Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso
venerdì 2 giugno 2017
Fanno la festa alla Repubblica
Il maxi-emendamento presentato da Emanuele Fiano alla legge elettorale è l'ennesimo tradimento.
Mentre tutte le forze politiche hanno espresso disponibilità ad adottare in Italia un modello tedesco, questi politici hanno presentato un testo che è ancora peggio del Porcellum e dell'Italicum.
I 309 collegi uninominali della Camera non saranno in realtà tali, ma mere vetrine per catturare voti per i candidati decisi dai segretari nazionali dei partiti.
Si tratta di una presa in giro colossale, un imbroglio politico ancora più grande di tanti altri che pure i "legislatori" renziani della XVII legislatura ci avevano già propinato.
Potremmo chiamarla un'altra "renzoiata", un neologismo che proponiamo volentieri, perché evoca insieme sia la rasoiata che la boiata. Due cose a cui il "giglio magico", con la complicità dei berlusconiani, dei verdiniani e di altre anime nere, ci hanno peraltro abituati.
Non dimentichiamoci quante leggi con un titolo bello e con contenuti orrendi sono state varate da questi "leader": la "buona scuola", lo "sblocca Italia", il "dopo di noi", i "reati ambientali", la "sicurezza stradale"... Dobbiamo continuare?
Liberiamoci da questa neolingua renziana.
Torniamo con i piedi per terra.
Ribadiamo i fondamentali di una civiltà democratica fondata su istituzioni solide.
Senza doppio voto disgiunto, senza sovranità degli elettori nel loro collegio, non c'è "sistema tedesco", non c'è un #Germanicum, ma solo un #Goticum mostruoso e incostituzionale.
Nei collegi deve esistere un voto diretto e personale, libero da ogni preoccupazione sulle liste e sui partiti.
Nella quota proporzionale ci deve essere, in aggiunta, un secondo voto dato per garantire una voce al pluralismo delle correnti culturali e politiche di un sistema grande e complesso come quello italiano.
Ci appelliamo a ogni singolo deputato e senatore in carica.
Almeno in questa ultima, estrema, drammatica ora, non traditeci.
Non facciamo "la festa" a questa repubblica (nel senso toscano del termine).
Non uccidiamo la residua speranza che ancora ci resta in una sua riforma dal basso, con la partecipazione di tutti.
venerdì 3 marzo 2017
Non è il sistema Renzi
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Tiziano Renzi (fonte) |
Non credo che ci sia un "sistema Renzi", non so se esista un "giglio oscuro".
Ritengo, invece, che alla fine delle inchieste e dei processi, risulterà che gli attivisti, i sostenitori, i finanziatori, i cortigiani che hanno accompagnato la traiettoria politica della meteora Matteo Renzi, si riveleranno essere stati meno ingenui di tanti altri, quanto a rispetto delle leggi sulle nomine e sugli appalti, sulla raccolta di finanziamenti, sui costi della politica e della organizzazione del consenso.
Ci indicheranno il dito Renzi per non farci guardare alla luna CONSIP.
La CONSIP, infatti, è il vero problema, così come anche altre "centrali" create in questa terrificante stagione del federalismo a parole e dell'accentramento di ricchezze e potere nei fatti.
Approfittando dell'ignoranza diffusa, del conformismo dei media, della pigrizia degli accademici, della complicità dei burocrati centrali e centralisti, in un paese in cui non si conosce che ogni scala ha le sue economie ma anche le molto più pericolose diseconomie, si è cavalcata l'arrogante narrativa che il centro avrebbe messo fine alle spese pazze delle periferie.
Purtroppo, l'idea che gli acquisti centralizzati nella pubblica amministrazione facciano risparmiare è tanto generalmente creduta quanto radicalmente sbagliata.Primo, la pubblica amministrazione non è una azienda che acquista materie prime semplici e omogenee, sulle quali sia facile applicare semplici modellini scolastici tipo "ne compro di più, ho uno sconto maggiore". Continuare a credere a questo raccontino la dice lunga sull'ignoranza economica di questo paese.
Secondo, l'acquisto centralizzato di beni appena più complessi, per esempio delle matite, comporta un aumento tale della distanza fra chi ha bisogno della matita e chi ha il potere di comprarla, che alla fine si compreranno fatalmente o poche matite, o troppe, e certamente tutte inadatte a coprire i bisogni specifici di tanti uffici, luoghi e persone diverse.
Terzo, più grande è l'importo di un appalto, più è difficile controllarne l'efficacia, le qualità intrinseche, l'appropriatezza, la sostenibilità sociale e ambientale; saltando le proporzioni fra beni in questione e numero dei controllori disponibili, non ci sarà più controllo sistematico, ma non funzioneranno nemmeno i controlli a campione. Anche le rare volte che si riuscirà a formare una squadra di controllo motivata, come per esempio quella di Cantone e della sua ANAC, essa non potrà occuparsi altro che di aspetti formali, di documentazione, di reputazione degli interessati, non potendo ovviamente entrare nel vivo e nella materia di ogni fornitura - non esistendo tuttologi, nemmeno fra i magistrati. Controlli meramente formali, quindi, che potranno comunque essere fatti solo su un grande appalto o un grande progetto alla volta. Un po' poco, ci sembra, come capacità di controllo, anche per questa nostra sfacciata e decadente repubblica.
Queste osservazioni stanno tutte fra il mero buon senso e una qualche minima capacità critica rispetto alla complessità delle organizzazioni umane, acquisita da chi scrive in trent'anni di lavoro e trent'anni di studi.
In fondo, però, in gioco, c'è ben altro.
Dobbiamo assolutamente ritrovare nel profondo di noi stessi un candido e radicale rifiuto della concentrazione di ricchezze e di potere.E' necessario per salvare la nostra diversità e le nostre autonomie sociali e territoriali, che sono la nostra umanità, cioè ben di più importanti che un po' di austerità e di onestà, che pure sono virtù necessarie, e anch'esse calpestate, dal centralismo, e anche dai renziani e dai renzisti.
Sì, forse anche i Renzi sono o hanno tentato di essere un'altra delle tante "consorterie" toscane alla scalata del potere a Roma, sulla scia di illustri personaggi del nostro passato (i fanfaniani, la cerchia di Ricasoli, su su risalendo fino alla scalata dei Medici che riuscirono a essere papi e principi). Ma non guardate al dito dei Renzi, bensì alla luna della CONSIP.
lunedì 19 dicembre 2016
Mattarellum iuxta modum
Con anni di ritardo, si riparla di Mattarellum, come sistema elettorale per l'elezione della Camera e del Senato della Repubblica Italiana.
Si tratta, lo diciamo subito, di un sistema elettorale decente, da cui non ci si sarebbe mai dovuti allontanare, perché stava funzionando e, nel medio-lungo termine, avrebbe prodotto effetti ancora più positivi, come scrivemmo qui in tempi non sospetti.
