Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso
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mercoledì 5 giugno 2024

Davide o Golia? Poggiali o Dorfmann?

 


Il blog Diverso Toscana non ha potuto fare a meno di notare che nella circoscrizione "Italia nordorientale" è in corso uno scontro fra Davide e Golia.

Lo si capisce da cinguettii come questo:


 

Nel Nordest, in Emilia, in Romagna, si scontrano due prospettive diverse, due diverse idee autonomiste.

Da una parte (quella di David) c'è un'idea nuova, fresca, candida di autonomie per tutti, quella incarnata da Giovanni Poggiali.

Dall'altra (quella di Golia) c'è un sedicente autonomismo vecchio e stantio - "self-serving" - rappresentato dal deputato uscente Herbert Dorfmann, che cerca la riconferma del poco che ha rappresentato nella legislatura uscente del Parlamento europeo.

Giovanni Poggiali è un candidato civico, indipendente, espresso dallo storico autonomismo romagnolo, che si è recentemente rinnovato e riorganizzato nel partito territoriale "Romagna Unita", membro della sorellanza Autonomie e Ambiente, e quindi vicino a EFA (l'alleanza anticentralista europea).

Dopo che una sinistra modifica in corsa delle norme elettorali ha impedito ai nuovi autonomisti di correre per le Europee, Giovanni Poggiali è stato accolto, come indipendente, dalla lista di Azione-Siamo Europei.

Azione è l'unica lista di una qualche consistenza, ricordiamolo, che si sta seriamente contrapponendo alle degenerazioni del bipolarismo "all'italiana", agli aspiranti podestà d'Italia e napoleone d'Europa, all'erosione democratica della Repubblica, alla paralisi politica che da ormai trent'anni sta impedendo ogni serio riformismo.

Herbert Dorfmann, al contrario, è un incolore deputato uscente della SVP, membro di seconda fila del PPE. Nessuno si ricorda alla fine della legislatura in cosa il PPE (tanto meno il suo esponente sudtirolese) abbiano fatto la differenza nella crisi politica (e normativa) dell'Unione Europea in materia di agricoltura, salute, innovazione, giustizia, costruzione di una politica estera, impegno per la pace. 

Purtroppo c'è ancora di peggio: la SVP si è collegata tecnicamente con Forza Italia, civetta con i "fardelli d'Italia" e con la lega reazionaria di Salvini,  cioè con i partiti che stanno portando l'Italia verso la deriva dell' "elezione diretta del capo", la svolta centralista e autoritaria del "premierato".

Non è un caso che nella lista di Azione siano confluite, in aperta polemica con la SVP e con Dorfmann, altre forze territoriali anticentraliste, come il Team K sudtirolese (il movimento di Paul Köllensperger) e la trentina Casa Autonomie (a sostegno di Mario Raffaelli). 

Dorfmann è un deputato uscente e rientrante sicuramente forte, perché la legge elettorale lo favorisce, perché la SVP è un partito ancora rappresentativo di una parte importante del Sudtirolo, perché alcune marginali (e invecchiate) realtà sedicenti autonomiste (anche nel Bellunese, anche nelle comunità slovene) gli hanno confermato sostegno.

Poggiali invece è uno sfidante, insieme a Raffaelli e Köllensperger (attenzione, tutti e tre non possono essere votati, perché sono tre persone di sesso maschile!).

Il viticoltore romagnolo, in particolare, rappresenta un territorialismo con radici antiche ma ben ancorato al XXI secolo. Giovanni Poggiali rappresenta le grandi novità politiche che stanno emergendo in Romagna.

E' una persona nuova e innovativa. Non promette un "autonomismo" difensivo e chiuso nella difesa dell'esistente, ma un cambiamento profondo, secondo gli ideali della Repubblica delle Autonomie e dell'Europa delle Regioni. Per tutti, non per pochi.

La battaglia è impari, ma è bello che sia tentata, per il bene delle generazioni future, contro una generazione di vecchi politici che ha sbagliato tutto quello che c'era da sbagliare.


lunedì 20 maggio 2024

EFA e Autonomie e Ambiente con Poggiali

 


EFA e Autonomie e Ambiente hanno organizzato giovedì 16 maggio 2024 una intensa giornata di lavoro a Milano, ospitati dal centro culturale Slow Mill (dell'associazione italo-albanese https://www.doraepajtimit.org/ "La mano della riconciliazione").

Dall'ufficio stampa degli autonomisti italiani, a cura di Alberto Mazzotti, riceviamo e volentieri pubblichiamo una sintesi dell'evento.

A Milano EFA ed Autonomie e Ambiente hanno dimostrato, ancora una volta, di essere persone d'altri tempi, quelli futuri: alla sinistra modifica delle leggi elettorali (culminata con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge 38 del 25 marzo 2024) e alla debolezza di alcune forze storiche dell'autonomismo in Italia, hanno reagito con il sorriso e con iniziative positive e costruttive.

Prima di tutto, hanno deciso il sostegno al viticoltore ravennate Giovanni Poggiali, da sempre sostenitore dell’autonomia romagnola e candidato nelle liste di Azione-Siamo Europei alle prossime elezioni europee. Poggiali è e sarà nel Parlamento europeo il principale punto di riferimento per l’impegno EFA e AeA per la democrazia, la sussidiarietà, il federalismo in Italia e in Europa.

Inoltre, Autonomie e Ambiente ha promosso e sostiene centinaia di liste civiche e autonomiste presentatesi alle elezioni comunali in tutta Italia. Ne hanno parlato Riccardo Galimberti di RiBella Firenze, e soprattutto, come movimento ospite, Giuseppe Olivieri ed Enrico Chiapparoli di Lombardia Civica.

Infine, la rete autonomista ha aderito al Comitato Referendario per la Rappresentanza che, ispirandosi alle lotte dell'avvocato Carlo Felice Besostri per i diritti elettorali dei cittadini, propone l'abrogazione delle parti più deteriori del  Rosatellum.

“Sono orgoglioso di rappresentare, unico in Italia, la rete di Autonomia e Ambiente alle elezioni europee.” – ha detto Giovanni Poggiali - “Essere riusciti a far partecipare le autonomie in una coalizione riformista seria e plurale come quella di Azione-Siamo Europei è già una vittoria per tutti noi. Credo fermamente che serva un’Unione Europea più forte e unita, ma basata sempre più sulle diversità dei singoli territori. L’esempio del vino – il mondo che conosco da sempre – va proprio in questa direzione: si diventa più forti quanto più si è in grado di evidenziare le singole specificità di ogni territorio”.

Mauro Vaiani ha sottolineato: "E' convinzione delle nostre reti di storico autonomismo e moderno territorialismo, impegnate per le autonomie personali, sociali, che l'Europa sia incompatibile con le concentrazioni di potere. Con questi 27 stati che esercitano insieme un centralismo europeo, senza rinunciare al proprio centralismo statale, non andiamo da nessuna parte. La nostra Europa sarà una confederazione di 270 popoli, territori, regioni. Questa sarà l'unica Europa possibile.".

La responsabile EFA-AeA in Sardegna, Silvia Lidia Fancello, ha portato a Milano un circostanziato e drammatico appello del mondo politico autonomista e identitario sardo contro il centralismo autoritario che vuole svendere la Sardegna alla speculazione dell’eolico facendone la “dinamo” d’Italia.

Thomas Agnoli, giovane attivista veneto, uno dei segretari del Comitato Referendario per la Rappresentanza, ha spiegato la natura dei quesiti con cui un ampio schieramento trasversale di attivisti per la democrazia si propone di abbattere il Rosatellum, una delle leggi elettorali più ingiuste di sempre (che non per nulla verrà esaminata anche dalla CEDU, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, a seguito del ricorso presentato dallo storico attivista radicale Mario Staderini).

Sono stati presenti ai lavori di Milano esponenti di movimenti e reti di attivismo amiche delle autonomie, fra cui DEMOS, con lo storico ambientalista Piervito Antoniazzi; hanno inviato un messaggio di saluto Adalberto Notarpietro e Mattia Molteni di INSIEME.

Marco Cappato e Francesco Vecchi del movimento paneuropeo per la partecipazione dei cittadini, EUMANS, sono venuti ad incontrare i leader europei e italiani delle autonomie e a porre delle basi di collaborazione per iniziative comuni, dal referendum contro il Rosatellum in Italia, a nuove iniziative civiche dal basso in Europa.

