Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso
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sabato 24 agosto 2024

A spiritual journey to M.A.H.A.


 

La politica è complicata per tutti e dappertutto, ma qualcosa è sempre possibile fare, con il necessario coraggio, anche di accettare compromessi.

Negli USA una candidatura indipendente alla presidenza è diventata impossibile, grazie ai marchingegni messi in atto nei decenni dalla "Democratic Machine".

Robert F. Kennedy Jr, dopo essere diventato il più credibile terzo incomodo della politica americana da decenni a questa parte, subendo per questo attacchi di ogni tipo dall'establishment, ha quindi deciso che in tutti i cosiddetti "swing states" (detti anche "battleground states") si ritirerà per facilitare la vittoria di Donald Trump. In molte decine di stati i suoi sostenitori continueranno, comunque, la costruzione e la stabilizzazione di nuovi movimenti, politicamente centristi, anche se molto radicali sui temi della salute e dell'ambiente.

I temi cruciali dell'alleanza politica ed elettorale fra il team Kennedy-Shanahan e quello Trump-Vance sono: la fine delle guerre infinite, del militarismo e dell'interventismo americano in ogni scenario, la cosiddetta "dipendenza dalla guerra"; la resistenza contro ogni forma di censura, poiché un conformismo bigotto e autoritario è l'esito ultimo della "closing of American minds", della "cancel culture", dell'isteria "Woke"; infine la lotta per la salute degli esseri umani e di tutto l'ecosistema.

L'adesione di Trump alla battaglia ambientalista e umanitaria di Bobby Kennedy è una sorpresa gigantesca per tutti, compresi coloro che già veneravano il tycoon come candidato anti-establishment. Sarà sincera? Sarà possibile? Saprà Trump, rieletto presidente, contribuire insieme a persone come Kennedy a ridefinire la vita pubblica di un grande stato imperiale che sta decadendo materialmente e moralmente? Questo lo dirà il tempo, ma, come dice Kennedy, lasciare intentata questa impresa sarebbe stato fonte di imbarazzo se non di vergogna per un attivista ormai settantenne come lui.

In uno stato come gli USA, in cui la sanità è lasciata in grandissima parte a Big Pharma e a concentrazioni economiche in cerca di profitto, il risultato è che la spesa sanitaria (pro capita) è il doppio di quella che abbiamo in Europa, ma gli USA, in tutte le statistiche sanitarie, sono posizionati indietro, più indietro di stati molto più poveri.

La verità indicibile, che il mainstream neoliberista cerca di censurare in ogni modo, è che se la sanità genera profitti, i venditori di sanità cercheranno di farci ammalare tutti e di imporci stili di vita che ci facciano restare ammalati per tutta la vita.

Un caro amico che lavora nella rappresentanza farmaceutica mi raccontò una volta che le più potenti Big Pharma hanno il grande obiettivo di vendere medicine (con presunte capacità preventive o stabilizzanti della salute, s'intende) soprattutto ai sani, perché i sani sono molto più dei malati.

Negli Stati Uniti siamo andati ben oltre, o sono finiti ben più in basso - scegliete voi l'espressione più giusta.

Per vendere sempre di più, si drogano di cibi ultraprocessati le persone sin da bambine. Si avvelena l'ambiente in ogni modo possibile (con sostanze che in Europa abbiamo proibito da anni, ormai). Le si fanno ammalare più che in ogni altro angolo del mondo, e soprattutto di malattie croniche, che non uccidono ma le rendono dipendenti per sempre da farmaci. Un circolo vizioso e in definitiva autodistruttivo, anche per l'impero più potente e più ricco del pianeta.

Gli USA sono andati ben oltre quanto paventato dai sostenitori dei limiti del capitalismo, dell'industrialismo, della crescita. Si è spalancato un abisso, che né le sinistre né le destre americane hanno finora saputo affrontare.

Ci sono voluti decenni di ambientalismo (peraltro molto moderato e tutto interno allo status quo di una società liberaldemocratica) per far emergere una voce un pochino più coraggiosa - che peraltro forse non sarebbe mai potuta diventare così forte se non provenisse da una delle famiglie più aristocratiche, ricche e famose d'America, i Kennedy.

Bobby Kennedy Jr diventò più esplicito e più radicale dopo aver visto i molti errori che autorità pubbliche ormai corrotte hanno fatto durante la pandemia Covid. E' diventato ancora più critico e lucido dopo avere appreso che il Covid ha ucciso in America mediamente quattro volte più che nel resto del mondo, a causa della diffusione di massa di malattie croniche che affliggono gli Americani.

Porre fine al declino materiale, fisico, mentale e spirituale delle persone comuni - delle "ordinary people" - negli Stati Uniti, è diventata la sua missione e per questo è diventato il bersaglio di tutti coloro che sono al potere nelle grandi corporazioni americane.

Kennedy poteva essere schiacciato facilmente dai media "mainstream", ma poteva comunque attrarre molti voti da persone che, pur non condividendo la traiettoria populista di Trump, sono comunque ribelli allo status quo. Trump, che ha moltissimi difetti ma non manca di fiuto politico, ha capito che quei voti sarebbero mancati a lui. Ha quindi offerto un'alleanza che Kennedy non ha potuto rifiutare.

Così, il popolo MAGA (Make America Great Again) ha accolto Kennedy e ha accettato di diventare MAHA (Make America Healthy Again).

Come andrà a finire? In un impero così centralizzato, autoritario, violento, dove in molti stati c'è da dubitare persino della correttezza del conteggio dei voti, può succedere di tutto. Anche qualcosa di buono, un qualche segno di resipiscenza e risveglio, nell'interesse delle generazioni future.

Capire cosa è successo in questi anni in America non è semplice (né qui lo si pretende). Conoscere e rispettare lo "spiritual journey" di Kennedy, il viaggio spirituale che lo ha portato, nonostante i suoi molti errori e le ingenuità di una lunga vita, a diventare un politico in prima fila e, potenzialmente, un membro influente della possibile seconda amministrazione Trump, potete partire da un video come questo:

https://youtu.be/HuBdn5m_tXM?si=DnhUeauV98MGwXhF

Buon ascolto e buona riflessione. Sono tutti temi che riguardano anche noi, anzi l'intera umanità.


domenica 23 giugno 2024

The Power of Three


 

La campagna elettorale di Robert Francis Kennedy Jr. come candidato indipendente alla presidenza degli Stati Uniti d'America ci ha incuriosito perché Diverso Toscana è un blog curioso di tutto ciò che sembra sfidare lo status quo.

In particolare approfondiamo tutto ciò che può porre fine a quello che a noi appare una folle polarizzazione, un bipolarismo politico talmente estremizzato da mettere in pericolo le autonomie di tutti, a tutti i livelli, e quindi la vita umana stessa su questo pianeta.

Si dovrebbe conoscere meglio questo questo avvocato ambientalista, classe 1954, quindi quest'anno settantenne, che però ci appare come un giovanotto rispetto agli altri due candidati ottantenni che sono attualmente e salvo sorprese i candidati dei due maggiori partiti che dominano la vita politica negli Stati Uniti: Joseph Robinette Biden Jr. (Joe), classe 1942, attuale presidente e ricandidato del Partito Democratico; Donald John Trump, classe 1946, già presidente americano dal 2017 al 2021 e attualmente ricandidato del Partito Repubblicano.

Roberto F. Kennedy Jr., ha avuto una vita complicata e lontana dal potere, nonostante sia l'ultimo rampollo dell'illustre famiglia di suo zio, il presidente John F. Kennedy, e di suo padre Robert F. Kennedy, entrambi assassinati.

Si è avvicinato alla politica in appoggio alla candidatura di Barak Obama e alle grandi speranze che essa suscitò e che in gran parte andarono deluse.

Negli anni ha maturato convinzioni molto radicali, contrarie al MIC (il military–industrial complex, quello contro cui ci mise in guardia il presidente Dwight D. Eisenhower nel 1961). Durante la grande ondata di centralismo autoritario e nell'orgia del potere di Big Pharma, gli anni della pandemia Covid, è stato ovviamente emarginato e trattato come un ciarlatano e un cospirazionista, per essersi opposto alle politiche dominanti (vaccinazioni obbligatorie di massa, lunghi "lockdown", "greenpass" e altre misure che si stanno rivelando, con il passare del tempo, sempre più discutibili, se non avventate).

Per candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti ha rotto con il Partito Democratico e ha messo in moto una difficile campagna per comparire come indipendente sulle schede elettorali di tutti gli stati e territori dell'Unione.

Lo affianca, come candidata vicepresidente, la giovane filantropa Nicole Shanahan, classe 1985, la figlia di una immigrata dalla provincia cantonese di Guangzhou, che è anch'essa una importante attivista contro l'avvelenamento del Creato e del cibo.

La campagna Kennedy-Shanahan per le elezioni presidenziali del prossimo novembre 2024 ha rilasciato un video molto emotivo e potenzialmente capace di disseminare una salutare ondata di scetticismo contro i due partiti che ancora dominano la vita politica americana e, più in generale, contro gli eccessi di polarizzazione che stanno distruggendo il mondo.

Vi incoraggiamo a guardarlo e a incuriosirvi come ci siamo incuriositi noi.


mercoledì 12 giugno 2024

Un'estate in cui è in gioco il futuro della Repubblica

 

Quest'estate ci giochiamo la Repubblica come la conosciamo.

Forse non tutti possono intuirlo, ma per il momento ci basta che lo comprendano 500.000 persone.

Tanti sono i sottoscrittori che servono per depositare quattro quesiti referendari abrogativi delle parti più indecenti del Rosatellum, l'ultima e per molti aspetti la peggiore delle leggi elettorali antidemocratiche che da vent'anni erodono il pluralismo politico e la democrazia italiana.

Se ci riusciamo, anche solo a depositare i quattro quesiti, metteremo in crisi la deriva che ci sta portando verso il podestà d'Italia.

Se falliamo, faremo un passo avanti verso il precipizio.