Fa un po' effetto che ad essersi convertiti al ripristino di una legge elettorale meno folle di quelle che sono state imposte al paese da ormai un decennio, siano i due Mattei nazionali (e neo-nazionalisti): l'ex presidente Renzi, che ha rapidamente ripudiato la "legge elettorale che l'Europa ci avrebbe invidiato", l'Italicum; il segretario della Lega Nord, Salvini, il nemico politico preferito dallo stesso Renzi, il quale lo alimenta mediaticamente come spauracchio per tener buoni i suoi elettori più di sinistra.
Questo blog, laicamente, saluta il ritorno dei due figlioli prodighi, lanciando però a tutti i membri delle commissioni affari istituzionali di Camera e Senato un appello a stare attenti a ciò di cui i due Mattei non si occupano mai: i dettagli.
Il Mattarellum ci piace, ovviamente iuxta modum.
Per il Senato era già ben impostato: consentiva una chiara competizione nei collegi uninominali; garantiva il recupero dei migliori secondi, a cui, regione per regione, era garantito un diritto di tribuna pari al 25%; consentiva le candidature indipendenti dai partiti ed eventualmente contro i partiti carenti di primarie e di democrazia interna, un punto centrale, questo ultimo, per far veramente funzionare il sistema uninominale.
Per la Camera, invece, i difetti erano notevoli: le candidature nei collegi erano obbligatoriamente legate ai partiti; c'erano la follia delle liste civetta formate per imbrogliare nel momento del cosiddetto scorporo; la quota proporzionale, con le sue liste bloccate, era ancora una ridotta dove si riproducevano le peggiori abitudini della partitocrazia.
Buon lavoro, allora, commissari.
Siate ragionevoli, almeno una volta, in questa sciagurata XVII legislatura, che è durata anche troppo a lungo e ha prodotto una serie interminabile di leggi non solo sbagliate, ma scritte male, oscure, inapplicabili, odiose.
venerdì 2 dicembre 2016
J.P. Morgan vuole bene all'Italia
A conclusione di una campagna referendaria bruttissima e lunghissima, in cui il governo Renzi-Alfano-Delrio-Boschi-Madia-Lorenzin ha strumentalizzato tutto lo strumentalizzabile, compiendo ogni sorta di prepotenza, pur di convincerci a votare sì al suo plebiscito, chiudiamo con una nota di intelligente leggerezza.
La dobbiamo al mio amico fraterno Saverio Langianni, che l'ha diffusa su Facebook, oggi, rilanciando lo scritto di un attivista aretino. Una perla di ironia. Leggetevela.
HO CAMBIATO IDEA...
Dopo tanta discussione, ho vacillato, ho riflettuto ed ho cambiato idea per i seguenti motivi:
Voto Sì perché voglio disconnettere i cittadini dai senatori. Certi elettori non capiscono niente sono anche contro le vaccinazioni e io toglierei loro il voto. Si dovrebbe far votare solo chi capisce le cose, lo dice anche Scalfari
Voto Sì perché voglio che galantuomini come De Luca possano giustamente beneficiare dell'immunità parlamentare. Tutti ce l'hanno con lui a partire dalla Bindi.
Voto Sì perché non credo nelle comunità locali, nelle regioni. Perché la gestione del paesaggio della Toscana è pessima ed io voglio che sia solcata da gasdotti.
Voto Sì perché la politica del turismo in Toscana sia di interesse nazionale ed è meglio che decida lo stato centrale scegliendo quale parte del patrimonio artistico promuovere e restaurare a scapito di quello inutile che ha solo valore culturale ma non commerciale.
Voto Sì perché non voglio che le comunità locali possano bloccare un inceneritore, perché è giusto che lo stato decida sui termo-valorizzatori e li faccia dove vuole. Io vorrei che il raddoppio dell'inceneritore di San Zeno ad Arezzo potesse essere fatto come vuole Aisa perché per questa partecipata è un bel business.
Voto Sì perché abbiamo sempre fatto missioni di pace giuste in Iraq, in Afganistan, un ottimo intervento in Libia, che sono contento abbia destabilizzato il Sud Mediterraneo. E allora mi fido che un primo ministro possa dichiarare guerra da solo. Così faremo prima e bruceremo i francesi nella corsa al petrolio.
Voto Sì perché voglio stabilizzare i mercati a favore del 25% degli italiani che si sono arricchiti con la crisi. Perché quelli che hanno peggiorato la loro situazione economica negli ultimi anni si lamentano e basta e non riescono a capire che se si taglia lo stato sociale e la sanità diventa privata potranno diventare fortunati come il 25%, in qualche modo. La mano invisibile del mercato penserà a loro...
Voto Sì perché io penso che un cittadino normale non può capire l'articolo 70. E se non può capirlo non può decidere sulla costituzione e allora certe cose bisogna farle decidere a chi ne capisce e chi lo ha cambiato e' molto intelligente se e' riuscito a scriverlo così complicato.
Voto Sì perché c'è bisogno di governabilità in quanto negli ultimi anni Berlusconi, Monti e Letta sono caduti perché avevano una maggioranza risicata. Ora piuttosto voglio che una minoranza prenda un premio e diventi maggioranza assoluta a tavolino senza cercare consenso alla Camera, perché intralcia e basta. La minoranza ha perso e deve stare zitta, per questo il suo statuto deve essere scritto dal premier.
Voto Sì perché Schäuble, Dijsselbloem, Moscovici, J.P. Morgan vogliono bene al popolo italiano e non è vero che fanno politiche favorevoli a pochi interessi e di austerità. Se facciamo come dicono loro salveremo anche Banca Etruria probabilmente.
Voto Sì perché bisogna cambiare. Anche i padri costituenti avevano detto che si doveva cambiare la costituzione appena fatta. E' meglio cambiare a prescindere. Io pur di cambiare ci metterei uno che decide tutto da solo. I politici sono dei ladri e non servono a niente. Oltre che il Senato toglierei anche la Camera e tutti a casa 'sti ladri.
* * *
Buon voto, domenica 4 dicembre 2016.
No al plebiscito, no alla riforma Boschi-Renzi-Verdini.
#IoVotoNO
mercoledì 28 settembre 2016
Is Renzi's New Constitution the Solution?
My article on Renzi's new Constitution has been published by The Globalist. Please read and spread.
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#Renzi’s New Constitution: Really the Solution to #Italy’s Troubles? @mauro_vaiani https://t.co/oipz16nr5z— The Globalist (@theglobalist) 28 settembre 2016
domenica 31 luglio 2016
La RAI in bolletta
L'antico e triste rito del pagamento del canone RAI è diventato più facile e, forse, più difficile da evadere per decine di milioni di famiglie. Si è spostato nella bolletta elettrica. Con quella di luglio ci sono stati prelevati i primi 70 Euro.
Non ringrazierò per questo il mio conterraneo sottosegretario Antonello Giacomelli, principale promotore di questo cambiamento.