Sul sito e nelle reti sociali di Autonomie e Ambiente sono disponibili ulteriori approfondimenti, materiali video e foto.

Nella foto in alto, da sinistra a destra:

Thomas Agnoli (Comitato Referendario per la Rappresentanza)

Mauro Vaiani (toscano, vicepresidente segretario Autonomie e Ambiente)

Silvia Lidia Fancello (rappresentante EFA-AeA Sardegna)

Lorena López de Lacalle (basca, presidente di EFA)

Maylis Roßberg (danese-tedesca, Spitzenkandidatin EFA)

Enrico Chiapparoli (Lombardia Civica)

Riccardo Galimberti (RiBella Firenze - civismo toscano)

Giovanni Poggiali (fondatore di Romagna Unita, autonomista candidato nel Nordest per la lista "Azione-Siamo Europei")

Giuseppe Olivieri (Lombardia Civica, civismo milanese)

(Milano, domenica di Pentecoste, 19 maggio 2024)

 

giovedì 16 maggio 2024

A Milano, con EFA e il mondo delle autonomie, per un'Europa diversa

Oggi a Milano, EFA e Autonomie e Ambiente sono protagonisti per un'Europa diversa.

Protagonisti dei lavori saranno:

Maylis Roßberg, "spitzenkandidatin" EFA 

Lorena López de Lacalle, presidente EFA 

Mauro Vaiani, vicepresidente segretario di Autonomie e Ambiente

Giovanni Poggiali, unico autonomista candidato alle elezioni europee (nel Nordest, lista Azione-Siamo Europei)

Insieme con molti altri leader del civismo, dell'ambientalismo, delle reti di solidarietà e di resistenza contro l'erosione della democrazia, i ciarlatani del falso autonomismo, gli aspiranti podestà d'Italia e napoleone d'Europa.

 

Per consultare l'agenda della giornata:

https://autonomieeambiente.eu/news/300-efa-milano-16-maggio-2024-conferenza-stampa



domenica 11 febbraio 2024

La par condicio serve ora, non solo gli ultimi trenta giorni

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una nota di approfondimento della segreteria interterritoriale di Autonomie e Ambiente, che sta promuovendo la lista PATTO AUTONOMIE AMBIENTE per le prossime elezioni europee. Viene affermato un concetto semplice da capire: i media e la stampa dovrebbero da subito pubblicare approfondimenti politici su tutte le realtà politiche che si stanno preparando alle elezioni europee, magari anche solo per criticarle ferocemente, considerando il livello di ciarlatanismo che è ormai ai livelli di guardia. Rappresentare la politica della Repubblica solo con i duelli (Meloni-Schlein) o con i trielli (Meloni-Salvini-Trajani), è semplicemente servile e pericoloso per la democrazia. Non parlare mai delle forze politiche minori, salvo garantire ogni tanto una finestra a quelli che urlano o spendono di più (stile Renzi o Scateno) non aiuta molto l'opinione pubblica italiana ed europea. Andando avanti così, quando scatterà la "par condicio", un mese prima delle elezioni, la stragrande maggioranza degli aventi diritto al voto avrà capito poco o nulla e cadrà nella trappola infernale del non voto. Staranno a casa, invece che andare a votare, e forse è proprio questo che le grandi concentrazioni di potere mediatico vogliono.

 

Comunicato stampa

 

PAR CONDICIO ORA O MAI PIÙ


Bruxelles – Udine - Roma, 8 febbraio 2024


La legge sulla “par condicio” (legge 28/2000) promette una qualche parità di accesso all’informazione alle forze politiche all’incirca a partire dal 30 aprile 2024, il giorno in cui si presentano le liste per le elezioni europee. Una garanzia non solo molto relativa, quindi, ma assicurata solo per meno di quaranta giorni, quelli della campagna elettorale europea in senso stretto.

Purtroppo al momento del deposito delle liste, gran parte dei giochi sono già fatti.

Le forze politiche nuove e diverse, a quel punto, sono costrette a concorrere azzoppate, perché la campagna elettorale europea, in realtà, è già in corso da tempo.

La stampa registra e amplifica solo gli scontri quotidiani fra pochissimi leader attualmente padroni (o padrone) del “bipolarismo all’italiana”, che è una competizione a chi è più semplicistico, populista, o peggio.

La nostra famiglia politica europea, EFA (European Free Alliance – Alleanza Libera Europea), che promuove in Italia la lista Patto Autonomie Ambiente, chiede più attenzione per tutti.

La lista Patto Autonomie Ambiente è una grande tenda di civismo, ambientalismo, storico autonomismo, moderno territorialismo, dove si è uniti dall’ideale di fare dell’Italia una vera Repubblica delle autonomie personali, sociali, territoriali, in una Europa diversa, non tecnocratica, non autoritaria, ma al contrario veramente rispettosa dei territori, delle regioni, dei popoli.

Gli alleati nel Patto Autonomie Ambiente combattono il centralismo autoritario in ogni sua forma e si mettono di traverso rispetto alla sinistra prospettiva dell’elezione diretta del “podestà d’Italia”, scelto mediaticamente da poche concentrazioni di ricchezza e di potere.


A cura della segreteria interterritoriale


Per maggiori informazioni e per un contatto con il nostro ufficio stampa:

https://www.autonomieeambiente.eu/
info@autonomieeambiente.e


  


giovedì 21 dicembre 2023

Il voto #NOMES del Parlamento italiano non ci preoccupa, anzi

 


La maggior parte del nostro mondo civico, autonomista, territorialista, oggi unito dai valori di Chivasso e raccolto in un largo patto per le autonomie, l'ambiente, la pace, è contraria al MES da tempi non sospetti. E' del marzo 2020 questa nostra presa di posizione:

https://www.autonomieeambiente.eu/news/8-perche-le-persone-e-i-territori-vivano-durante-e-dopo-l-emergenza-coronavirus

Al contrario, in gran parte siamo convinti che ci sarebbe voluto più coraggio da parte delle elite al potere: non ci si doveva limitare a fermarne la revisione (sulla quale peraltro sinistre, centri, destre, vecchi e nuovi movimenti hanno traccheggiato e temporeggiato in modo opportunistico e avventato); si doveva, e da tempo, avere il coraggio di denunciare il trattato e aprire una riflessione profonda sulla riforma della BCE e della gestione dei debiti pubblici (e delle sofferenze delle grandi banche).

Nessuno di noi si meraviglia che questo coraggio sia mancato. Li conosciamo bene, questi grandi leader televisivi che da trent'anni occupano la scena pubblica (qualche volta al potere, qualche volta all'opposizione): siccome sono privi di convinzioni e competenze, da loro c'è da aspettarsi di tutto.

Al netto delle ipocrisie di schieramento e di posizionamento politico nella scena mediatica, forse il voto di oggi - 21 dicembre 2023 - nel Parlamento italiano ha fatto un favore a tutta l'Europa. Nessuno rimpiangerà questa riformetta. Nemmeno i potenti mandarini del MES, che per il momento continueranno a occupare le loro poltrone dorate. Smantellare questa concentrazione di potere e di ricchezza richiederà comunque anni. Possono stare tranquilli.

Essendo inguaribili ottimisti, vogliamo pensare che nei prossimi mesi si potrà parlare delle riforme profonde di cui abbiamo bisogno come cittadini che vivono nella Eurozona - una delle aree monetarie più forti ma anche più disfunzionali che esistano sulla Terra.

Noi, nel nostro piccolo, in ultimo grazie al contributo degli amici del Comitato Charta di Melfi, facciamo la nostra parte perché le riforme siano anticentraliste, antiautoritarie, antiausteritarie:

https://www.autonomieeambiente.eu/news/213-sette-sfide-dal-nostro-sud-per-il-bene-di-tutta-europa

Altro che MES, altro che patto di stabilità! Vogliamo lavorare, vogliamo guadagnare, vogliamo fare investimenti, vogliamo vivere, vogliamo costruire i nostri paesi nuovi.

Mauro Vaiani 


lunedì 17 luglio 2023

Una modesta proposta per l'Europa

 


C'è una modesta ma seria proposta per andare insieme alle elezioni europee del 2024. La hanno elaborata il Patto per l'Autonomia Friuli-Venezia Giulia, in nome e per conto dell'intera sorellanza di Autonomie e Ambiente, ed EFA, il partito europeo dei territorialismi (European Free Alliance, che fa parte del gruppo parlamentare europeo Greens-EFA).

