Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso
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domenica 10 marzo 2024

Il coraggio di negoziare

 


Fra due giorni, il 12 marzo, ricordiamo la marcia del sale, forse la più importante manifestazione nonviolenta promossa dal Mahatma Gandhi, a partire dal 12 marzo 1930.

Non posso dimenticare che uno dei miei primi impegni pubblici significativi, e indipendenti dai partiti, Veraforza, fu avviato proprio il 12 marzo, nel 1987, insieme agli amici Giovanni Bonaiuti, Massimo Lastrucci e Alessandro Myckaniuk, nella nostra città natale, Prato.

Ho sempre fatto parte di una corrente, spesso carsica, altre volte visibile e persino vistosa, di operatori di pace. Non di pacifici.

In vista di questo 12 marzo 2024, conscio delle responsabilità che ho rispetto al civismo e all'autonomismo toscano, essendo il garante di OraToscana, oltre che come vicepresidente e segretario di Autonomie e Ambiente, vorrei lasciare un umile e sommesso messaggio di appoggio a quello che il vescovo di Roma, papa Francesco, ha chiamato il coraggio di negoziare.

Proprio perché si è combattuto e si è resistito, si può e si deve avere il coraggio del cessate-il-fuoco. Dopo una tregua tutto sarà possibile. Se si continua a combattere demonizzando e disumanizzando i propri avversari, si potrebbe mettere in pericolo proprio ciò in cui si crede e che vale la pena difendere.

Non c'è causa politica o geopolitica che non si possa promuovere con metodi nonviolenti, con veraforza, attraverso un coraggioso satyagraha.

Questo vale per l'Ucraina, per la Federazione Russa, per Israele dopo il brutale pogrom di Hamas, per molti altri paesi di cui i media "mainstream" (MSM) non si occupano, per esempio per il piccolo Artsakh, stretto fra i nazionalismi azero e armeno, il cui popolo è stato pressoché interamente costretto all'esilio.

Il fatto che siamo pieni di enti, agenzie, organizzazioni internazionali, che spesso pontificano, pretendono, parteggiano, soprattutto spendono... E che nessuna di esse si metta veramente in gioco per la pace, fa ribollire il sangue.

Non si impegna per il cessate-il-fuoco l'Unione Europea.

Non possiamo più contare neppure sulla neutralità della Confederazione Elvetica, la nostra cara Svizzera.

Non si compromette la UNRWA (anzi, si è compromessa, avendo molti suoi membri abbracciato il terrore).

Non si vede ombra dell'ONU in Sudan.

Non c'è più il Consiglio d'Europa nel Caucaso.

Non abbiamo notizie di un intervento incisivo di UNHCR per porre fine alla tratta di esseri umani fra il Sahel e il Mediterraneo.

Decine di migliaia di funzionari internazionali vivono in una bolla di lusso e privilegio e non ci sono mai quando ne hai bisogno, perché il loro compito è sempre un altro... Così non si può e non si deve andare avanti.

Mentre tutti scappano dalle loro responsabilità, noi dei territori dobbiamo restare e salire sui tetti delle case per gridare che negoziare è possibile, che il compromesso è sempre possibile, che non c'è bisogno di distruggere intere province, interi popoli, l'intero pianeta.

Rimettiamo qui il collegamento alla saggia presa di posizione di Autonomie e Ambiente, che vale per la crisi europea russo-ucraina, ma che può essere adottata anche in altri drammatici conflitti.

Una posizione maturata in tempi non sospetti e che non invecchia, perché è fondata su forti princìpi e perché, come dicevamo da ragazzi con Veraforza, citando Emmanuel_Mounier, la realtà è la nostra guida interiore. È sempre la guida interiore di chi ama e promuove il bene del suo territorio e quindi di tutti i territori.

 

Mauro Vaiani

 

 

venerdì 6 aprile 2018

Sinistra, centro o destra?