Ho sempre creduto che il canone RAI sia uno dei prelievi più iniqui e ingiustificati.
Tutto il potere e tutte le risorse storicamente concentrate nella RAI dovrebbero essere semplicemente distribuite, per eliminare alla radice corruzione, sprechi, indottrinamento per obbligare le persone al pensiero unico, lottizzazioni politiche, che sono tutte malattie congenite di questa gigantesca azienda pubblica.
Tutte le attività di intrattenimento della RAI avrebbero dovuto essere da tempo privatizzate.
La mediateca dovrebbe essere trasformata in una fondazione veramente pubblica, capace di digitalizzare e condividere il suo immenso patrimonio con il mondo intero.
I cittadini dovrebbero essere messi in grado di destinare una loro libera donazione a una radio, una tivù, un servizio pubblico di loro scelta, sia a livello locale che a livello centrale.
Dopo tanti anni, grazie a Internet, siamo forse più liberi dal soffocante controllo sociale impostoci attraverso la RAI, ma non ci basta.
Vogliamo schiacciare le mille teste di questa moderna idra.
PS
Cattiva questa idra RAI, specie d'estate, quando a tante persone sole che hanno bisogno di compagnia, propina solo repliche e manda in onda lo stesso servizio giornalistico in più telegiornali. Forse che gli stipendi milionari delle sue centinaia di dirigenti vengono sospesi, in questi giorni?
Si vergognino.
domenica 24 luglio 2016
Restituzione del bonus Renzi
Con il deposito delle dichiarazioni dei redditi, è iniziata la grande restituzione degli 80 Euro di Matteo Renzi, in tutto o in parte.
Per capire come funziona la restituzione, segnaliamo alcuni articoli in rete:
- https://www.forexinfo.it/Restituzione-bonus-Renzi-80-euro-2016
- http://www.pmi.it/economia/lavoro/news/116651/bonus-80-euro-restituire-colpa-730.html
- http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-04-25/il-bonus-80-euro-indebiti-andranno-restituiti-143707.shtml?uuid=ABCl8hDB
Non è una bufala, è una realtà.
Chi scrive, avendo fatto fatto un po' di straordinari che hanno portato il proprio reddito annuo leggermente sopra i 24.000 Euro lordi l'anno, deve restituire 284 Euro.
Vengono così confermati i difetti sistemici degli 80 Euro (Mario Seminerio è stato uno dei pochi a comprenderli per tempo) di questa misura paternalistica, iniqua perché esclude i più poveri, i più precari, i più incapienti, oltre che offensiva per tutte le persone di buon senso.
Noi che avevamo creduto nella sua potenziale spinta innovativa, avevamo purtroppo già capito che nei dettagli delle c.d. riforme di Renzi, si nascondevano ingiustizie, incosistenze e persino dei madornali errori.
Peccato che nessuno sia in ascolto e che nessuno abbia l'umiltà di correggerli.
sabato 9 luglio 2016
Fuori dalla NATO
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Da sinistra: Cameron, Obama, Merkel, Hollande, Renzi ad Hannover nell'aprile del 2016 - Foto Wikicommon |
Il vertice NATO di Varsavia ha deciso che quattro battaglioni, per un totale di poche migliaia di uomini, stazioneranno in Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia. Per altri dettagli, si veda il comunicato della NATO.
Si tratta di una iniziativa sbagliata, estranea agli interessi e alle funzioni istituzionali dell'alleanza e, inoltre, proprio perché largamente simbolica, scioccamente provocatoria nei confronti della Federazione Russa.
Contrariamente a quanto era accaduto sui fronti della Libia e della Siria, Matteo Renzi stavolta non è riuscito a smarcarsi. In questo articolo del Corriere, ci viene spiegato che l'Italia contribuirà a questa operazione con 150 soldati.
La NATO ha adempiuto alla propria missione storica e avrebbe dovuto già da tempo avviare lo smantellamento delle sue istituzioni, strutture e basi.
Al suo posto dovrebbero invece crescere le organizzazioni della cooperazione non solo fra Occidentali e Russi, ma fra tutte le democrazie del mondo.
Lo aveva capito persino Berlusconi.
Possono farcela anche quelli del Giglio magico.
domenica 15 maggio 2016
Salviamo la piana e noi stessi
Credo che la manifestazione di ieri a Firenze abbia sorpreso un po' tutti, a cominciare dagli stessi organizzatori.
Si parla sui media toscani di quindicimila persone, ma forse si è andati persino oltre.
Abbiamo visto sfilare insieme non solo attivisti anti-inceneritore, non solo rappresentanti di tanti gruppi radicali minoritari, ma una cittadinanza ben più ampia, famiglie intere con i loro anziani, con i loro bambini, con gli amici a quattro zampe.
Siamo stati uniti dalla volontà di salvare la piana, cioè tutto ciò che va da Pistoia e Prato a Firenze, il più densamente popolato spazio di vita della nostra Toscana, casa nostra.
La maggior parte degli abitanti della piana non ha altri posti dove andare a vivere. Non ha la possibilità di cambiare casa, lavoro, vita. Non può trasferirsi in un quartiere più elegante, in campagna, o in montagna. Non può - anche se volesse - ricominciare da zero, con un altro mutuo, un'altra scuola per i figli, un altro giardino per i propri anziani, un'altra parrocchia, un'altra rete di conoscenze.
Per questo erano alla manifestazione, chiedendo di salvare la piana dalla cementificazione, dall'imbruttimento, dall'installazione di nuove pesanti infrastrutture - vivere vicino alle quali può diventare complicato, insalubre, e soprattutto triste.
Possiamo testimoniare una volontà di fare la differenza con proposte positive, ma anche una radicale sfiducia verso tutte le attuali elite politiche e amministrative.
Questa cittadinanza attiva, che ha la pretesa di fermare tutto ciò che è stato deciso sopra le sue teste, farà saltare parecchi degli attuali equilibri politici - come mi pare abbia ben compreso, per esempio, il giovane Lorenzo Falchi, candidato sindaco a Sesto Fiorentino, che era presente alla manifestazione.
Dopo aver visto errori e orrori della TAV, il grande buco della stazione Foster, i tracciati sbagliati del tram, ecomostri come la nuova scuola marescialli e il palazzo di giustizia, gli inceneritori sbagliati e bloccati in altre parti della Toscana, questo popolo che ha marciato ieri per le strade di Firenze semplicemente non crede più a coloro che reggono oggi le sorti della piana e dell'intera regione. Nemmeno a coloro che fino a ieri sono stati abbondantemente votati, come i dirigenti del PD.
Tutto è più difficile ora, o forse no, per chi crede davvero nella democrazia locale e nella sovranità popolare.
