Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso
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venerdì 17 novembre 2023

Un antico e sempre nuovo umanesimo per un cambiamento profondo


Vannino Chiti è garanzia di esperienza e serietà politica. Per questo siamo andati volentieri ad ascoltarlo a Cafaggio, oggi (venerdì 17 novembre 2023), alla presentazione del suo saggio "Dare un'anima alla sinistra - Idee per un cambiamento profondo" (Guerini e Associati, 2023), organizzata presso la casa del popolo di Cafaggio. Ha dialogato con l'autore la consigliera Ilaria Bugetti.

Fra i temi trattati, con grande coraggio, dal rispettato ex presidente della regione Toscana (1992-2000): la crisi della rappresentanza, che impedisce ai cittadini di selezionare i propri leader locali, per colpa di leggi elettorali oscene (che Chiti ha combattuto spesso restando isolato nel suo stesso Partito Democratico); il pluridecennale fraintendimento delle conseguenze economiche della globalizzazione, cantonata storica che ha praticamente distrutto la sinistra (non solo in Italia); la dissonanza fra il PD al potere e le paure dei cittadini di questa Italia che invecchia e che s'impoverisce; i problemi del capitalismo della sorveglianza digitale universale.

Vannino Chiti e Ilaria Bugetti, moderati dal giornalista Giancarlo Gisonni (direttore TV Prato), hanno anche riflettuto insieme su cosa sia possibile fare per rinnovare profondamente il PD e, più in generale, per consentire ai partiti di svolgere in questa Repubblica il ruolo loro assegnato dalla Costituzione. Fra le prime iniziative possibili, quella per una legge sullo statuto dei partiti e sul loro finanziamento pubblico.

Non ci soffermiamo sulle differenze che abbiamo registrato e sulle (poche) cose su cui i nostri accenti sarebbero stati diversi. E' più importante sottolineare quello che, a parere di chi scrive, è stato il contributo più importante della serata e che più interessa al mondo civico, ambientalista, territorialista dei lettori di questo blog: la conferma dell'intima adesione di Vannino Chiti e di Ilaria Bugetti a un umanesimo nuovo (ma in realtà antico), socialista e cristiano.

La persona umana deve essere al centro di tutto e la società non deve essere disumanizzata dalla competizione economica, dallo sviluppo tecnologico, dall'inquinamento, dalle guerre.

Per questo umanesimo abbiamo combattuto nazionalismo e fascismo. Questo umanesimo ha scritto la Costituzione e sancito molte autonomie personali, sociali, territoriali (mai abbastanza per noi autonomisti, ma comunque importanti).

Recuperando questo umanesimo i Democratici ritroveranno la propria anima; saranno in grado di "riformare il riformismo", come ha detto Vannino Chiti, echeggiando un Romano Prodi in uno dei suoi momenti migliori; sapranno selezionare una nuova generazione di leader in grado di dialogare con altre culture e realtà politiche (fra cui il nostro mondo di localisti).


mercoledì 23 marzo 2022

Sfidenza, avanguardia del credito sociale


 

Fidenza si è ribattezzata Sfidenza, per sottolineare di essere all'avanguardia nel controllo sociale, perché degli esseri umani proprio non ci si può fidare.

Grazie alla sua efficiente amministrazione di "sinistra", ai big data, agli studi che il Comune ha finanziato sulla "psicologia sociale", probabilmente grazie anche all'esperienza maturata attraverso una applicazione maniacale del "Green Pass", ha finalmente abbracciato i primi elementi di tecnofascismo, avviandosi alle magnifiche sorti e progressive del postcomunismo cinese. 

Le innovazioni sono state rese possibili grazie ad ACER, http://www.aziendacasapr.it/, azienda di gestione delle case pubbliche della provincia di Parma.

Gli asociali, i pigri, gli improduttivi, i maleducati, i diversi, che hanno ottenuto un appartamento di quelli per "povery", saranno finalmente sottoposti a un regime meritocratico, attraverso una patente a punti, un sistema di credito sociale per il controllo delle loro abitudini, che sono quasi sempre cattive. Avranno 50 punti e potranno perderne 20 se innaffiando i vasi l'acqua colerà dai terrazzi.

Immaginiamo che, per controllare questi improduttivi e marginali nuclei familiari, si ricorrerà alla sorveglianza universale digitale, con telecamere, ma ci si avvarrà anche di sistemi più tradizionali, come la delazione di vicinato e il kapò di condominio.

Per approfondire:

https://www.byoblu.com/2022/03/22/fidenza-patente-a-punti-per-case-popolari/

* * *

Ironia a parte su questo pezzo d'Emilia caduto nelle grinfie di tali tecnocrati che evidentemente non credono a nulla e quindi sono capaci di tutto, proponiamo un contrappunto.

* * *

Per i pochi che ancora hanno un po' di cultura politica, princìpi e valori, o almeno un po' di buon senso, ricordiamo una piccola storia toscana, anzi più precisamente maremmana.

Torniamo un attimo indietro di una settantina d'anni, alla riforma agraria. 

Con tutti i suoi enormi difetti, trasformò diverse migliaia di poveri salariati in piccoli proprietari coltivatori diretti. Spesso troppo piccoli, poco preparati (oltre che mal guidati e mal consigliati dalle autorità pubbliche, ma di questo parleremo un'altra volta) per riuscire a fare del proprio podere una vera azienda autosufficiente. 

Quasi tutti, però, si sentirono più forti grazie alla casa e alla terra che avevano ricevuto a condizioni di favore, riscattabile in trent'anni. 

Si avviarono così al loro riscatto. Si inventarono altri lavori. Mandarono i loro figlioli a scuola. Crearono botteghe e fabbrichette. Le campagne si spopolarono meno che altrove. Nacquero persino nuovi borghi, in un tempo in cui tutti i paesi antichi dell'entroterra stavano invecchiando e morendo.

E' vero, non c'era l'Europa, non c'era la globalizzazione, non c'era il digitale, ma forse c'erano convinzioni e un cuore cristiano e socialista batteva nella nostra Maremma amara.


mercoledì 8 settembre 2021

Il socialismo autonomista e Un Cuore per Vecchiano


 

Il socialismo autonomista
e Un Cuore per Vecchiano
 

Vecchiano, mercoledì 8 settembre 2021

Cari vecchi e nuovi compagni,

sono passati pochi mesi dal messaggio diffuso nel gennaio scorso (24/01/2021 - https://diversotoscana.blogspot.com/2021/01/tre-socialisti-toscani-per-il-secolo.html), eppure è completamente cambiata la stagione politica.

Nella piccolissima Vecchiano, alle elezioni comunali dei prossimi 3-4 ottobre 2021, sarà presente la lista civica ambientalista autonomista "Un Cuore per Vecchiano". Ricordiamo che il nostro comune ha circa 12.000 abitanti, è in provincia di Pisa, in una posizione strategica ai confini con la Versilia e con Lucca. Il suo territorio spazia dal parco nazionale di San Rossore, al basso corso del Serchio, al lago di Massaciuccoli, ricco quindi di un patrimonio naturale e culturale immenso.