Non ci facciamo illusioni: il nostro "Patto Autonomie Ambiente" per l'Europa e per la pace, non può certo raggiungere tutti i cittadini. Non abbiamo certo denaro o potere sufficiente per farci largo nel terrificante conformismo mediatico del nostro tempo. Una persona su dieci, però, ha già la cultura, la sensibilità, il tempo per ascoltare ed eventualmente sostenere questo appello contro tutti i centralismi autoritari.

A quella persona su dieci, quindi, ci rivolgiamo, a coloro che sanno cosa è un serio civismo autonomo dai partiti centralisti, che hanno intenzione di praticare un serio e pragmatico ambientalismo territorio per territorio, che hanno valori decentralisti ispirati al nostro antico e nobile confederalismo, quello della Carta di Chivasso.

Per capire cosa stiamo facendo, si legga la bella intervista rilasciata da Lorena López de Lacalle Arizti, la presidente EFA, a Gino Giammarino:

https://napolivera.info/2023/07/16/autonomia-autogoverno-europa-intervista-a-lorena-lopez-de-lacalle-presidente-dellefa/

Per approfondire il posizionamento politico del "Patto Autonomie Ambiente", si legga il documento finale approvato a Udino il 10 giugno 2023:

https://www.autonomieeambiente.eu/news/160-per-la-libertas-europea

Grazie a quella persona su dieci, che potrebbe essere interessata!

 

 

martedì 4 luglio 2023

Identità digitale scaduta


 

Crearsi una identità digitale ha due immediate conseguenze:
- primo) affidarsi a qualcuno che non la usi contro di te, almeno non inpunemente
- secondo) accettare che quello stesso qualcuno un giorno possa togliertela, perché non è mai solo tua, ma anche sua

Almeno cinque gravi problemi vanno affrontati e risolti:
1) Evitare la concentrazione di potere digitale
2) Assicurare pluralismo tecnico e organizzativo
3) Garantire che l'identità digitale non sarà necessaria per vivere
4) Prosciugare la palude della sfiducia
5) Evitare gli eccessi di inquinamento elettromagnetico.

Per chi vuole approfondire, di seguito delle riflessioni più articolate.

Il rapido avvicinarsi della fine della legislatura europea non stempera l'incredibile bulimia normativa delle burocrazie europee. Parlamento e commissione europea verranno rinnovati nel 2024, ma purtroppo ad avere in mano l'iniziativa legislativa sono eurocrazie opache, costituite da funzionari che paiono accecati dalla follia di voler regolare e uniformare tutto (del fatto che ci siano anche politici e funzionari prezzolati dalle multinazionali parleremo un'altra volta).

Le loro ultime contorsioni sono attorno alla volontà di arrivare all'identità digitale europea. L'ignoranza, la supponenza, l'avventurismo con cui i soloni di Bruxelles affrontano questo tema sono disarmanti.

Del tutto assente ogni minima consapevolezza dei problemi che l'uso di massa, su scala continentale, dell'identità digitale porrebbe nella società digitale globalmente interconnessa contemporanea. Persino i fanatici omologatori del World Economic Forum hanno alzato le sopracciglie, di fronte all'avventatezza delle autorità europea (Reimagining Digital ID INSIGHT REPORT JUNE 2023). La recente, violenta e autoritaria esperienza del "Green Pass", l'odioso passi verde, non pare aver insegnato nulla.

Ne segnaliamo alcuni, di questi problemi, senza pretesa di completezza:

1) Concentrazione di dati e identità digitali, quindi del potere su di esse - Già in Italia le persone più attente e gli addetti più responsabili delle pubbliche amministrazioni si rendono conto degli immensi pericoli che corriamo avendo creato banche dati centrali che contengono informazioni vitali su 60 milioni di cittadini e residenti, peraltro in mano a società come la SOGEI che, ancorché sotto pieno controllo politico, sono tuttavia di diritto privato. Anche solo ipotizzare banche dati che custodiscano i dati di 500 milioni di cittadini europei è semplicemente avventato (a meno che non si abbia in mente davvero di volerci trasformare in sudditi di un superstato centralista e autoritario, come sono gli USA e la Cina). Si deve dire un no semplice, nitido, fermo a ogni forma di concentrazione di dati e di potere, non solo in Europa, ma anche in grandi stati come l'Italia.

2) Necessità della pluralità dei gestori, dei sistemi, degli strumenti - Sistemi di gestione di identità digitali esistono da decenni. Sono nati nelle università, nelle grandi aziende, in molte istituzioni pubbliche e private. Essi devono restare plurali, limitati a comunità circoscritte, per assolvere ristretti finalità istituzionali od organizzative. Deve restare inoltre un assoluto pluralismo nella scelta delle tecnologie (per gli enti pubblici sarebbe a dire il vero opportuno optare per software aperti, "open source"). Devono restare in uso molti strumenti di identificazione: app nei cellulari, sì, ma anche messaggi di conferma via mail o anche via telefono fisso, generatori di pin portatili (token), carte digitali (smart card), i più diversi tipi di dispositivi passivi (trasponder) che possano essere solo letti, senza essere mai attivi o attivabili. Per la cooperazione tra sistemi di gestione di identità digitali esistono già esperienze consolidate di interazione fiduciaria. Citiamo solo EDUROAM, per fare un esempio, il sistema che consente all'utente di una comunità accademica di essere accolto anche in altre, durante i suoi viaggi di studio, senza che i suoi dati vengano controllati e gestiti da altri che non sia la propria istituzione di appartenenza. 

3) Possibilità di restare fuori o di uscire dal sistema, oltre che di non esserne escluso arbitrariamente - Non solo per andare incontro al divario digitale, ma proprio per tutelare la dignità della persona umana e della sua integrità fisica, si deve consentire a chiunque di restare fuori da ogni sistema di identità digitale. Questo deve essere obbligatorio almeno per le istituzioni pubbliche: in ogni municipio locale ci deve essere la possibilità per il cittadino di presentarsi di persona e sbrigare ogni pratica senza bisogno di dotarsi di una identità digitale. Vale anche un ragionamento apparentemente opposto: si deve consentire che l'identità digitale di una persona più fragile (un minore, un disabile, un grande anziano) sia gestita da un suo congiunto all'interno di un rapporto familiare di fiducia. Più in generale non si deve dimenticare che ogni identità digitale scade, mentre la persona umana deve poter continuare a essere sé stessa. In ultimo, non per importanza, si deve assolutamente impedire che una identità digitale sia canale esclusivo di accesso a servizi essenziali (acqua, cibo, salute, denaro, informazione), perché nei padroni del sistema ci sarà sempre la tentazione di usare il potere digitale per punire i dissenzienti, con nuove forme di morte digitale.

4) Prosciugare la palude della sfiducia - La custodia digitale di dati personali, compresi quelli biometrici e genetici, da parte di una qualsiasi istituzione, richiede che le persone umane possano profondamente fidarsi di essa. La fiducia non si costruisce con l'obbedienza imposta per legge, ma attraverso la prossimità tra governati e governanti. Si può arrivare a fidarsi del proprio municipio o della propria regione, a seconda di quanto la nostra società sia rispettosa delle autonomie personali, sociali, territoriali, di quanto siano garantiti i diritti civili, politici e sociali. Se la fiducia viene messa in discussione, l'individuo e la comunità locale possono ancora ribellarsi contro un'autorità, geopoliticamente piccola, e ribellandosi fare quindi la differenza. E' semplicemente impossibile, invece, fidarsi di istituzioni più alte, più lontane, poste altrove, magari lontano dal luogo dove viviamo, che neppure parlano la nostra lingua madre, i cui capi (reali o apparenti) sono leader eletti in grandi competizioni mediatiche, che dispongano di vasti ed efficienti apparati di coercizione. Questo è stato vero sin dalle origini della modernità e dei suoi grandi stati centralisti e autoritari, ma nella nuova realtà digitale tutto è amplificato geometricamente. Un decentralismo radicale è la strada maestra per prosciugare la sfiducia intrinseca che la persona prova nei confronti dei "grandi fratelli" della contemporaneità.

