a raccolta il nostro popolo e riusciamo a far votare almeno il 75% degli aventi diritto, la maggioranza assoluta.

Sono fiero che proprio te, babbo, fosti uno dei primi a chiedere riforme e cambiamenti, prima del crollo dei partiti del 1992. I nostri alleati e alcuni dei nostri stessi dirigenti sono troppo avidi, troppo disinvolti, ammonivi. Dobbiamo ricordarci che il popolo è come l’acqua. Oltre un certo limite non si può tenere.

Noi siamo i migliori pastori che i Toscani possano avere, dicevi, ma i Toscani meritano, per le loro antiche tradizioni, un governo moderato e prudente, che non esibisca sfacciatamente né la propria ricchezza, né il potere.

I nativi, fino agli anni ’60, erano solo poveri pescatori o montanari, mezzadri, piccoli proprietari, artigiani. Si sono affidati a noi perché la modernità e l’industrializzazione li hanno arricchiti, ma anche dislocati e disorientati.

Gli immigrati sono arrivati in gran parte da province povere di senso civico e di libertà e sono felici di aver trovato qui non altre o nuove mafie, ma strutture paternalistiche di governo, che hanno saputo guidarli e proteggerli.

Abbiamo dato alla Toscana grandi amministratori, che hanno saputo realizzare opere pubbliche e servizi sociali decorosi.

Non siamo stati incauti saccheggiatori del territorio e dei beni pubblici come certi socialisti del Nord o certi democristiani del Sud.

Non siamo stati arroganti con il popolo, né con gli umili, né con i ricchi.

I giornalisti, i professori, i magistrati, gli alti burocrati li abbiamo allevati noi, condividendo con loro il privilegio di appartenere alla nostra aristocrazia.

Il nostro prestigio morale è intatto. Grazie alla nostra moderazione, alla lezione di grandi uomini come te, noi siamo sopravvissuti, mentre gli altri partiti della vecchia repubblica sono stati annientati.

Noi ci avviamo, in un clima di grande fiducia e di stabilità, a festeggiare i nostri primi 60 anni al potere.

Tutti gli altri si limiteranno a festeggiare i 60 anni della liberazione dal Nazifascismo. Festeggeranno grazie a noi, non solo perché i partigiani comunisti furono la forza vincente nella guerra civile, ma soprattutto perché la nostra dirigenza politica decise di non proseguire la lotta armata fino alla conquista violenta del potere, alla fine della seconda guerra mondiale. Fu una scelta saggia, che ci ha fruttato tutto il potere che ci è stato possibile afferrare, grazie alla nostra graduale, nonviolenta, ma sistematica conquista dell’egemonia sociale.

Oggi che abbiamo cooptato anche gli eredi delle tradizioni cattoliche, laiche, socialiste e repubblicane, che ci accorgiamo di quanto il nostro elettorato sia fedele, stabile e manipolabile, ci rendiamo conto dell’eredità che te e gli altri padri del partito ci avete lasciato e delle responsabilità che, con gioia, siamo pronti ad assumerci come vostri eredi.

So che non potremo mai più usare quel nome ad alta voce…

In questa luce ancora fioca prima dell’alba, però, in questo attimo di riposo del creato e di gioia assoluta nel mio cuore, babbo ecco, lo scandisco ad alta voce: io sono comunista. Erede del bene assoluto, nato per conservare per sempre il potere che voi avete conquistato. Imperatore di una obbedienza perfetta: religione per chi crede, potere per chi ci teme, ricchezza per chi possiamo comprare.

Ieri il PCI, oggi l’Ulivo, ma sempre noi: l’incarnazione della volontà del popolo.

So cosa avresti detto dei buoni risultati dei molti partitini neocomunisti che sono nati alla nostra sinistra.

Usando il nome che noi non potremo usare mai più, ci aiutano a mantenere l’egemonia che abbiamo conquistato con tanta fatica. Conservano i vecchi nell’attaccamento ai nostri simboli, ai nostri miti, alle nostre tradizioni. Arruolano i giovani a credere, sempre più confusamente ma proprio per questo più ciecamente, che un altro mondo è possibile, un mondo in cui si possa essere felici nell’uguaglianza, senza la fatica di essere liberi e diversi.

Dopo una giovinezza passata nell’adesione a visioni semplificatrici della vita, manichee e anche un po’ religiose, cosa che non fa male in questo mondo povero di valori, avranno per tutta la vita bisogno di dividere il mondo in cattivi e buoni, per affidarsi poi a questi ultimi senza sforzo. Cioè a noi, che siamo l’unica incarnazione possibile dell’illusione di cui ubriacano la loro gioventù: una società uniforme, controllata e quindi giusta. E che abbiamo conquistato il potere sufficiente, locale e nazionale, per aiutarli, quando la più breve e dolce stagione della vita volge al termine, a trovare casa, lavoro, divertimento e consumi. Concretezza e sicurezza.

I neocomunisti da sinistra, i neopopolari del centro, le correnti sociali della nuova destra, i compagni di tutte le nuove opere private che vogliono essere finanziate dalla mano pubblica come e più delle vecchie, tutti insieme costoro ci aiutano a convincere ogni giorno di più gli umili e i deboli che senza l’aiuto dello Stato e degli Enti Locali, da sé, con le loro proprie forze, non possono fare nulla di buono.