Qui il messaggio di Autonomie e Ambiente che ha contibuito sin dall'inizio all'avvio di questa iniziativa ispirata alle idee e alle lotte di Felice Besostri:

https://autonomieeambiente.eu/news/323-una-firma-per-la-rappresentanza-questestate

Qui il sito su cui informarsi, donare, contribuire in qualche modo alla campagna, firmare online:

https://www.iovoglioscegliere.it/

La raccolta firme inizia il 15 giugno 2024 e terminerà entro il 15 settembre.

Firmate, senza esitazione, per riprenderci la rappresentanza e porre fine a questo ventennio dei "nominati".

giovedì 16 maggio 2024

A Milano, con EFA e il mondo delle autonomie, per un'Europa diversa

Oggi a Milano, EFA e Autonomie e Ambiente sono protagonisti per un'Europa diversa.

Protagonisti dei lavori saranno:

Maylis Roßberg, "spitzenkandidatin" EFA 

Lorena López de Lacalle, presidente EFA 

Mauro Vaiani, vicepresidente segretario di Autonomie e Ambiente

Giovanni Poggiali, unico autonomista candidato alle elezioni europee (nel Nordest, lista Azione-Siamo Europei)

Insieme con molti altri leader del civismo, dell'ambientalismo, delle reti di solidarietà e di resistenza contro l'erosione della democrazia, i ciarlatani del falso autonomismo, gli aspiranti podestà d'Italia e napoleone d'Europa.

 

Per consultare l'agenda della giornata:

https://autonomieeambiente.eu/news/300-efa-milano-16-maggio-2024-conferenza-stampa



domenica 14 aprile 2024

Quarant'anni persi per le autonomie


 

Grazie ad alcune testimonianze di prima mano, come quelle di Roberto Gremmo e di altri che ne hanno vissuto gli inizi, possiamo ricordare equanimemente i quarant'anni della Lega Lombarda, poi Lega Nord.

In diversi territori della Repubblica erano da sempre presenti fermenti autonomisti, che si erano resi visibili sin dal 1979 attraverso le liste Federalismo, promosse da Bruno Salvadori e dalla Union Valdôtaine. Alcuni di questi movimenti si incontrarono negli anni ottanta con la protesta territorialista e antipartitocratica della Lista per Trieste.

Alcuni di questi pionieri il 12 aprile 1984 fondarono la Lega. Fra di loro Umberto Bossi che ne diventò subito l'animale politico in capo. Questo leghismo cavalcò la crescente rivolta dei cittadini delle regioni più ricche e più industrializzate d'Italia contro le inefficiente del centralismo e contro l'arroganza dei grandi partiti di allora. S'inventò cose profondamente sbagliate, come il padanismo e il nordismo, ma ebbe una grande fortuna e diventò un movimento popolare.

Purtroppo diventò anche una piramide, una struttura verticale di cui Umberto Bossi fu capo assoluto e indiscutibile. Così, invece di una classe dirigente capace di riforme decentraliste e federaliste, produsse una generazione di esponenti la cui principale capacità era quella di obbedire al capo.

La verticalizzazione della politica, il leaderismo, la riduzione dei partiti a comitati al servizio del loro segretario-padrone, il conseguente conformismo, non furono certo un male della sola Lega, negli anni in cui si formò l'ipocrita, strumentale e divisivo "maggioritario all'italiana". Per una forza autonomista, però, tale degenerazione fu particolarmente straziante.

Dopo aver rappresentato una generazione di amministratori locali che credevano (e qualcuno di loro ancora crede) davvero nel buongoverno e nell'autogoverno, quello della Lega è diventato un caso storico di eterogenesi dei fini, un emblematico "Masaniello" collettivo, una storia che, come quella dell'eponimo, è finita malissimo, con l'arrivo al potere di un capo nazionalista e populista, quel Matteo Salvini che la ha cancellata, creando il suo partito personale, la Lega Salvini.

Il bilancio storico e politico, dal punto di vista di chi crede in una Repubblica delle Autonomie e in una Europa delle Regioni, è disastroso: quarant'anni persi per le autonomie. Ancora peggio, grazie a una serie di ciarlatani portati ai vertici della Repubblica dal leghismo, come per esempio l'ancora potente Roberto Calderoli, antiche, cruciali, necessarie parole come federalismo, autonomismo, sussidiarietà, sono state svuotate di significato e, in alcune situazioni, sono diventate persino impronunciabili. Il grande imbroglio dell'autonomia differenziata, per chi vuole davvero studiarlo, è solo l'ultimo degli inganni.

La ricostruzione di un moderno decentralismo in Italia (e in Europa e nel mondo), cominciata nel 2019 da Autonomie e Ambiente, è tutta in salita, grazie allo storico fallimento leghista, anche se, in questo mondo che sta ancora correndo verso l'autodistruzione, è uno dei pochi segni di speranza.

 

  

mercoledì 29 novembre 2023

I tiranni del mondo non avranno l'ultima parola

Il mondo è pieno di tiranni, alcuni dei quali sono, non importa quanto coscientemente, aspiranti padroni del mondo, ma non saranno loro ad avere l'ultima parola nella storia dell'umanità.

Tutti gli stati, a partire da quelli più grandi, sono governati da elite centraliste e autoritarie, ma gli esseri umani contemporanei, per quanto massificati e bombardati dai conformismi della globalizzazione, restano affamati di autonomie personali, sociali, territoriali. Autonomie che si tengono le une con le altre, guai a dimenticarlo.

Le grandi e medie concentrazioni di potere finanziario sono giganti dai piedi d'argilla. L'argilla sono le comunità e le economie locali che esse stanno distruggendo, contribuendo così, però, alla propria rovina.

Le multinazionali e le grandi corporazioni, specie quelle dell'agroindustria e della farmaceutica, stanno distruggendo l'ambiente e, con gli ecosistemi e le biodiversità, la salute e la felicità delle generazioni future. Per quanto siano confusi, gli esseri umani, non potranno essere ingannati tutti, né ancora a lungo.

Le centrali del terrore (per esempio Hamas) e gli apparati militari-industriali (per esempio la cricca Netanyahu) continuano a sostenersi a vicenda, alimentando guerre insopportabilmente ingiuste, ma le persone di questo terzo millennio sono sempre meno convinte che si debba morire per servire immonde bandiere.

Le organizzazioni internazionali (dall'OMS alla NATO) sono in mano a elite corrotte, che dall'alto delle loro bolle di privilegi e lusso sfrenato impongono le loro agende alle persone, alle comunità, alle diversità del pianeta, ma non mancano in ogni territorio persone e movimenti, come quelli raccolti in Autonomie e Ambiente nella Repubblica italiana e più in generale tutti i decentralisti in ogni angolo della Terra, che si ribellano alla velenosa metastasi di norme uguali imposte come un giogo uniforme a territori, ambienti, persone diverse. Lo chiamano "one size fits for all", ma non è davvero il bene di tutti.

I media locali e indipendenti vengono perseguitati, quelli globali sono al servizio di padroni e padroncini e tentano di addormentarci, chiudendoci in casa, terrorizzandoci con sempre nuove emergenze, costringendoci a drogarci dei loro programmi di un intrattenimento che è indottrinamento, imponendoci di consumare i loro prodotti industriali velenosi, somministrandoci le loro medicine prodotte su scala industriale. Tuttavia, proprio per la loro greve uniformità, la loro credibilità sta crollando verticalmente.

La digitalizzazione, in quanto operata da poche grandi concentrazioni di potere, di ricchezze, di dati, sta mostrando il suo vero volto, riducendo le persone a numeri, sottoponendoci a una inaccettabile sorveglianza universale, sostituendo alle relazioni umane l'angosciante ottusità delle intelligenze artificali.

No, non periremo nell'ignoranza, nella rassegnazione, nell'obbedienza. 

La modernità e l'occidentalizzazione del mondo non produrrano la concentrazione del potere in un distopico e pauroso stato mondiale, né, per quanto riguarda i nostri territori, nell'incubo di uno stato centralista europeo, tanto meno nella prosecuzione di questo insopportabile centralismo italiano.

Seguendo Machiavelli, Cattaneo, Chanoux, Hugo, Camus, De Rougemont e mille altri profeti di decentralismo, autonomie, libertà, che troverete ampiamente commentati nel Forum 2043, il nostro futuro non sarà la Cina, ma la Svizzera.

Le persone anticonformiste, ribelli, libertarie, affamate di autonomie, assetate di giustizia sociale e ambientale al momento paiono inaridite e disperse. Siamo come frantumi dei grandi miraggi di vetro che si sono sbriciolati, a cominciare dalle istituzioni e dalle formazioni sociali che un tempo ci difendevano ed oggi sono diventate le carnefici dei beni comuni, dei servizi pubblici essenziali, della sanità pubblica, della giustizia. Possiamo però tornare a forgiare, riscoprendo i valori umani, cristiani, socialisti e liberali delle autonomie, dei nuovi specchi di Archimede, strumenti cruciali di resistenza contro tutte le tirannie.

Per fermare ogni deriva centralista e autoritaria, occorre irrobustirci, a partire dal ritrovare e sviluppare radici più profonde. Noi vecchi autonomisti e nuovi territorialisti possiamo offrire la voce semplice, comprensibile, umile ma potente, antica ma sempre giovanissima, della Carta di Chivasso, di cui presto celebreremo l'80° anniversario (1943-2043), insieme con il Patto Autonomie e Ambiente e con la European Free Alliance, uniti spiritualmente con tutti gli anticentralisti del pianeta. Il 16 dicembre 2023 ci sarà il nostro incontro a Chivasso, per forgiare ancora speranza per le generazioni future. Salvatevi la data!

Le parole di Chivasso, disse Chanoux, non sono solo per qualche valle alpina, ma per tutti i territori. Riascoltatele, quelle parole, in questa registrazione fatta a Prato da attivisti della resistenza a ogni forma di centralismo autoritario: https://www.youtube.com/watch?v=wSLSjx0PJ0c.