Dopo la presentazione di “Un Cuore per Vecchiano” - non sembri esagerato – il resto della politica sembra improvvisamente decrepito. Stiamo costruendo per il domani, di Vecchiano, della Toscana e, si parva licet, anche oltre.

La lista candida come sindaco il dott. Vincenzo Carnì, informatore scientifico classe 1964 e nostro antico compagno. Il gruppo civico che l’ha resa possibile è stato fondato nel 2018. Tra i suoi mentori ricordiamo Ione Orsini, una compagna che conoscete bene, e Mauro Vaiani, un compagno civico, ambientalista e autonomista che, sin dagli anni in cui viveva e lavorava a Pisa, si è appassionato a Vecchiano e al nostro territorio. E’ candidato con la lista il compagno Raffaele Rindi (ricordiamo che Orsini, Carnì e Rindi firmarono la lettera di gennaio).

Era ormai un decennio che, fallite o esaurite le vecchie esperienze di alleanza tra civismo e alcune (rare) porzioni liberali e riformiste del centrodestra toscano, un vasto mondo civico ambientalista e autonomista, di cui noi socialisti libertari e autonomisti siamo a tutti gli effetti parte, lavorava per creare un spazio politico nuovo. E’ stata dura sin qui e altrettanto lo sarà nel proseguo, per coinvolgere ampi strati popolari in una nuova stagione riformista, libertaria, autonomista – quindi autenticamente socialista - dopo le delusioni cocenti che ci hanno riservato il centrosinistra, i Cinque Stelle, il centro e il centrodestra.

Sia chiaro quindi: la parola “sinistra” è diventata impronunciabile, per i gravi errori culturali e politici delle forze postcomuniste e postdemocratistiane, ma non vediamo prospettive neppure per coloro che continuano a definirsi di “centro” o di “centrodestra”.

Sono state fatte da "Un Cuore per Vecchiano" delle scelte contingenti molto nette: assoluta indipendenza dalla partitocrazia irresponsabile; esclusione dalla lista di chiunque fosse portatore di anche solo eventuali conflitti d'interesse; un drastico rinnovamento delle persone elette in consiglio comunale. Fare il consigliere comunale d'opposizione è veramente dura, oggi, non solo nei piccoli e medi comuni, e quindi ripetiamolo: nessun rancore, ma nessuna riproposizione del già visto. Sui conflitti d'interesse, "Un Cuore per Vecchiano" è chiara e precisa, per non lasciar adito ad alcuna speculazione: costruttori, architetti e geometri, nel campo dell'edilizia privata, sono portatori d'interessi legittimi, ma è assolutamente preferibile che le loro istanze siano decise da organi e commissioni di cui essi stessi non facciano parte.

Molto più importanti sono però le scelte strategiche. Nel programma si affrontano temi cruciali sul futuro di Vecchiano e delle sue frazioni, Avane, Filettole, Nodica, Migliarino. E' necessaria la svolta ambientale, che nel breve termine significa custodia e cura del territorio, la fine di ogni ulteriore cementificazione, la depurazione delle acque, la sostenibilità dell'agricoltura. Nel medio-lungo termine, la svolta ambientale deve significare che si ricostruisce una economia locale, che si riciclano localmente i rifiuti, che si diventa un comune che consuma poca energia e solo di origine rinnovabile, che si riduce anche, con una iniziativa pubblica, l'inquinamento che non si vede, quello elettromagnetico.

Si trovano nel programma stimoli di grande profondità sul futuro della salute dei nostri abitanti, che non può essere fondata altro che sulla prossimità e la prevenzione, oltre che sul rispetto della dignità e della libertà della persona umana. Tutto il contrario, sia chiaro, di questi quasi due anni di centralismo sanitario (inevitabilmente autoritario) che sono culminati con l’irragionevole "greenpass".

Infine, sempre nel programma, emerge forte la cultura delle autonomie, della partecipazione, della costruzione di una democrazia che non sia solo andare a votare ogni cinque anni per un sindaco-podestà e per una maggioranza precotta (come purtroppo prevedono le attuali norme elettorali).

Il simbolo della lista evoca con semplicità il tema del “Cuore” che è stata la parola chiave di questa iniziativa civica ambientalista e autonomista sin dalla sua partenza. All’interno del cuore c’è un profilo che evoca il campanile di Vecchiano. Bianco e rosso sono i colori dominanti, come si addice alla nostra identità toscana. Il verde sullo sfondo ci ricorda che la svolta ambientalista è cruciale per le generazioni future. I tre colori, bianco, rosso e verde, ricordano quelli della Repubblica delle Autonomie.

Noi sosteniamo che "Un Cuore per Vecchiano" sia un piccolo miracolo, con un programma sociale avanzato e lungimirante. Le radici civiche, ambientaliste, autonomiste, socialiste e libertarie, c'erano ed erano già profonde, ma, dopo questi quasi due anni di chiusure, propaganda, terrore, è stato grazie alla dimensione umana della vita dei cinque paesi che formano il nostro comune, che si è potuta formare una lista così innovativa, inclusiva, trasversale, sottoscritta da 100 cittadini nel giro, letteralmente, di poche ore.

Con la partecipazione alle elezioni, fa un decisivo passo avanti un progetto a lungo termine per un radicale rinnovamento della vita civica e politica del comune di Vecchiano, ma contribuiamo anche al futuro dell’intero mondo civico, autonomista e ambientalista della Toscana.

Il nostro socialismo libertario e autonomista è vivo. Veniva scritto a gennaio: “Persone che, per vari percorsi e sotto diverse denominazioni, ne portano avanti gli ideali sono attive in ogni territorio della nostra Repubblica, in tutta Europa, nel mondo. E dove non ci sono o sono poche, se ne sente drammaticamente la mancanza.”. A Vecchiano e in Toscana ci siamo e, con il vostro aiuto, ci faremo sentire.

Un gruppo di compagni socialisti autonomisti di Vecchiano

 

Per adesioni e informazioni:

uncuorepervecchiano@gmail.com

https://www.facebook.com/SocialistiAutonomistiToscani 

https://www.facebook.com/UnCuoreperVecchiano/


mercoledì 11 agosto 2021

Solidarietà con il calvario GKN


 

La chiusura della GKN è un disastro politico e geopolitico, locale e globale.

E' un'antica presenza dell'industria automobilistica a Firenze, che viene cancellata. E' una tradizione operaia e sociale, che ha un valore storico, non solo economico.

Quando questa industria si spostò a Capalle, fu consumato suolo prezioso per creare uno stabilimento modello. Con i contributi pubblici, la fabbrica ha continuato a lavorare e, anche recentemente, ad aggiornarsi.

I sindacati sono impegnati in prima fila perché questo disastroso licenziamento del 9 luglio 2021 sia ritirato. Nulla giustifica il licenziamento senza preavviso, via mail, di 422 dipendenti (a cui purtroppo vanno aggiunti pare decine di precari ed esternalizzati, che ovviamente non mancano mai, grazie all'opacità e alle ipocrisie del diritto del lavoro italiano).