E’ la dura ma benevola lezione del nostro saldo governo.

Noi non comprimiamo l’aspirazione naturale del Toscano a sentirsi padrone della sua casa e del suo lavoro, ma facendolo iscrivere ai nostri sindacati e patronati lo aiutiamo e lo controlliamo; assumendo sua moglie o suo figlio in comune gli garantiamo uno stipendio sicuro anche quando la sua azienda avrà momenti cupi; con le nostre cooperative, assicurazioni obbligatorie, scuole e asili pubblici, lo nutriamo, lo proteggiamo, lo divertiamo; in cambio di tutta questa provvidenza, non facciamo altro che rastrellare il suo voto e, di tanto in tanto, mobilitandolo per qualche buona causa, lo facciamo anche sentire migliore.

Mai del tutto sicuro, se si allontana da noi, ma mai veramente oppresso.

Il potere che esercitiamo è immenso, ma mai sfrontato, mai esibito, sempre condiviso con altri gruppi e poteri forti, sempre moderato e attento a non travalicare mai nei territori sconosciuti in cui non abbiamo mai conseguito un’autentica egemonia sociale.

Siamo, salvo rari eccessi, generosi con i nostri avversari più deboli, e duttili con quelli più forti.

L’ONU e l’Unione Europea sono piene di nostri funzionari e i programmi futuri di ampliamento dei poteri e dei bilanci di queste istanze internazionali sono i nostri. Quando ancora più denaro sarà dirottato verso queste istanze, la nostra aristocrazia sarà l’unica che potrà gestire e controllare un potere così alto e così lontano dagli occhi del popolo.

Sapremo farlo bene, distribuendo nella nostra terra, a coloro che si mostreranno degni e fedeli, i fondi internazionali e comunitari, alimentando così la nostra egemonia.

Saremo pronti come sempre ad estendere la nostra benevolenza sulle regioni depresse d’Italia, d’Europa, dell’intero pianeta. La sfida più grande della globalizzazione è essenzialmente quella della globalizzazione della nostra egemonia.

Le nostre relazioni politiche con movimenti, fazioni, persino gruppi clandestini, in tutto il mondo, sono talmente ampie e consolidate, che sapremo trovare il modo di tenere lontani dalla nostra terra, con la forza della politica e del denaro, i terrorismi internazionali vecchi e nuovi.

Sappiamo che sarà necessario combattere, perché nessun sanguinario nazionalismo prenda il potere sulle rive del Mediterraneo, ma per il momento è più giusto assecondare il popolo nella sua giusta e naturale paura della guerra. Il pacifismo è una corrente spirituale che ci ha sempre portato consenso e simpatia.

Se e quando dovremo combattere, lo faremo solo sotto coperture internazionali ampie, perché il nostro popolo accetta più volentieri i sacrifici, quando vede grandi liturgie laiche di presidenti democratici, socialisti, popolari, che, con estrema dignità e tristezza, annunciano in televisione che una vasta alleanza democratica internazionale sta per compiere una azione preventiva o difensiva di intervento umanitario armato. Senza mai, ovviamente, pronunciare la parola “guerra”, che non si addice ai rappresentanti del massimo bene possibile sulla terra.

Non abdicheremo mai allo straordinario monopolio del pensiero e della lingua con cui imponiamo a tutta l’opinione pubblica di chiamare la nostra politica estera, anche e soprattutto se armata, sempre e solo “pace”.

Non siamo del resto, proprio nel comunicare, assolutamente superiori ad ogni altra aristocrazia politica del pianeta? Fatta salva quella cinese, da cui, proprio come hai sempre pensato te, babbo, dobbiamo imparare qualcosa. Sembra che si tratti della prima classe politica della storia umana a noi nota, che sta riuscendo a far crescere la ricchezza del proprio immenso paese senza concedere al popolo alcuna libertà.

Questa ricchezza senza libertà, se non è un illusione, è sicuramente il frutto di una cultura dell’egemonia sofisticata, pragmatica e moderata almeno quanto la nostra. Non per nulla abbiamo aperto le porte della Toscana ai Cinesi, li abbiamo inondati di visite e missioni, speriamo in loro come partner economici.

Coloro che governano in Cina sono degni della nostra ammirazione, nonostante abbiano, nel terribile 1989, commesso il terribile sbaglio di Tien An Men. Del resto, ricorderesti te, babbo, chi di noi della sinistra mondiale, della grande tradizione socialista, comunista, popolare, non ha commesso sbagli nel terribile 1989?

Non esercitiamo, dalla Toscana, una egemonia stabile sul governo della Repubblica Italiana, ma con i nostri alleati delle altre regioni, abbiamo già dimostrato di essere abili amministratori delle grandi burocrazie e delle immense ricchezze che esse consumano. La maggior parte di esse sono state create da noi o dai nostri alleati cattolici e socialisti, oppure furono create da Mussolini. Le conosciamo, le controlliamo. Sappiamo ciò che esse soprattutto vogliono: sopravvivere. Sono organismi vivi, complessi, in esse comandano, giustamente ben pagati, i nostri rampolli, ma sono impiegati anche numeri importanti di nostri devoti e fedeli sostenitori.