5) Sobrietà elettromagnetica - Non solo dobbiamo restare ancorati a un principio di precauzione nella diffusione degli strumenti digitali. Non solo dobbiamo studiare bene come proteggere la vita dall'inquinamento elettromagnetico (e il panorama dalla bruttezza delle antenne). Prima ancora dobbiare rifiutare la deriva imposta dalle attuali istituzioni del capitalismo predittivo e induttivo dei consumi, che sono anche il pilastro socio-economico di una nuova realtà politica di sorveglianza universale. Alcune scelte politiche sono ormai urgenti: la connettività deve essere riconosciuta come un servizio pubblico universale e quindi gestita da istituzioni locali senza fine di lucro; si deve accedere quando lo si richiede, non quando imposto da meccanismi perversi di connessione permanente; devono esistere canali separati e distinti di accesso a contenuti pubblici e liberi, a contenuti creativi con pagamento del diritto d'autore, a contenuti sostenuti dalla pubblicità commerciale. Ripetiamolo: separati, distinti, indipendenti gli uni dagli altri, lasciando sempre alla persona la possibilità di spengerli.


giovedì 8 giugno 2023

Mauro Vaiani - Messaggio da Bruxelles in vista dell'impegno di AeA per le Europee 2024


 

Mauro Vaiani (nella foto insieme a Lorena Lopez, la presidente EFA) da Bruxelles, 1 giugno 2023, a margine di una giornata di lavori con l'Alleanza Libera Europea (ALE/EFA), Autonomie e Ambiente, altre forze del civismo e dell'ambientalismo europeo: 


sabato 26 febbraio 2022

Si fermi la guerra e si combattano coloro che l'hanno preparata

 


Lo ha detto bene Marco Tarquinio, il direttore di Avvenire, ieri, venerdì 25 febbraio 2022, su Radio Radicale, ospite dello speciale Spazio transnazionale di Francesco De Leo: proprio oggi che siamo sommersi di immagini e video, non abbiamo mai saputo così poco di questa guerra e delle altre. Paradossalmente, i corrispondenti di guerra di una volta, in un mondo meno tecnologico e meno globalizzato del nostro, ci spiegavano di più delle guerre di allora, bucavano la censura, smascheravano la propaganda.

Le persone che stanno morendo oggi in molte città ucraine sono vittime dell'aggressione russa, certo, ma anche del silenzio, della propaganda, della complicità con cui i potenti della terra hanno lasciato morire migliaia di persone nella lunga guerra scatenata dai neonazionalisti ucraini contro i russofoni del Donbass.

Ora dobbiamo senza esitazione pretendere l'immediata cessazione delle ostilità.

Poi bisognerà che tutti gli interessati siano coinvolti in lunghe e complesse trattative: 

- le nuove repubbliche di Donetsk e Lugansk, a meno che non si pretenda di tornare a bombardarle, come si è fatto dal 2014 in avanti;

- i governi di Crimea e Sebastopoli, che devono confermare e spiegare davanti al mondo quanto sia effettiva e definitiva la loro volontà di restare nella Federazione Russa;

- il governo dell'Ucraina, con il presidente Zelensky tornato alla ragione, o con un nuovo governo, questo lo deciderà il parlamento ucraino, appena potrà riunirsi; 

- la Bielorussia e la Federazione Russa, che avevano delle ragioni da difendere, ma ora sono passate irrimediabilmente dalla parte del torto;

- i paesi confinanti, tutti, perché non ci si possono scegliere, in questo mondo, i vicini; 

- l'Unione Europea, che deve recuperare la dignità e la terzietà e smettere di essere il ripetitore degli eccessi del militarismo americano; 

- l'Alleanza Atlantica, che avrebbe molte cose da spiegare a tutti noi, a partire dalle costose e inutili spese per rafforzare un cosiddetto fronte orientale oltre il quale nessuno ci minaccia.

I leader e le forze politiche europee più serie e meno ciniche devono fare uno sforzo gigantesco: guardare sia alla drammaticità che alla complessità della situazione, pena la perdita di molte altre vite.

Di fronte alla complessità e alla drammaticità del momento presente, la presa di posizione del recente Consiglio europeo del 24 febbraio scorso, sconcerta per la sua tragicomica avventatezza, per un linguaggio così antipolitico da meritarsi più l'irrisione che l'indignazione.

Chi si intende di politica e geopolitica, leggendola, capirà immediatamente che è una grida isterica, non certo una iniziativa di verità e riconciliazione.

Macron, Draghi e gli altri capi di stato dell'Unione Europea hanno sottoscritto un documento infantile e pericoloso, che chiede, in buona sostanza, che tutto torni come prima, come se la Federazione Russa non esistesse, non fossero successe molte cose irreversibili in questi ultimi anni di crisi, non fossero già stati commessi, non solo da Putin, molti irrimediabili errori.

Siete vergognosi, cari leader europei della nuova generazione di plastica, tecnocrati pieni di arroganza e poveri di saggezza, sedicenti competenti e poveri di esperienza politica, inadatti alla guida dell'Europa e pericolosi per tutti i popoli e tutti i territori che governate, ma questo già lo sapevamo.

In questo momento, noi come OraToscana, insieme crediamo a ogni persona impegnata nel civismo, nell'ambientalismo, nell'ambientalismo, nella resistenza anti-autoritaria, contro la dittatura delle continue emergenze imposte dall'alto e da altrove, chiediamo che si fermi in ogni modo possibile la guerra, ma allo stesso tempo continueremo a combattere coloro che questa guerra hanno preparato, quei governi e quei governanti centralisti e autoritari che sono la rovina dei popoli e dei territori e che vanno rovesciati, con ogni forma di resistenza nonviolenta possibile.

Poiché la spiritualità e la preghiera sono fondamentali in ogni resistenza nonviolenta, aderiamo, come persone di OraToscana credenti e non credenti, al giorno di digiuno e di preghiera proclamato dal vescovo di Roma, papa Francesco, per il sacro Mercoledì delle Ceneri, 2 marzo 2022, per la pace tra Ucraina e Russia, ma anche nel ricordo di coloro che stanno morendo e soffrendo in Tigrè, in Yemen, nel Sahel, nelle comunità oppresse dei nativi americani, in tutte le periferie disperate di questo mondo che i grandi potentati della globalizzazione stanno distruggendo.

per OraToscana
da Firenze, sabato 26 febbraio 2022
il garante
Mauro Vaiani Ph.D.



 

 

martedì 9 marzo 2021

Infame decisione del Parlamento europeo

Nella serata dell'8 marzo 2021, a scrutinio segreto, su richiesta di un opaco ma non meno infame blocco di centralisti, autoritari, neofranchisti e criptofascisti, il Parlamento europeo ha privato dell'immunità tre dei suoi membri: Carles Puigdemont, Toni Comin, Clara Ponsatì.

I tre eurodeputati catalani sono stati perseguitati e costretti all'esilio dalla giustizia spagnola a causa del referendum per l'indipendenza che il governo catalano organizzò il 1 ottobre 2017. Quella consultazione assolutamente pacifica e democratica, organizzata in modo unilaterale, fu repressa nel sangue dal governo centralista spagnolo. Da allora, per molti esponenti dell'indipendentismo catalano, il destino ha riservato la prigione, la persecuzione, l'esilio, il tentativo di distruggerne l'immagine politica e di calunniarne l'integrità personale.

Puigdemont, Comin e Ponsatì, dall'esilio, hanno lottato come leoni per internazionalizzare la crisi e impedire che all'opinione pubblica mondiale venisse raccontata in modo caricaturale la rivolta popolare catalana, per esempio con la falsa narrazione della "provincia ricca" che vuole tenersi le sue risorse.

E' importante anche ricordare che, da allora, gli indipendentisti, con le loro liste politiche e civiche, di sinistra e di destra, radicali e moderate, hanno continuato a vincere tutte le elezioni. Per questo i tre esuli sono diventati eurodeputati.

Chiunque pensi che le questioni di autogoverno, una volta maturate in una comunità, siano semplicemente conculcabili, con la forza, con il carcere, con queste opache manovre politiche, non ha capito nulla del nuovo secolo.

In questa società del XXI secolo esiste una interconnessione globale, una memoria collettiva incancellabile grazie alla potenza dei media di cui ogni persona è in possesso, una intelligenza della universale dignità delle persone umane.

Sono necessari, nel breve termine, dialogo, amnistia e tanta pazienza. Nel lungo termine, però, la Catalogna diventerà una repubblica che si autogovernerà e non sarà la sola a raggiungere questo traguardo.

 

Da sinistra, Toni Comin, Clara Ponsatì, Carles Puigdemont, in una foto circolata su Twitter tra i sostenitori del dialogo, dell'amnistia, dell'immunità


giovedì 1 ottobre 2020

La scelta di ALE

 


ALE, l'Alleanza Libera Europea (European Free Alliance), è una rete europea composta da una cinquantina di forze territoriali, di diversa ispirazione e consistenza. 