Stasera, 11 agosto, in concomitanza con il ricordo del suono della Martinella per la Liberazione di Firenze, si tiene un'altra manifestazione di solidarietà.

A oggi, sul sito web del gruppo multinazionale, con sede direzionale a Londra, che è l'ultimo proprietario noto della fabbrica, la sede nel comune di Campi Bisenzio e nel cuore della Piana non è ancora stata cancellata.


Il governo Draghi sta promettendo almeno 13 settimane di cassa integrazione ai licenziati. Sarebbe una boccata d'ossigeno.

La fabbrica è permanentemente occupata dal collettivo degli operai. L'antico grido fiorentino antinazifascista, "Insorgiamo", è diventato il motto della resistenza dei lavoratori. Si teme molto che la proprietà porti via macchinari e risorse che attualmente sono in fabbrica.

Questo disastro sembra esser stato provocato da una di quelle decisioni a breve termine che consentono ai manager del capitalismo finanziarizzato di massimizzare i loro premi trimestrali, valorizzando i "tagli" dei rami meno redditizi dei loro imperi.

I politici fiorentini, toscani e italiani non si sono persi l'occasione per le loro passerelle, ma essi - dalla sinistra al centro alla destra - sono i primi responsabili del fatto che un'azienda possa consumare territorio, comprare pezzi di storia, impiegare centinaia di esseri umani con altrettante famiglie, senza assumersi tutte le relative responsabilità. Nel breve termine non pagano tasse, nel medio termine scaricano problemi sulle comunità locali, nel lungo termine non sono tenuti praticamente a nulla. 

Ammettiamo, per un momento, che un investitore registri seri problemi di costi di produzione. Ebbene, se questo fosse il caso, egli dovrebbe comunque offrire una buonuscita importante ai lavoratori, oltre che spendere per il pieno ripristino del territorio che hanno consumato, oppure contribuire a un progetto di riconversione. Saremmo anche in un regime di se-dicente capitalismo europeo socialmente responsabile, ma di tutto questo non c'è traccia. E l'ipocrisia di chi lo promette ora, in questa estate di crisi e confusione, come hanno fatto i ministri Orlando e Giorgetti, è veramente oltre il sopportabile. Sono due politici al potere da decenni. Come possono raccontarci di aver scoperto improvvisamente l'acqua calda? 

Spiace scriverlo, ma è chiaro a tutti che quello dei lavoratori GKN sarà un lunghissimo calvario, con il quale si deve essere solidali.

Poi, mentre così tante persone soffrono in prima linea, coloro che sono per loro fortuna lontani dal fronte devono avere il coraggio di ragionare lucidamente sugli errori politici ormai storici che hanno portato a una situazione così grave.

Per il nostro mondo civico, ambientalista e autonomista, è l'occasione per ribadire la necessità assoluta di avere economie locali forti e di rifiutare il controllo di capitale anonimo straniero sulle nostre imprese.

Per il mondo operaio è tempo di ritrovare radici, cultura, capacità di contestare la fabbrica in sé, non solo la sua minacciata chiusura.

La produzione industriale contemporanea, con le sue catene del valore globalizzate, l'hanno consentita l'Unione Europea e le grandi potenze centraliste, militariste, neocolonialiste.

Dobbiamo contestarla in modo molto più radicale di come sta accadendo da decenni a questa parte, ripartendo da Gramsci e riscoprendo figure come il grande socialista Raniero Panzieri

I lavoratori dell'industria devono tornare protagonisti a pieno titolo del dibattito politico, della gestione della produzione, di una nuova stagione di  autosufficienza economica, dell'autogoverno dei beni comuni, della costruzione della necessaria svolta ambientale.


martedì 26 gennaio 2021

Tre socialisti toscani per il secolo delle autonomie


Tre socialisti toscani, di generazioni diverse, hanno pubblicato un appello a essere socialisti nel XXI secolo. Sono Ione Orsini (classe 1949), Vincenzo Carnì (1964), Raffaele Rindi (1971). La lettera aperta è rivolta a chi crede nella necessità di essere fedeli alle proprie radici e alla storia, ma allo stesso tempo vuole essere socialista nel mondo di oggi, con i valori e con i fatti, non di nome o per mera nostalgia (o peggio per opportunismo). Un appello socialista autonomo e autonomista, che ci sentiamo di condividere interamente e che vi invitiamo a leggere integralmente. Eccovi il testo integrale.

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Per il socialismo nella Repubblica delle Autonomie

Vecchiano, domenica 24 gennaio 2021

Il socialismo è vivo. Persone che, per vari percorsi e sotto diverse denominazioni, ne portano avanti gli ideali sono attive in ogni territorio della nostra Repubblica, in tutta Europa, nel mondo. E dove non ci sono o sono poche, se ne sente drammaticamente la mancanza.

Forse la generosità e l’umiltà con cui siamo impegnati in ogni paesino e in ogni quartiere sfugge alla grancassa dei media italiani e internazionali, ma sbaglierebbe chi pensasse di cancellare la nostra storia, le nostre radici anarchiche e libertarie, il nostro essere all’origine della piena inclusione di ogni cittadino nella democrazia politica moderna (con il suffragio universale, con la scuola pubblica, con i servizi pubblici universali), il nostro impegno per l’emancipazione degli umili e la giustizia sociale, il nostro ripudio del colonialismo e della guerra, il nostro internazionalismo, la nostra passione per lo stato di diritto, le autonomie sociali e territoriali, le libertà individuali.

Nei meccanismi infernali della competizione globale siamo ancora noi a metterci di traverso, difendendo le comunità e le economie locali dalle grinfie della finanza e dalle catene del debito perpetuo.

Dove si resiste alle torsioni autoritarie delle grandi potenze, alle guerre imperiali infinite (dall’Afghanistan allo Yemen), ai guasti ecologici e alla distruzione del pianeta, trovate persone che sono socialiste (anche se esse militano sotto denominazioni diverse).

Chiunque voglia salvare la Repubblica delle Autonomie, lavori per una Europa diversa (che somigli più alla Svizzera che alla Cina), lotti per la pace e la vita del mondo, non può farcela senza di noi. Le forze civiche, ambientaliste, autonomiste, localiste, che si stanno organizzando dal basso per dare una risposta alle emergenze ambientali, economiche e sociali, hanno bisogno di noi. Chi cerca una alternativa al centralismo autoritario, tanto arrogante quanto inetto nella gestione dell’emergenza sanitaria, ci trova al suo fianco.

Mentre i “cari leader” nazionali ed europei fanno e disfanno gruppi parlamentari e governi, noi restiamo in trincea, contro ingiustizie e inquinamenti, degrado dei beni comuni, smantellamento dei servizi pubblici universali.

A un rispettato esponente della storia gloriosa del PSI, il compagno Claudio Martelli, vorremmo lanciare un appello affinché si impegni per l’unità dei socialisti. Non tanto di quelli che lo sono di nome, quanto di coloro che lo sono per i loro valori e le loro azioni.

