Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso
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sabato 28 ottobre 2017

La mite resistenza catalana


Diventare meno dipendenti è un cammino lungo e faticoso, incerto e rischioso.
Gli ultimi dieci anni di storia catalana ne sono solo una ulteriore conferma.
Si era arrivati a un risultato che avrebbe potuto essere duraturo, lo statuto di autonomia concordato del 2006 fra la Catalogna e il Regno di Spagna, ma poi il partito neofranchista di Mariano Rajoy ha iniziato a coltivare un tipico progetto di imprenditoria politica dell'odio: bloccare ogni sviluppo dell'autonomia, provocare continuamente le forze politiche e sociali della Catalogna; alimentare una retorica razzista contro i "ricchi e avidi" catalani; deriderli quando esercitano il loro diritto di non parlare in castigliano, o quando non lo parlano correttamente; solleticare in alcuni ceti sociali di recente immigrazione in Catalogna, che ancora usano lo spagnolo come lingua media, un odio sociale contro la lingua e la cultura della terra che li ha accolti.
I Catalani sono diventati per un governo reazionario e brutale un comodo capro espiatorio per distrarre i popoli di Spagna da tutto ciò che non funziona, oltre che dalle conseguenze della grande crisi del 2008.
Perché, di fronte a questo grande odio, i Catalani sono rimasti così miti, così civici e civili?
Perché la maggior parte di loro, essendo cittadini di una parte più aperta e progredita del mondo, sanno che il mondo sta andando da tutt'altra parte, una parte che corriponde alle loro più profonde attese.
Per questo possono permettersi di essere pazienti, mentre il governo Rajoy si avvia verso il tramonto.
Sempre più persone, dappertutto, non solo e non tanto per mantenere la propria diversità vernacolare - cosa peraltro sacrosanta - ma per avere più controllo sulla propria vita, per partecipare più attivamente nella propria società, per sentirsi maggiormente sovrane nel proprio territorio, vogliono semplicemente e inesorabilmente maggior autogoverno.
Il decentralismo è e sarà sempre di più il tema dei nostri tempi. 
Lo scontro fra un potere statale miope e reazionario, quello di Madrid, e una cittadinanza aperta al mondo che sente e respira la tendenza globale al decentralismo, quella della Catalogna, non potrà che risolversi in favore della seconda.
Stiamo assistendo a una grande insurrezione popolare nonviolenta, che come tutte le rivoluzioni gandhiane, alla fine, mostrerà la sua veraforza. 
Intanto noi, da subito, facciamo quello che possiamo per sostenere la nuova repubblica europea di Catalogna, proclamata appena ieri.
Non illudiamoci che sarà facile, né breve, ma non dubitiamo della reale forza sociale che sta agendo: la tendenza universale al rafforzamento dell'autogoverno per tutti e dappertutto.
In queste ore complicate, vogliamo onorare una persona che ci pare incarni al meglio i sentimenti della stragrande maggioranza dei catalani e anzi di tutte le persone che amano la libertà propria e altrui.
E' la deputata catalana Angels Martinez Castells, una vecchia professoressa, eletta dall'area di Podem (non indipendentista, ma attaccata a principi di democrazia deliberativa al più basso livello possibile). Questo il suo ultimo splendido cinguettìo:

La professoressa Castells la avevamo già notata. Qualcuno di voi la ricorderà quando in un altro giorno cruciale, quello della convocazione del referendum di autodeterminazione della Catalogna, si era fatta notare per questo atto piccolo ma significativo:

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Angells Castells è l'emblema dello spirito libero e repubblicano dei Catalani, la cui mitezza, il cui senso di realismo, la cui scelta di gradualità e disponibilità al dialogo, non deve essere scambiata per debolezza.
Per concludere, esprimiamo il nostro forte incoraggiamento al presidente Carles Puigdemont, che ancora oggi ha voluto parlare con pacatezza di una ferma opposizione democratica alle ingiustizie provenienti da Madrid.
Il mondo, caro dottor Puigdemont, la riconoscerà presto come primo presidente della nuova repubblica catalana, oltre che come 130° presidente dell'antica Generalitat (una istituzione che è più vecchia dell'attuale Regno di Spagna e che per l'appunto gli sopravviverà).
Gli stati centrali e centralisti sono giunti al termine della loro corsa.
Le forme di autogoverno locale, sono espressione diretta della nostra umanità e lo saranno sempre di più.
Viva la nuova repubblica di Catalogna, libera e sovrana.