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I programmi specifici degli organizzatori possono essere approfonditi su questi siti:
- http://www.mammenoinceneritore.org/
- http://www.zerowasteitaly.org/
- https://pianacontronocivita.noblogs.org/
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Fermiamo la cementificazione della Piana e delle coscienze #UnViSiFaFare pic.twitter.com/TUEauTTAuc— Mauro Vaiani (@mauro_vaiani) 14 maggio 2016
giovedì 12 maggio 2016
No alla repubblica alla turca
Francesco Verderami, fra gli applausi degli ammiratori dell'ultimo renzismo centralista e decisionista, sul Corriere della Sera di oggi, riprendendo uno spunto già lanciato da Roberto D'Alimonte, ha dipinto uno scenario a metà fra il surreale e il cospirazionista, che però si rivela molto istruttivo sugli immensi pericoli insiti nella riforma Boschi-Verdini.
Questo è il succo: anche i Cinque Stelle, non solo il PD, avrebbero tutto da perdere dalla possibile sconfitta, al referendum d'autunno, del modello di repubblica italiana in stile turco, proposto dalla Boschi e da Verdini.
Entrambe le due forze politiche, infatti, avrebbero la possibilità di vincere tutto il potere, in uno stato governato da una sola camera, un solo partito, un solo leader. Una occasione imperdibile, non vi pare?
Anche per Luigi Di Maio, quindi, non solo per Matteo Renzi - ma anche, allora, aggiungiamo noi, per un erede di Silvio Berlusconi, o per Matteo Salvini - la vittoria del "Sì" al prossimo referendum costituzionale sarebbe l'ultima occasione per poter diventare i cesari, i bonaparte, gli erdogan di una nuova repubblica centralista e autoritaria.
Si noti quanto subdolo ma attrattivo possa essere il fascino del centralismo democratico e plebiscitario.
Speriamo che non sia anche contagioso, ma che generi, al contrario, un generale, trasversale, sano rigetto.
No alla repubblica italiana alla turca, no alle riforme Boschi-Verdini.
mercoledì 11 maggio 2016
Tardi e male, ma infine ci siamo arrivati
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Denis Verdini in una vecchia foto del 2006 - dieci anni dopo, ancora una volta, nel bene e nel male, protagonista dell'approvazione in Italia delle unioni civili (11 maggio 2016, ndr) |
A proposito dell'approvazione odierna della prima legge italiana sulle unioni civili e sul riconoscimento delle convivenze, rilancio le parole del caro amico Giacomo Fiaschi, che da Tunisi ha scritto: "...credo che sia profondamente ingiusto, e indegno di una civiltà in progresso, impedire a due persone che si amano e che desiderano realizzare un progetto di vita comune, di poterlo fare con pieno diritto". Precisando, più avanti, che persone dello stesso sesso che si amano e che scelgono di vivere insieme devono vedersi riconosciuti i medesimi "diritti e doveri di una coppia eterosessuale".
Ci siamo arrivati tardi e male. Si potrebbe forse anche dire timeo Renzi, Verdini et dona ferentes.
L'uso di una raffica di voti di fiducia in materia di diritti civili è un precedente inaccettabile. Non perdono ai relatori certi tratti statalisti che hanno voluto inserire nella legge Cirinnà. Non perdono le derisioni, le esagerazioni, le umiliazioni, come la strumentalizzazione della parola "fedeltà", che è stata prima inserita e poi tolta, quasi per mostrare che noi persone omosessuali, in fondo, siamo esseri umani moralmente inferiori.
Non perdono nulla, delle loro sbagliate scelte politiche, tanto meno dei loro sbagliati metodi politici, a Matteo Renzi e a Denis Verdini, ma riconosco loro questo risultato, che comunque pone fine a una lunga attesa. In Italia si allevia, almeno un pochino, la sofferenza di tante coppie omosessuali.
Spero che una eco di speranza ritorni indietro a Tunisi, caro amico Giacomo. Come sai una vasta rete di forze laiche e cristiane, ebraiche e islamiche, si stanno unendo per aiutare le persone omosessuali perseguitate e rifugiate in Tunisia.
Questo piccolo aiuto serva, se a D-o così piacerà, a incoraggiare coloro che, nel nome della Divina Misericordia, delle più autentiche tradizioni tunisine, dei diritti umani universali, lavorano nell'assemblea nazionale tunisina per la depenalizzazione dell'omosessualità, attraverso l'abolizione dell'articolo 230 del codice penale.
Un abbraccio, infine, e un grande ringraziamento a Farhat Othman, un intellettuale coraggioso che lotta per il superamento dell'omofobia in Tunisia.
Avanti, verso la libertà, con amore.
domenica 24 aprile 2016
Appello dei 56 costituzionalisti per il NO alla riforma Boschi-Verdini
E' stato reso pubblico in questi giorni di vigilia del 25 aprile 2016, 71° anniversario della Liberazione, questo appello di 56 costituzionalisti. Il documento invita a un attento ripensamento sulla riforma c.d. Boschi-Verdini. Riportiamo qui il testo integrale (rintracciato sul sito de Il Foglio). In particolare l'appello riprende quanto già chiesto, con lungimiranza, da Riccardo Magi e dai Radicali Italiani, ma anche da interventi ripetuti di Michele Ainis, Fulco Lanchester e altri, a proposito delle modalità di svolgimento della consultazione popolare sulla riforma Boschi-Verdini. Si chiede anche qui, con mite ragionevolezza, un voto per parti separate. In caso che il Parlamento non intenda attivarsi in questo senso, automaticamente, come prevedono le norme, si andrà a un voto unico sull'intera legge costituzionale. In questo caso sarebbe, in pratica, un improprio plebiscito, nel quale queste e molte altre persone sarebbero costrette a votare NO, perché i difetti della riforma sono considerati di gran superiori ai pochi elementi positivi.
Secondo la modesta opinione di questo blog, questo appello andrebbe ascoltato.
SULLA RIFORMA COSTITUZIONALE
Di fronte alla prospettiva che la legge costituzionale di riforma della Costituzione sia sottoposta a referendum nel prossimo autunno, i sottoscritti, docenti, studiosi e studiose di diritto costituzionale, ritengono doveroso esprimere alcune valutazioni critiche.
Non siamo fra coloro che indicano questa riforma come l’anticamera di uno stravolgimento totale dei principi della nostra Costituzione e di una sorta di nuovo autoritarismo.
Siamo però preoccupati che un processo di riforma, pur originato da condivisibili intenti di miglioramento della funzionalità delle nostre istituzioni, si sia tradotto infine, per i contenuti ad esso dati e per le modalità del suo esame e della sua approvazione parlamentare, nonché della sua presentazione al pubblico in vista del voto popolare, in una potenziale fonte di nuove disfunzioni del sistema istituzionale e nell’appannamento di alcuni dei criteri portanti dell’impianto e dello spirito della Costituzione.