Noi siamo vivi e siamo quelli di sempre: una rete plurale e inclusiva di persone e comunità, consapevoli della storia, ancorate a valori profondi, laicamente cristiane, coerentemente riformiste (e quindi antiliberiste), autonome e autonomiste, sempre di parte politica, mai con l’antipolitica, mai settarie e mai opportuniste.

Ione Orsini - Vincenzo Carnì - Raffaele Rindi
Per adesioni e informazioni: ione.orsini@virgilio.it
https://www.facebook.com/SocialistiAutonomistiToscani

 


 

 

 

 

giovedì 29 agosto 2019

La fine dell'ennesima illusione centralista



Ci sono tante persone, in tutti i territori italiani, che sono veramente affamate e assetate di cambiamento. A seconda della loro classe sociale e cultura politica personale, si sono mosse a milioni per votare dei "leader" pompati da grandi bolle mediatiche: Renzi, Grillo e infine Salvini, per citare solo le più recenti meteore.
Però non ha funzionato.
E' mia modesta opinione che non abbia funzionato perché, semplicemente, la risposta ai problemi posti dalla concentrazione di ricchezze e di potere nella globalizzazione e nella Eurozona, non può essere risolta da una diversa concentrazione, cioè, per esempio, nel ritorno alla "sovranità monetaria" italiana.
Non c'è una "soluzione italiana" ai problemi, perché essa finirebbe per essere, ancora come in passato, centralista e autoritaria, oltre che neocolonialista (contro i nostri stessi territori italiani più deboli e, ancora una volta, contro i territori africani).
Le istanze critiche contro lo status quo - per esempio contro l'imperialismo americano, il neocentralismo eurocratico, le disfunzioni della Eurozona, l'insensatezza dei proibizionismi, la lentezza con cui affrontiamo i problemi ambientali, la burocrazia, il declino di tutti i servizi pubblici, l'oppressione giudiziaria, la distruzione degli ascensori sociali, il degrado di tutte le periferie urbane del paese, l'abbandono dei beni culturali e ambientali, le ingiustizie e gli azzardi morali con cui ci rapportiamo ai migranti - devono trovare ascolto, prima di tutto, attraverso la ricostruzione delle capacità di autogoverno locale di tutti i territori italiani.
Anche perché, ciascun territorio, con i propri leader locali - eletti, sperabilmente, con modalità più democratiche - certamente vive questi problemi in modo diverso e darà ad essi SOLUZIONI DIVERSE. 
Capisco, in particolare, il senso di delusione e frustrazione che attraversa un vasto fronte - eterogeneo e trasversale - che qualcuno chiama "sovranista", ma tutti i critici del globalismo e della c.d. eurocrazia, devono aprire la loro mente e il loro cuore a un più radicale decentralismo, agli ideali federali e confederali, all'Europa delle regioni. Devono cominciare a guardare alla Svizzera, non all'Ungheria. Devono trovarsi leader locali rispettabili, non invocare Putin o Trump. Devono sviluppare progetti, non rifugiarsi nella frustrazione del complottismo.
Avrei un appello, in particolare, per una persona come Claudio Messora, che con il suo videoblog https://www.byoblu.com/ ha svolto un ruolo straordinario nel dare voce a molti intellettuali e attivisti critici nei confronti del "mainstream". Ora che è crollata l'ennesima illusione centralista, con la fine della collaborazione tra Cinque Stelle e Lega salviniana, si aprino nuovi spazi a tutte le forze sorelle della famiglia del decentralismo e dell'autonomismo.
I decentralisti lottano ripristinare la dignità e l'autogoverno di tutti, dappertutto.Queste forze lottano contro la padella eurocratica ma non per farci cascare nella brace nazionalista.

martedì 9 aprile 2019

Lunga vita a Radio Radicale, microfono aperto anche ai nostri territori e movimenti decentralisti



E' inutile che aggiunga molte altre parole.
Chiunque la abbia mai ascoltata, sa che è una istituzione formidabile, un servizio pubblico insostituibile.
Lo scrivo come cittadino, come intellettuale, come uno dei moderatori della rete di decentralisti Dialogo Autogoverno: Radio Radicale deve vivere, punto.
Dobbiamo pretendere dal governo centrale una proroga dei contributi, per consentire a Radio Radicale di trasformarsi, salvaguardando la propria rete, le proprie competenze e, ancora più importante, il proprio preziosissimo archivio.
Alle persone che, come chi scrive, sono impegnate nei territori e in battaglie decentraliste e confederaliste, rivolgo un appello ulteriore: chiediamo anche ai governi e ai parlamenti regionali di sostenere Radio Radicale, unico servizio pubblico che aiuta veramente a conoscere per deliberare le nostre (ancora molto embrionali e fragili, purtroppo) democrazie locali.
Per un futuro a lungo termine condivido un piccolo sogno: poter sostenere i media che fanno servizio pubblico con una sorta di "otto per mille".
Per arrivarci, in questo futuro, tuttavia, bisogna prima vivere.
Quindi chiedo anch'io, nel mio piccolo, ai pochi che leggono il blog Diverso Toscana:
- di leggere quanto prima su Prima Comunicazione uno stupendo articolo dedicato all'importanza e al patrimonio di Radio Radicale, scritto da Daniele Scalise, che è stato recensito stamane (martedì 9 aprile 2019) nella stupenda rassegna "Stampa e Regime" di Radio Radicale, oggi a cura di Roberta Iannuzzi;
- di firmare la petizione per salvare Radio Radicale sulla piattaforma Change.org;
- di risparmiare da subito qualche Euro, per tenerci pronti a sottoscrivere direttamente una donazione a Radio Radicale.

Mauro Vaiani Ph.D.







martedì 19 marzo 2019

Omaggio a Orso, al suo babbo, ai suoi, a Rifredi



Lasciamo qui un omaggio a Lorenzo Orsetti, compagno Orso, Tekosher (1986-2019), combattente toscano e fiorentino, caduto per l'autogoverno del Kurdistan, per il diritto alla vita della gente del Rojava, nella resistenza anti-islamista e contro il neocolonialismo turco (e non solo), per il confederalismo dal basso e i suoi principi anarchici e socialisti.

Siccome è anche la festa del babbo, oggi 19 marzo 2019, vogliamo mandare un abbraccio anche al padre di Lorenzo, Alessandro, a mamma Annalisa, a tutta la sua famiglia, a tutti coloro con cui è cresciuto a Rifredi, a tutti coloro che lo hanno conosciuto, amato e rispettato.

