Abbiamo recuperato dall'archivio di Mauro Vaiani alcuni appunti da una pensosa riunione che si tenne il 21 dicembre 1991 all'Unione Inquilini di Vincenzo Simoni e Stefania Ferretti, sulla possibilità di dare vita a una vasta area popolare, civica, ambientalista, autonomista. (NdA, 6 febbraio 2022).
Incontro
di persone dell' area "civile federalista verde"
Firenze,
Unione Inquilini, 21/12/91
Intervento
di M.Vaiani
"Memoria,
diritti, legami"
Persone
come noi, liberamente e responsabilmente dedite alla vita pubblica e
al bene comune, desiderano svolgere un ruolo socialmente utile, porsi
il problema della ricostruzione di una vita normale a partire dal
nostro paese, conservare un minimo di diritti, di doveri, di
controllo democratico sul nostro comune futuro.
Ci
siamo posti il problema di lavorare assieme attorno ad ipotesi
politiche non monotematiche, non "monomaniacali", non
settarie, non di pochi presunti "puri", non risolvibili ai
vecchi schieramenti.
Ipotesi
capaci di farci discutere di "pace, giustizia e salvaguardia del
creato", secondo l' espressione usata dalle grandi assemblee
cristiane nell' Europa di oggi, di "casa e carcere" secondo
l' antico programma dei professorini della Costituente, di valori e
scelte in grado di conservare la memoria della nostra storia
democratica, di ricostruire legami di identificazione, di
solidarietà,
di lavoro non alienante nella nostra società
massificante basata sul "rifiuto" della persona e sui
"rifiuti" materiali.
Questo
“abc” di memoria, diritti, legami, non possiamo piu' darlo per
scontato. Non viene piu' trasmesso spontaneamente ai giovani. Questi
valori e queste ambizioni non fanno piu' parte di un patrimonio
educativo diffuso. Dobbiamo ricostruire lo stesso linguaggio che
usiamo.
Dobbiamo
confrontarci con giovani il cui unico valore e' il denaro e la
soddisfazione immediata di ogni bisogno, e con anziani che non si
sentono piu' sicuri ne' a casa, tanto meno per strada. Dobbiamo
ricostruire un rapporto personale e diretto con le maggioranze di
teleutenti di un sistema informativo drogante che si presta ad
ingigantire grandi indifferenze e grandi demagogie.
Un
primo valore da ricostruire e aggiornare e' l' idea stessa di accesso
all' impegno politico. Nessuna societa' modulare e aperta,
ripeto, pu' fare a meno di una percentuale di persone normali che si
dedichino alla vita pubblica.
Dovremmo
studiare insieme in che modo passare dalla cultura dell' appartenenza
(che, proprio adesso, fa domandare ai piu': cosa possono fare i
Verdi?) alla cultura della responsabilita' personale (cosa possiamo
fare, piuttosto, personalmente?).
Dovremmo
sforzarci di passare dalle mitologie e dalle pigrizie dell' identita'
(noi verdi, noi comunisti, noi cattolici, noi di sinistra, noi di
destra) alla realta', ben piu' dura, delle alleanze temporanee, dei
giochi di squadra su cose concrete, anche trasversalmente agli attori
collettivi di un sistema politico, anche cambiando spesso posizione e
unendoci in forme e simboli nuovi.
(...)
Poniamoci un interrogativo: quanto degradera' la nostra
speranza di vita se la Comunita' diventera' un mercato unico degli
alimenti simile agli Stati Uniti? Quanto ci ammaleremo di piu' se
mangeremo in futuro sempre piu' latticini del nord e cereali della
penisola iberica prodotti a scale industriali e trasportati per
lunghe distanze? Cosa sara' del nostro sistema immunitario se
mangeremo sempre piu' verdura e frutta delle serre?
Non
e' un luogo comune vetero-verde o giannoziano. E' una realta' a cui -
anche senza alcun approccio proibizionista e senza alcun pregiudizio
anticapitalista - dovremo dare una risposta fondata su valori nuovi.
