Il mainstream internazionale - in particolare anglo-americano, con qualche eco nel nazionalismo revanscista ucraino-occidentale - continua a gettare benzina sul fuoco, come se fra Europa, Ucraina e Russia i problemi non fossero già drammatici.
E' il momento - insieme ad alcuni amici che studiano veramente e non si limitano a commentare - di spendere una parola controcorrente. La Federazione Russa sta aiutando alcune province orientali russofone dell'Ucraina a percorrere una strada che le porterà verso la secessione. Nella repubblica autonoma di Crimea, in particolare, anche per la presenza della flotta russa nella città autonoma di Sebastopoli, il soccorso russo è già diventato una ingombrante presenza militare.
Questo esito può piacere o no, ma occorre guardare in faccia la realtà:
- Europa e America non sono state in grado di dialogare seriamente e alla pari con la Russia, in favore di una soluzione politica di tipo svizzero della crisi ucraina;
- la maggioranza delle popolazioni della Crimea e di altre province orientali (il c.d. Donbass) non vogliono staccarsi dall'orbita russa, per profondi motivi, economici, sociali, culturali;
- non ci sono opzioni militari sul tavolo, per nessuno; la Russia ha solo un enorme vantaggio di posizione e un apparente consenso popolare, ma neppure Putin ha interesse a, o sarebbe in grado di sostenere, una escalation nell'uso della forza;
- nessuno può impedire che si tengano plebisciti per l'autonomia delle province russofone orientali da Kiev, e che questi referendum abbiano successo.
Possiamo dirlo con nettezza e - ci sia concesso, con quel senso di speranza con cui nei nostri studi guardiamo alle disintegrazioni geopolitiche del nostro tempo: alla fine per la repubblica dell'Ucraina la perdita della Crimea e di qualche altra provincia orientale, potrebbe essere un provvidenziale alleggerimento, un insperato vantaggio geopolitico, altro che una perdita.
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