Qui il testamento spirituale di Lorenzo "Tekosher" Orsetti, compagno Orso:

Ciao, se state leggendo questo messaggio è segno che non sono più a questo mondo. Beh, non rattristatevi più di tanto, mi sta bene così; non ho rimpianti, sono morto facendo quello che ritenevo più giusto, difendendo i più deboli e rimanendo fedele ai miei ideali di giustizia, eguaglianza e libertà. Quindi nonostante questa prematura dipartita, la mia vita resta comunque un successo, e sono quasi certo che me ne sono andato con il sorriso sulle labbra.
Non avrei potuto chiedere di meglio. 
Vi auguro tutto il bene possibile, e spero che anche voi un giorno (se non l'avete già fatto) decidiate di dare la vita per il prossimo, perché solo così si cambia il mondo.
Solo sconfiggendo l’individualismo e l’egoismo in ciascuno di noi si può fare la differenza. Sono tempi difficili lo so, ma non cedete alla rassegnazione, non abbandonate la speranza, mai! Neppure per un attimo.
Anche quando tutto sembra perduto, e i mali che affliggono l'uomo e la terra sembrano insormontabili, cercate di trovare la forza, e di infonderla nei vostri compagni. È proprio nei momenti più bui che la vostra luce serve. E ricordate sempre che “ogni tempesta comincia con una singola goccia”. Cercate di essere voi quella goccia.
Vi amo tutti, spero farete tesoro di queste parole.
Serkeftin!
Orso,

Tekoser,
Lorenzo


sabato 21 dicembre 1991

Spunti per un'area civica, federalista, verde

Abbiamo recuperato dall'archivio di Mauro Vaiani alcuni appunti da una pensosa riunione che si tenne il 21 dicembre 1991 all'Unione Inquilini di Vincenzo Simoni e Stefania Ferretti, sulla possibilità di dare vita a una vasta area popolare, civica, ambientalista, autonomista. (NdA, 6 febbraio 2022). 

 

Incontro di persone dell' area "civile federalista verde"

Firenze, Unione Inquilini, 21/12/91

Intervento di M.Vaiani


"Memoria, diritti, legami"

 

Persone come noi, liberamente e responsabilmente dedite alla vita pubblica e al bene comune, desiderano svolgere un ruolo socialmente utile, porsi il problema della ricostruzione di una vita normale a partire dal nostro paese, conservare un minimo di diritti, di doveri, di controllo democratico sul nostro comune futuro.

Ci siamo posti il problema di lavorare assieme attorno ad ipotesi politiche non monotematiche, non "monomaniacali", non settarie, non di pochi presunti "puri", non risolvibili ai vecchi schieramenti.

Ipotesi capaci di farci discutere di "pace, giustizia e salvaguardia del creato", secondo l' espressione usata dalle grandi assemblee cristiane nell' Europa di oggi, di "casa e carcere" secondo l' antico programma dei professorini della Costituente, di valori e scelte in grado di conservare la memoria della nostra storia democratica, di ricostruire legami di identificazione, di solidarietà, di lavoro non alienante nella nostra società massificante basata sul "rifiuto" della persona e sui "rifiuti" materiali.

Questo “abc” di memoria, diritti, legami, non possiamo piu' darlo per scontato. Non viene piu' trasmesso spontaneamente ai giovani. Questi valori e queste ambizioni non fanno piu' parte di un patrimonio educativo diffuso. Dobbiamo ricostruire lo stesso linguaggio che usiamo.

Dobbiamo confrontarci con giovani il cui unico valore e' il denaro e la soddisfazione immediata di ogni bisogno, e con anziani che non si sentono piu' sicuri ne' a casa, tanto meno per strada. Dobbiamo ricostruire un rapporto personale e diretto con le maggioranze di teleutenti di un sistema informativo drogante che si presta ad ingigantire grandi indifferenze e grandi demagogie.

Un primo valore da ricostruire e aggiornare e' l' idea stessa di accesso all' impegno politico. Nessuna societa' modulare e aperta, ripeto, pu' fare a meno di una percentuale di persone normali che si dedichino alla vita pubblica.

Dovremmo studiare insieme in che modo passare dalla cultura dell' appartenenza (che, proprio adesso, fa domandare ai piu': cosa possono fare i Verdi?) alla cultura della responsabilita' personale (cosa possiamo fare, piuttosto, personalmente?).

Dovremmo sforzarci di passare dalle mitologie e dalle pigrizie dell' identita' (noi verdi, noi comunisti, noi cattolici, noi di sinistra, noi di destra) alla realta', ben piu' dura, delle alleanze temporanee, dei giochi di squadra su cose concrete, anche trasversalmente agli attori collettivi di un sistema politico, anche cambiando spesso posizione e unendoci in forme e simboli nuovi.

(...)

Poniamoci un interrogativo: quanto degradera' la nostra speranza di vita se la Comunita' diventera' un mercato unico degli alimenti simile agli Stati Uniti? Quanto ci ammaleremo di piu' se mangeremo in futuro sempre piu' latticini del nord e cereali della penisola iberica prodotti a scale industriali e trasportati per lunghe distanze? Cosa sara' del nostro sistema immunitario se mangeremo sempre piu' verdura e frutta delle serre?

Non e' un luogo comune vetero-verde o giannoziano. E' una realta' a cui - anche senza alcun approccio proibizionista e senza alcun pregiudizio anticapitalista - dovremo dare una risposta fondata su valori nuovi.

Dobbiamo smettere di favorire l' import-export di cibo per gli uomini e per gli animali (e, connesse a questo, vanno previste vere e proprie limitazioni al commercio dei detersivi e delle medicine), perche' la sussistenza dell'ecosistema e delle culture umane territoriali e nomadi non ci consentono alcun liberismo, in questo settore delicato e centrale della nostra vita.

(...)

E ancora: e' possibile continuare ad assicurare - alla persona - un minimo di dignita' e di sostegno, eliminando gli eccessi di burocratizzazione (che hanno ospedalizzato la sofferenza, medicalizzato ogni disagio, inseguito il sogno di cancellare la sofferenza e la morte)? E' possibile responsabilizzare, diversificare, personalizzare la solidarieta'? E' possibile rinunciare ad alcuni eccessi, ad alcuni sprechi, ad alcune pretese assurde?

Possiamo, credo, spostare risorse dalla cura alla prevenzione delle malattie.

Dobbiamo, comunque, riportare la spesa sanitaria sotto la responsabilita' di politici visibili e riconoscibili davanti alla comunita', contro ogni assurdo mito di potere dei "tecnici". 

(...)

...come conseguenza provvisoria di questo ragionamento - limitato, caotico, provocatorio - sulle scelte di fondo che potrebbero permetterci di amministrare le nostre comunita' non solo a breve termine, ricordo che e' indispensabile ricostruire un' ultima scelta di valore: la rinuncia alla volonta' di potenza, la resistenza ad ogni idea forte, ad ogni schema ideologico, ad ogni gnosi che pretenda di risolvere tutto e capire tutto.

Le idee forti, come reincarnazioni di una volonta' di potenza che uccide l' uomo in nome dell' umanita', o gli operai in nome della classe operaia, o l' etnia in nome della razza, o i comuni in nome degli stati vecchi e nuovi, sono state l'avversario vero del movimento, delle tradizioni nonviolente, della cultura ecologista dei limiti e della complessita', della piu' autentica analisi marxiana della spersonalizzazione dell' essere umano nella storia.

Accettare l' autodeterminazione di una piccola comunita' all'interno di uno spazio federale e' combattere l' idea forte dello stato.