Ti piaceva, babbo, la canzonetta di Gaber sui comunisti… Soprattutto in quel punto in cui ci dileggiava cantando: “Qualcuno era comunista perché voleva statalizzare tutto. Qualcuno era comunista perché non conosceva gli impiegati statali, parastatali e affini.”.

Ti strappava sempre un sorriso, perché la nostra egemonia si era sviluppata senza bisogno di statalizzare tutto. Anche la moltiplicazione delle assunzioni a vita di nostri fedeli nei comuni, nelle province, nella regione, negli enti e nelle aziende collegate, è stata da noi praticata più o meno come è avvenuto in tutti gli stati socialisti e democratici d’Europa. La nostra politica di assunzioni di massa, semmai, è stata più equa, favorendo ovunque le vedove, gli orfani, i veri poveri, purché nostri sostenitori.

A proposito di grandi burocrazie, babbo, chissà se hai cambiato idea sulla scelta  che facemmo nel nostro ultimo quinquennio di governo centrale, dal 1996 al 2001.

Scegliemmo di non rimuovere il duopolio Rai-Fininvest, perché era impossibile ridimensionare l’ultima senza toccare la prima. E la Rai era intoccabile, perché piena di nostri sostenitori, e governata da nostri funzionari e sindacalisti.

Questa cosa ti angustiava. Da una parte sapevi che, lasciando in piedi il duopolio, avremmo avuto ancora per anni, come avversario sempre moralmente attaccabile, il proprietario della Fininvest. Questo è stato ed è tuttora un indubbio vantaggio propagandistico.

Dall’altra parte, non stiamo forse rischiando che sia il Centrodestra a fare una riforma che noi non potremmo controllare? E se Bossi riuscisse a portare Raidue a Milano?

A questo punto, è ovvio, mi sembra di vederti… Mi faresti un grande sorriso e mi diresti pacatamente: se non siamo mai riusciti noi a spostare un solo giornalista da Roma a Firenze, come pensi che riusciranno Bossi, Follini, Fini, Berlusconi, a spostare una intera rete?

Il federalismo? Lo faremo noi, con calma, la prossima volta che riprenderemo saldamente il potere a Roma, sicuri che l’aumento del potere locale non diminuirà i guadagni e lo status della nostra classe dirigente centrale. Sposteremo poteri e risorse verso gli enti locali, che moltiplicheremo e le cui competenze manterremo il più possibile confuse, sovrapposte, di difficile comprensione per i cittadini. Così che il popolo senta sempre più bisogno qui della nostra egemonia e altrove possa desiderare la nostra forza unificante, o almeno ammirare la nostra capacità di controllare e paralizzare gli avversari.

L’enorme deficit che abbiamo accumulato, cogestendo la spesa pubblica assieme a tutti i partiti della prima repubblica, sapremo gestirlo noi. Con la sola manovra dell’Euro, noi e i nostri alleati nell’Unione Europea, non lo abbiamo praticamente dimezzato? Abbiamo azzardato un tasso di cambio fra la vecchia Lira e l’Euro che ha prodotto, in una sola notte d’inizio 2002, una svalutazione praticamente del 50%. Ci è andata bene, perché del traumatico raddoppiarsi di tutti i prezzi fuori dal paniere Istat (cioè di tutte le cose che contano veramente, come l’acquisto di una casa), per la necessaria convergenza con i prezzi in Euro di tutta Europa, la nostra gente oggi dà la colpa al governo Berlusconi.

Le persone che ora devono campare con meno di 1.000 Euro al mese, saremo noi ad aiutarle, quando, più prima che poi, torneremo a Roma.

Con abilità sappiamo dirigere la rabbia del nostro popolo contro il governo attuale, che abbiamo saputo rappresentare, con una abile comunicazione, persino troppo detestabile. Siamo stati forse persino eccessivi, rischiando un pochino della nostra credibilità. Te, babbo, avresti raccomandato moderazione. Stiamo rischiando di ingigantire inutilmente la statura dei nostri avversari e di rivelare la capacità di mentire che ci viene dal nostro ormai secolare addestramento leninista.

So che molti dei nostri problemi di immagine, di strategia e di tattica, ci vengono dall’ingenuità dei dirigenti di regioni in cui la sinistra non esercita alcuna egemonia. Le elezioni si succedono per loro sempre troppo frequentemente. Subiscono continuamente l’alternanza. Il popolo si diverte a cambiare voto e loro sentono il bisogno di inseguire e blandire l’elettorato.

Come ringrazio la cieca fortuna, babbo, che mi ha regalato la nascita in seno ad una aristocrazia forte, che guida saldamente e stabilmente il partito egemone della nostra Toscana, in cui, salvo le rare e temporanee eccezioni di qualche sperduto putrido borgo, l’elettorato è stabile e la nostra maggioranza assoluta inossidabile.

Quanta calma, quanta pazienza, ci regala l’egemonia costruita dal sudore e dal sangue dei nostri padri. Abbiamo sempre tempo. Per digerire gli scontri interni alla nostra classe dirigente. Per diluire anche le crisi e i problemi più gravi. Per rimandare tutto quello che non è possibile affrontare. Per sostituire con calma nostri rappresentanti che si rivelino troppo arroganti o inetti. Per goderci anche un po’ la vita e la nostra meritata ricchezza, perché siamo nati per comandare, ma non dobbiamo certo privarci delle piccole gioie della vita.