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La copertina del libro intitolato "Il padrone del mondo", riportata in cima a questo post, è quella del cupo romanzo di Robert Hugh Benson, del 1907. Uno dei primi romanzi distopici a intuire come l'oppressione moderna nella società di massa, governata da pochi centri di potere mondiali, si sarebbe presentata come benevolmente "umanitaria", essendo in realtà capace d'imporre un feroce conformismo e di perseguitare ogni diversità.


lunedì 21 agosto 2023

Promemoria Piombino

 


Un anno fa abbiamo raccolto in un documento base tutte le considerazioni, politiche ma anche giuridiche, che ci hanno sempre fatto abbracciare la netta opposizione al rigassificatore di Piombino, la nave Golar Tundra. Lo archiviamo qui, un anno dopo (21 agosto 2023), perché gli attivisti di OraToscana, i cittadini di Piombino, l'intera opinione pubblica non ne perda memoria.

 

Denunciamo il progetto di ancorare a una banchina del porto di Piombino in provincia di Livorno in Toscana una nave gassiera (chiamata anche metaniera). La nave in arrivo è la GOLAR TUNDRA (IMO: 9655808, MMSI: 538004982 - Offshore Support Vessel), costruita nel 2015 che naviga sotto bandiera della Marshall Islands. Le dimensioni sono 293 metri di lunghezza e 44 metri di larghezza. Si tratta di una unità navigante capace di rigassificare e stoccare gas (Floating Storage and Regasification Unit, FSRU).

La decisione è stata presa senza alcuna procedura di partecipazione e informazione ai cittadini e contro il parere dell’Amministrazione comunale di Piombino e dei sindaci dei comuni della circostante Val di Cornia.

La nave gassiera sarà il terminale di un traffico di navi di rifornimento di gas naturale liquefatto (GNL), e di supporto, di dimensioni comparabili, incompatibile quindi con l’ordinata navigazione di un porto cruciale per i collegamenti con le isole dell’Arcipelago toscano, con la Sardegna e con la Corsica.

Si sottolinea che l’attività di rigassificazione verrebbe, almeno per i primi anni, svolta in banchina e non al largo, quindi non rispettando i criteri di sicurezza in vigore, come la distanza dagli abitati, dalle attività dell’economia del mare, dalle principali rotte, contrariamente a come si è proceduto invece per l’impianto rigassificatore di Livorno.

Si ricorda, in particolare, che attorno all’impianto di Livorno c’è un’area d’interdizione alla navigazione e ad altre attività di economia del mare che nel porto di Piombino sarebbe irrealizzabile.

Si apprende dalla stampa (articolo di Stefano Tamburini, Bisenzio Sette, venerdì 5 agosto 2022) che le autorità di governo non avrebbero proceduto ad alcuna valutazione comparativa, ma adottato a scatola chiusa un unico progetto predisposto dalla società SNAM, ben prima dell’inizio dell’emergenza della Guerra russo-ucraina.

Si ricorda che il porto di Piombino è baricentro logistico fondamentale sia per il Parco nazionale dell’Arcipelago toscano che per la custodia degli immensi beni comuni archeologici e naturalistici delle vicine Populonia e Baratti e dell’interro entroterra.

Si ricorda che l’area è sito di interesse nazionale (SIN), dove lo Stato ha riconosciuto di avere inquinato a tal punto da doversi impegnare a bonificare e dove ora, nemmeno troppo velatamente, si minacciano le popolazioni locali che non si procederebbe alle migliorie e ai risanamenti promessi, se non venisse accettata l’imposizione del rigassificatore. Si sta insomma configurando una inaccettabile e ricattatoria logica di scambio, che umilia cittadini e autorità locali.

Si fa notare che la rigassificazione prescelta sarebbe del tipo a CICLO APERTO, che comporta quindi che il gas liquido verrà riscaldato pompando acqua di mare, la quale verrà poi rigettata, raffreddata, clorata e ad alta pressione in mare.

Si consumerebbe quindi meno carburante per il riscaldamento del gas, ma si avrebbe un continuo raffreddamento dell'acqua di mare, con la distruzione dell’habitat marino attuale e con una minaccia alle attività di allevamento e ad altre forme di economia del mare che sono presenti nell’area.

Inoltre si avrebbe il rilascio di cloro libero residuo, le cui conseguenze a lungo termine sono poco conosciute, tranne una che è nota: la selezione di forme di vita batterica resistenti al trattamento con cloro, con un impatto sulle generazioni future imprevedibile e quindi incompatibile con i principi internazionali, europei e costituzionali di precauzione e tutela dei diritti delle generazioni future. Si profilano, si ritiene, gravi incongruenze con la normativa italiana (si veda, fra gli altri, il D.Lgs. 152/2006).

Anche a voler prescindere da altri aspetti legati alla sicurezza della popolazione, dei naviganti, dei lavoratori, a causa di una “emergenza nazionale” (che andrebbe comunque circoscritta in termini legali e costituzionali, cosa che al momento non è), la realizzazione di impianti di rigassificazione a ciclo aperto nei mari del piccolo Mediterraneo è da considerarsi altamente pericolosa e assolutamente sconsigliabile. 

Senza voler pretendere di fare qui, in questo memorandum, la complessa valutazione della compatibilità ambientale e opportunità economica dell’intero ciclo della liquefazione, del suo acquisto a prezzi proibitivi (con larghi margini per una possibile corruzione all’estero, lontano dagli occhi della pubblica opinione e dalle possibilità di controllo della giurisdizione nazionale), del trasporto del GNL su lunghe distanze, dei costi della sua rigassificazione, si può e si deve osservare che un impianto a CICLO CHIUSO, pur meno profittevole per il gestore, sarebbe assolutamente da considerarsi più opportuno.

Il rigassificatore imposto a Piombino, in ultimo ma non per importanza, porrà fine all’impegno delle amministrazioni locali per impostare “su nuovi criteri l’assetto del territorio in modo da coniugare le esigenze del turismo, che determina in grandissima parte il reddito del tessuto economico, con l’agricoltura di qualità, le attività produttive, le esigenze dei residenti”, come ha scritto il sindaco civico di San Vincenzo, Paolo Riccucci, che ha poi aggiunto: “Nonostante gli sforzi in essere, non solo di San Vincenzo, per la diversificazione e per la promozione di altri modelli turistici legati alle risorse del paesaggio collinare, ai vicini borghi e al patrimonio storico e archeologico, il mare resta la nostra risorsa fondamentale e la sua tutela l’obiettivo strategico primario per l’intera comunità. Basta questo per sostanziare come l’ipotesi di inserire un progetto come quello del rigassificatore all’interno di un territorio già in precario equilibrio tra modelli economici del passato e un futuro in gran parte da costruire, sia impraticabile e inaccettabile. La decisa reazione dei sindaci di Piombino, Follonica, Campiglia, San Vincenzo, Suvereto e la popolazione che rappresentano, a cui ho assistito [ieri] in piazza Bovio, testimonia la preoccupazione e la contrarietà di un intera comunità. Da troppo tempo attendiamo impegni concreti sulle necessità reali di un territorio in attesa di bonifiche, interventi strutturali, piani di rilancio produttivi concreti e realizzabili nonché coerenti con la nostra terra. Basta individuare nella Val di Cornia un territorio marginale da penalizzare imponendo ciò che altrove viene rifiutato! La Val di Cornia sia il territorio del rilancio e del più grande esperimento di rigenerazione ambientale ed economica fondata sui nuovi settori ad alto contenuto tecnologico e funzionali alla riconversione ambientale, che possano garantire un futuro ad una comunità altrimenti dimentica e umiliata.” (fonte Facebook, Officina San Vincenzo, 19 giugno 2022).

Si raccomanda, in assenza di un ripensamento politico, un intervento della Procura della Repubblica competente per valutare se siano in corso violazioni di nome penali quali:

674 c.p. che punisce chiunque getta o versa, in un luogo di pubblico transito o in un luogo privato ma di comune o di altrui uso, cose atte a offendere o imbrattare o molestare persone;

733 c.p. che incrimina chiunque distrugga, deteriori o comunque danneggi un monumento o altra cosa propria di rilevante pregio, purché ciò cagioni un nocumento al patrimonio archeologico, storico o artistico della nazione;

734 c.p. che incrimina chiunque, mediante costruzioni, demolizioni, o in qualsiasi altro modo, distrugge o altera le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell'Autorità;

452 bis c.p. che punisce chiunque abusivamente cagiona una compromissione o un deterioramento significativi e misurabili delle acque o dell'aria, o di porzioni estese o significative del suolo o del sottosuolo;

452 quater c.p. che punisce chiunque abusivamente cagiona un disastro ambientale, costituito da 1) l'alterazione irreversibile dell'equilibrio di un ecosistema; 2) l'alterazione dell'equilibrio di un ecosistema la cui eliminazione risulti particolarmente onerosa e conseguibile solo con provvedimenti eccezionali; 3) l'offesa alla pubblica incolumità in ragione della rilevanza del fatto per l'estensione della compromissione o dei suoi effetti lesivi ovvero per il numero delle persone offese o esposte a pericolo;

338 c.p. che incrimina chiunque usa violenza o minaccia ad un corpo politico, amministrativo o giudiziario, ai singoli componenti o ad una rappresentanza di esso o ad una qualsiasi pubblica autorità costituita in collegio o ai suoi singoli componenti.

Si segnala che vanno considerate “persone informate dei fatti” tutti i pubblici ufficiali del Governo, della Regione Toscana, dell’Autorità portuale competente, oltre che i dirigenti delle aziende responsabili dell’installazione e della gestione, tutte le suddette in associazione o in concorrenza, senza escludere peraltro la necessità di ascoltare o indagare altre persone fisiche a chi scrive al momento ignote.

In particolare si crede necessario che siano ascoltati, senza pregiudizio della loro onorabilità personale, ma esclusivamente al fine di un attento scrutinio dell’evidente, a parere di chi scrive, mancato rispetto delle norme penali:

  • il Presidente del Consiglio dei ministri, prof. Mario Draghi;

  • il Ministro della transizione ecologica, dott. Roberto Cingolani;

  • il Presidente della Regione Toscana, dott. Eugenio Giani, in quanto Commissario straordinario per il rigassificatore (DPCM, 8 giugno 2022).