Costruire nei nostri quartieri piazze in cui persone di ogni eta' e provenienza possano vendere il lavoro delle loro mani, dormire sotto le stelle, lavarsi alle fontane, vivere di elemosina, significa resistere all' idea forte del profitto, dell' affermazione individuale ad ogni costo, del successo.

Rifiutarsi di costruire nuove strade che, per legge fisica, creeranno nuovo traffico, e' un modo per combattere l' idea forte dell'"illimitata democrazia individuale di movimento".

(...)

Rifiutare la demonizzazione dell' avversario politico, la cultura del sospetto, l' insinuazione sistematica, l' odio generalizzato verso un intero ceto (anche verso il ceto politico), significa voler salvare la complessita' della vita dalla squallida e crudele semplificazione degli schieramenti.

Proporre la trasformazione in senso federalista del nostro paese (da Repubblica a Comunita' di comunita') significa proporci come modello di complessita' e di liberta' a stati ben piu' complessi e ben piu' in crisi del nostro.

Valorizzare gli aspetti tradizionali e i valori immateriali contro l' urbanesimo, l' innovazione, l' industrializzazione ad ogni costo, significa resistere all' omologazione del mondo e alla distruzione delle diversita'.

Praticare la tolleranza e la comprensione verso ogni pratica e verso ogni sapere religioso, sessuale, culturale, magico, artigianale, sottorraneo, significa resistere all'imposizione di idee forti oppressive della liberta' personale.

Accettare il caos, la diversita', anche il fallimento della persona, e' l' unica medicina che possiamo assumere per vaccinarci dal ritorno dell' eticita' dello stato e dal dilagare di ogni proibizionismo.

Ricostituire luoghi di fiducia e lavoro comune tra giovani e anziani, tra personale politico "usato" e nuovi aderenti, riciclare personalita' ed identita' dentro aggregazioni nuove e di piu' ampio respiro, e' una cura possibile ai disegni elitari, esclusivi, moralistici, in definitiva autoritari, che purtroppo esalano dal panorama della vecchia sinistra italiana, sotto forma, magari, di nuovi movimenti. 

Forse e' possibile, attraverso un convergere di aspirazioni libertarie, di tradizioni solidaristiche e di generosita' personali, di valori e comportamenti personali all'altezza del momento storico, di un sano e rigoroso tradizionalismo, di una profonda coscienza dei legami sociali spezzati da questa societa' fondata sul denaro e sul consumo, ricostruire una formazione politica popolare, aperta, accessibile a tutti, capace di conservare la terra e le tradizioni e di innovare le istituzioni e i rapporti.

Non e' senza autoironia che sintetizzo quest'ultimo suggerimento. E' necessario lavorare per un polo politico pluralista al proprio interno, fondato sull'adesione responsabile di persone di ogni cultura, attorno ad un programma minimo moderato in politica internazionale, libertario sul piano dei comportamenti privati, conservatore della terra e delle tradizioni, liberista sul piano del ridimensionamento delle strutture burocratiche, disponibile a destrutturare gradualmente parti dello stato sociale centralista, tollerante e accogliente come organizzazione interna e come linguaggio e immagine esterna.

Puo' anche essere, pero', che ci sbagliamo. Che subiamo il fascino di un azzardo che non esiste (la collaborazione tra reti, leghe, liste verdi, liste civiche, ndr).. Che la Rete non sia che l' ennesima incarnazione di un minoritarismo politico che in dieci anni ha consumato la nuova sinistra, in cinque i verdi (e in due anni distruggera' la Rete).

Forse vale la pena di esserci, nel prossimo Parlamento, per vedere anche noi, attraverso qualche nostro eletto (secondo la piu' pura tradizione della democrazia delegata), cosa succede. 

Potremmo orgogliosamente rilanciare, a fronte di tanta demagogia e tanto settarismo, proponendo un ennesimo cartello elettorale ampio, nella certezza che solo alcuni pezzi della societa' e della politica, anche se importanti, accetterebbero e il cartello diventerebbe un' altra etichetta con cui comunque spendersi...

(...)

Anche se non va di moda, anche se demagoghi e moralisti piu' o meno in buona fede di ogni parte e ideologia ci sparebbero addosso, noi dobbiamo praticare e dichiarare coerentemente le nostre scelte a favore di modestia, moderazione e merito: a noi la vita istituzionale interessa; facciamo politica perche' vogliamo risolvere problemi e gestire risorse; mettiamo in gioco le nostre ambizioni e le nostre persone; vogliamo fare propaganda elettorale per cio' che crediamo e per le persone in cui abbiamo fiducia (a partire da noi); vogliamo essere giudicati da grandi numeri di elettori e vincere o perdere davanti alla gente...

(...)

Interiormente, ciascuno di noi sta verificando le proprie risposte, mettendo in discussione se stesso, accingendosi a giocare con i propri valori e la sincera dedizione al bene comune che - questa veramente - ci contraddistingue e ci da' il piacere di incontrarci.

Siccome noi non siamo perfetti, non siamo puri, non possiamo farcela da soli, non siamo ingenui e innocenti al primo tentativo, non siamo finanche presuntuosi, dovremmo tentare, in questi ultimi giorni prima della piu' amara (e forse piu' divertente) campagna elettorale politica di questa Repubblica morente, di guardare le cose senza patemi, senza inventarci nemici, senza piagnistei, senza orgogliose autosufficienze, provando a praticare i valori della nostra esigente laicita' e, insieme, provando ad attingere alla fantasia e al realismo dell' evangelico La Pira.

Sia il credente, che la persona di animo solitario, sanno che la coerenza e la rettitudine, dal profondo del nostro santuario interiore, generano calma intelligenza, ferma mansuetudine e forte animo.

(m.v.)

sabato 4 agosto 1990

Per un federalismo civico e verde

 

Archiviamo su Diverso Toscana un documento dell'estate 1990, che rappresenta il candore e l'entusiasmo con cui una parte importante dell'arcipelago verde di quei tempi immaginò la collaborazione con i movimenti civici ed autonomisti di quei tempi, suggestionato dai valori delle liste Federalismo ancorate alla Carta di Chivasso, dal crollo del Muro di Berlino, da esperienze come quella del Forum Civico di Vaclav Havel (e dal suo stupendo simbolo, il "ragazzo che sorride", "the smiling boy"), da uno spontaneo desiderio - dal basso - da parte delle liste verdi comunali che in quegli anni si erano moltiplicate, di poter agire nella vita politica con originalità e indipendenza dalla partitocrazia morente della c.d. Prima Repubblica italiana. L'enfasi in rosso sul paragrafo 5.8 è stata aggiunta dai redattori per sottolinearne l'importanza (Ndr, 20 settembre 2024).


Un documento per rilanciare, attraverso un dibattito politico e culturale fra i vari soggetti verdi, una rinnovata Federazione o Confederazione Verde.