E' una grande alleanza di indipendentisti storici delle nazioni ancora senza stato (dalla Scozia al Nagorno-Karabakh), di autonomisti e localisti, di federalisti e confederalisti. Nel Parlamento Europeo è presente all'interno dello stesso gruppo dei Verdi, insieme ad altri europarlamentari ecologisti, civici, o comunque indipendenti rispetto allo status quo dell'eterna austerità e delle sterili tecnocrazie dell'Unione.

Nella Repubblica Italiana, dopo anni di stasi, il mondo dei territorialisti EFA è tornato attivo attraverso la giovane ma già promettente esperienza di Autonomie e Ambiente.

Nell'assemblea generale europea di oggi (1 ottobre 2020), ALE ha dovuto prendere una decisione difficile e sofferta, la cui maturazione ha richiesto anni. E' stato espulso dall'alleanza il Partito Sardo d'Azione (PSDAZ), che ne era stato uno dei fondatori. 

La dolorosa amputazione è stata resa necessario dal fatto che, ormai da anni, il PSDAZ ha uno stretto legame organizzativo e politico, con la Lega Salvini Premier, vale a dire con il partito che Matteo Salvini ha rifondato, facendo della vecchia Lega nordista di Bossi un partito nazionalista e centralista italiano, con venature populiste, avvelenato da rigurgiti bigotti, reazionari e razzisti. Peraltro un partito, la Lega - ma questa non è una novità di Salvini perché sotto Bossi le cose già andavano così - che è amministrato in modo verticista e autoritario dal suo capo.

La Lega, vale la pena ripeterlo, sin dai tempi di Bossi, ben prima di Salvini, è stata un organismo politico centralista e autoritario. Una emblematica eterogenesi dei fini, per un movimento nato sulla voglia di identità e autogoverno di Lombardi, Veneti e Piemontesi. Sin dalle sue origini, nessun attivista della Lega ha mai avuto autonomia di pensiero o di azione. I rappresentanti territoriali sono sempre stati tutti commissari nominati dal capo indiscusso pro-tempore. Un ristretto gruppo dirigente ha sistematicamente impedito per un ventennio (e continua ancora oggi ad impedire) l'emersione di ogni possibile nuovo leader locale.

L'espulsione del PDSAZ ha fatto chiarezza. Non sono tante, in Italia e in Europa, le forze votate al decentralismo, non hanno così tante risorse umane e organizzative, non possono permettersi di essere (ancora!) accostate a forze leghiste o para-leghiste.

Il PSDAZ, con i suoi legami con il centralismo leghista, si è di fatto trasformato in una vera e propria palla al piede, che ha impedito per anni lo sviluppo di una rete di localisti e territorialisti, anche in Italia. Una rete che invece promette di rendersi protagonista non solo nella difesa della attuale Repubblica delle Autonomie, ma anche e soprattutto nella costruzione di una Italia e di una Europa modernamente confederali (sull'esempio della Svizzera, non della Cina o degli USA), dell'avanzamento del decentralismo anticolonialista e anti-imperialista nel mondo, per l'autogoverno di tutti, dappertutto.

Spiace davvero per l'antico partito sardista, fondato nel 1921 da personaggi come Emilio Lussu, ma la sua alleanza (ripetiamolo: organica, non programmatica; strategica, non occasionale) con Matteo Salvini è solo l'ultima di una serie di scelte sbagliate, che hanno infine trasformato il PSDAZ in una succursale coloniale del centrodestra italiano (e anzi delle componenti più centraliste e più autoritarie di esso).

Nella stessa sessione assembleare, ALE ha accolto tra i suoi membri il Patto per l'Autonomia (Friuli - Venezia Giulia), la forza che insieme ad alcuni attivisti e intellettuali di altre regioni (in particolare toscani e siciliani) è riuscita a promuovere la rete italiana di Autonomie e Ambiente. Il Patto è una forza politica rappresentata nel suo consiglio regionale e sempre più cruciale nella costruzione di una alternativa al leghismo e al nordismo.

Tra i principali protagonisti di questa importante scelta di ALE, vanno ricordati dirigenti europei come la basca Lorena Lopez de Lacalle e il catalano e neodeputato europeo Jordi Solè, oltre a Roberto Visentin, mentore e ispiratore della riorganizzazione dei decentralisti, territorialisti e localisti italiani attraverso la costituzione della rete Autonomie e Ambiente.


mercoledì 17 giugno 2020

Monete locali fiscali, qui e ora, in ogni territorio



Il nostro futuro non è nell'espansione senza limiti dei debiti pubblici gestiti sul cosiddetto mercato, da privati, sotto il continuo ricatto del fluttuare degli interessi (lo "spread" come strumento di potere e di sfruttamento). Né può essere questo il futuro della Eurozona, che invece, se continua così, crollerà. Ci sono delle alternative praticabili qui e ora, in ogni territorio: le monete fiscali locali. Rilanciamo qui, in proposito, un contributo dell'economista toscano Michele Bazzani, che a sua volta si ricollega agli studi di Stefano Sylos Labini, Massimo Costa, Marco Cattaneo e Biagio Bossone. Il tema viene approfondito dalla rete decentralista Autonomie e Ambiente. Basta con la rassegnazione. La povertà e l'austerità possono essere sconfitte.

Buona lettura:

Monete fiscali locali, qui e ora

Un intervento sulla possibilità di realizzare, qui e ora, forme di monete fiscali comunali, per costruire un futuro economico e sociale a misura d’uomo. L’autore è l’economista Michele Bazzani, esperto di finanza locale (lavora in un importante comune toscano), consigliere comunale di opposizione a Barberino-Tavarnelle.


MONETE FISCALI COMUNALI
UNA PROPOSTA PER UN VERO RILANCIO

  1. Premessa: la morsa austerità/debito

Negli ultimi decenni, più o meno dall’avvio del processo di unione monetaria europea con l’introduzione delle regole di Maastricht (1992), le politiche economiche pubbliche sono state sempre schiacciate dalla morsa dell’austerità e del debito. Da un lato il rispetto delle regole europee, che miravano al contenimento dell’inflazione, hanno indotto i governi ad adottare politiche fiscali restrittive che – ben lungi dal migliorare i conti pubblici – creavano ulteriori condizioni per deprimere la domanda interna e conseguentemente ridurre le entrate fiscali. Dall’altro l’espansione del debito, che si registrava anche in condizioni di avanzo primario, ha portato a rendere gli stati nazionali estremamente dipendenti dai “mercati”, o per meglio dire da quelle manovre speculative che miravano a orientare gli indirizzi governativi, fenomeno che si potrebbe sintetizzare con l’espressione “il ricatto dello spread”. In tal senso per il nostro paese gioca negativamente la scelta fatta nel 1981 di aver rinunciato alla monetizzazione del debito tramite la Banca Centrale e aver introdotto una gestione di “mercato” del debito pubblico.

  1. Moneta fiscale, sempre più attuale

Nell’attuale contesto, con la crisi economica indotta dal Covid19 e dai relativi blocchi delle attività economiche, il problema dell’espansione del debito appare ancora più attuale e, nonostante i massici interventi di acquisto sul mercato secondario da parte della BCE (che interviene per evitare il tracollo dell’intero sistema Euro), emerge sempre più evidente come i nuovi strumenti di indebitamento (MES, SURE, Recovery Fund…) saranno legati a condizionalità che ridurranno al minimo la sovranità dei nostri governi.

Per questo è sempre più attuale il dibattito per l’introduzione e la diffusione della Moneta Fiscale, uno strumento che permetterebbe di incrementare la domanda interna e riavviare il ciclo economico, senza accrescere il debito pubblico. Questa moneta, per non contravvenire ai trattati europei (art. 128 TFUE e Regolamento EC/974/98), non potrà essere a corso legale ma ad accettazione volontaria. A tal fine il gruppo di lavoro coordinato da Marco Cattaneo e Biagio Bossone, insieme a Stefano Sylos Labini e a Massimo Costa, ha individuato nella compensazione con crediti fiscali verso lo Stato il meccanismo per poter conferire a questa moneta la funzione di mezzo di pagamento, oltre a quelle di unità di conto e di riserva di valore: per questo tale moneta assume le caratteristiche di Certificato di Credito Fiscale. Inoltre non costituirebbe nuovo debito in quanto non impegna lo Stato né a pagare somme al portatore, né a convertire lo strumento in moneta a corso legale, pur essendo negoziabile con quest’ultima.