Scritto da Mauro Vaiani nell'agosto del 2022



martedì 4 luglio 2023

Identità digitale scaduta


 

Crearsi una identità digitale ha due immediate conseguenze:
- primo) affidarsi a qualcuno che non la usi contro di te, almeno non inpunemente
- secondo) accettare che quello stesso qualcuno un giorno possa togliertela, perché non è mai solo tua, ma anche sua

Almeno cinque gravi problemi vanno affrontati e risolti:
1) Evitare la concentrazione di potere digitale
2) Assicurare pluralismo tecnico e organizzativo
3) Garantire che l'identità digitale non sarà necessaria per vivere
4) Prosciugare la palude della sfiducia
5) Evitare gli eccessi di inquinamento elettromagnetico.

Per chi vuole approfondire, di seguito delle riflessioni più articolate.

Il rapido avvicinarsi della fine della legislatura europea non stempera l'incredibile bulimia normativa delle burocrazie europee. Parlamento e commissione europea verranno rinnovati nel 2024, ma purtroppo ad avere in mano l'iniziativa legislativa sono eurocrazie opache, costituite da funzionari che paiono accecati dalla follia di voler regolare e uniformare tutto (del fatto che ci siano anche politici e funzionari prezzolati dalle multinazionali parleremo un'altra volta).

Le loro ultime contorsioni sono attorno alla volontà di arrivare all'identità digitale europea. L'ignoranza, la supponenza, l'avventurismo con cui i soloni di Bruxelles affrontano questo tema sono disarmanti.

Del tutto assente ogni minima consapevolezza dei problemi che l'uso di massa, su scala continentale, dell'identità digitale porrebbe nella società digitale globalmente interconnessa contemporanea. Persino i fanatici omologatori del World Economic Forum hanno alzato le sopracciglie, di fronte all'avventatezza delle autorità europea (Reimagining Digital ID INSIGHT REPORT JUNE 2023). La recente, violenta e autoritaria esperienza del "Green Pass", l'odioso passi verde, non pare aver insegnato nulla.

Ne segnaliamo alcuni, di questi problemi, senza pretesa di completezza:

1) Concentrazione di dati e identità digitali, quindi del potere su di esse - Già in Italia le persone più attente e gli addetti più responsabili delle pubbliche amministrazioni si rendono conto degli immensi pericoli che corriamo avendo creato banche dati centrali che contengono informazioni vitali su 60 milioni di cittadini e residenti, peraltro in mano a società come la SOGEI che, ancorché sotto pieno controllo politico, sono tuttavia di diritto privato. Anche solo ipotizzare banche dati che custodiscano i dati di 500 milioni di cittadini europei è semplicemente avventato (a meno che non si abbia in mente davvero di volerci trasformare in sudditi di un superstato centralista e autoritario, come sono gli USA e la Cina). Si deve dire un no semplice, nitido, fermo a ogni forma di concentrazione di dati e di potere, non solo in Europa, ma anche in grandi stati come l'Italia.

2) Necessità della pluralità dei gestori, dei sistemi, degli strumenti - Sistemi di gestione di identità digitali esistono da decenni. Sono nati nelle università, nelle grandi aziende, in molte istituzioni pubbliche e private. Essi devono restare plurali, limitati a comunità circoscritte, per assolvere ristretti finalità istituzionali od organizzative. Deve restare inoltre un assoluto pluralismo nella scelta delle tecnologie (per gli enti pubblici sarebbe a dire il vero opportuno optare per software aperti, "open source"). Devono restare in uso molti strumenti di identificazione: app nei cellulari, sì, ma anche messaggi di conferma via mail o anche via telefono fisso, generatori di pin portatili (token), carte digitali (smart card), i più diversi tipi di dispositivi passivi (trasponder) che possano essere solo letti, senza essere mai attivi o attivabili. Per la cooperazione tra sistemi di gestione di identità digitali esistono già esperienze consolidate di interazione fiduciaria. Citiamo solo EDUROAM, per fare un esempio, il sistema che consente all'utente di una comunità accademica di essere accolto anche in altre, durante i suoi viaggi di studio, senza che i suoi dati vengano controllati e gestiti da altri che non sia la propria istituzione di appartenenza. 

3) Possibilità di restare fuori o di uscire dal sistema, oltre che di non esserne escluso arbitrariamente - Non solo per andare incontro al divario digitale, ma proprio per tutelare la dignità della persona umana e della sua integrità fisica, si deve consentire a chiunque di restare fuori da ogni sistema di identità digitale. Questo deve essere obbligatorio almeno per le istituzioni pubbliche: in ogni municipio locale ci deve essere la possibilità per il cittadino di presentarsi di persona e sbrigare ogni pratica senza bisogno di dotarsi di una identità digitale. Vale anche un ragionamento apparentemente opposto: si deve consentire che l'identità digitale di una persona più fragile (un minore, un disabile, un grande anziano) sia gestita da un suo congiunto all'interno di un rapporto familiare di fiducia. Più in generale non si deve dimenticare che ogni identità digitale scade, mentre la persona umana deve poter continuare a essere sé stessa. In ultimo, non per importanza, si deve assolutamente impedire che una identità digitale sia canale esclusivo di accesso a servizi essenziali (acqua, cibo, salute, denaro, informazione), perché nei padroni del sistema ci sarà sempre la tentazione di usare il potere digitale per punire i dissenzienti, con nuove forme di morte digitale.

4) Prosciugare la palude della sfiducia - La custodia digitale di dati personali, compresi quelli biometrici e genetici, da parte di una qualsiasi istituzione, richiede che le persone umane possano profondamente fidarsi di essa. La fiducia non si costruisce con l'obbedienza imposta per legge, ma attraverso la prossimità tra governati e governanti. Si può arrivare a fidarsi del proprio municipio o della propria regione, a seconda di quanto la nostra società sia rispettosa delle autonomie personali, sociali, territoriali, di quanto siano garantiti i diritti civili, politici e sociali. Se la fiducia viene messa in discussione, l'individuo e la comunità locale possono ancora ribellarsi contro un'autorità, geopoliticamente piccola, e ribellandosi fare quindi la differenza. E' semplicemente impossibile, invece, fidarsi di istituzioni più alte, più lontane, poste altrove, magari lontano dal luogo dove viviamo, che neppure parlano la nostra lingua madre, i cui capi (reali o apparenti) sono leader eletti in grandi competizioni mediatiche, che dispongano di vasti ed efficienti apparati di coercizione. Questo è stato vero sin dalle origini della modernità e dei suoi grandi stati centralisti e autoritari, ma nella nuova realtà digitale tutto è amplificato geometricamente. Un decentralismo radicale è la strada maestra per prosciugare la sfiducia intrinseca che la persona prova nei confronti dei "grandi fratelli" della contemporaneità.

5) Sobrietà elettromagnetica - Non solo dobbiamo restare ancorati a un principio di precauzione nella diffusione degli strumenti digitali. Non solo dobbiamo studiare bene come proteggere la vita dall'inquinamento elettromagnetico (e il panorama dalla bruttezza delle antenne). Prima ancora dobbiare rifiutare la deriva imposta dalle attuali istituzioni del capitalismo predittivo e induttivo dei consumi, che sono anche il pilastro socio-economico di una nuova realtà politica di sorveglianza universale. Alcune scelte politiche sono ormai urgenti: la connettività deve essere riconosciuta come un servizio pubblico universale e quindi gestita da istituzioni locali senza fine di lucro; si deve accedere quando lo si richiede, non quando imposto da meccanismi perversi di connessione permanente; devono esistere canali separati e distinti di accesso a contenuti pubblici e liberi, a contenuti creativi con pagamento del diritto d'autore, a contenuti sostenuti dalla pubblicità commerciale. Ripetiamolo: separati, distinti, indipendenti gli uni dagli altri, lasciando sempre alla persona la possibilità di spengerli.


lunedì 12 giugno 2023

Il cavallo di Troia del più pericoloso centralismo

 

Alla famiglia, agli amici, ai colleghi, ai compagni di partito di Silvio Berlusconi vanno le nostre sincere condoglianze, in occasione della sua morte, oggi lunedì 12 giugno 2023.

Come hanno scritto gli amici di Un Cuore per Vecchiano, fra le molte cose di questa figura gigantesca, non possiamo dimenticare che è stato un uomo di stato che si è sinceramente speso per la pace, in molte e complicate situazioni, anche recenti.

Il berlusconismo verrà ricordato, nel bene e nel male, come grande movimento dell'imprevedibilità, della simpatia, dell'anticonformismo, del rimescolamento, della contaminazione, dell'irruzione nella vita politica di tante piccole e grandi illusioni di poter continuare a progredire e ad arricchirsi. Non tutti, ovviamente, ma di certo in molti di più di quello che poi si è rivelato possibile.

Tuttavia dobbiamo mettere a fuoco uno degli aspetti del berlusconismo che ci ha sempre colpito e preoccupato, sin dal suo primo apparire. Il "forzismo" è stato, sin dall'inizio, un gigantesco movimento di rilegittimazione di un orgoglio nazionale "italiano". Il nazionalismo di Silvio Berlusconi è sempre stato morbido e liberale nei toni, moderato e pragmatico nei fatti, rigidamente confinato entro il perimetro dell'europeismo e dell'atlantismo più classici, ma non per questo è stato meno nazionalista e, in prospettiva, meno pericoloso.

Il berlusconismo ha liberato molte cose negative nella società: populismo e antipolitica dall'alto; legittimazione del numero, della forza, del denaro come sostituti della credibilità personale, del radicamento sociale, del consenso ottenuto dalla militanza territoriale.

E' stato esasperazione mediatica del culto del capo e riduzione del dibattito pubblico alla greve contrapposizione di slogan e parole d'ordine, in una polarizzazione brutale, "o di quà o di là", che ha emarginato cittadini e attivisti dalla vita politica, distruggendo pluralismo culturale e politico.

E' stato riduzione della politica a uno scontro fra tifoserie, in una grande competizione a chi si presentava in televisione in modo più ignorante, superficiale, semplicistico, dozzinale, triviale. 

E' stato anche una alluvione di retorica liberale senza riforme liberali. E' stato una capacità dialettica di impadronirsi delle parole più nobili dell'autonomismo, del federalismo, del riformismo, del socialismo, del garantismo, per poi nella pratica quotidiana di governo rivelarsi subalterno al più rigido costruttivismo neoliberista.

Tutte queste cose deprecabili, però, ci paiono meno durature e quindi meno gravi della retorica nazionale e nazionalista, che il berlusconismo ha profuso fino a stordire le masse.