Ancora una volta, come spesso in passato, noi attivisti per l'autogoverno della Toscana ci imbattiamo nella domanda: siamo persone di sinistra, centro o destra?
Con il passare degli anni, forse possiamo dare oggi una risposta più articolata.
Noi sappiamo che ci sono persone che si dicono di sinistra, centro e destra, eppure tutte incredibilmente credono nelle stesse forme di concentrazione geopolitica del potere e delle ricchezze, concentrazioni che noi combattiamo.
Altrettanto vero è che ci sono persone che si dicono di sinistra, centro e destra, che invece sono schierate con noi, in un decentralismo a tutto campo, contro i grandi stati oppressivi al proprio interno e guerrafondai nei confronti del resto del mondo.
Quindi?
Sicuramente non sottovalutiamo il significato di queste tre parole - sinistra, centro, destra - soprattutto nel contesto italiano.
Sappiamo che non tutti danno ad esse lo stesso significato e la stessa importanza ma, come ci ha insegnato Sergio Salvi, pioniere di un toscanismo che ha radici profonde nei movimenti popolari europei, non ci permettiamo di dire che queste tre parole non hanno più senso.
Sulla base di ciò che abbiamo imparato grazie all'esperienza storica dei primi movimenti politici localisti, autonomisti e indipendentisti, che sono sempre stati aperti e trasversali sin dagli anni ottanta, semplicemente le affrontiamo, con una consapevolezza che ci pare essere cresciuta nel tempo.
Ci rivolgiamo a tutti i Toscani, di nascita e di elezione, che, prima di credere nelle proprie tradizionali appartenenze e nelle ideologie dei vecchi partiti italiani, accettano di condividere con noi un progetto radicale di autogoverno.
Sappiamo già che non saremo ascoltati da chi, quando parla di sinistra, centro o destra, in realtà intende i propri pregiudizi ideologici, l'appartenenza a una casta politica, o magari una mera posizione di rendita.
Prendiamo atto che coloro che sono centralisti italiani o che aspirano addirittura a un centralismo europeo, sono quelli veramente distanti da noi, non importa se essi si definiscano di destra, centro, sinistra.
Ci rivolgiamo a tutti quelli che centralisti non sono, che difendono le regioni storiche, che mettono fra le loro priorità la difesa delle autonomie locali e aspirano a forme ancora più avanzate di autogoverno.
La nostra proposta toscanista ha certamente maturato una proposta sociale, ambientale, politica e geopolitica molto forte, che magari non potrà piacere a tutti, ma nel caso, ci auguriamo, per i suoi contenuti concreti, non per le etichette.
Ci piace pensare che siamo fedeli ad antiche radici popolari anarchiche e socialiste, ma siamo anche conservatori di parecchie cose borghesi e aristocratiche non meno importanti. Senz'altro siamo liberali nel profondo, in tutto e verso tutti.
Quindi, prima di incasellarci, riflettete un attimo su quanto e come vogliamo mettere in discussione lo status quo in Italia e in Europa, oltre che praticamente tutto il sistema delle credenze politiche attualmente sapientemente veicolate dai media di stato.
Ci si giudichi dalle cose concrete che stiamo dicendo a questa generazione, in questo nostro tempo, non solo dalle etichette del passato:
- crediamo che i beni e i servizi pubblici toscani debbano essere proprietà del popolo toscano (un po' come socialisti di una volta);
- non vogliamo il presidenzialismo italiano e tantomeno quello europeo, perché preferiamo assolutamente forme di governo confederali, di stile svizzero;
- appoggiamo il diritto di Catalogna e Sardegna all'autodeterminazione e siamo fieramente contrari a ogni forma di neocolonialismo;
- lavoriamo per una confederazione di matrie indipendenti d'Europa, una delle quali sarà la nostra Toscana;
- amiamo l'ordine e la legalità, rione per rione, ma proprio per questo vogliamo la fine degli stolti proibizionismi, che sono una delle più grandi menzogne dei vecchi stati centralisti e militaristi, per giustificare la loro vera natura oppressiva e repressiva;
- siamo contro ogni discriminazione, a partire da quelle nei confronti delle persone diverse (come chi scrive), ma insieme vogliamo anche autentiche condizioni di giustizia economica e sociale per tutti coloro che risiedono stabilmente in Toscana;
- crediamo fortemente nella libertà economica (un po' come antichi liberali), ma all'interno di mercati locali ben sorvegliati, dove il territorio, la natura, la persona umana siano fortemente tutelati;
- crediamo nella protezione sociale, ma non da parte di grandi strutture burocratiche statali, bensì esercitata da agili servizi locali fondati sulla prossimità e la responsabilità;
- siamo libertari ma anche intransigenti, ai limiti del bigottismo, sulla conservazione delle nostre tradizioni toscane e sulla religione civile che unisce tutti gli abitanti della nostra comunità, cristiani o meno, nativi o no.
Siamo Toscani impegnati in un progetto politico di autogoverno, convinti di perseguire la libertà e il benessere di tutti e ancora di più delle generazioni future, con umiltà, non senza un pizzico di ironia e speriamo anche di autoironia.
Il nostro progetto si poggia di certo su alcuni solidi principi, ma il suo sviluppo è aperto alle idee e al contributo di tutti.