  1. E per gli Enti locali va ancora peggio…

L’attuale crisi pone notevoli difficoltà e sfide anche e soprattutto alle amministrazioni locali che, da un lato, devono far fronte a una riduzione delle entrate tributarie ed extra-tributarie (particolarmente colpiti i comuni più turistici), dall’altro, devono affrontare sempre più gravi situazioni di nuova povertà e pertanto essere costrette a incrementare le spese sociali. Inoltre, a differenza dello Stato, hanno l’obbligo del pareggio del bilancio a preventivo per le partite correnti e possono indebitarsi solo per spese di investimento (la cd. Golden Rule). Come ulteriori aggravante, a fronte di una crescita di crediti non riscossi (fenomeno che stava già accadendo prima del Covid19 e che sarà da adesso ulteriormente aggravata), devono accantonare somme sempre maggiori come Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità riducendo la propria disponibilità per effettuare spese correnti. Per questo, lo strumento della moneta fiscale, che costituisce un’opportunità di finanziamento aggiuntiva della spesa pubblica, potrebbe essere la soluzione ideale per far fronte a queste difficoltà.

  1. I Certificati Comunali di Compensazione Fiscale (CCCF)

Dal punto di vista pratico si tratterebbe di emettere titoli che chiameremo CCCF “Certificati Comunali di Compensazione Fiscale”, infruttiferi, con valore nominale di 1 €, da distribuire come reddito di sussistenza agli indigenti, sotto forma di varie prestazioni a carattere sociale o come incentivi per il personale dipendente. Questa moneta sarebbe spendibile inizialmente presso aziende ed esercizi commerciali convenzionati con il Comune e potrà essere successivamente scambiata volontariamente tra privati. Per quale motivo dovrebbe essere accettata volontariamente? Per rispondere a questo cruciale quesito, basti ripensare al ruolo delle tasse e il motivo per cui vengono introdotte: non solo e non tanto per finanziare la spesa pubblica, ma soprattutto per imporre l’uso di una certa moneta, nel momento in cui questa sia meramente fiduciaria, e cioè priva di valore intrinseco (come accadeva per le monete in metallo pregiato) oppure non convertibile in oro. Al momento tutte le valute mondiali sono fiduciarie, in quanto non più convertibili in oro, dopo gli accordi di Bretton Woods e la fine del sistema basato sul Gold Standard (1971). Pertanto i CCCF potrebbero essere utilizzati, dopo un periodo quantificabile in 2-3 anni, per poter far fronte alle obbligazioni tributarie ed extra tributarie verso il Comune, rendendolo accettabile volontariamente negli scambi tra privati. L’ambito comunale è preferibile rispetto a quello di altri enti locali perché sono numerosi i tributi locali e le tariffe dei servizi erogati a livello comunale che potrebbero essere compensati con i CCCF. Sotto il profilo dell’iscrizione a bilancio si ritiene che tale strumento non costituisca debito al momento della sua emissione, ma che possa diventarlo al momento del suo rimborso sotto forma di pagamento delle entrate comunali, cosa che indurrebbe una riduzione delle entrate comunali in euro. Ma a quel punto si sarà già avviato un incremento dell’attività economica che porterà effetti positivi anche per il bilancio comunale, sotto forma di maggiori entrate e di minore accantonamento sul Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità. Inoltre, saranno possibili nuove emissioni di CCCF per mettere a regime un sistema che finanzierebbe in valuta locale parte delle spese comunali, attualmente denominate in euro, creando un bilancio parallelo a pareggio. In un tale contesto emergerebbe anche un’altra funzione della tassazione, che è quella di rastrellare valuta in eccesso per prevenirne la sua svalutazione. A tal fine si potrà incentivare l’uso dei CCCF anche per il pagamento di tributi locali prevedendo uno sconto nel caso che il pagamento avvenga con questa valuta e non in euro.

Sotto il profilo tecnico, questi CCCF, oltre che in forma cartacea con le opportune precauzioni anti contraffazione, potrebbero circolare come valuta virtuale da caricare sulla Tessera Sanitaria o sui singoli account Satispay, circuito dove le transazioni tra privati già avvengono digitalmente al di fuori del circuito bancario.

  1. Limiti e opportunità

Il vero limite di una moneta locale è quello che l’accettazione volontaria avviene solo all’interno di quel comune e tra privati residenti o che devono pagare tasse, tributi e tariffe in quel comune. Questo limite può e deve anche essere visto come opportunità ipotizzando lo sviluppo di un circuito economico locale, fatto di acquisti a km 0, incentivi per il consumo di prodotti locali, e in cui la stessa Amministrazione Comunale potrebbe contribuire prevedendo di ricorrere preferibilmente e prevalentemente ad aziende del territorio comunale per l’affidamento di forniture di beni, servizi e lavori al di sotto della soglia dei 40.000 € (art. 36 comma 2 lettera a del Codice degli Appalti).

Michele Bazzani


17 giugno 2020



mercoledì 8 aprile 2020

Internazionalismo, non cosmopolitismo



Riprendo da una conversazione riportata nel gruppo "Uniti per la Costituzione", animato dal bravo avvocato pratese Michele Giacco, di ieri 7 aprile 2020. Questo post nasce per il gruppo autonomista su Facebook "Pratesi per la Repubblica delle Autonomie" e per i socialisti autonomisti toscani, ma crediamo che possa servire anche a molte altre persone che credono in una #LiberaToscana, che si stanno domandando come liberare le persone, i territori, le nazioni, dalle catene della finanza globalista, da un cosmopolitismo minaccioso, vera e propria incarnazione dell'incubo dello "stato mondiale", cioè dell'intero pianeta ridotto ad un unico grande carcere, con l'intera umanità sottomessa a pochissimi privilegiati padroni del mondo.


Un centinaio di intellettuali italiani, facenti capo alla Fondazione Basso, ha firmato un appello alla Ue che si caratterizza per mediocrità e superficialità. L’amico Roberto Passini lo ha giustamente criticato in una corrispondenza con lo scrittore e saggista Thomas Fazi. Da Fazi è arrivata una arguta risposta, che riportiamo qui di seguito:

"L’Unione europea non è solo mercato comune dotato di moneta unica. È soprattutto una comunità politica definita dalla condivisione di valori politici basilari quali l’uguaglianza, la dignità della persona, la pace, la solidarietà, i diritti civili e i diritti sociali attribuiti a tutti i cittadini europei». Così inizia un vomitevole "appello per la solidarietà europea" della fondazione che porta il nome di Lelio Basso, un grande intellettuale, politico, giurista e costituente italiano, il quale fino agli anni ‘70 del secolo scorso, come ricorda Roberto Passini, in più occasioni utilizzò parole di fuoco per descrivere la lex mercatoria impersonata dall’allora CEE, la globalizzazione liberale versus l’internazionalismo dei lavoratori e la siderale distanza di questi rispetto alla democrazia sociale incarnata dalla Costituzione del 1947! Figuriamoci come avrebbe tuonato in questi anni e ora contro questa tecnostruttura liberale liberista che è la UE, infinitamente peggiore della CEE, nonchè matrice di disuguaglianza e ingiustizia sociale impensabile rispetto ai suoi tempi. La cosa surreale è che l'accusa di "cieco nazionalismo" che l'appello muove a chi oggi critica l'architettura europea è la stessa che al tempo i liberali muovevano contro Basso, che rispondeva così:

«Ed ecco che noi assistiamo a questo punto al passaggio improvviso di quelle borghesie occidentali dal vecchio esasperato nazionalismo ad un’ondata di cosmopolitismo. Ma così come il sentimento nazionale del proletariato non ha nulla di comune con il nazionalismo della borghesia, così il nostro internazionalismo non ha nulla di comune con questo cosmopolitismo di cui si sente tanto parlare e con il quale si giustificano e si invocano queste unioni europee e queste continue rinunzie alla sovranità nazionale. [...] L’internazionalismo proletario non rinnega il sentimento nazionale, non rinnega la storia, ma vuol creare le condizioni che permettano alle nazioni di vivere pacificamente insieme. Il cosmopolitismo di oggi che le borghesie, nostrana e dell’Europa, affettano è tutt’altra cosa: è rinnegamento dei valori nazionali per fare meglio accettare la dominazione straniera».