Quella retorica, infatti, è stata il cavallo di Troia per rendere accettabile che la "nazione" finisse nelle mani di pochissimi capi, meglio se uno solo.

Dopo Berlusconi, in questa Repubblica si è accettato che il capo, insieme a un suo ristretto circolo di fidatissimi, chiusi in uno studiolo romano, concentrassero potere come mai era stato possibile nella storia repubblicana. Il capo e il suo staff hanno cominciato a decidere tutto: chi candidare in un comune, non importa quanto piccolo; chi mandare a fare il governatore di una regione, non importa quanto grande; chi fare senatore, deputato o europarlamentare; chi nominare negli enti e nelle autorità; chi promuovere e chi parcheggiare.

Questo centralismo nell'organizzazione verticale della politica ha contagiato tutti. Le reti civiche e verdi e persino i partitini della sinistra sono stati trasformati in piccole piramidi. Le prime leghe sono state annientate dalla necessità di obbedire tutte al centro di potere di Via Bellerio. I partiti del centrosinistra sono diventati verticisti e centralisti quanto quelli di centrodestra. Un intero movimento populista, quello dei Cinque Stelle, rimesso insieme in pochi anni sulla base di parole d'ordine "democratiche", "basiste", "territorialiste" è stato retto con mano ferrea da un vertice sempre più ristretto e sempre più opaco.

C'entrano i caratteri dei leader degli ultimi trent'anni, certo, ma più importante ed esiziale è stata, per tutti, la necessità di inseguire Berlusconi e somigliargli il più possibile, per competere con lui con mimesi e metessi.

La prima parte della storia personale di Berlusconi ha rappresentato bene come alcuni fortunati imprenditori, sé dicenti liberisti, siano potuti diventare grandi e indiscussi monopolisti della nuova economia globale (che nella globalizzazione le grandi imprese capaci di competere tendano a diminuire, invece che a moltiplicarsi, dovrebbe essere chiaro a tutti, ormai). 

La seconda parte della sua vita, dopo la sua "discesa in campo", è emblematica di come l'irruzione di un leader carismatico e popolare - personalmente, a detta di chi lo ha conosciuto bene, una delle persone più generose e liberali che si possano immaginare - abbia contribuito a soffocare la Repubblica delle Autonomie personali, sociali, territoriali.

Lui ora riposi in pace, ma la Repubblica italiana è in mezzo al guado. Grazie anche a lui, siamo sotto la spada di Damocle di una qualche forma di presidenzialismo.

Vogliono trasformarci, de iure non solo de facto, in una repubblica centralista che eleggerà il suo prossimo podestà attraverso una competizione mediatica. 

Berlusconi doveva portarci in Svizzera e invece ha, più o meno coscientemente, spinto l'Italia verso una deriva centralista e autoritaria in stile Francia o peggio, Turchia.


mercoledì 19 aprile 2023

Siamo in piena emergenza democratica

 


Siamo in piena emergenza democratica, che si aggiunge alle emergenze ambientale, economica, sociale, politica, militare.

Lo spiega bene Felice Besostri, con i suoi ficcanti articoli che non lesinano dettagli e suggeriscono contromisure.

In pratica, in questa Repubblica, ormai votano solo minoranze più o meno politicizzate, che si contentano di votare un simbolo, un leader solo al comando, oppure uno dei suoi fedelissimi. 

Questo accade persino nei piccoli comuni, dove in molti casi gli elettori residuali eleggono il candidato nominato dall'alto e da altrove (mentre la maggioranza dei cittadini se ne resta a casa, non si sa se arrabbiata, delusa o semplicemente indifferente).

Contro questa disastrosa situazione, che distruggerà la Repubblica delle Autonomie, si è alzata solo la voce di persone della rete di Autonomie e Ambiente e in particolare del loro ramo toscano, quelli di OraToscana.

Non c'è scampo, senza profonde riforme elettorali, dal centralismo autoritario, che in Italia è già egemone e che perfezionerà la propria dittatura attraverso la svolta verso l'orrendo presidenzialismo.

Mai il "sindaco d'Italia", mai il presidente eletto dal popolo, mai la democrazia televisiva che elegge solo presidenti di plastica nominati da opache piramidi, da qualche potere forte, da qualche concentrazione di potere della globalizzazione.

 

 

 


domenica 12 febbraio 2023

Quarant'anni di autonomismo sotto le meteoriti

 


Per una serie di circostanze personali e familiari mi sono trovato a riflettere sul fatto che per quarant'anni ho sostenuto, spesso esponendomi a rischi superiori alle mie forze e quindi anche a monumentali fallimenti, le autonomie personali, sociali, territoriali in questa Repubblica, e oltre.

Mi è tornato in mente che attorno ai vent'anni, in un convegno di giovani cristiani attratti dall'impegno sociale e politico, ascoltai con entusiasmo Silvia Costa che ci spiegò il problema della "spesa storica". La dottoressa Costa era una giovane dirigente della Democrazia Cristiana (riuscì a entrare in parlamento solo nel 1985, ma forse questo mio ricordo è precedente).

La "spesa storica" era già chiaramente ingiusta allora, quarant'anni fa, anche agli occhi di coloro che non avevano mai riflettuto sui meccanismi del colonialismo interno e in particolare sulle conseguenze che questo aveva avuto per il Meridione e per altri territori periferici rispetto allo sviluppo della cosiddetta "modernità" (da toscano non posso non ricordare l'abbandono sistematico dell'Appennino).

Con quel sistema di finanza locale, più fondi si sono dati ai territori che erano già più popolosi, più sviluppati, con una rete storicamente più forte di servizi pubblici locali. Più risorse a chi aveva già di più, meno risorse a chi aveva meno, insomma, condannando a restare indietro le aree meno popolate, meno sviluppate, meno dotate d'infrastrutture e servizi.

Gli investimenti e i trasferimenti dalle zone privilegiate a quelle marginali c'erano stati e ce ne sarebbero stati anche successivamente, ma era chiaro, già allora, che qualche intervento straordinario non avrebbe mai potuto correggere la distorsione dei meccanismi ordinari. 

Un sistema centralizzato fa crescere qualche capitale (Milano e Roma), qualche distretto industriale meglio posizionato (nel triangolo Torino-Genova-Milano o in qualche provincia ben collegata con esso o con l'Europa), persino qualche area agroindustriale (l'Emilia), ma inevitabilmente condanna allo spopolamento e al declino tutto il resto.

Sentire in questi giorni che ancora si discute, dopo quarant'anni, di come superare la "spesa storica", produce l'effetto di una frustata.

Evidentemente, quarant'anni di autonomismo sono stati sconfitti, ma - spes contra spem - forse non sono trascorsi invano.

Anche se non erano chiari a tutti i pericoli del centralismo, principi autonomisti erano vivi nelle comunità politiche più forti, quelle che avevano fondato la nuova Repubblica italiana: i cristiano-sociali, i cattolici liberali, i socialisti, il mondo liberalsocialista, i riformisti (che già allora prevalevano nelle strutture del Partito Comunista nelle regioni rosse).

Con la crisi della partitocrazia, poi, assistemmo alla nascita di nuovi movimenti civici, le liste "Federalismo", le liste verdi, le prime leghe, le reti per la democrazia dal basso. Realtà che erano spesso figlie, o almeno sorelle, di una concezione decentralista della vista economica e sociale.

Grazie alla prevalenza fra la gente di convinzioni autonomiste, il cambiamento è parso per decenni a portata di mano: la Repubblica delle Autonomie, da vago ideale costituzionale coltivato in reazione al centralismo autoritario fascista (in parte realizzato solo nelle sei autonomie speciali di Aosta, Bolzano, Trento, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia, Sardegna), sarebbe senz'altro diventata realtà anche nelle quindici regioni a statuto ordinario, nelle province, nelle grandi città, nei piccoli comuni.

A ben guardare, ancora oggi, dopo decenni di fallimenti autonomisti e di riforme decentraliste mancate, sono pochi i politici che si dichiarano apertamente centralisti, perché pesa ancora oggi nella vita pubblica il grande favore popolare per le autonomie locali.

Persino alla sterile e talvolta surreale discussione ventennale sulla cosiddetta "autonomia differenziata" prevista dalla riforma costituzionale del 2001, hanno partecipato tutti i governi e tutte le regioni (salvo, credo, gli Abruzzi e il Molise, come si vede nella cartina pubblicata a margine di questo scritto, tratta da Il Messaggero).

Poi cosa è successo? Provo a elencare alcune delle meteoriti che ci hanno colpito, trovandoci completamente impreparati. Ciascuna di esse capace di provocare l'estinzione di ogni mentalità decentralista.

Non ho alcuna pretesa di essere efficace, né esaustivo, né di porre queste gigantesche questioni in un ordine appropriato di rilevanza o cronologia.

Per cominciare, le forze livellatrici e distruttrici della globalizzazione hanno sconvolto i territori e le economie locali. Sono forze ecocide e genocide (Pasolini l'aveva ben compreso). Non c'era alcuna speranza di frenarle perseguendo la propria piccola autonomia (l'illusione dei cialtroni il cui motto era "padroni a casa nostra"). Tuttavia resta sotto gli occhi di tutti che coloro che hanno un po' di autonomia, in Italia e nelle vicinanze, in Trentino, nel Sudtirolo, nei cantoni svizzeri, negli stati austriaci, a Malta, in Slovenia e in Croazia, persino a San Marino, hanno resistito meglio e i loro territori sono autentici esempi positivi per la costruzione di ciò di cui abbiamo, credo, bisogno: una internazionale decentralista (decentralism international), un movimento globale per l'autogoverno di tutti dappertutto, contro tutti gli stati, contro tutti i colonialismi, vecchi e nuovi.