1. Siamo anzitutto preoccupati per il fatto che il testo della riforma – ascritto ad una iniziativa del Governo – si presenti ora come risultato raggiunto da una maggioranza (peraltro variabile e ondeggiante) prevalsa nel voto parlamentare (“abbiamo i numeri”) anziché come frutto di un consenso maturato fra le forze politiche; e che ora addirittura la sua approvazione referendaria sia presentata agli elettori come decisione determinante ai fini della permanenza o meno in carica di un Governo. La Costituzione, e così la sua riforma, sono e debbono essere patrimonio comune il più possibile condiviso, non espressione di un indirizzo di governo e risultato del prevalere contingente di alcune forze politiche su altre. La Costituzione non è una legge qualsiasi, che persegue obiettivi politici contingenti, legittimamente voluti dalla maggioranza del momento, ma esprime le basi comuni della convivenza civile e politica. E’ indubbiamente un prodotto “politico”, ma non della politica contingente, basata sullo scontro senza quartiere fra maggioranza e opposizioni del momento. Ecco perché anche il modo in cui si giunge ad una riforma investe la stessa “credibilità” della Carta costituzionale e quindi la sua efficacia. Già nel 2001 la riforma del titolo V, approvata in Parlamento con una ristretta maggioranza, e pur avallata dal successivo referendum, è stato un errore da molte parti riconosciuto, e si è dimostrata più fonte di conflitti che di reale miglioramento delle istituzioni.
2. Nel merito, riteniamo che l’obiettivo, pur largamente condiviso e condivisibile, di un superamento del cosiddetto bicameralismo perfetto (al quale peraltro sarebbe improprio addebitare la causa principale delle disfunzioni osservate nel nostro sistema istituzionale), e dell’attribuzione alla sola Camera dei deputati del compito di dare o revocare la fiducia al Governo, sia stato perseguito in modo incoerente e sbagliato. Invece di dare vita ad una seconda Camera che sia reale espressione delle istituzioni regionali, dotata dei poteri necessari per realizzare un vero dialogo e confronto fra rappresentanza nazionale e rappresentanze regionali sui temi che le coinvolgono, si è configurato un Senato estremamente indebolito, privo delle funzioni essenziali per realizzare un vero regionalismo cooperativo: esso non avrebbe infatti poteri effettivi nell’approvazione di molte delle leggi più rilevanti per l’assetto regionalistico, né funzioni che ne facciano un valido strumento di concertazione fra Stato e Regioni. In esso non si esprimerebbero le Regioni in quanto tali, ma rappresentanze locali inevitabilmente articolate in base ad appartenenze politico-partitiche (alcuni consiglieri regionali eletti – con modalità rinviate peraltro in parte alla legge ordinaria - anche come senatori, che sommerebbero i due ruoli, e in Senato voterebbero ciascuno secondo scelte individuali). Ciò peraltro senza nemmeno riequilibrare dal punto di vista numerico le componenti del Parlamento in seduta comune, che è chiamato ad eleggere organi di garanzia come il Presidente della Repubblica e una parte dell’organo di governo della magistratura: così che queste delicate scelte rischierebbero di ricadere anch’esse nella sfera di influenza dominante del Governo attraverso il controllo della propria maggioranza, specie se il sistema di elezione della Camera fosse improntato (come lo è secondo la legge da poco approvata) a un forte effetto maggioritario.
3. Ulteriore effetto secondario negativo di questa riforma del bicameralismo appare la configurazione di una pluralità di procedimenti legislativi differenziati a seconda delle diverse modalità di intervento del nuovo Senato (leggi bicamerali, leggi monocamerali ma con possibilità di emendamenti da parte del Senato, differenziate a seconda che tali emendamenti possano essere respinti dalla Camera a maggioranza semplice o a maggioranza assoluta), con rischi di incertezze e conflitti.
4. L’assetto regionale della Repubblica uscirebbe da questa riforma fortemente indebolito attraverso un riparto di competenze che alle Regioni toglierebbe quasi ogni spazio di competenza legislativa, facendone organismi privi di reale autonomia, e senza garantire adeguatamente i loro poteri e le loro responsabilità anche sul piano finanziario e fiscale (mentre si lascia intatto l’ordinamento delle sole Regioni speciali). Il dichiarato intento di ridurre il contenzioso fra Stato e Regioni viene contraddetto perché non si è preso atto che le radici del contenzioso medesimo non si trovano nei criteri di ripartizione delle competenze per materia - che non possono mai essere separate con un taglio netto - ma piuttosto nella mancanza di una coerente legislazione statale di attuazione: senza dire che il progetto da un lato pretende di eliminare le competenze concorrenti, dall’altro definisce in molte materie una competenza “esclusiva” dello Stato riferita però, ambiguamente, alle sole “disposizioni generali e comuni”. Si è rinunciato a costruire strumenti efficienti di cooperazione fra centro e periferia. Invece di limitarsi a correggere alcuni specifici errori della riforma del 2001, promuovendone una migliore attuazione, il nuovo progetto tende sostanzialmente, a soli quindici anni di distanza, a rovesciarne l’impostazione, assumendo obiettivi non solo diversi ma opposti a quelli allora perseguiti di rafforzamento del sistema delle autonomie.
5. Il progetto è mosso anche dal dichiarato intento (espresso addirittura nel titolo della legge) di contenere i costi di funzionamento delle istituzioni. Ma il buon funzionamento delle istituzioni non è prima di tutto un problema di costi legati al numero di persone investite di cariche pubbliche (costi sui quali invece è giusto intervenire, come solo in parte si è fatto finora, attraverso la legislazione ordinaria), bensì di equilibrio fra organi diversi, e di potenziamento, non di indebolimento, delle rappresentanze elettive. Limitare il numero di senatori a meno di un sesto di quello dei deputati; sopprimere tutte le Province, anche nelle Regioni più grandi, e costruire le Città metropolitane come enti eletti in secondo grado, anziché rivedere e razionalizzare le dimensioni territoriali di tutti gli enti in cui si articola la Repubblica; non prevedere i modi in cui garantire sedi di necessario confronto fra istituzioni politiche e rappresentanze sociali dopo la soppressione del CNEL: questi non sono modi adeguati per garantire la ricchezza e la vitalità del tessuto democratico del paese, e sembrano invece un modo per strizzare l’occhio alle posizioni tese a sfiduciare le forme della politica intesa come luogo di partecipazione dei cittadini all’esercizio dei poteri.
6. Sarebbe ingiusto disconoscere che nel progetto vi siano anche previsioni normative che meritano di essere guardate con favore: tali la restrizione del potere del Governo di adottare decreti legge, e la contestuale previsione di tempi certi per il voto della Camera sui progetti del Governo che ne caratterizzano l’indirizzo politico; la previsione (che peraltro in alcuni di noi suscita perplessità) della possibilità di sottoporre in via preventiva alla Corte costituzionale le leggi elettorali, così che non si rischi di andare a votare (come è successo nel 2008 e nel 2013) sulla base di una legge incostituzionale; la promessa di una nuova legge costituzionale (rinviata peraltro ad un indeterminato futuro) che preveda referendum propositivi e di indirizzo e altre forme di consultazione popolare.