Non fermatevi alle prime impressioni, incuriositevi!

Chiudiamo e salutiamo con la una bella ed emblematica canzone che tanti anni fa fu dedicata a persone che erano già allora un po' come noi. E' quella famosa di Giorgio Gaber, che come sapete aveva radici mitteleuropee, era cresciuto milanese e infine è voluto morire toscano, a Montemagno di Camaiore, nel 2003...



domenica 4 febbraio 2018

Contro il terrore, i nostri valori di Toscana



Ieri, verso la fine di una giornata dolorosa, ho scritto questo post su Facebook, che riproduco qui. Contro il terrore, in particolare contro le ingiustizie strutturali e le violenze di questa modernità globalista, io scelgo la Toscana, i nostri valori di Toscana. Grazie a tutti di seguirmi nel mio impegno politico.


- - -

Una società più libera, più giusta, più a misura di persona umana, non ci metterebbe al riparo dal male, ma di certo produrrebbe molti meno di quelli che il grande Hans Magnus Enzensberger ha chiamato "Schreckens Männer", uomini terribili, spietati, sprecati.
Essi si presentano ammantati delle loro ideologie folli, ma sono solo "perdenti radicalizzati". Sono per lo più dei criminali solitari, ma qualche volta si presentano anche in gruppi, piccole sette incattivite.
Gli imprenditori politici dell'odio hanno delle responsabilità? Sì, ma questo non deve diventare un alibi per nessuno.
Non sentitevi troppo facilmente sollevati quando potete facilmente etichettare i perdenti radicalizzati come "islamisti", oppure "sovranisti", oppure "luddisti anti-capitalisti", oppure "suprematisti bianchi", oppure "razzisti", oppure "stalinisti", oppure "fascisti".
Di individui radicalizzati e spostati, disconnessi dai valori comuni, pronti a esplodere, la nostra modernità efficientista, individualista, industrialista, colonialista, militarista, ne produce di continuo.
Per interrompere la produzione in serie di questi "perdenti radicali", bisogna cambiare questa società autoritaria e ingiusta.
Ciò di cui abbiamo bisogno sono borghi e borgate vivibili, luoghi belli in cui crescere, case abitabili da intere famiglie non monolocali, giardini e orti per tutti, scuole pubbliche efficienti e accoglienti, teatri e palestre accessibili a chiunque, cibo sano, cure dignitose, edifici e luoghi pubblici che commuovano per la loro bellezza, circoli e bar popolari ed economici, opportunità per tutti di poter svolgere un lavoro socialmente utile, regole comuni semplici e comprensibili ma fatte rispettare severamente, decise insieme da forti democrazie locali, in cui ogni persona senta di poter fare la differenza, di essere importante.
Non basta la condanna moralistica da parte di chi ce l'ha fatta contro chi è stato prima escluso e poi è esploso.
Credo che ogni comunità locale e territoriale debba tornare padrona del proprio territorio e del proprio destino, realizzando con le proprie forze un suo originale progetto politico di giustizia sociale e sostenibilità ambientale.
In parecchi si presentano come salvatori del pianeta Terra, dell'Europa, dell'Italia. Ci chiedono di poter concentrare ulteriormente potere e ricchezze e noi dovremmo lasciarli fare, nella sciocca convinzione che coloro che ci comandano da lontano possano davvero avere a cuore noi che siamo in basso.
La politica locale non va più di moda, perché comporta più doveri che diritti, più severità che bontà, più impegno personale che esonero da ogni responsabilità, ma che alternative avremmo?
Io credo nella politica della nostra Toscana.
Io credo nelle nostre comunità locali, che devono riprendersi il controllo di tutto, per realizzare davvero quello che don Lorenzo Milani chiamava il "sortirne insieme", per il bene di tutti e delle generazioni future.
Autogoverno come corresponsabilità, per fermare l'odio e per non lasciare nessuno indietro.