Grazie alla fedeltà dei contadini, alla dedizione degli operai la cui vita era scandita dalle sirene della fabbrica e dai proclami del partito, all’ingenua e gioiosa adesione alla nostra propaganda di tante generazioni di studenti arrabbiati, noi siamo qui.

Costringiamo tutti a vederci come i migliori, perché ne siamo prima di tutto convinti noi stessi. Persino i nostri avversari, nel loro intimo, riconoscono la nostra superiorità morale e, le rare volte che qualcuno di loro ha preso il potere sul nostro territorio, non ha saputo né forse potuto fare altro che proseguire la nostra opera, investendo nelle nostre opere sociali e nelle opere pubbliche da noi impostate, in definitiva continuando ad alimentare la nostra egemonia e preparando indirettamente il nostro ritorno al potere.

Vegliamo sui sogni e sulle speranze più intime della nostra gente, ma non ci dimentichiamo di loro anche quando la sveglia li rigetta ogni mattina nella fatica quotidiana della vita.

Siamo noi a dettare le principali linee morali ai nostri sudditi che abbiamo innalzato a cittadini e compagni, restando peraltro sempre al di sopra e al riparo di ogni loro giudizio.

Siamo, con le nostre case del popolo, le feste, i concerti gratuiti, gli arbitri del divertimento, della società, forse persino dell’amore. Con le nostre parrocchie cattoliche e con le nostre liturgie laiche, siamo insostituibili custodi dell’anima della nostra gente.

Non credo in Dio, babbo, ma credo nel destino dei comunisti, oggi post-comunisti, sempre egemoni in Toscana: avere preso il potere e rimanerci per sempre.

E’ un fardello troppo pesante, anche se gioioso?

Abbiamo sulle spalle troppe istituzioni e nelle mani il destino di troppe persone?

So cosa mi diresti te, a questo punto: siamo un pezzo di storia, non di attualità politica.

Penso spesso, babbo, al fatto che nessuno ride di noi, o ci irride, o ci insulta, specialmente in Toscana, né i nostri comici più famosi, né il Vernacoliere, né le pesti e le sagome dei mercati fiorentini o del porto labronico. A parte il tuo amato e odiato Gaber, a parte qualche battuta del genovese Grillo, su di noi, specialmente in Toscana e da parte dei Toscani, non esiste praticamente alcuna forma di satira politica. Non mi meraviglio della tristezza e della mancanza di fantasia dei nostri oppositori, che sono pochi, spauriti, continuamente tentati dalle nostre abili politiche di cooptazione e mediazione. Mi sorprende invece la totale assenza di una musica ribelle, di una canzone graffiante, di un’arte figurativa rivelatrice, di una fotografia e di un cinema di denuncia. Abbiamo dunque creato un pensiero così unificante e soffocante, da non meritarci neppure un giullare di corte, un artista maledetto, un intellettuale scomodo?

Il rischio di essere i padroni di un laghetto che potrebbe diventare stagnante e putrido c’è, per noi come per le classi dirigenti di ogni tempo e luogo. E’ inutile negare che il marxismo ci ha lasciato una visione del mondo così semplicistica e tanto rassicurante da farci correre il rischio di non sentire il nostro stesso puzzo di pesce morto.

E’ difficile per me, aristocratico capo della sinistra di ascendenza comunista e quarta generazione di una famiglia votata al comando, non peccare di arroganza e non abusare della mia fortuna, caro babbo, ma cercherò con tutte le forze di fare il mio dovere.

Almeno finché dal popolo toscano, o più probabilmente dal nostro seno, non scaturirà chi potrà prendere il nostro posto, in un futuro lontanissimo.

Augurandoci che sia, come siamo stati in parte noi: più pastori che padroni, più custodi che dittatori, più rispettosi della Toscana come veramente è, che arroganti trasformatori e magari distruttori della nostra amata madreterra.


* * *

a cura di Mauro Vaiani (vaiani@unipi.it )
 


Fonte:
http://www.toscanalibertaria.org/cammino/2004-06-17-anonimo-toscano.html
(acceduto lunedì 8 ottobre 2012)

mercoledì 3 dicembre 2003

Meteora Soldati

Recupero dal vecchio sito di Toscana Libertaria e archivio qui una intervista che feci nel 2003 a Vincenzo Soldati, allora alla guida della Lega Toscana. A suo tempo dimostrò una notevole empatia con le nostre tematiche popolane e libertine, con il nostro impegno per porre fine al Sessantennio e per la rivoluzione liberale in Toscana, con il nostro euroscetticismo. Forse fu una meteora, ma i temi di questa nostra conversazione di oltre sette anni fa sono ancora tutti attualissimi (Nda, lunedì 14 marzo 2011).


mercoledì 3 dicembre 2003
Incontro con Vincenzo Soldati
segretario nazionale della Lega Nord Toscana 
                                              .
Lega Nord Toscana:
continuare a lottare per la libertà,
tirare fuori l'euroscetticismo

                                                                                                
                                                                                                
                                                                                                

Diciamo subito chi è Vincenzo Soldati ad un pubblico toscano che forse non ti conosce o ti aveva perso di vista.
Ho 53 anni. Sono di Massa. Sono un imprenditore nel settore lapideo. Ho aderito alla Lega Nord Toscana fin dalla sua fondazione. E' stata la prima volta che mi sono iscritto ad un partito, nella mia vita. Provengo da una terra aspra e particolarmente amante della libertà: la nostra Apuania. Ho ricoperto diverse cariche nel partito, partendo dal basso: segretario comunale, segretario provinciale, consigliere federale, segretario nazionale.