7. Tuttavia questi aspetti positivi non sono tali da compensare gli aspetti critici di cui si è detto.
Inoltre, (grasseto aggiunto da noi, ndr) se il referendum fosse indetto – come oggi si prevede - su un unico quesito, di approvazione o no dell’intera riforma, l’elettore sarebbe costretto ad un voto unico, su un testo non omogeneo, facendo prevalere, in un senso o nell’altro, ragioni “politiche” estranee al merito della legge. Diversamente avverrebbe se si desse la possibilità di votare separatamente sui singoli grandi temi in esso affrontati (così come se si fosse scomposta la riforma in più progetti, approvati dal Parlamento separatamente).
Per tutti i motivi esposti, pur essendo noi convinti dell’opportunità di interventi riformatori che investano l’attuale bicameralismo e i rapporti fra Stato e Regioni, l’orientamento che esprimiamo è contrario, nel merito, a questo testo di riforma.
per il ripensamento della riforma Boschi-Verdini
Aprile 2016
Francesco Amirante, magistrato;
Vittorio Angiolini, Università di Milano Statale;
Luca Antonini, Università di Padova;
Antonio Baldassarre, Università LUISS di Roma;
Sergio Bartole, Università di Trieste
Ernesto Bettinelli, Università di Pavia
Franco Bile, Magistrato
Paolo Caretti, Università di Firenze
Lorenza Carlassare, Università di Padova
Francesco Paolo Casavola, Università di Napoli Federico II
Enzo Cheli, Università di Firenze
Riccardo Chieppa, Magistrato
Cecilia Corsi, Università di Firenze
Antonio D'Andrea, Università di Brescia
Ugo De Siervo, Università di Firenze
Mario Dogliani, Università di Torino
Gianmaria Flick, Università LUISS di Roma
Franco Gallo, Università LUISS di Roma
Silvio Gambino, Università della Calabria
Mario Gorlani, Università di Brescia
Stefano Grassi, Università di Firenze
Enrico Grosso, Università di Torino
Riccardo Guastini, Università di Genova
Giovanni Guiglia, Università di Verona
Fulco Lanchester, Università di Roma La Sapienza
Sergio Lariccia, Università di Roma La Sapienza
Donatella Loprieno, Università della Calabria
Joerg Luther, Università Piemonte orientale
Paolo Maddalena, Magistrato
Maurizio Malo, Università di Padova
Andrea Manzella, Università LUISS di Roma
Anna Marzanati, Università di Milano Bicocca
Luigi Mazzella, Avvocato dello Stato
Alessandro Mazzitelli, Università della Calabria
Stefano Merlini, Università di Firenze
Costantino Murgia, Università di Cagliari
Guido Neppi Modona, Università di Torino
Walter Nocito, Università della Calabria
Valerio Onida, Università di Milano Statale
Saulle Panizza, Università di Pisa
Maurizio Pedrazza Gorlero, Università di Verona
Barbara Pezzini, Università di Bergamo
Alfonso Quaranta, Magistrato
Saverio Regasto, Università di Brescia
Giancarlo Rolla, Università di Genova
Roberto Romboli, Università di Pisa
Claudio Rossano, Università di Roma La Sapienza
Fernando Santosuosso, Magistrato
Giovanni Tarli Barbieri, Università di Firenze
Roberto Toniatti, Università di Trento
Romano Vaccarella, Università di Roma La Sapienza
Filippo Vari, Università Europea di Roma
Luigi Ventura, Università di Catanzaro
Maria Paola Viviani Schlein, Università dell'Insubria
Roberto Zaccaria, Università di Firenze
Gustavo Zagrebelsky, Università di Torino
venerdì 22 aprile 2016
Rallenta Italia?
Il 730 online è emblematico della rovina di questa Repubblica e della presunzione di coloro che vogliono informatizzare senza cambiare, fare innovazione digitale senza toccare le incrostazioni giuridiche e organizzative.
Evidentemente, grazie all'informatica, tanti dati ci sono.
Esistono ancora mezzi e persone operose nelle amministrazioni pubbliche, altrimenti il 730 online, che mette a disposizione centinaia di milioni di dati (peraltro riservati e sensibili) non sarebbe potuto arrivare.
Epperò il 730 online resta un delirio, perché deliranti sono le norme che si affastellano. Inaccettabile resta la pigrizia arrogante di un ceto dirigente pubblico strapagato e tuttavia assolutamente ignorante e improduttivo. Insopportabili restano gli obblighi che si accumulano sulle spalle di pochi milioni di lavoratori (imprenditori, autonomi, dipendenti, precari), mentre le caste di questo paese vivono al di sopra della legge, in mezzo ai privilegi.
Lasciamo qui alcuni interrogativi, ancora sperando che ci siano persone che ci ascoltano, nei palazzi del potere e, in particolare, a Palazzo Chigi, dove si concentra un potere sempre più grande, nelle mani di pochi.
Perché tanti cittadini che hanno credenziali INPS e altre credenziali pubbliche non possono accedere al portale dell'agenzia delle entrate, nonostante si faccia un gran parlare di SPID (sistema pubblico delle identità digitali)?
Perché siamo costretti a completare il modulo 730 online, invece che limitarci a inviare documentazione aggiuntiva? E' evidente che la stragrande maggioranza dei cittadini continuerà ad appoggiarsi al proprio centro di assistenza fiscale.
Perché per il 5x1000 (cinque per mille) competono così tanti ospedali e università pubbliche? Non ricevono già abbastanza fondi da questo stato che insiste a presentarsi così paternalista (e centralista)?
Perché il 2x1000 ai partiti (due per mille) non viene trasformato in una preferenza riservata, da depositare online? E perché a questa quota non possono accedere formazioni politiche e comitati elettorali locali? E' giusto che questa facilitazione valga solo per i partiti che sono entrati in parlamento attraverso sistemi elettorali anti-democratici e incostituzionali, come il Porcellum prima e prossimamente l'Italicum?
Perché il nuovo 2x1000 alle associazioni culturali (nuovo due per mille) è stato inserito così in fretta, senza dare adeguate spiegazioni? Dove è il fantomatico elenco delle associazioni culturali destinatarie di questa donazione? Non sarà l'ennesimo fumo senza arrosto di una amministrazione che ha a più riprese dimostrato improvvisazione e incompetenza?
Aspettiamo risposte, sempre sperando, mai disperando.