Dobbiamo
smettere di favorire l' import-export di cibo per gli uomini e per
gli animali (e, connesse a questo, vanno previste vere e proprie
limitazioni al commercio dei detersivi e delle medicine), perche' la
sussistenza dell'ecosistema e delle culture umane territoriali e
nomadi non ci consentono alcun liberismo, in questo settore delicato
e centrale della nostra vita.
(...)
E ancora: e' possibile continuare ad assicurare - alla
persona - un minimo di dignita' e di sostegno, eliminando
gli eccessi di burocratizzazione (che hanno ospedalizzato la
sofferenza, medicalizzato ogni disagio, inseguito
il sogno di cancellare la sofferenza e la morte)? E' possibile
responsabilizzare, diversificare, personalizzare la
solidarieta'? E' possibile rinunciare ad alcuni eccessi, ad alcuni
sprechi, ad alcune pretese assurde?
Possiamo,
credo, spostare risorse dalla cura alla prevenzione delle malattie.
Dobbiamo,
comunque, riportare la spesa sanitaria sotto la responsabilita' di
politici visibili e riconoscibili davanti alla
comunita', contro ogni assurdo mito di potere dei "tecnici".
(...)
...come conseguenza provvisoria di questo ragionamento - limitato, caotico,
provocatorio - sulle scelte di fondo che potrebbero
permetterci di amministrare le nostre comunita' non solo a breve
termine, ricordo che e' indispensabile ricostruire
un' ultima scelta di valore: la rinuncia alla volonta' di potenza, la
resistenza ad ogni idea forte, ad ogni
schema ideologico, ad ogni gnosi che pretenda di risolvere tutto e
capire tutto.
Le
idee forti, come reincarnazioni di una volonta' di potenza che uccide
l' uomo in nome dell' umanita', o gli operai in nome
della classe operaia, o l' etnia in nome della razza, o i comuni in
nome degli stati vecchi e nuovi, sono state l'avversario vero del
movimento, delle tradizioni nonviolente, della cultura ecologista dei
limiti e della complessita', della
piu' autentica analisi marxiana della spersonalizzazione dell' essere
umano nella storia.
Accettare
l' autodeterminazione di una piccola comunita' all'interno di uno
spazio federale e' combattere l' idea forte dello
stato.
Costruire
nei nostri quartieri piazze in cui persone di ogni eta' e provenienza
possano vendere il lavoro delle loro mani, dormire
sotto le stelle, lavarsi alle fontane, vivere di elemosina, significa
resistere all' idea forte del profitto, dell' affermazione
individuale ad ogni costo, del successo.
Rifiutarsi
di costruire nuove strade che, per legge fisica, creeranno nuovo
traffico, e' un modo per combattere l' idea forte dell'"illimitata
democrazia individuale di movimento".
(...)
Rifiutare
la demonizzazione dell' avversario politico, la cultura del sospetto,
l' insinuazione sistematica, l' odio generalizzato
verso un intero ceto (anche verso il ceto politico), significa voler
salvare la complessita' della vita dalla
squallida e crudele semplificazione degli schieramenti.
Proporre
la trasformazione in senso federalista del nostro paese (da
Repubblica a Comunita' di comunita') significa proporci
come modello di complessita' e di liberta' a stati ben piu' complessi
e ben piu' in crisi del nostro.
Valorizzare
gli aspetti tradizionali e i valori immateriali contro l' urbanesimo,
l' innovazione, l' industrializzazione ad
ogni costo, significa resistere all' omologazione del mondo e alla
distruzione delle diversita'.
Praticare
la tolleranza e la comprensione verso ogni pratica e verso ogni
sapere religioso, sessuale, culturale, magico, artigianale,
sottorraneo, significa resistere all'imposizione di idee forti
oppressive della liberta' personale.
Accettare
il caos, la diversita', anche il fallimento della persona, e' l'
unica medicina che possiamo assumere per vaccinarci
dal ritorno dell' eticita' dello stato e dal dilagare di ogni proibizionismo.