Secondariamente, i trattati dell'Unione Europea hanno concentrato a Bruxelles, spesso ben al di là delle intenzioni dei contraenti, un potere ampio e penetrante nella carne viva dei popoli e dei territori europei. Un potere che è tecnocratico senza essere sovrano, cioè - per seguire la provocazione del prof. Carlo Galli - capace di opprimere senza offrire in cambio alcuna protezione. Tuttavia l'Unione Europea è ancora uno spazio geopolitico dove reggono forti garanzie giuridiche a tutela dei diritti degli individui e delle comunità. Il Parlamento europeo non dovrebbe più essere visto, tanto meno da noi autonomisti, come un cimitero di elefanti, ma un'arena in cui una nuova generazione di leader civici, ambientalisti, autonomisti deve entrare e portare avanti la lotta per le autonomie personali, sociali, territoriali, nel nome dei nostri antichi ma sempre giovani principi di sussidiarietà.

Inoltre, dal 1981 la Repubblica italiana ha cominciato a scivolare pericolosamente nella privatizzazione del debito pubblico, lasciato nelle grinfie di una finanza globale speculatrice, cieca e folle. Una deriva che ha portato (non solo l'Italia) nel disastro dell'austerità. Si noti bene: non solo l'Euro, ma già la Lira aveva smesso di servire come moneta di scambio e istituzione politica di redistribuzione. Il tema è gigantesco e largamente incompreso, non solo non nel nostro mondo autonomista, come ben si comprende confrontandosi con le ricerche, fra gli altri, del prof. Luca Fantacci. Tuttavia noi siamo gli unici che possiamo affrontarlo di petto istituendo con coraggio, in ciascuno dei nostri territori, le monete locali che servono.

Queste tre gigantesche questioni, va da sé, sono ancora più difficili da affrontare nel quadro del generale declino della libertà d'informazione e del pluralismo politici. In questo nostro stato italiano, per la nuova generazione di leader civici, ambientalisti, autonomisti che, attraverso Autonomie e Ambiente, stiamo cercando di far crescere, farsi largo nella giungla delle leggi elettorali, bucare il tetto di vetro del conformismo mediatico, vincere la crescente diserzione delle urne, è una impresa sovrumana. Tuttavia l'impegno civile nonviolento dal basso, la partecipazione diretta alle elezioni, l'assunzione di responsabilità amministrative, la lotta per il ripristino di regole democratiche elementari, la resistenza contro tutte le forme di presidenzialismo (elezione mediatica dell' "uomo solo" al comando), sono l'unica strada che possiamo percorrere. Strada che peraltro il nostro mondo civico, ambientalista, autonomista non deve percorrere in solitudine, ma insieme a tante persone che, indipendentemente dalla cultura politica in cui si sono formate, abbiano comunque una mentalità decentralista.

Ho avuto il piacere, proprio in queste ultime ore, di leggere una riflessione in diversi punti convergente con la mia, quella dell'avvocato Luigi Basso, sulla quarantennale sterilità degli autonomisti. Voglio credere che il mondo autonomista si stia liberando dai pesi morti che ci hanno impedito di vedere, giudicare, agire con maggiore costrutto, qui nello stato italiano: leghismo, nordismo, sudismo, autonomismi veteronazionalisti (non di rado alfieri della "indipendenza" di "nazioni" attualmente prive di popolo), avventurieri, ciarlatani, narcisi, chiacchieroni.

Il nostro cammino è e resterà lungo, tortuoso, difficile. Tuttavia abbiamo radici in parole vive, come quelle della Carta di Chivasso. Parole più necessarie che mai in questo mondo dominato da concentrazioni di potere capaci di condurre il mondo sull'orlo dell'autodistruzione.

Non siamo molti, né molto capaci, né più molto giovani. Tuttavia stiamo difendendo l'unica forma di socialità umana che rende pienamente libera e degna la vita umana: la comunità locale, con la sua economia locale, con le sue tradizioni e libertà, con le proprie originali istituzioni di autogoverno.

Quando nel 2043 festeggeremo il centenario della Carta di Chivasso, avremo consegnato alle generazioni future il nostro importante messaggio. 

Se un giorno tornasse davvero un Cosmonauta Francesco sulla Terra, alla fine del XXI secolo, forse non troverà tutto ciò che è stato immaginato, ma almeno ci sarà ancora vita, diversità, libertà.

Mauro Vaiani


lunedì 16 gennaio 2023

Il silenzio assordante sul grande patto fra mafie e stati


 

La cattura di un latitante pericoloso di vecchia data, come Matteo Messina Denaro, è un successo per tanti investigatori che hanno sacrificato la propria vita nella lotta per la legalità. A loro vanno la gratitudine e la stima dei cittadini perbene.

Spiace, però, non aver sentito, sui media principali e dominanti, parole chiare su ciò che ha reso tanto potenti le mafie in alcune periferie della modernità globalizzata.

Le mafie non sono diventate così pericolose per via di qualche politico accomodante o di qualche funzionario colluso.

Fra gli stati e le mafie ci saranno state anche opache trattative e qualche reciproco inquinamento, certo, ma crediamo che non sia questa la parte peggiore della storia.

La grande complicità originale è quella che c'è da decenni sulla droga.

E' il proibizionismo il fondamento della rovina.

Su quello gli stati e le mafie sono stati complici e anzi lo sono tuttora.

Se non ci si deciderà a guardare in faccia quella realtà, vivremo per altri trent'anni nel terrore e prima o poi avremo un'altra stagione di sangue.

I trent'anni dei Georgofili e gli anniversari di tanti altri attentati devono essere celebrati con una riflessione seria su ciò che, se vogliamo smettere di ingrassare le mafie e vogliamo evitare la deriva autoritaria (e ovviamente centralista) dei nostri stati, dobbiamo smettere di pretendere di proibire.

 

 

giovedì 5 gennaio 2023

L'orgoglio dei prudenti

Avevano ragione, sin dall'inizio, i promotori e i firmatari della Great Barrington Declaration e il mondo dei media, le tecnocrazie, i vertici politici della Repubblica Italiana e della Unione Europea dovranno vergognarsi di fronte alle generazioni future, per aver ridotto al silenzio, perseguitato, ostracizzato i prudenti, gli scettici, i portatori di un pensiero divergente dal loro. Si doveva affrontare il nuovo virus con prudenza, non con il terrore.

 

E' sorprendente e inquietante come la Dichiarazione Great Barrington, sottoscritta da un milione di scienziati, medici, intellettuali e cittadini attivi di tutto il mondo, sia stata ignorata e censurata dal conformismo imperante del centralismo autoritario e sanitario.

Gli anni Venti saranno ricordati per quella che è stata una vera e propria - modernissima e distopica - caccia alle streghe, culminata in molti paesi, fra cui l'Italia, nella vergogna del "green pass". Ammirevoli coloro che hanno resistito nelle piazze, specialmente gli studenti #NoGreenPass, che hanno tenuto accesi i loro cervelli e soprattutto i loro giovani cuori, diventando un segno di speranza per tutti.

C'è voluto tanto coraggio, per essere prudenti! Ce ne vorrà ancora di più nel tempo, perché le pulsioni centraliste e autoritarie delle grandi concentrazioni di potere sono ancora tutte lì che incombono sulle comunità e sui territori (Big Pharma, certo, ma anche tante altre organizzazioni internazionali e centri di potere statale, che sono autentici nidi di vipere).

Per favorire il risveglio e rinvigorire il senso critico e autocritico di tutti, anche di coloro che non hanno saputo resistere all'infame tessera verde e si sono fatti giunco mentre infuriava il vento del conformismo, sperando in cuor loro che durasse il meno possibile, raccomandiamo la lettura di un coraggioso libretto, intitolato "Diario del cambiamento - gli anni che fermarono il mondo", curato da Maria Rosaria Vado per IOD edizioni, appena uscito negli ultimi giorni del 2022.

Una pagina, crediamo iconica, dal libro
"Diario del cambiamento"
- pag. 31 - dal contributo di Gianluca Vitiello

 

Vogliamo citare qui tutti coloro che hanno contribuito a questo piccolo ma denso libro di critica alla gestione centralista e autoritaria della pandemia di Covid-19, provocata dalla famiglia di virus che sono meglio noti come SARS-CoV-2. Lo facciamo nell'ordine in cui sono pubblicati nel libro:

- Maria Rosaria Vado, curatrice e autrice dell'introduzione

- Gianluca Vitiello, autore del contributo "Lock-mondo"

- Chiara Tortorelli, "Metaverso, una scelta consapevole"

- Daniele Ramadan e Alessandro Alfredo Pellegrini, autori di "Ritorno alla filosofia. Il problema odierno è la tecnologia e il problema della tecnologia è la mimesis"

- Bruno Di Pietro, "Ridimensionare Prometeo"

- Giuseppe Cozzolino, "ULTRACORPI... DANNATI... PROGRAMMATI: il cinema ci aveva avvertito"

- Claudia Cipriani, "Il cinema ai tempi del lasciapassare"

- Anila Hanxhari, "La mente, un popolo"

- Emilia Santoro, "Weltschmerz - Dolore"

- Emanuele Baroni e Monica Naef, "Il virus invisibile"

- Luciana Mastrangelo, "Confinamento"

- Mariavittoria Picone, "Corpi spezzati"

- Gianluca Spera, "Tra Orwell e Huxley, due anni distopici"

- Riccardo Bianchini, "La funzione del medico e ordinamento giuridico: una antropologia di Stato"

- Lapo Ferrarese, "Il giorno in cui il mondo impazzì"

- Stefano Saldarelli, "Non ci sarà alcun tasto OFF"

- Remo Bassini, "Le città degli orti, o di Dio"

Amerete queste pagine e, dopo averle lette, amerete ancora di più le vostre autonomie personali, sociali, territoriali, la grande resistenza di ciascuna comunità umana contro chi vuole privarla della propria sovrana e provvidenziale diversità materiale e spirituale.


giovedì 22 settembre 2022

In memoria di Mahsa Amini vittima del centralismo

 


L'Iran è uno stato enorme di oltre 80 milioni di abitanti su un territorio grande più di cinque volte quello della Repubblica italiana. Ci vivono molti popoli, non solo le genti di lingua e cultura Farsi, cioè persiana. Uno dei territori dell'Iran è il Rojhilat, cioè il paese dei Curdi orientali, una delle quattro parti in cui è diviso il Kurdistan.

Mahsa Amini, la giovane donna curda morta fra le grinfie della polizia della morale mentre era in visita a Teheran, oltre che l'ennesima vittima di quella crudele "buoncostume" che terrorizza la Repubblica islamica, è anche una testimonianza potente per tutti coloro che intendono porre fine al centralismo autoritario, ovunque.