Ovviamente stai parlando della Lega Nord Toscana come partito toscano e quando dici che sei il segretario nazionale, intendi dire a livello di "Nazione Toscana".
Certo. Sono il segretario di un partito toscano, autonomo, anche se parte integrante del sistema federale della Lega Nord guidata dal segretario federale e ministro delle riforme istituzionali, Umberto Bossi.

A che punto è la Lega Nord Toscana oggi?
La Lega Nord Toscana si è costituita nel 1988. Si è presentata da allora a tutte le tornate elettorali, raggiungendo nel 1992 oltre ottantamila voti e conquistando due deputati. Il nostro massimo storico. Nella sua storia il movimento ha espresso consiglieri comunali e sindaci. Oggi la Lega ha un sindaco in Lunigiana, un assessore al Comune di Lucca e alcuni consiglieri comunali. E’ presente in tutte le province della Toscana con proprie sedi. Ha una segreteria nazionale a Lucca. Un merito politico che mi riconosco è quello di aver costruito un movimento unito con una classe dirigente motivata, preparata e capace.

Però?
Siamo fermi ad un risultato elettorale dell'1%.

Le forti organizzazioni lombarde e venete con cui siete federati e la Lega Nord federale, che in alcune aree è movimento popolare se non addirittura partito di raccolta di intere comunità, possono  aiutarvi ad uscire dalla marginalità politica?
La Lega Nord federale è al governo. Governa città e comunità importanti nel Nord del paese. Umberto Bossi come leader è fortemente e personalmente impegnato nella riforma dello stato che è il punto chiave di questo secondo governo Berlusconi. Direi che i nostri alleati del Nord stanno già facendo la loro parte. Noi dobbiamo conservare e alimentare un nostro spirito e una nostra organizzazione, in attesa che cambi l'atmosfera e la situazione politica della Toscana. Questa nostra benedetta e maledetta Toscana è, politicamente parlando, la terra più conservatrice d'Italia.

Aspettate anche voi il crollo del partito-stato e la dissoluzione di queste eterne maggioranze imperniate ancora oggi sugli eredi diretti del vecchio PCI?
La forza e la longevità di queste maggioranze veniva da profondi ideali. Oggi degli ideali dei vecchi comunisti e socialisti non resta granché. Ad essi si è sostituita una capacità cinica di gestire e conservare il potere economico e sociale. Il cinismo è, ovviamente, anche capacità di manipolare il consenso di quelli che ancora ci credono. Ma quanto potrà durare?

L'unico vostro assessore, al momento, è Valleggi, delegato al federalismo nella giunta di Lucca. Come va questa vostra esperienza con il sindaco di Lucca, Fazzi?
Fazzi è una persona che ha un senso alto e profondo della politica, un servitore del bene comune, buon amministratore e buon politico. Sa dialogare, mediare, ma anche assumersi responsabilità. Sia con il suo governo, che con i partiti, che con il popolo. Noi siamo stati suoi convinti sostenitori. E ci aspettiamo che la sua esperienza faccia scuola in altre parti della Toscana. Del resto, grazie a Lucca, Arezzo e Grosseto, tre città importanti governate da giunte moderate imperniate sulla Casa delle Libertà, già oggi l'immagine monolitica di una Toscana egemonizzata dal Centrosinistra si sta sgretolando. La Toscana sta cambiando e guarda caso sta cambiando a partire da città apparentemente periferiche, che non ospitano i centri di potere pubblico più importanti e non godono di forti rendite politiche...

Stai dicendo che, per esempio, in città universitarie o sedi di importanti burocrazie come Pisa, Siena e Firenze, è più difficile scalzare l'egemonia del Centrosinistra?
Esattamente. Ed è un motivo di seria riflessione. Non tanto per noi, che non abbiamo mai avuto il voto di ceti parassitari, ma per altre forze liberali e moderate.

Definisci l'espressione "ceti parassitari".
Le persone che lavorano in burocrazie elefantiache e che non si impegnano né per farle dimagrire, né per renderle più snelle ed efficienti.

La Lega Nord Toscana e l'autonomismo in Toscana. Rapporti con gli altri gruppi e le altre intelligenze autonomiste.
Noi siamo collegati, con la nostra storia personale, ad un autonomismo, non solo culturale e storico, ma politico, che nasce negli anni '70. In quegli anni un gruppo d’intellettuali cominciarono a diffondere e a propagandare l’autonomia e la riscoperta della “toscanità” come diritto all’autodeterminazione del nostro popolo, anzi di tutte le nostre comunità locali, dagli Apuani alla Romagna Toscana alla Maremma. In questo incontro con Toscana Libertaria credo che non possa mancare un omaggio personale a Renzo Del Carria, che onoriamo come un vero pionere dell'autonomia politica moderna della Toscana. In quel gruppo si sono formati i fondatori della Lega Nord Toscana. Successivamente ci fu l'intuizione che nessun movimento autonomista avrebbe mai potuto ritagliarsi uno spazio politico in presenza di uno stato centralista. Di qui l’esigenza di unire più forze autonomiste per trasformare lo stato italiano in una repubblica federale. Per questo ci siamo ritrovati, Toscani, Lombardi, Veneti e altri, federati nella Lega Nord.