Ricostituire
luoghi di fiducia e lavoro comune tra giovani e anziani, tra
personale politico "usato" e nuovi aderenti, riciclare
personalita' ed identita' dentro aggregazioni nuove e di piu' ampio
respiro, e' una cura possibile ai disegni elitari,
esclusivi, moralistici, in definitiva autoritari, che purtroppo
esalano dal panorama della vecchia sinistra italiana,
sotto forma, magari, di nuovi movimenti.
Forse
e' possibile, attraverso un convergere di aspirazioni libertarie, di
tradizioni solidaristiche e di generosita' personali,
di valori e comportamenti personali all'altezza del momento storico,
di un sano e rigoroso tradizionalismo, di
una profonda coscienza dei legami sociali spezzati da questa societa'
fondata sul denaro e sul consumo, ricostruire una
formazione politica popolare, aperta, accessibile a tutti, capace di
conservare la terra e le tradizioni e di innovare
le istituzioni e i rapporti.
Non
e' senza autoironia che sintetizzo quest'ultimo
suggerimento. E' necessario lavorare per un polo politico
pluralista al proprio interno, fondato sull'adesione responsabile di
persone di ogni cultura, attorno ad un
programma minimo moderato in politica internazionale, libertario sul
piano dei comportamenti privati, conservatore della
terra e delle tradizioni, liberista sul piano del ridimensionamento
delle strutture burocratiche, disponibile a destrutturare
gradualmente parti dello stato sociale centralista, tollerante e accogliente come
organizzazione interna e come linguaggio
e immagine esterna.
Puo'
anche essere, pero', che ci sbagliamo. Che subiamo il fascino di un
azzardo che non esiste (la collaborazione tra reti, leghe, liste verdi, liste civiche, ndr).. Che la Rete non sia che l' ennesima
incarnazione di un minoritarismo politico che in dieci anni ha
consumato la nuova sinistra, in cinque i verdi (e
in due anni distruggera' la Rete).
Forse
vale la pena di esserci, nel prossimo Parlamento, per vedere anche
noi, attraverso qualche nostro eletto (secondo la piu' pura
tradizione della democrazia delegata), cosa succede.
Potremmo
orgogliosamente rilanciare, a fronte di tanta demagogia e tanto
settarismo, proponendo un ennesimo cartello elettorale
ampio, nella certezza che solo alcuni pezzi della societa' e della
politica, anche se importanti, accetterebbero e il cartello
diventerebbe un' altra etichetta con cui comunque spendersi...
(...)
Anche
se non va di moda, anche se demagoghi e moralisti piu' o meno in
buona fede di ogni parte e ideologia ci sparebbero addosso, noi
dobbiamo praticare e dichiarare coerentemente le nostre scelte a
favore di modestia, moderazione e merito: a noi la vita istituzionale
interessa; facciamo politica perche' vogliamo risolvere problemi e
gestire risorse; mettiamo in gioco le nostre ambizioni e le nostre
persone; vogliamo fare propaganda elettorale per cio' che crediamo e
per le persone in cui abbiamo fiducia (a partire da noi); vogliamo
essere giudicati da grandi numeri di elettori e vincere o perdere
davanti alla gente...
(...)
Interiormente,
ciascuno di noi sta verificando le proprie risposte, mettendo in
discussione se stesso, accingendosi a giocare con i propri valori e
la sincera dedizione al bene comune che - questa veramente - ci
contraddistingue e ci da' il piacere di incontrarci.
Siccome
noi non siamo perfetti, non siamo puri, non possiamo farcela da soli,
non siamo ingenui e innocenti al primo tentativo, non siamo finanche
presuntuosi, dovremmo tentare, in questi ultimi giorni prima della
piu' amara (e forse piu' divertente) campagna elettorale politica di
questa Repubblica morente, di guardare le cose senza patemi, senza
inventarci nemici, senza piagnistei, senza orgogliose
autosufficienze, provando a praticare i valori della nostra esigente
laicita' e, insieme, provando ad attingere alla fantasia e al
realismo dell' evangelico La Pira.
Sia
il credente, che la persona di animo solitario, sanno che la coerenza
e la rettitudine, dal profondo del nostro santuario
interiore, generano calma intelligenza, ferma mansuetudine e forte
animo.
(m.v.)