I preti corrotti della mullahcrazia iraniana dominano ancora le istituzioni dello stato iraniano, ma crediamo, sin da quando abbiamo conosciuto Shirin Ebadi e Akbar Ganji, che anche la loro quarantennale clessidra si stia vuotando.

Nessun governo centralista e autoritario del mondo è al riparo dalle proprie cittadinanze interconnesse dalla nostra modernità. Le persone del XXI secolo stanno rapidamente comprendendo che non bastano libertà personali, diritti civili, opportunità economiche, che qualsiasi regime è in grado di offrire, anche a molti. 

Per vivere, non solo sopravvivere, le persone umane stanno prendendo consapevolezza che sono necessarie autonomie personali interconnesse con autonomie sociali e soprattutto, per proteggere la vita delle generazioni future, la propria diversità, i beni comuni, l'ambiente, autonomie territoriali.

Raggiungere autonomie territoriali, sociali, personali, comporta la fine di ogni centralismo autoritario, attraverso grandi mobilitazioni che devono serpeggiare in ogni stato, perché non c'è alcun grande stato del pianeta che sia indenne dal centralismo autoritario stesso e perché i centralismi autoritari si sostengono l'uno con l'altro, anche quando i loro apparati militari-industriali si scatenano nelle loro pericolose e sanguinarie competizioni.

 

* * *

 

Approfondimenti sull'attualità dell'Iran:

https://www.amnesty.org/en/latest/news/2022/09/iran-deadly-crackdown-on-protests-against-mahsa-aminis-death-in-custody-needs-urgent-global-action/

https://www.npr.org/2022/09/21/1124237272/mahsa-amini-iran-women-protest-hijab-morality-police

 

domenica 28 agosto 2022

Piombino e Ravenna, una differenza c'è

 

La nave gasiera Golar Tundra (fonte: https://www.marinetraffic.com/) destinata a Piombino

La nave gasiera BW Singapore (fonte: https://www.marinetraffic.com/) destinata a Ravenna


La Repubblica Italiana ha già dei rigassificatori di GNL (gas naturale liquido), ha già metanodotti che arrivano anche dal Mediterraneo, non solo dalla Federazione Russia. Inoltre ha (o almeno dovrebbe avere, speriamo che non sia come per il Covid) piani di ulteriore diversificazione degli approvvigionamenti e contenimento dei consumi.

La terribile guerra di aggressione lanciata dalla Federazione Russa contro l'Ucraina, ben oltre i territori contesi e le province ribelli della Crimea e del Donbass, impone sicuramente una ulteriore riduzione degli acquisti dall'Est. Ammesso questo, non si racconti alle persone e ai territori che siamo nei guai a causa di Putin.

Siamo nei guai, invece, perché il mercato del metano è impazzito già almeno dall'anno scorso, come sanno bene i proprietari di auto a metano, molto prima che ci si potesse anche solo immaginare la guerra.

Il TTF (Title Transfer Facility) di Amsterdam, mercato di riferimento per lo scambio del gas naturale d'Europa, è un fallimento economico e quindi anche politico. E' diventato un covo di speculatori. Qualcuno nella Unione Europea si svegli e lo chiuda, per prepararne poi, passata l'emergenza, la riforma. Qualcuno si svegli anche nel governo dei "migliori" e cominci a immaginarsi la temporanea amministrazione del prezzo di tutte le energie e di tutti i carburanti, oltre che aiuti massicci a famiglie, imprese, territori.

La situazione è drammatica, ma non per scarsità di gas, bensì per scarsità di buongoverno politico.

Nel frattempo la SNAM (la società nazionale dei metanodotti), spalleggiata dal governo dei "migliori" e da un numero enorme di tecnocrati di sinistra, centro e destra, ha comprato due navi gasiere, equipaggiate con le cosiddette Floating Storage and Regassification Unit (FSRU), la Golar Tundra e la BW Singapore. SNAM, il ministro Cingolani, l'intero governo Draghi dicono che queste navi sono indispensabili. Ne fanno una questione di interesse nazionale. Le stanno imponendo a Piombino e a Ravenna.

Le dimensioni delle due navi sono analoghe:

- GOLAR TUNDRA (IMO: 9655808, MMSI: 538004982), costruita nel 2015, dimensioni 293 metri di lunghezza e 44 metri di larghezza

- BW SINGAPORE (IMO: 9684495, MMSI: 235113083), costruita nel 2015, dimensioni 292 metri di lunghezza e 43 metri di larghezza

Davanti a Piombino c'è il delicatissimo mare dell'Arcipelago toscano, pieno di traghetti, pescatori, coltivatori del mare.

Davanti a Ravenna c'è l'altrettanto delicato mare Adriatico, peraltro già fortemente martoriato dagli eccessi di antropizzazione.

Purtroppo entrambe le navi gasiere funzioneranno con il cosiddetto ciclo aperto. Il gas liquido verrà quindi riscaldato pompando acqua di mare, la quale verrà poi rigettata, raffreddata, clorata e ad alta pressione in mare. Si avrebbe un continuo raffreddamento dell'acqua di mare, con la distruzione dell’habitat marino attuale e con una minaccia alle attività di allevamento e ad altre forme di economia del mare. Inoltre si avrà rilascio di cloro libero residuo, le cui conseguenze a lungo termine sono poco conosciute, tranne una che è certa: la selezione di forme di vita batterica resistenti al trattamento con cloro, con un impatto sulle generazioni future imprevedibile e quindi incompatibile con i principi internazionali, europei e costituzionali di precauzione e tutela dei diritti delle generazioni future. Si profilano, ritengono in molti, gravi incongruenze con la normativa italiana (si veda, fra gli altri, il D.Lgs. 152/2006).

Fra Piombino e Ravenna, infine, c'è una grande, drammatica differenza.

Per Piombino, si parla di ancoraggio in porto, almeno per i primi anni, con sprezzo del pericolo e contro ogni buon senso.

Per Ravenna, invece, si parla di ancoraggio a circa otto chilometri al largo e, di conseguenza, di un avvio operativo non prima del 2024.

Non ci meravigliamo del centralismo autoritario di queste scelte imposte da pochi a molti, ma non ci si venga a raccontare che Piombino è ribelle perché povera e ignorante, mentre Ravenna sarebbe contenta perché è governata dal presidente so-tutto-io Bonaccini.

 

giovedì 25 agosto 2022

Parlare di autonomie ma senza autonomisti

 


Il Meeting di Rimini 2022 ha dedicato mercoledì 24 settembre 2022 un incontro al tema estremamente caro a questo blog: la Repubblica delle Autonomie. Non si pensi a un momento di approfondimento. Diciamo che è stato un "talk", che ha concesso agli intervenuti giusto il tempo di lanciare qualche slogan. Una occasione sprecata, in poche parole.

Sono intervenuti: Massimiliano Fedriga, presidente della Conferenza delle Regioni e della Regione Friuli Venezia Giulia; Mariastella Gelmini, ministro per gli Affari regionali e le Autonomie; Gaetano Manfredi, sindaco di Napoli; Andrea Prete, presidente Unioncamere. Ha introdotto e moderato Francesco Magni, ricercatore di Pedagogia Generale e Sociale all’Università degli Studi di Bergamo. 

Il mondo di CL (Comunione e Liberazione) non è certamente ostile alle autonomie. Sicuramente credono nella sussidiarietà (forse più in quella orizzontale che favorisce lo sviluppo delle loro opere che in quella verticale, ma non facciamo polemiche su questo qui e ora). 

Il Meeting è comunque un appuntamento di grande rilievo, ma forse proprio per questo la delusione di chi scrive è ancora più netta.

E' stata una successione di comizietti pronunciati da persone che o non sanno nulla, o non fanno nulla, o addirittura sono contrarie alle autonomie. Se si voleva parlare di autonomie senza autonomisti, ci si è riusciti.

Scontati e prevedibili, peraltro, questi comizietti, parole pronunciate con supponenza ma prive di spessore e anzi minate dai più triti pregiudizi alimentando i quali le elite dominanti da trent'anni si adoperano per soffocare l'ideale di una Repubblica delle Autonomie (e di una Europa delle regioni, dei popoli, dei territori).

Alcuni degli errori più marchiani (che in alcuni momenti sono scesi al livello di vere e proprie dissonanze cognitive):

- hanno parlato di autonomie quasi che esse fossero una problematica di "management", una scelta di organizzazione dei servizi (ovviamente perseguendo la riduzione dei costi...), invece che un problema di democrazia, partecipazione, inclusione; in questo si sono distinti la Gelmini e Fedriga e la cosa non meraviglia purtroppo; 

- hanno parlato con leggerezza di una "semplificazione" attraverso la digitalizzazione, che significherebbe, a loro parere, spogliare i territori dei propri centri decisionali, di studio, di competenza; una volta che a un territorio si toglie una istituzione o un ufficio - fosse anche uno dei più inutili, come una Camera di commercio - si innesca un processo di spopolamento e di fuga di risorse umane, economiche e sociali, che non può certo essere compensato dall'accesso di un impiegato in telelavoro a un portale "nazionale"; in questo, e ne sono dispiaciuto, si è distinto Andrea Prete; capita, se si va a un dibattito sulle autonomie senza essere un autonomista;

- hanno fatto chiudere l'incontro con una invettiva antiautonomista trita e ritrita, quella del sindaco di Napoli Manfredi, contro il pericolo che nuove autonomie possano "aumentare il divario" fra cittadini e territori; c'è un limite a tutto, anche alla disonestà intellettuale di un professore che la "autonomia" della sua Università, guarda caso, se la teneva ben stretta; gli attuali "divari", gentile signor sindaco, sono l'eredità di un secolo e mezzo di centralismo, non certo di processi autonomistici, i quali, al contrario, quando erano stati avviati i divari avevano cominciato a ridurli; le cose vanno invece molto peggio da quando un centralismo italiano (ed europeo, e austeritario) ha ripreso il sopravvento nel sistema politico italiano.