PER UN FEDERALISMO VERDE

Una proposta politica

 

1. Premessa

1.1. Nell'ambito del movimento verde, dell'arcipelago ecopacifista e da parte dell'opinione pubblica, la costituzione di liste verdi era stata intesa come un progetto di organizzazione alternativa da parte dei cittadini per avviare un processo di riconversione ecologica dei modelli di sviluppo e di vita, delle istituzioni, del comportamento individuale.

1.2. Il carattere alternativo dei verdi doveva basarsi sulla libertà organizzativa e statutaria, sulla sovranità dei gruppi spontaneamente costituitisi sul territorio, sul pluralismo di componenti, tendenze e culture - organizzate e non, formalizzate o diffuse - e su un diverso modo di rapportarsi alla politica, alle persone e a tutto l'esistente.

1.3. Questa proposta "per un federalismo verde" si rivolge alle persone, ai gruppi, alle liste, ai soggetti politici dell'arcipelago verde, per discutere insieme, a partire dalla situazione concreta che oggi si è determinata, come salvaguardare e sviluppare queste intuizioni sul carattere alternativo e federalista dei verdi, e ciò secondo le tracce indicate in questo primo documento di lavoro.

2. Elementi di crisi

2.1. Queste aspettative e questa volontà di diversità dal sistema dei partiti vecchi e nuovi, fu la spinta determinante a dotarsi, ad Ariccia nel 1987, di uno sta­tuto fede­rale basato su concetti e me­todi organizzativi diversi da quelli delle altre formazioni politi­che italiane.

2.2. Negli ultimi due anni si è però sviluppata una manovra di occu­pazione ed uti­lizzazione istituzionale di tutto il movimento verde, che ha cercato di sottrarre il potere de­cisionale alle liste verdi locali.

2.3. Inoltre, anche a causa di un ordinamento elettorale centrali­stico, le liste verdi hanno subìto condizionamenti sul finanziamento e sul simbolo da parte degli organismi nazionali e regionali, i quali hanno spesso ridotto la so­vranità della singola li­sta a pura retorica.

2.4. Con la costituzione dei gruppi verdi nelle istitu­zioni, non ra­ramente si è verificato un appiattimento della nostra politica sulle strutture, le risorse ed il personale degli eletti.

2.5. La volontà di costruire un soggetto politico realmente decen­trato si è scon­trata duramente con gli interessi di altre forze po­litiche e con la pretesa di controllare in modo centralistico la Fe­derazione del sole che ride.

2.6. Questa conflittualità è stata volutamente amplificata da molti organi di in­formazione con lo scopo, neppure molto recondito, di mo­strare che la novità dei verdi si era già consumata in scontri ver­bali e di corridoio.

2.7. I ruoli ed i limiti stabiliti dallo statuto di Ariccia sono stati sempre più stravolti e violati, con l'evidente tentativo, da parte di alcune componenti, di giungere ad uno svuotamento delle re­gole stabilite, leggittimando uno stato di fatto diverso.

2.8. Anche la costituzione dei Verdi Arcobaleno - pur nelle loro ar­ticolazioni e diversità interne - da possibile mo­mento di allarga­mento e di crescita dell'arci­pelago verde, è stata invece giocata e ridotta, da ristrette elìtes na­zionali, come occasione per tentare lo smantellamento della Federazione del sole che ride e dei suoi prin­cipi originari e fondanti.

2.9. Buona parte del dibattito e delle attività della Fede­razione e delle Liste, nonché dei gruppi di Verdi Arcoba­leno, invece di ten­dere a costruire un progetto verde ed autonomo dagli altri partiti, è stata artificialmente mono­polizzata dal pro­blema dell'unifica­zione.

2.10. Unificazione che, nello spirito originario delle li­ste verdi, nasce ed ha senso solo dove l'impegno congiunto sul territorio ha effettivamente prodotto cultura e lavoro comuni.

2.11. Il processo di unificazione tra i verdi - perseguito in tutte le sue va­rianti di confluenza, diaspora dall'uno all'altro sog­getto, rifondazione o fon­dazione, dall'alto o dal basso - che avrebbe dovuto portare ad un'accellera­zione del processo di svi­luppo organizzativo e federativo, non ha rispettato i tempi e le esigenze reali dell'arcipe­lago, ottenendo così l'effetto opposto.

2.12. Si è assistito, inoltre, ad una serie di scelte in cui, in nome di questioni di merito politico, si sono cal­pestate anche le poche regole sin a quel momento consoli­date (vedi la vicenda eletto­rale a Milano, a Treviso, nel Friuli e in To­scana), giungendo così ad una situazione com­plessiva in cui non vi è più di fatto alcuna certezza delle regole interne, garanti del patto federativo.

2.13. Il tormentato succedersi di scadenze, fondazioni, ap­puntamenti sempre pre­sentati come ultimativi sul piano sta­tutario e sempre più vuoti di fantasia e cre­atività poli­tica, è stato spesso estraneo alle esigenze reali.

2.14. Queste esigenze sono state progressivamente soffocate dalla perdita del gu­sto della ricerca, dall'inaridimento del dibattito culturale, dall'appiattimento della presenza sul solo piano istitu­zionale, dalla difficoltà di ottenere una suf­ficiente circolazione dell'informazione, dalla ca­duta e deterioramento del clima di eco­logia della vita in­terna, dal crescere della litigiosità, dallo svi­luppo del professionismo e del neoprofes­sionismo in vertici autonomi­natisi, dal depaupera­mento del ruolo delle assemblee fede­rali, dove è risultato impraticabile un dibat­tito sulle re­sponsabilità politiche singole o collettive.

2.15. Dobbiamo inoltre rilevare che molte delle proposte di riorga­nizzazione re­gionale e nazionale della Federazione propongono rimedi peggiori dei mali, perpe­tuando di fatto una divisione in zone di in­fluenza e di controllo.

2.16. Il complesso dei meccanismi sin qui delineati ha ge­nerato un malinteso con­cetto di regionalizzazione della Fe­derazione, inteso come filtro alla libertà ed alla plura­lità di posizioni delle e nelle liste locali e come cri­stallizzazione dei rapporti di forza esistenti.

3. Ritorno ad un progetto culturale e politico

3.1. Dobbiamo ritornare alla scelta, fatta da una parte del movi­mento verde, di diventare - senza compromettere l'im­magine delle associazioni ambientaliste ed an­che senza ac­cettare da esse alcuna impropria tutela - una rete di per­sone impe­gnate in politica sotto la propria responsabilità.

3.2. Riaffermiamo la possibilità di un progetto culturale e politico autonomo ed altro, sia rispetto alle singole batta­glie ecologiche, di cui chiunque può farsi ca­rico in ogni altra forza politica, sia rispetto ad altri progetti poli­tici e so­ciali che sono in concor­renza con quello verde.

3.3. Certamente rappresentiamo una tendenza di pensiero, che neces­sita di ulte­riori approfondimenti, e non un'iden­tità con forza esclusiva, ma ciò ci spinge, sin da ora, ad affermare la nostra di­versità da altri processi politici quali la rifondazione della sini­stra ed i suoi nuovi par­titi, il processo di composizione dell'area laica, aggre­gazioni su obiettivi parziali e minoritari, tentativi di semplificazione artificiale degli schieramenti politici.