PS
Magari viviamo anche un problema personale: 22 anni fa, le persone impegnate nel Movimento per la Democrazia, in collaborazione trasversale con intelligenze di altri movimenti e di tutti i territori italiani, avevano immaginato un fisco "facile, equo, responsabile e solidale", in cui i cittadini non avrebbero più dovuto compilare alcuna dichiarazione... Il 730 online è l'eterogenesi di ciò che avevamo sognato, una mostruosità che ovviamente ci viene venduta come la realizzazione di ciò che avevamo sognato.
lunedì 18 aprile 2016
In onore di un popolo spodestato
Alcuni amici cari mi hanno fatto riflettere su quanto sia stata dura tornare a votare, dopo tanti anni di referendum traditi: acqua pubblica, RAI privata, basta soldi facili ai partiti, abolizione ministeri, no alle preferenze multiple. Hanno ragione. Il popolo sovrano sarà stato anche disinformato e malguidato, ma ha anche tutto il diritto di sentirsi sfiduciato e spodestato.
Non abbiamo raggiunto il quorum in alcuni territori dove sarebbe stato davvero opportuno, secondo il nostro modesto parere (per esempio qui in Toscana, ma anche in Puglia, Veneto e Friuli). Notiamo, tuttavia, che durante questa campagna contro il "fine concessione MAI", si è ricostruita un'ampia e trasversale rete di amicizia e di fiducia - fortemente critica contro il potere, ma anche conscia che una repubblica più democratica e più federalista non si "trivella" in poche settimane.
Grazie a tutti coloro che hanno voluto onorarmi condividendo la loro speranza, la loro sfiducia, la loro scelta finale.
Per rinfrescarsi la memoria su quanti referendum siano stati traditi dal potere centralista e conformista, consigliamo questo articolo dall'archivio di Radio radicale (e da dove, sennò?).
Mi spiace che il governo non abbia tenuto un atteggiamento più costruttivo prima e più neutrale durante la campagna referendaria. Spero sempre che si recuperi un pochino di senso critico e auto-critico.
Un grazie sincero a Michele Emiliano, che si è fatto samaritano e cireneo di alcuni buoni principi, difendendoli con passione e con onore.
PS
Spigolature fra noi toscani: Livorno e Firenze le due province con più alta affluenza alle urne; Campo nell'Elba e, curiosamente, Rignano sull'Arno, fra i comuni dove si è votato di più.
lunedì 4 aprile 2016
SI' all'abolizione del "fine concessione MAI"
Il prossimo referendum di domenica 17 aprile 2016 sta assumendo significati diversi. Uno dei più importanti è quello di uno scontro fra centralismo e territori, come ha dovuto ammettere, sul Corriere della Sera del 31/03/2016, anche Michele Ainis, uno dei costituzionalisti più bravi ma, in buona sostanza, più anti-federalisti d'Italia. Una sconfitta delle periferie, ci pare, sarebbe un disastro per la repubblica. Ma c'è dell'altro.
Grazie ciò che si è potuto capire ascoltando Radio Radicale, ma grazie anche ai dibattiti su Facebook, sta finalmente emergendo una questione di sostanza, che certe posizioni semplicistiche e contradditorie volevano nasconderci.
Do' volentieri atto al presidente toscano Enrico Rossi di averlo compreso prima di altri, con la sua presa di posizione di oggi.
Il decreto Sblocca Italia ha imposto a forza, sotto il ricatto del voto di fiducia, il "fine concessione MAI" alle trivelle già attive vicino alle coste italiane.
Non solo e non tanto per consentire la prosecuzione dello sfruttamento, cosa che era già prevista e possibile con le vecchie norme, ma per far saltare il sistema dei controlli regionali sui rinnovi, sulle proroghe, sulle future dismissioni, sulla potenziale trasformazione delle piattaforme, sul loro possibile riuso in futuro come isole artificiali per fare altro (anche cose buone, come l'eolico in alto mare, magari).
Chiudere e smantellare le piattaforme esistenti, infatti, è e sarà la cosa più costosa di tutte. E' una grossa grana per gli attuali dirigenti e politici.
Per questo ci hanno mentito e aggredito con tanta rabbia. Per questo oggi quelli che si sono sbagliati sono così imbarazzati. Per questo siamo stati sommersi da slogan rassicuranti per tutti, mentre si faceva un grosso favore a pochi.
E' una storia vecchia, in Italia: i profitti vanno privatizzati e i guai vanno socializzati.
PS
Grazie a Michele Emiliano (@micheleemiliano), per il suo generoso tentativo di far ragionare il mondo dei democratici. Purtroppo il PD, con la direzione di oggi, ha confermato di voler perseverare in un folle e pericoloso appello all'astensione.
domenica 21 febbraio 2016
Renzi inseguito dai dettagli e dai cortigiani
A suo tempo ho appoggiato l'ascesa politica del mio sindaco, Matteo Renzi, a segretario del Partito Democratico e a presidente del consiglio della Repubblica italiana.
Due anni dopo la sua ascesa a Palazzo Chigi, ho qualche critica da fare.
Essendo fra quelli che ha dato una mano senza chiedere nulla, credo di potermelo serenamente permettere.
Il governo Renzi, campione di una azione che è prima di tutto comunicazione, dopo tanti annunci roboanti e assertivi, mi pare inseguito dai sempre ignorati dettagli. Nella riforma costituzionale, nell'Italicum, nelle nuove norme sul lavoro, nella riforma della scuola, nell'abolizione delle tasse sulla casa, nella riforma della RAI e del canone, nella gestione degli interessi sul debito, nel fare ulteriore deficit, nella riscrittura delle regole dell'amministrazione digitale, nella politica industriale, nella diplomazia, nella gestione di missioni estere delicate come il sostegno ai Kurdi, nella risposta all'impoverimento (non dei disoccupati, presidente, ma degli occupati, di chi non ce la fa più pur lavorando!) i dettagli sono veramente trascurati.
L'affastellarsi di norme scritte male, una certa difficoltà nell'ascoltare i critici, una visibile carenza di competenza e, purtroppo, anche di umiltà, finiranno ben presto per tornare indietro come un durissimo boomerang.
Intanto assistiamo all'assalto alla diligenza di una quantità enorme di persone - già appartenenti a ceti privilegiati e a caste di potere, una vera e propria corte - le quali, grazie all'imperizia del cosiddetto "Giglio magico", si stanno accomodando in posti chiave, precostituendo, senza passare da concorsi o da selezioni pubbliche, posizioni durature.
Infine resta sullo sfondo il problema secondo noi più grande, la svolta centralista, che, pur non essendomi mai fatto grandi illusioni, mi ha colto di sorpresa.
E'
un errore politico e istituzionale, caro presidente, e in
cuor mio spero ancora che tu possa correggerla - spes contra spem!
* * *
lunedì 8 febbraio 2016
No al plebiscito
![]() |
Fonte: http://www.educarchile.cl/ |
L'idea radicale lanciata da Roma da Riccardo Maggi, poi rilanciata a Milano da Marco Cappato, è stata ripresa e trasformata in una proposta giuridica sul Corriere della Sera di oggi dal prof. Michele Ainis.
La proposta è che il prossimo referendum sulla riforma costituzionale Boschi-Verdini non sia un solo quesito, un prendere o lasciare.