sabato 26 agosto 1989

Libertà e comunità dei borghi

 
Nell'archivio personale di Mauro Vaiani, ai tempi di Veraforza, abbiamo ritrovato questa lettera. Eravamo abbastanza avanti, diremmo, considerato che stiamo parlando di prima del crollo del Muro di Berlino. Al momento non ricordiamo, né possiamo controllare, se il settimanale "La Voce di Prato" l'avesse a suo tempo pubblicata. La riproponiamo qui per condividerla con i tanti toscani che stanno per partecipare al grande cantiere dell'autogoverno nel XXI secolo (NdA, 8 novembre 2017).
 
26 agosto 1989
 
LIBERTA' E COMUNITA' NEI BORGHI

 
Cari amici de "La Voce di Prato",

chiedo ospitalità al settimanale diocesano per intervenire sulla libertà e l' autonomia dei borghi, delle frazioni e dei paesi del nostro Comune, a titolo personale ma a partire dalla mia esperienza di consigliere del Quartiere n.9 (Mezzana e Prato Est), eletto nelle liste della Democrazia Cristiana.
Prato ha riaperto il dibattito sulla propria suddivisione in quartieri. La Giunta ha diffuso un documento su questo tema in Giugno ed il 13 Luglio si è tenuto un Consiglio Comunale allargato ai rappresentanti dei quartieri, per discuterlo. Il decentramento delle città è, secondo la legge in vigore, competenza dei comuni, i quali hanno il potere di "suddividersi" in circoscrizioni, il cui ordinamento è rigidamente limitato e preordinato dalla legge stessa.
Il documento della Giunta, dopo una premessa in cui si sottolinea il ruolo dei quartieri come "terminali" ripetitori dei servizi di un comune più efficiente e si prende atto che la gente è sfiduciata sul ruolo dei quartieri, dice: "Il numero ottimale per Prato potrebbe essere di 5 o 6 quartieri. Un' ipotesi di lavoro è quella di definire un quartiere per il Centro Storico, e altri quattro o cinque per le grandi zone geografiche della nostra città". La riduzione viene vista in funzione del "potenziamento in uomini e mezzi" di questi "terminali" dei servizi comunali.
Io, anche se lavoro con e fra gli elaboratori e i computer nelle organizzazioni pubbliche e nei servizi sociali, non amo i "terminali", che in informatica sono - quasi per definizione - ripetitori "stupidi" di soluzioni trovate in alto, al vertice.
Preferisco l' autogoverno che parte dalle persone. La Giunta ha parlato sì della necessità di un profondo e partecipato dibattito, ma in tempo utile per le elezioni del 1990. In pratica si abolirebbero in in sei mesi gli 11 quartieri della città, nati 15 anni fa, e formati dopo annose consultazioni in un' ottantina di assemblee popolari.
La riforma dei quartieri, se ogni comunità vicinale deve esprimere il proprio parere, non può essere fatta in poco tempo. Da qui al 1990, invece, si potrebbero ragionevolmente ATTUARE le parti ancora disattese dell' attuale legge. Diamo ai nostri quartieri deleghe concrete e poteri utili, come come quello di tagliare l' erba dei propri giardini. Togliamo ai consigli il compito estenuante di dare "pareri" pletorici su problemi di competenza comunque comunale, con l' unico risultato di stancare il lavoro volontario dei consiglieri e di allungare i tempi della burocrazia comunale.
Dopo il 1990, oppure in vista delle nuove e tanto attese leggi sulle autonomie locali, il dibattito potrà svilupparsi un po' più a fondo. Fino ad entrare nel senso più profondo dell' autonomia, che risiede nell' antico e nuovo spirito comunitario e libertario dei paesi, delle frazioni e dei borghi, importante in quanto elemento di continuità nel tempo di una cultura della convivenza a misura d' uomo e rispettosa dell' ambiente. Credo che non ci sia alcun futuro, infatti, per la città metropolitana come enorme centro di interessi economici e di potere, come eccesso di cementificazione, come distruzione di identità e comunità umane.