3.4. Esistono, alle nostre spalle, culture politiche che, variamente intersecate col movimento verde, hanno gettato uno sguardo radicale all'origine delle con­traddizioni, delle distruzioni e delle ingiusti­zie del nostro tempo.

3.5. Dobbiamo essere in grado, come il movimento ha già fatto sui temi dell'ac­qua, dei rifiuti e dell'energia, di puntare all'ori­gine dei problemi, accettando la sfida di lavorare con chiunque per attivare cambiamenti, assumendoci tutte le responsabilità che si presentano, sia di governo che di opposizione.

3.6. Da ciò deriva, comunque, il rifiuto di omologarsi all'esi­stente, la presa di distanza da riformismi di corto re­spiro e dalle prospettive di alternanze poli­tiche che la­scino immutato il sistema consolidato di sfruttamento del pianeta e di autosfruttamento dell'uomo.

4. La necessità di pluralità e parzialità

4.1. Le liste verdi - proprio per la loro stessa origine da un am­bito multicultu­rale dove è stata elaborata la centra­lità della que­stione ambientale, dalla realtà delle asso­ciazioni ambientaliste che si sono sempre percepite come una moltepli­cità capace di una conti­nua iniziativa comune, dal distacco di persone e gruppi dai partiti tradizionali - rappresentano una realtà di organizzazione per defini­zione non assoggetabile ad un unico centro di potere, riduci­bile ad un'unica forma organizzativa.

4.2. La nostra conflittualità interna, provocata dal pro­gressivo tentativo di ri­durci a "partito unico nazionale", ha prodotto la perdita della capacità dei verdi di inventare politica.

4.3. Sarebbe grave sottovalutare che, proprio quando il mo­vimento verde è stato paralizzato dalla discussione sulla fusione e sulla riorganizzazione, ha subito la sua prima battuta d'arresto, in oc­casione del voto dei referendum.

4.4. Nella misura in cui ci contagia una cultura del "partito unico" omogeneiz­zante ed onnicomprensivo, saremmo condannati al distacco dalla nostra matrice non­violenta, dalla passione per l'intesa sulle cose, dalla capacità di convivere in una rete verde multiforme.

4.5. E'necessario, quindi, che i verdi continuino ad evol­versi organizzativamente secondo un proprio autonomo per­corso ed all'in­terno di contesti federativi ade­guati alla complessità ed alla mol­teplicità dell'esistente.

4.6. Questo processo di superamento della pretesa di co­struire "il contenitore unico" dei verdi potrebbe trovare una soluzione adeguata in una struttura federa­tiva più artico­lata di quella attuale, od an­che confederale, a tutti i li­velli dove se ne verifichino la neces­sità e le condizioni.

4.7. A questo riguardo, ci appare decisivo che i diversi soggetti verdi si orga­nizzino autonomamente e sovranamente e che il loro in­gresso in una struttura fede­rativa comune debba essere successivo al reciproco riconoscimento della condivi­sione di un progetto di lavoro e di regole di convi­venza chiare, certe e non elu­dibili.

4.8. Deve configurarsi la possibilità di instaurare rap­porti chiari, con l'azze­ramento delle incertezze del re­cente passato (tentativi di costituzione di un terzo sog­getto verde, di smantellamento della Federazione e scis­sione dal “sole che ride”, trattative contemporanee con altri soggetti politici).

5. Autori di un fare

5.1. Per l'affermazione delle tendenze e dello spirito compresi in questo docu­mento, proponiamo un'azione comune per rilanciare la possibilità di un pluralismo ideale e po­litico all'interno della Federazione e delle prospettive a lungo ter­mine per l'arcipelago verde.

5.2. Non siamo interessati, invece, ad acquisire spazi di manovra fini a se stessi o a garantire gli eventuali esclusi dalle ormai pubbliche contrattazioni e suddivi­sioni.

5.3. Invitiamo le liste unitarie, arcobaleno, “sole che ride”, verdi civiche e gli altri soggetti interessati a farsi protagonisti di una rifondazione "diffusa" dei verdi, che sfoci nella moltiplicazione dei gruppi di lavoro, nel radica­mento nei quartieri e nei paesi, nell'apertura a tutti i cittadini.

5.4. Proponiamo un impegno, in tutte le istanze decisionali dei verdi, per promuo­vere la massima riduzione dell'uti­lizzo centraliz­zato del potere da parte degli organismi na­zionali e regionali, con­testualmente con la maggiore diffe­renziazione possibile tra eletti ed organi politici.

5.5. Chiediamo la cessazione di ogni chiusura preventiva, contesta­zione politica, controllo feudale, attentato alla sovranità ed all'autonomia nei confronti delle liste verdi locali.

5.6. Richiediamo che le assemblee previste dalle delibere di indi­rizzo di Trani siano convocate nel modo più traspa­rente e control­lato possibile e siano riunite con una rap­presentanza certa.

5.7. Ci impegniamo a porre in calendario appuntamenti nazio­nali auto­convocati di rilancio dell'iniziativa politica di tutti i verdi, sia sui temi della caccia, dei pesticidi, dell'inquinamento atmo­sferico, sia sui temi del rinnova­mento delle istituzioni, delle leggi elettorali, parallela­mente allo sviluppo di rapporti, che ri­teniamo fondamen­tali, con le for­mazioni politiche autonomiste e federali­ste.

5.8. Nessuna struttura federale o confederale dei verdi po­trebbe in­fatti soprav­vivere senza elaborare proposte per il deperimento dello stato centralista.

5.9. Proponiamo alle liste verdi, federate e non, ai gruppi ed ai singoli che condividono la presente analisi di portare avanti con forza queste proposte e quelle che collettivamente riterremo neces­sario elaborare in questo delicato momento dell'opzione verde in Italia, in vista di una rinnovata federazione o confedera­zione.

5.10. Diamo appuntamento ad un prossimo momento di appro­fondimento dei contenuti di questa proposta, col fine di farne la base per un manifesto politico e programmatico della nostra tendenza verde e fe­deralista.


Primi firmatari:


Maurizio BEKAR (m. Comitato di Garanzia Federazione LL.VV.)

Luciano BENINI (LV Muggia, V.Presidente MIR)

Cesarino CAMATTA (G.d.C. L.V. Treviso)

Federico CLAVARI (G.d.C. L.V. Roma)

Giuseppe CRUSCO (Consigliere Provinciale Como)

Nazzareno DARIOL (G.d.C. L.V. Padova)

Francesco DELOGU (Coordinatore Regionale LL.VV. Sardegna)

Roberto MONTANARI (Lista Verdi per Piacenza)

Arturo OSIO (Consigliere Regionale Lazio)

Giorgio RADAELLI (m. Comitato di Garanzia Federazione LL.VV.)

Mauro VAIANI (Coordinatore Regionale Verdi Uniti Toscana)


Roma - Trieste - Prato, 4/8/90


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