Si può e quindi si deve sottoporre agli elettori italiani una valutazione sui diversi aspetti.
Ciascuna persona dovrebbe poter dire sì o no sui diversi - e fra loro non del tutto coerenti - aspetti dell'articolato:
- senato a elezione indiretta
- poteri (poco chiaramente) differenziati fra le camere
- rafforzamento dello stato centrale rispetto alle regioni (molto ambiguo e in netto contrasto con la nostra evoluzione storico-politica)
- abolizione delle province
- abolizione del CNEL
- modifiche alla democrazia diretta (che non la rafforzano)
- assetto (problematico, dato il mantenimento di una camera troppo più numerosa del senato) delle sedute comuni
Una serie di votazioni differenziate sarebbe un passo in avanti, rispetto alla prospettiva di un unica votazione plebiscitaria.
Lo diciamo con chiarezza e con affetto al presidente Matteo Renzi: non vogliamo un plebiscito sul nostro premier; vorremmo invece votare su cambiamenti che sono maturi da decenni, senza doverci per forza ingoiare anche delle vere e proprie forzature che sembrano fatte apposta per minare la repubblica e l'unità europea.
* * *
Nella foto, l'evocazione del plebiscito cileno del 1988. Una piccola provocazione per ricordare che ormai da tempo i plebisciti è più facile perderli che vincerli.
lunedì 21 dicembre 2015
La distanza fra Bolzano e Reggio Calabria
In questo giorno solstiziale, molti Toscani come me si apprestano a onorare i nostri grandi magistrati di ieri, come il Gran Barone Ugone sepolto in Badia Fiorentina, e i nostri profeti di oggi, come l'amato Riccardo Marasco.
Non ci mancano i problemi, ma nemmeno le speranze.
Una di esse mi spinge testardamente a pensare: chi meglio di noi Toscani, che siamo centrali rispetto a tante realtà politiche e geopolitiche, può capire perché, con il passare dei decenni, la distanza sociale fra Bolzano e Reggio Calabria non si colma, come dimostrano ancora una volta le drammatiche classifiche pubblicate dal Sole 24 Ore?
Noi, più di tanti altri italiani ed europei, sappiamo che il segreto di Bolzano è l'autogoverno, mentre la maledizione di Reggio Calabria è la sua totale dipendenza dalla politica nazionale.
Eppure, un governo pieno di Toscani, guidato da uno dei Toscani più in gamba della sua generazione, sembra indulgere in una sorta di neocentralismo, peraltro praticato non senza rischiose dosi di incompetenza e incoscienza.
Matteo Renzi, nostro caro e amato ex sindaco, sei troppo giovane e troppo in gamba per scivolare in questa palude romana.
Più ti agiti, più ci affondi.
Aggrappati forte ai valori di Toscana e liberati!
sabato 12 dicembre 2015
La restituzione che non c'è
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Fonte: http://www.ilfattoquotidiano.it/ |
Inutile aggiungere altre parole inutili al dramma delle tante persone che, per ingenuità ma spesso anche per avidità, hanno investito i loro risparmi in titoli rischiosi.
Speriamo che l'arbitrato straordinario proposto dal governo possa aiutare alcuni di loro (gli ingenui più poveri, non gli avidi che hanno ancora parecchio di che vivere).
Invece è giusto protestare contro gli ex amministratori e dirigenti delle banche salvate dal governo, che non saranno mai chiamati a rendere conto della loro cattiva gestione, né a risarcire alcunché.
Fra di essi c'è Pier Luigi Boschi, ex vicepresidente di Banca Etruria e padre del ministro delle riforme Maria Elena Boschi.
Gli istituti salvati sono stati considerati "too big to fail", troppo grossi per essere lasciati fallire secondo le regole in vigore per tutti gli altri.
Ancora una volta, temiamo, l'eccessiva concentrazione di potere politico a Roma, ha prodotto una casta di cittadini più uguali degli altri.
Si può davvero continuare a sopportare l'esercizio di un potere irresponsabile, senza alcuna forma di restituzione?
Non sono d'accordo e non mi rassegno a questo stato di cose.
* * *
Segnaliamo anche un intervento di Bruno Manfellotto sul Tirreno, uno dei pochi a parlare con chiarezza di queste vicende, che sono segnate o da inaccettabile incompetenza, o da ancora più esecrabile complicità.
mercoledì 16 settembre 2015
Disastro 730
Le riforme portate avanti da Maria Elena Boschi e Denis Verdini, per conto del primo governo Renzi, sono davvero difettose, come su questo blog abbiamo più volte ribadito. Si possono, si devono correggere!
Ora, il polverone mediatico, gli odi intestini al maggior partito italiano e ai suoi raccogliticci alleati, il settarismo ignorante di tanti esponenti dell'opposizione, ci stanno nascondendo uno dei problemi più gravi: il vero e proprio disastro dei 730, la somma dei 630 deputati e dei potenziali nuovi 100 senatori.
Non lo abbiamo scritto solo noi, ma lo hanno testimoniato, sommessamente ma per tempo, alcuni costituzionalisti, come il prof. Stelio Mangiameli in una audizione al Senato dello scorso 27 luglio 2015. Lo ha lasciato intendere il presidente Pietro Grasso, in un dibattito pubblico, raccolto il 25 agosto 2015 da Radio Radicale.
Lo dobbiamo ripetere, forti della nostra debolezza: la cagionevole salute della Repubblica Italiana sarà definitivamente compromessa da sedute congiunte di ben 630 deputati e di soli 100 senatori.
Attenzione: non solo perché i 630 saranno eletti con l'Italicum e i 100 saranno nominati dai consigli regionali, ma proprio perché il secondo gruppo è numericamente troppo piccolo per poter bilanciare e moderare il primo.
Il rapporto deve cambiare e non deve essere troppo lontano da 2:1. Se abbassiamo i deputati a 400 e alziamo i senatori a 200, riequilibriamo e, cosa non secondaria, diminuiamo ulteriormente il numero dei parlamentari italiani.
Purtroppo, invece, quando gli estensori della riforma Boschi-Verdini si sono incaponiti a non voler tagliare anche i deputati, ci hanno portato sull'orlo di un baratro, insieme ai 730.
Lanciamo un appello ai capi della maggioranza e ai portavoce dell'opposizione: fermatevi, ripensateci, rivediamo questi numeri, oppure precipiteremo.
PS di domenica 20 settembre 2015:
Fa piacere leggere sui giornali di stamane che Pierluigi Bersani ha accennato alla necessità di rivedere le proporzioni numeriche fra Camera e Senato. Speriamo che un briciolo di resipiscenza raggiunga anche altri.
PS di mercoledì 23 settembre 2015:
Sono stati depositati dal PD tre emendamenti che migliorano la riforma. Almeno due giudici della corte costituzionale saranno eletti dal solo Senato. E' un passo in avanti decisivo, per superare il disastro delle sedute comuni con 730 membri. Vediamo. Speriamo.
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