A Roma il PCI si è espresso favorevolmente alla costituzione di un nuovo "libero" comune di Ostia, perché una comunità più circoscritta potesse realizzare il proprio equilibrio tra qualità urbana e tutela della natura. Sotto il governo della giunta capitolina sono andati avanti, al contrario, solo progetti di cementificazione, di costruzione di nuovi "poli", di realizzazione di nuove striscie di cemento, il tutto perché milioni di persone si sentano sempre più in periferia e a milioni si spostino sempre di più verso centri sempre più artificiali, con le proprie macchine, per decine di kilometri, dilapidando il tempo della propria vita e consumando le energie della terra. Certo Roma è immensa, ma anche Prato, come comune e come ente che centralizza poteri e come arena di speculazioni potenzialmente distruttive per l' ambiente e per l' uomo, non scherza. E, cercando il bene della persona umana, non si possono avere pregiudizi contro le cose piccole, ma, al contrario, bisogna fare tesoro del senso dei limiti da APPORRE ad uno sviluppo insostenibile e divoratore di terra, acqua e aria.
Se si crede nella sussistenza della libertà e della comunità nel territorio urbanizzato, bisogna discutere della formazione di "liberi borghi", che insieme ai comuni di una stessa area vitale (come l' Area Pratese, il Mugello, la Versilia, l' Empolese), si associno in un nuovo ente intermedio all' interno della regione.
I quartieri del futuro potrebbero nascere dalla gente che vuole riconoscersi e stare insieme, dallo sviluppo dell' associazionismo e della vita comunitaria. Potrebbero nascere per essere delle assemblee che si raggiungono a piedi, in bicletta, in carrozzella. Piccole "polis" a misura dei vecchi, dei bambini, delle famiglie, degli handicappati e dei normodotati. A misura della persona umana, non dell' uomo-autista medio.
Potrebbero essere riconoscibili, come lo erano le antiche Pievi di S.Ippolito, S.Giusto, S.Giorgio, raccogliendosi attorno a piazze pedonali. Potrebbero avere dal restauro o dalla trasformazione di edifici pubblici esistenti dei piccoli municipi. Potrebbero provvedere alle scuole primarie, all' assistenza domiciliare, alla medicina preventiva, al verde pubblico, al mantenimento dei cimiteri e alla raccolta dei rifuti urbani riciclabili.
Il quartiere, come borgo, frazione o gruppo di parrocchie, potrebbe essere abbastanza piccolo per permettere alla gente di eleggere dei consiglieri che sono uomini e donne del vicinato. Potrebbero avere dei sistemi elettorali privi di liste di partito. Potrebbero eleggere direttamente il proprio "borgomastro". Potrebbero avere un nome e uno stradario. Potrebbero avere bilanci autonomi su cui rendere conto direttamente alla gente. L' Area Pratese, dalla Val di Bisenzio al Montalbano, non diventerebbe anarchica, ma potrebbe essere rappresentata da nuovi organi provinciali in cui antichi comuni e nuovi borghi non sarebbero sproporzionati come lo sono attualmente Prato e Poggio a Caiano.
Comunque sia, questo quartiere non va disegnato sulla carta o sulla media della popolazione residente. 3.000 abitanti non sono pochi per permettere ad una frazione di essere un "centro" e non la periferia di qualcun altro. 30.000 abitanti non sono troppi, se è la gente a chiederlo attraverso assemblee, durante le feste popolari e dei partiti, o con i risultati di referendum consultivi.
 
Mauro Vaiani


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