* * *

Un po' di memoria occorre. Chi si dice socialista, chi si dice anarchico, chi si dice libertario, ma anche chi si dice liberale, dovrebbero capire che ciò in cui credono DEVE ESSERE INEVITABILMENTE INCARNATO in un mondo globalizzato dove sono cambiati non solo i meccanismi dello sfruttamento, ma le loro dimensioni. E i cambiamenti di scala, in politica e in geopolitica, in economia e nella vita sociale, NON LASCIANO NULLA COM'ERA PRIMA.

Ciò che riterreste accettabile nella gestione del vostro quartiere, una volta portato a livello di una intera città o di un intero territorio, potreste scoprirlo essere ABNORME. Ciò che va bene per la vostra regione, una volta imposto a intere repubbliche e continenti, sarà certamente AUTORITARIO (o, se va veramente molto bene, almeno percepito da molti come tale). Vivere in centro, piuttosto che in periferia non è la stessa cosa, INDIPENDENTEMENTE DA QUANTA distanza c'è tra periferia e centro stessi.

Basso, Gramsci, ma anche Lussu, Canepa e tanti altri pensatori socialisti e democratici (ma anche tanti altri più a sinistra o più a destra di loro), avevano, entro la mentalità del loro tempo, consapevolezza che OGNI TERRITORIO DOVEVA AUTOGOVERNARSI, contribuendo, liberando se stesso, alla libertà e alla pace internazionale, nel quadro di un vero internazionalismo, non di un pauroso e totalitario cosmopolitismo.

Lelio Basso, insomma, viene tradito dalla fondazione che ne porta il nome... Triste.


martedì 10 marzo 2020

TOSCANA #NoMES


Abbiamo già spiegato, alcuni mesi fa, perché il nuovo #MES va congelato e perché, semmai, è arrivato il momento di mettere in discussione anche il #MES che è già attualmente in vigore.

Ricordiamo anche che cose importanti di critica al #MES sono state scritte in una nota lettera di 32 economisti (quasi tutti europeisti e di centrosinistra), pubblicata da MicroMega.

Purtroppo il #MES è in vigore dal 2011. Nessuna delle grandi forze politiche dominanti di questo paese si è mai sognata non dico di metterlo in discussione, ma nemmeno di cominciare una riflessione, seria e pacata, sulla sua effettiva utilità. E' tempo di cambiare.

Il #MES è una banca internazionale, come tante altre. Il suo unico scopo è TENERE IN VITA I SUOI CREDITORI, perché continuino a pagare non i loro debiti, ma gli interessi. NON POSSIAMO ACCETTARLO PIU', in nessun modo e per nessun motivo.

Il #MES viene e verrà usato per imporre alle comunità locali ulteriori tagli alla spesa sociale e una serie infinita di privatizzazioni selvagge. Nessuno, che si intenda un po' di moneta e di finanza, vuole più catene come quelle che ci stringono oggi con il #MES in vigore e che si vorrebbero rafforzare con il nuovo #MES.

I media conformisti e di regime non ci hanno consentito di spiegare alla gente comune i danni del #MES, ma noi siamo comunque determinati a bombardare i parlamentari attualmente in carica, perché essi possono informarsi, essi possono capire, essi possono frenare questa deriva.
   
Il #MES non è un pericolo per la sola Italia, ma una rovina per l'intera casa comune degli Europei (quelli che usano l'Euro e non solo quelli). Le classi dirigenti devono fermarsi sull'orlo dell'abisso. Devono evitare di dare il via a un progetto di ulteriore e vergognosa concentrazione di potere e di ricchezze. Un autentico disastro politico. Ripeto: non per l'Italia, ma per l'intera Europa.

Sarebbe, a maggior ragione in questi giorni di crisi da #coronavirus, una vigliaccata storica, un errore imperdonabile, una responsabilità politica da cui nessuno di coloro che votasse a favore del #MES potrà mai liberarsi.

Dobbiamo appoggiare tutti, con tutte le nostre forze, il Comitato nazionale unitario #NoMES.

Come scrivevamo a dicembre, occorrerà una generazione per rimediare agli errori iniziati nel 1981 con la "privatizzazione" del debito pubblico, poi proseguiti con Maastricht nel 1992 e con i trattati successivi. Nel frattempo però, noi civici, ambientalisti, autonomisti della costituente "Libera Toscana" senza farci illusioni, vogliamo segnare una inversione di tendenza, insieme a tanti altri attivisti delle più diverse estrazioni sociali e politiche, e ovviamente insieme alle nostre forze sorelle che lottano per l'autogoverno dei territori, come i Siciliani Liberi, ispirati dal professore Massimo Costa.

Cerchiamo tutti di essere un po' meno cinici, un po' meno incompetenti, un po' meno avventati. Ora o mai più.

sabato 22 febbraio 2020

No al podestà d'Italia




Aver convinto milioni di cittadini di questa nostra Repubblica italiana ad odiare i parlamentari, i consiglieri regionali, gli amministratori locali, è stata la più grande vittoria delle elite centraliste, autoritarie, tecnocratiche.
Un grande imbroglio che fa tornare a mente il famoso aforisma di Malcolm X: "se non state attenti, i media vi faranno odiare le persone che vengono oppresse e amare quelle che opprimono".
Ora vogliono farci fare un ulteriore passo in avanti verso il baratro, proponendoci l'elezione diretta (cioè telecomandata dall'alto, attraverso il controllo dei media) di un capo per l'intera Italia.
Alcuni lo chiamano il "sindaco d'Italia", mentre sappiamo che ne diventerebbe il podestà.
Non esistono soluzioni "centraliste" ai problemi che sono stati creati dal centralismo, dalla tecnocrazia europea, dagli eccessi e dagli errori della globalizzazione.
Diciamo No al podestà d'Italia.
Sì alla Repubblica delle autonomie, dei consigli, dei parlamenti, della diversità, dei territori, delle libertà e delle responsabilità (di conseguenza, aggiungiamolo, dobbiamo esprimere un forte scetticismo sulla drastica riduzione del numero dei membri del parlamento italiano, in particolare di quelli del Senato).
Anche per questo, nonostante si viva in tempi difficili, in cui la sirena del #centralismo suona forte, noi continuiamo a scommettere nelle Autonomie.
Forti autonomie locali sono le uniche istituzioni che possono pensare globalmente e agire localmente, con moderazione e con equilibrio, vicine alla gente e insieme alle persone e alle imprese, senza lasciare mai nessuno emarginato e solo, nemmeno in questa preoccupante contingenza del #coronavirus.
Le Autonomie hanno, da ieri, dopo i lavori di Udine, uno strumento politico in più, una sorellanza di forze territoriali, con collegamenti in tutta Italia, in Europa e nel mondo:

https://www.autonomieeambiente.eu


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Il post di commento a questa immagine è ripresa da Il Riformista del 20 febbraio 2020, con il triste annuncio che Matteo Renzi vuole fare come De Gaulle... La Repubblica delle autonomie e l'Europa delle Regioni sono di nuovo in pericolo, grazie a leader avventati come lui... Non dobbiamo guardare alla Francia di Macron o peggio alla Turchia di Erdogan... Dobbiamo guardare alla Svizzera! 

venerdì 13 dicembre 2019

Siamo #MES di nulla...



In Toscana si direbbe: siamo #MES di nulla...

Riordino qui alcune cose essenziali sul #MES, raccolte non tra gli euroscettici (troppo facile!) ma tra gli eurocritici e anche tra molti che continuano a dirsi a favore di questa #Unione.

Per esempio, ma davvero è solo un esempio, uno degli interventi più appassionati, di critica sincera allo stato attuale del governo della Eurozona, l'ho sentito da un sincero europeista liberale, Roberto Sommella, in uno dei suoi interventi su Radio Radicale (https://www.radioradicale.it/scheda/592468/a-che-punto-e-la-notte - 6 dicembre 2019). Non condivido, sia chiaro, la volontà di Sommella di dar vita a un superstato europeo, che finirebbe per somigliare più agli Stati Uniti che alla Svizzera, ma gli devo riconoscere la grande capacità di sintetizzare criticamente cosa non va in Europa oggi.

AGGIORNAMENTO: un altro esempio importante e direi anche imponente di critica al MES è questa ormai famosa lettera di 32 economisti (diciamolo, quasi tutti europeisti e di centrosinistra), pubblicata da MicroMega, che sono diventati famosi perché li hanno citati #Salvini e #Meloni.