Aver fatto parte del sistema federale della Lega Nord e aver seguito e sostenuto l'azione di Umberto Bossi come segretario federale, non è stato sempre facile.
Siamo felici di essere arrivati con grande sacrificio, e con una coerenza che nel lungo termine sarà più chiara a tutti, a questo momento decisivo in cui Berlusconi e Bossi possono riformare lo stato.

Ci sarà questa riforma dello stato? Vedremo veramente la chiusura dei ministeri romani dello stato centralista, lo smantellamento del bicameralismo perfetto, il Senato federale, una corte costituzionale eletta anche dalle regioni? Vedremo davvero la fine dei dinosauri a Roma? Oppure la montagna partorirà il topolino del voto amministrativo agli immigrati?
La Lega è al governo per fare queste riforme, che costituiscono il patto elettorale con il quale la coalizione si è presentata agli elettori. I prossimi mesi saranno decisivi. O la coalizione imbocca decisamente la via delle riforme o l’assemblea federale - tuttora permanentemente convocata, come deciso nella nostra seduta del 9 novembre scorso - deciderà di uscire dal governo. Le conseguenze saranno inevitabili. Agitare sulla scena politica altre questioni, certamente importanti e di cui potremmo discutere a lungo, come lo status degli immigrati in Italia, rischia oggettivamente di avere effetti dilatori e diversivi. Il Senato, la Camera, i Ministeri, sono pieni di gente che non vuol cambiare lo stato. Ma dobbiamo sconfiggere i conservatori e i gattopardi. Il rischio che anche il dibattito sugli immigrati sia una manovra dilatoria, c'è. E' forte. Ma cerchiamo di mantenere separate le questioni. Sullo status degli immigrati extracomunitari la Lega è stata chiara e l’opposizione alla proposta di legge di Fini sarà durissima. Una cosa sono i diritti civili, altra cosa sono i diritti politici che si possono acquisire solo con la cittadinanza. Il processo d’integrazione non può e non deve partire dai diritti, ma dai doveri. Perché l'acquisizione di una specie di mezza cittadinanza come quella proposta da Fini dovrebbe essere messa all'inizio di un percorso? E' alla fine del percorso che dobbiamo puntare, quando l'immigrato acquisisce una cittadinanza piena.

Nel 2004 ci sarà un altro momento epocale: forse avremo una nuova costituzione europea e sicuramente voteremo per il nuovo parlamento dell'Unione. In questo momento voi vi siete distinti per la vostra opposizione al mandato di cattura europeo. Siete la prima e unica forza politica della repubblica che si oppone allo sviluppo di un super-stato europeo. E' solo un distinguo contro la "Forcolandia" di Bruxel, oppure vi state veramente cominciando a preoccupare che l'Unione Europea possa diventare un apparato mastodontico, costoso, socialisteggiante, liberticida?
Per come stanno andando le cose noi leghisti ci sentiamo euroscettici. Avvertiamo il pericolo di un’Europa intesa come super-stato, burocratico, livellatore delle diversità esistenti al suo interno, lontano, estraneo, nemico dei popoli e quindi contrario alle idee federaliste professate dal nostro movimento. L’Europa che noi sogniamo è quella dei popoli, delle autonomie locali, delle regioni, delle identità locali, delle culture, e delle tradizioni che non devono essere cancellate, ma salvaguardate. Noi ci opporremo con tutte le nostre forze a che le sovranità nazionali siano sacrificate in nome di un potere tecnocratico e oligarchico. Il nostro movimento è nato per abbattere lo stato centralista e diffondere l’idea federalista. E' quindi naturale che questa lotta federalista sia fatta anche a livello superiore. L’Europa che auspichiamo è confederale, retta sui principi della sussidiarietà, dell’autogoverno, in cui si abbia il mantenimento delle sovranità locali. Chi non condivide una decisione non deve essere costretto ad accettarla. In questa situazione è chiaro che la cessione di parte della sovranità alla confederazione europea deve procedere con molta cautela, specialmente quando la materia attiene alla libertà personale dei cittadini. Il caso del mandato di cattura europeo è emblematico ed inquietante. Per due anni il Ministro Castelli si è opposto da solo sfidando tutta l’Europa a dimostrazione anche di un cambiamento d’atteggiamento che finalmente non ci vede supini esecutori di decisioni prese da altri.

Ti rendi conto che questa potrebbe essere, dal 1992, quando la Lega Nord a Milano ha dato una spallata alla repubblica partitocratica, la vostra prossima grande battaglia politica?
Sì. E contiamo anche su questa forma, moderata ma ferma, di euroscetticismo, per allargare la nostra capacità di dialogo con altri libertari e per combattere nuove battaglie di libertà.