Unica presenza che, con il suo breve saluto iniziale, va salvata, è quella di Luca Beccari, il Segretario di Stato per gli Affari Esteri, la Cooperazione Economica Internazionale e le Telecomunicazioni della Repubblica di San Marino. Ha ricordato, con poche e semplici parole, che la sua comunità di trentamila abitanti, pur così piccola e così permeabile da tutti i guai che l'Italia e l'Europa possono provocare, riesce a vivere e a fornire ai suoi cittadini tutto quanto è essenziale.

E' possibile, oltre che più umano, vivere in comunità più ristrette che si autogovernano e quindi è in quella direzione che si deve andare. Questa è la nostra convinzione, alla faccia dei soloni autonomisti solo a parole e dei demagoghi antiautonomisti.


sabato 6 agosto 2022

Prove di centralismo a Piombino

 


Prove di centralismo autoritario a Piombino: per coloro che ancora si rifiutano di capire quanto sia pericoloso aver lasciato così tanto potere in così poche mani, la vicenda del rigassificatore SNAM che si vuole imporre a Piombino sia la campana del risveglio.

Un coraggioso articolo uscito oggi su Bisenzio Sette (numero di venerdì 5 agosto 2022, a cui si riferisce la foto a corredo del post), a firma di Stefano Tamburini, oltre a riassumere i principali errori di Draghi, Cingolani, Giani, Calenda, Renzi, rivela che avremmo potuto anche avere alternative meno impattanti. 

A Piombino e a Ravenna si vogliono imporre dall'alto non solo scelte prese da pochi e nell'interesse (privato, non pubblico) di pochissimi, ma queste scelte sono vecchie. Costano e costeranno molto di più di quelle che potevano essere le alternative. 

Gli attivisti civici, ambientalisti, autonomisti che fanno riferimento a OraToscana, non sono colti di sorpresa. E' nostro compito costruire una alternativa di governo regionale che ponga fine all'ignavia dell'amministrazione di Eugenio Giani. Non si tratta della persona, ma di poca cultura di governo, poca conoscenza dei problemi geopolitici del XXI secolo, poca o nulla coscienza ambientale (tanto ritingersi di verde a parole, ma zero fatti).

La protezione dei media a senso unico s'incrinerà. Centinaia di consiglieri comunali, ignorati quando non derisi dai loro capi partito (di tutti i partiti, purtroppo), si ribelleranno. Le piccole sigle politiche e associative che si autodefiniscono "verdi" senza avere rapporti con i territori, ma solo con il PD, saranno superate.

Ora è il tempo della solidarietà con tutta la comunità e le istituzioni di Piombino, ma ora è anche il tempo di preparare una lista civica regionale che respinga la deriva centralista e autoritaria presa dagli ultimi governi, con la scusa delle continue emergenze.

Ora è il momento di una nuova generazione di leader locali che ponga fine a una retorica ecologista parolaia; che smetta di fare gli interessi delle multinazionali; che si metta di traverso di fronte alla minaccia del presidenzialismo; che restituisca alla Toscana risorse, competenze, poteri e doveri; che ricostruisca sanità e scuola in Toscana; che si riprenda l'acqua e tutti i beni comuni; che gestisca e amministri direttamente le reti di produzione e distribuzione energetica; che abbia come unica priorità la comunità locale, il territorio, l'economia locale, la piccola impresa, la famiglia, le autonomie personali, sociali, territoriali.

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Chi passa da questa pagina e intende partecipare a una seria, competente, moderata svolta civica, ambientalista, autonomista, si iscriva al canale Telegram https://t.me/OraToscana

Amministratori e attivisti possono iscriversi al gruppo Facebook: https://www.facebook.com/groups/566717150501072

Per iscriversi a una tradizionale mailing list: https://diversotoscana.blogspot.com/2022/06/cara-vecchia-lista-postale.html

Le liste e i gruppi civici che volessero contattare Mauro Vaiani, il garante di OraToscana, e i comoderatori Ione Orsini e Cristiano Pennesi: oratoscana@gmail.com 


 


domenica 22 maggio 2022

I diritti non esercitati vanno perduti


 

Fra tre settimane, domenica 12 giugno 2022, i cittadini di tutta la Repubblica italiana sono chiamati al voto su cinque referendum popolari abrogativi, in materia di giustizia. Per essere chiari, questo blog è schierato per il Sì a tutti e cinque i quesiti. Tuttavia, prima ancora di entrare nel merito delle cinque domande che sono rivolte al popolo, vogliamo lanciare un allarme assolutamente più elementare. E' comprensibile che stiamo attraversando anni orribili e che la pace in Europa e la sopravvivenza del pianeta sono in pericolo, ma guai al "benaltrismo" di chi si crede "informato" e guai all'indifferenza di chi se ne sta chiuso in casa pensando che tutto ciò che avviene fuori dalla porta non lo riguardi.

I diritti non esercitati vanno irrimediabilmente perduti. E' sufficientemente chiaro questo? 

Se rinunciate a uscire di casa e ad andare a votare, esercitando il diritto di elettorato attivo per i referendum, lo perderete per voi stessi e lo metterete in pericolo per le generazioni future. Ricordatevi i disastri che sono accaduti le ultime volte, per la bassa partecipazione popolare al voto: ci sono stati deputati e senatori alle elezioni suppletive eletti con percentuali ridicole; sono stati eletti sindaci e presidenti di regione assolutamente improbabili; sono fallite importanti iniziative ambientaliste, come quella contro le inutili e pericolose trivellazioni, nel 2016. Ogni volta che non siete andati a votare, insomma, ci avete rimesso. Avete messo in pericolo i vostri diritti e quelli dei vostri figli e nipoti.

A una campagna astensionista, condotta alla luce del sole, per motivi seri, potremmo riconoscere una legittimità, ma per ricordare una cosa del genere, bisogna risalire ai tempi dei referendum contro la caccia, quelli del 1990, in un mondo diverso, dove ancora i cittadini erano molto meno isolati, meno impauriti, meno poveri. Erano tempi in cui ogni parte politica aveva molti più attivisti e in cui c'era più pluralismo politico e informativo di oggi, nonostante non ci fossero né cellulari, né internet. Altri tempi, imparagonabili!

Nella stessa giornata del 12 giugno 2022, in circa 1.000 comuni - dei quali 28 sono in Toscana - si tengono le elezioni comunali, quelle in cui i cittadini sono chiamati a esercitare un altro diritto, quello di candidarsi, chiamato dai giuristi "elettorato passivo". Anch'esso è in pericolo. Molti cittadini si candidano ancora, è vero, ma in modo spesso troppo improvvisato. Mancano dappertutto attivisti veramente preparati. Nei grandi partiti, poi, manca ogni forma di democrazia interna e i candidati sono paracadutati all'ultimo momento, decisi da capi e capetti lontani dal territorio. Le reti sociali, i media, i giornali, invece di informare e formare attraverso la par condicio, spesso sono irridenti nei confronti dei deboli, mentre sono ossequiosi nei confronti dei potenti. Il nostro mondo civico, ambientalista, autonomista resiste e va avanti, ma in condizioni difficilissime. Ci ritorneremo sopra, ma ora torniamo ai referendum in materia di giustizia giusta, che qui elenchiamo:

Referendum popolare n. 1 SCHEDA ROSSA: Disposizioni in materia di incandidabilità e divieto di ricoprire cariche elettive. Si chiede l'ABROGAZIONE della LEGGE SEVERINO. La decadenza automatica di sindaci e amministratori locali condannati, anche solo in primo grado, ha creato vuoti di potere e la sospensione temporanea dai pubblici uffici di innocenti poi reintegrati al loro posto. La vittoria del Sì eliminerebbe l’automatismo e restituirebbe ai giudici la facoltà di decidere se applicare o meno l’interdizione dai pubblici uffici.

Referendum popolare n. 2 SCHEDA ARANCIONE: Limitazione delle misure cautelari. Si chiedono LIMITI ALL’ABUSO DELLA CUSTODIA CAUTELARE. Ogni anno migliaia di innocenti vengono privati della libertà senza che abbiano commesso alcun reato e prima di una sentenza anche non definitiva. Eliminando la possibilità di procedere con la custodia cautelare per il rischio “reiterazione del medesimo reato” eviteremmo molte carcerazioni ingiuste. Resterebbero ovviamente possibili misure cautelare per prevenire la fuga, l'inquinamento delle prove, il pericolo concreto e attuale pericolo che si commettano altri delitti con uso di armi o di altri mezzi di violenza personale o diretti contro l'ordine costituzionale ovvero delitti di criminalità organizzata.

Referendum popolare n. 3 SCHEDA GIALLA: Separazione delle funzioni dei magistrati. Si chiede la SEPARAZIONE FUNZIONE DEI MAGISTRATI. Ci sono magistrati che lavorano anni per costruire castelli accusatori in qualità di pubblici ministeri (accusatori) e poi, senza alcun controllo o filtro, chiedono di diventare giudici. Se sono stati avventati come accusatori, che credibilità possono avere come giudici terzi e imparziali?

Referendum popolare n. 4 SCHEDA GRIGIA: Partecipazione dei membri laici alle deliberazioni dei consigli giudiziari. Si chiede che alla VALUTAZIONE DEI MAGISTRATI, istruita attraverso i consigli giudiziari locali, possano esprimersi anche i membri laici, cioè i rappresentanti delle università e degli avvocati.

Referendum popolare n. 5 SCHEDA VERDE: Elezioni dei componenti togati del Consiglio superiore della magistratura. Si chiede una modifica minima delle regole di ELEZIONE DEL CSM. Con il voto Sì, si aumentano le possibilità di concorrere anche per magistrati indipendenti fuori dal sistema "Palamara" e dalle correnti.

Per coloro che intendono approfondire, consigliamo il sito dei promotori:

https://www.referendumgiustiziagiusta.it/

La rete "Più democrazia in Italia" ha prodotto un opuscolo informativo che dà informazioni ampia, forse persino più ampia sulle ragioni del No che su quelle del Sì:

https://www.piudemocraziaitalia.org/2022/05/03/referendum-giustizia/

Per seguire come si esprimerà il nostro mondo civico ambientalista autonomista, invitiamo tutti come sempre a seguirci sulla rete Telegram:

https://t.me/OraToscana

 



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