1) Il #MES è in vigore dal 2011. Pubblico in cima a questo scritto una foto con un forte contenuto polemico ma anche storico. Non si può far finta di nulla. Per anni il #MES è stato in vigore e nessuna delle grandi forze politiche dominanti di questo paese si è mai sognata non dico di metterlo in discussione, ma nemmeno di cominciare una riflessione, seria e pacata, sulla sua effettiva utilità.

2) Il #MES è una banca internazionale, come tante altre. Il suo unico scopo è TENERE IN VITA I SUOI CREDITORI, perché continuino a pagare non i loro debiti, ma gli interessi. Perché le elite dominanti dei paesi della Eurozona abbiano accettato, nel 2011, di creare questa sorta di mini-FMI, non è un mistero: siamo dominati da elite finanziarie che difendono un rigido status quo, che essi ritengono non solo l'unico possibile, ma l'unico "naturale". Per essi la realtà è questa, l'unica possibile. Di fronte alla crisi essi reagirono in modo conforme alla loro ideologia neoliberista e ai loro interessi di casta. Tutto ciò che non funziona come credono loro, per esempio le periferie della Eurozona oggi, come la Grecia (ma era lo stesso anche per le periferie della Zona Lira poco più di vent'anni fa), deve essere ridotto al silenzio e declinare in pace. Assistito magari, ma senza che si creino disturbi.

3) Il #MES, per essere una banca internazionale, è piuttosto piccolo, con una capacità di raccolta di soli 700 miliardi di Euro. Meno di quanto dispone in un anno il bilancio della Repubblica Italiana. Le sue capacità di aiuto agli stati in difficoltà delle periferie della Eurozona, insomma, sono minime. E' quindi una copertina parecchio corta, che però serve a coprire altre cose che poi si fanno e si faranno, ma di cui un poco ci si vergogna: creazione di liquidità da parte della Banca Centrale Europea per comprare "titoli" a istituzioni finanziarie private (in difficoltà?), salvataggi di banche private con soldi pubblici, imposizione alle comunità locali di tagli alla spesa sociale e privatizzazioni selvagge. Se non credete a me, che sono un modesto attivista politico, leggete qualcosa di più ampio e documentato come questo articolo - non certo eurocritico - del Post.

4) Il trattato di riforma del #MES, rischia di essere, per quanto possibile, non troppo peggiore di quello in vigore, perché a questa concentrazione di potere e di ricchezze, alla fine, sarà consentito di fare ben poco, quando gli stati saranno davvero nei guai. E' come se i suoi creatori avessero condiviso questo retropensiero: abbiamo creato una bestia, ora mettiamola sotto tranquillanti, perché se e quando si muoverà, farà danni come li farebbe ogni elefante in una cristalleria. Un esempio di questo atteggiamento ce lo da', per esempio, il neoministro delle finanze italiano, Roberto Gualtieri. Seguite i suoi cinguettii e capirete da soli.



5) La Banca Centrale Europea ha creato in pochi anni, dal nulla, quasi 3.400 miliardi di Euro (sì, avete letto bene, praticamente 100.000 Euro per ogni cittadino della Eurozona). E sta continuando. Bisogna essere "bischeri", come diremmo in Toscana, per non capire che non avevamo bisogno di dar vita ad altre concentrazioni di potere e di ricchezze, per risolvere i nostri problemi di liquidità denominata in Euro. Dovremmo essere, già da anni, seduti a discutere su come aggiornare i trattati, altro che #MES. Peccato che sia il centrodestra, che il centrosinistra, che i pentastellati, nel frattempo, avessero altro a cui pensare, inseguendo i loro sogni centralisti, autoritari, populisti e reazionari.


Di fronte a questi fatti, propongo alcune mie provvisorie conclusioni.
Per opportunismo, o magari anche per semplice ignoranza, #Giorgetti, #Salvini, #Meloni, #DiMaio, #Renzi, #Speranza, #Zingaretti e parecchi altri non si sono mai occupati del #MES, quando è stato il loro turno di avere il tempo e il potere di farlo. Possono rinfacciarselo quanto vogliono, ora che la frittata è fatta, ma non si salva nessuno.




Di fronte al #MES, gli stati membri della Eurozona sono in una trappola "reputazionale". Non possono ammettere di essersi sbagliati per anni. Non possono rinnegare ciò che i loro funzionari hanno elaborato in mesi e mesi di trattative. Non possono denunciare il trattato (tutt'al più rinviarlo di qualche mese, come sta chiedendo, dimostrando in questo un certo buon senso, il presidente Conte).

Perché? Semplicemente perché oggi chi si mettesse di traverso, verrebbe colpito dallo spread. Solo la Germania potrebbe forse sbattere un pugno sul tavolo così forte da far saltare il #MES, ma anche per i potenti capi del paese centrale dell'Eurozona, ammettere di aver sbagliato così tanto e per così tanto tempo, temo non sia facile.

Il #MES, insomma, non è un pericolo per l'Italia, ma una rovina per l'intera casa comune degli Europei che usano l'Euro. Intere classi dirigenti, ancora una volta, si sono compromesse in un progetto di concentrazione inopportuna di potere e di ricchezze. Un autentico disastro politico. Ripeto: non per l'Italia, ma per l'intera Europa.

Che fare, allora?

Se vi bastano la ristrettezza di vedute del PD, l'incompetenza di Di Maio, il cinismo di Salvini, l'avventatezza della Meloni, potete anche non fare nulla. AUGURI! Interi territori europei, compresa tutta la nostra penisola, diventeranno una sorta di #Calabria d'Europa (un territorio spopolato ed emarginato, non ce ne vogliano i Calabresi), con la sinistra.
Oppure, con la destra, una sorta di nuova #Turchia

Oppure, con ciò che resta degli eletti a Cinque Stelle, qualcosa che potrebbe unire il peggio di tutte e due.

Ci si potrebbe rodere il fegato ripensando a quanta protesta, ma anche quanta speranza, sono state raccolte, in rapida successione, prima da #Renzi, poi da #Grillo, poi da #Salvini e presto magari dalla #Meloni, ma essi, almeno di fronte al #MES, sono già stati provati e si sono rivelati essere parte del problema, non certo della soluzione.

Se volete una moratoria su qualsiasi nuovo trattato economico-finanziario, un cambiamento più profondo, una discussione seria sullo stato dell'Euro, un rimedio alle catene del debito, il superamento del concetto stesso di "banca internazionale", vi restiamo noi, AUTONOMISTI E DECENTRALISTI. 

Occorrerà una generazione per rimediare agli errori iniziati nel 1981 con la "privatizzazione" del debito pubblico, poi proseguiti con Maastricht nel 1992 e con i trattati successivi, come ricordiamo sempre con gli amici di Libera Firenze, in particolare con Fabrizio Valleri, che su queste cose, da buon padre di famiglia e piccolo imprenditore, ha sviluppato una sensibilità accesa e, purtroppo, ancora non comune.

Cominciare, però, si deve, perché gli stati che hanno debiti pubblici storici sono sotto ricatto e con essi tutti i nostri territori. 

Siamo stati costretti a cominciare ad occuparci delle catene del debito, che ci imprigionano, ma qualcosa abbiamo imparato, dalle campagne di Francesco Gesualdi, dagli studi di Stefano Sylos Labini, dagli scritti di Alberto Micalizzi. Non molleremo, perché è una questione di vita o di morte.

Non dimentichiamoci che anche le elite al potere stanno riflettendo sugli errori e sulle storture della Eurozona. Non stanno ferme. Anche loro stanno elaborando strategie per introdurre delle correzioni. Si può tentare di riformare l'Euro in tanti modi, anche centralisti, anche autoritari, anche reazionari, immaginando, per esempio, come criticavamo poco sopra ricordando la posizione di Sommella, di dare all'Euro uno "stato", invece di occuparci dello stato miserando in cui si trovano i cittadini impoveriti dall'Euro. Uno "stato", magari simile agli Stati Uniti d'America - il cielo ce ne guardi - invece che, come vorremmo noi, alla Confederazione Elvetica. 

Leggete qualcosa di quello che scrivono persone come il professore Massimo Costa. Le svolte autoritarie, quando i popoli e i territori sono sotto ricatto, sono sempre dietro l'angolo.
 

Cerchiamo di essere un po' meno cinici, un po' meno incompetenti, un po' meno avventati.
 

Miracoli non ne promettiamo, ma cambiamenti a lungo termine per consentire a ogni territorio di vivere più serenamente, sì.

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