Torniamo in Toscana, ma restiamo all'oggi e al prossimo 2004. Si sta per varare il nuovo statuto della Toscana. Cosa state facendo in proposito?
L’evoluzione costituzionale vede la regione come soggetto centrale della nuova repubblica federale. La definizione delle competenze comunitarie, statali e regionali è una questione ancora drammaticamente aperta, infatti se da una parte le regioni in attuazione delle riforme costituzionali del 1999 e del 2001 devono dotarsi di nuovi statuti, dall’altra parte si prospetta una radicale riforma dell’ordinamento della repubblica con un principio di federalismo istituzionale che renderebbe le attuali bozze o superate o inadempienti. Ciò premesso, la Lega è fortemente critica con l’attuale bozza di statuto della Toscana su alcuni principi, che non rispondono alla tradizione toscana, come per esempio sulla famiglia e sulla tutela della maternità. Inoltre, anche l’istituto del referendum, il principale strumento di democrazia diretta, non è né valorizzato né adeguatamente riconosciuto. Non va dimenticato infatti, che la possibilità di esprimersi attraverso referendum propositivi locali, dà ai popoli la possibilità di manifestare la propria identità ed i propri valori più profondi.

Se dipendesse da voi, come vorreste che venisse eletto, nel 2005, il parlamento toscano?
Il nostro movimento nasce aggregando un popolo eterogeneo, da destra e da sinistra, sul federalismo e sulla speranza di essere meno schiacciati da troppe leggi e da troppe tasse. Con queste origini ed avendo iniziato una battaglia politica dal nulla, siamo per forza prevalentemente proporzionalisti. Con il tempo abbiamo appoggiato la preferenza unica, l'elezione diretta degli esecutivi, l'elezione diretta di deputati locali in piccoli collegi uninominali. Ma per ora preferiremmo che il parlamento toscano fosse eletto per metà all'inglese, e per metà con la proporzionale pura. Combinando due sistemi semplici, senza pasticci e senza bizantinismi elettorali. Credo che questo sia necessario, in questa fase, anche perché non si protragga ulteriormente l'egemonia del Centrosinistra. E perché in Toscana emergano nuovi gruppi, anche piccoli, e siano rappresentate altre forze e altre culture, anche minoritarie. Abbiamo bisogno di idee e facce nuove, alle quali dobbiamo garantire un diritto di tribuna.

I vostri rapporti con la Casa delle Libertà, in Toscana, oggi.
Noi siamo nella Casa delle Libertà. La CdL è il risultato dell’alleanza del Polo con la Lega Nord. In Toscana questa alleanza, vuoi per un oggettivo squilibrio di peso elettorale, vuoi per un errore di valutazione politica nei confronti delle nostre istanze da parte degli alleati, stenta a dare i frutti che potrebbe dare. Non mi pare, infatti, che gli alleati colgano le potenzialità che un movimento come il nostro potrebbe portare alla causa della coalizione in termini di valori, di ideali e di moralità politica. In questo contesto, ci sembra ormai inevitabile, che la Lega in Toscana scelga, almeno per le prossime amministrative, un percorso autonomo. L’opposizione, d’altro canto, ha spesso dimostrato incapacità di rappresentare i Toscani che non la pensano come chi governa la regione, accettando, in molti casi, di adagiarsi in una situazione di sudditanza. Questo sicuramente è diventato uno strumento in più in mano a chi ha come unico obiettivo quello di finanziare sprechi e clientele. La Toscana soffre della mancanza di quella alternanza di governo che limiterebbe le rendite clientelari. E intanto, qualche volta, sembra che certi candidati sindaci di Forza Italia e di Alleanza Nazionale siano stati scelti dal Centrosinistra, tanto sono deboli, poco conosciuti, poco combattivi...

Due parole su Prato e su Livorno, città a cui il nostro gruppo di studio Toscana Insieme - Toscana Libertaria è particolarmente legato.
A Livorno abbiamo dei dirigenti e degli organizzatori di valore. Degli uomini che hanno già cominciato un percorso solitario per le prossime amministrative. Livorno è una città in crisi, forse la più in crisi della Toscana, quella con il più alto tasso di disoccupazione. Ha bisogno di testimonianza e di lotta. Per questo abbiamo già in corsa un candidato sindaco e un candidato presidente. Poi se strada facendo ci sarà occasione, ci incontreremo e ci uniremo con altri oppositori. Su Prato invece sono franco: non abbiamo un gruppo sufficiente di militanti e stiamo facendo fatica a portare un contributo al cambiamento di quella città così importante e così vivace.

Hai qualche considerazione da fare sulle elezioni regionali del 2005 e sull'elezione del prossimo governatore?
Bisogna ripartire con lo spirito che ha animato la campagna elettorale del 2000 quando la CdL raggiunse il 40% dei consensi, con un candidato, che seppe unire tutte le anime della coalizione nel rispetto della loro dignità. Come candidato comune per il 2005 sosterremo chi in questi anni ha amministrato bene importanti città ed ha saputo aggregare tutte le forze della coalizione su un disegno politico coerente.

I Toscani hanno, in grande maggioranza e per lungo tempo, votato per il Partito Comunista Italiano e per i suoi eredi e alleati, che hanno contato e contano su una ampia e radicata classe dirigente e che conoscono bene il nostro territorio e la vicenda economica e politica contemporanea della nostra terra. Perché nei prossimi anni dovrebbero fidarsi di voi e della Casa delle Libertà?
La mia speranza è che il popolo toscano, che ha creduto nel comunismo, riacquisti una capacità critica nel riconoscere la fine delle contrapposizioni ideologiche. Oggi si confrontano principalmente modelli di sviluppo economico e sociale che rappresentano anche diversi valori etici, sociali e morali, nei quali il cittadino toscano può riconoscersi. Il nostro movimento è stato il primo che intorno all’idea federalista, che è idea di libertà, ha saputo convogliare uomini di destra e di sinistra superando ogni muro ideologico. Mantenendo un’anima popolare, abbiamo saputo riportare in vita ideali di giustizia, di amore per le proprie tradizioni e i propri legami con il territorio, per la propria storia e la propria cultura, così radicati nella società toscana. Così come il valore del lavoro, che la Lega da sempre cerca di difendere dalle rendite parassitarie, dalle speculazioni internazionali, da quell’apparato statale che spesso soffoca le iniziative economiche invece di facilitarle. La speranza, dicevo, è che il popolo toscano si accorga finalmente di noi, e ci premi, dandoci quel consenso che prima di tutto renderebbe gratificante il faticoso impegno di tanti militanti che in questi anni hanno saputo assumersi responsabilità di alto valore morale e civile.

 
a cura di Mauro Vaiani (vaiani@unipi.it )          

Post più popolari degli ultimi 30 giorni

Argomenti solidamente piantati in questa nuvola:

1989 a touch of grace abolizione delle province e delle prefetture Alberto Contri alternativa civico-liberale Altra Toscana ambientalismo anti-imperialismo Anticolonialismo antiglobalismo antimilitarismo Antiproibizionismo Archivio cose toscaniste Archivio di Toscana Libertaria verso Toscana Insieme Archivio Gaymagazine Archivio Vaiani autogoverno della Sardegna autogoverno della Sicilia autogoverno della Toscana autogoverno di tutti dappertutto autonomie ambiente lavoro Autonomie e Ambiente autonomismo basta cicche BijiKurdistan borgate borghi e comuni brigate d'argento Bruno Salvadori bussini Campi Bisenzio Candelora Capitale Carrara chi può creare valore Chivasso cittadinanza attiva civismo come domare la spesa Comitato anti-Rosatellum confederalismo contro contro gli ecomostri contro il bipolarismo contro il centralismo contro il virus del centralismo autoritario contro la dittatura dello status quo coronavirus Corsica Cosmonauta Francesco dalla mailing list di Toscana Insieme Decentralism International decentralismo dialogo autogoverno Disintegration as hope don Domenico Pezzini don Lorenzo Milani Draghistan ecotoscanismo EFA Emma Bonino English Enrico Rossi eradication of poverty Eugenio Giani Eurocritica Europa delle regioni European Free Alliance Fabrizio Valleri Fare Città fare rete Festa della Toscana Fi-Po Link fine del berlusconismo Forum 2043 frazioni Friuli Venezia Giulia garantismo gay alla luce del sole Gaza Giacomo Fiaschi Gianni Pittella Gioiello Orsini Giorgio Del Ghingaro Giovanni Poggiali Giulietto Chiesa Hands off Syria Hawaii Homage to Catalonia Hope after Pakistan Il disastro delle vecchie preferenze in difesa degli alberi In difesa di Israele Inaco Rossi indipendenze innocenza tradita internazionalismo Italia Futura Karl W. Deutsch Kennedy L'Altra Toscana la bellezza come principale indice di buongoverno Lahaina leggi elettorali più giuste Leonard Peltier Libera Europa Libera Firenze Libera Toscana Liberi Fiorentini Liberiamo l'Italia Libertà in Iran libertino liste di proscrizione localismo Lucca 2012 Mario Monti Massimo Carlesi Matteo Renzi Maui Maurizio Sguanci Mauro Vaiani memoria storica meno dipendenza Mezzana Michele Emiliano monete locali Moretuzzo NO a questa tramvia antifiorentina no al podestà d'Italia no al presidenzialismo no al sindaco d'Italia no elettrosmog NoGreenPass Noi stessi NoMES nonviolenza Ora e sempre resistenza ora toscana OraToscana Oscar Giannino pace e lavoro Palestina Patto Autonomie Ambiente Patto per la Toscana Peace Is Possible - War Is Not Inevitable pionieri popolano postcoronavirus Prato Prima di tutto la libertà primarie Primavera araba 2011 quartieri quattrini al popolo Queer Faith radici anarchiche e socialiste referendum Besostri Repubblica delle Autonomie ricostruzione di una moralità pubblica riforma elettorale toscana riformismo ritorno alla Costituzione rivoluzione liberale rivoluzione paesana rivoluzione rionale Romagna SaharaLibre salute pubblica San Carlo San Vincenzo Santa Cecilia Sergio Salvi sessantennio Siena silver brigades Simone Caffaz solidarietà toscana spezzare le catene del debito statuto pubblico dei partiti Stefania Ferretti Stefania Saccardi Svizzera tener desta la speranza territori The Scottish Side of History Too Big To Fail? Torre del Lago Toscana Toscana Civica tradizioni e libertà Tunisia Ugo di Toscana uninominale Vannino Chiti Vecchiano veraforza Via dall'Afghanistan Vincenzo Simoni vittime yes in my backyard