sabato 2 gennaio 2016

The Royal Saudi Slope


Saudi Arabia, another failing state on the way.
Without a rapid turn to freedom, education, social justice and political reform, the kingdom will soon collapse.
Crises may be triggered anytime by oppressed minorities, repressed women, exploited immigrated servants.
Sadly, an immense number of undereducated, unproductive, male youngster,
grown up in machismo and ignorance, will not be of great help.
Particularly urgent, in our opinion, are Saudi disengagement from Yemen, and reduction of military expenses: two crucial matters where Europe and United States could exert a certain positive influence.
Let's hope.
Here a choice of a few interesting insights:

http://www.theglobalist.com/saudi-arabias-youth-idle-underskilled/

http://csis.org/publication/true-nature-saudi-succession-crisis

http://foreignpolicy.com/2014/12/03/saudi-arabia-has-a-shiite-problem-royal-family-saud/

http://www.middleeasteye.net/columns/collapse-saudi-arabia-inevitable-1895380679

http://www.theguardian.com/world/2016/jan/02/suadi-arabia-cleric-execution-unrest-predicted-shia-areas



domenica 4 ottobre 2015

John McCain's Syrian War Exposed


In the past I respected Senator John McCain, for his patriotism at least. Later he became one of the most single responsible for having sent American money, armaments, and CIA instructors to the so-called Free Syrian Army. In this he was not only wrong, but also reckless.

John McCain, 2014 - Source

Western weapons and money in Syria (as well as in Iraq) have directly or indirectly helped ISIS-ISIL-DAESH penetration in Syria, along with attempts of ethnic cleansing of Alawites and Christians, and even greater suffering for Kurds in Rojava. The triggering of the Syrian Civil War in 2011 suppressed hopes of gradual regime change, claimed more 300,000 lives, and displaced millions Syrians.

The recent Russian intervention has exposed how McCain and the American mainstream narrative is wrong. It is senseless the Western military help to those who wanted to replace Assad, establishing a new Sunni nationalist regime, under which women, minorities, Kurds, secular people would be worse off than under Assad. To mine Assad means to help the ISIS. And last, but not least, American, British, French bombs are pointless, if not a counterproductive, insane waste.

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venerdì 26 giugno 2015

Stand by Tunisia


Source: Flag of Tunisia from Wikimedia



It is urgent to support Tunisia, which is nearby, a young democracy, a decent and civilized country.  
To the terrible attack today, near Sousse, we all must respond with prayer, afterthought, along with action
We all can do something, if nothing else we can buy Tunisian product, or plan a trip to Tunisia.
I ask all those who come across this blog, to share with us their reflection, but also a concrete proposal.
Tunisia is our neighbor in need, now.
Now it is the time to stand by Tunisia.


giovedì 19 marzo 2015

Lunga vita alla libera Tunisia


Per onorare le vittime di Tunisi di ieri, rimando alle parole e alle immagini trasmesse su Facebook dal nostro amico e concittadino pratese e toscano, Giacomo Fiaschi.
La Tunisia è già stata colpita in passato dal terrorismo e, purtroppo, proprio perché sta crescendo come società aperta e libera, lo sarà ancora.
Il terrorismo è fra noi, perché rispecchia la nostra modernità, come ci ricordano le analisi, purtroppo ancora poco conosciute, di Audrey K. Cronin, Oliver Roy, Hans Magnus Enzensberger (alcune delle quali da noi riprese più volte in questo blog).
Alcune migliaia di giovani tunisini - esattamente come tanti loro coetanei europei - si sarebbero arruolati con l'ISIS o in altri nuclei terroristi. Nel breve termine, non c'è rimedio sociale a questa disastrosa deriva individuale. Nel medio e lungo termine, invece, qualcosa si può fare, per porre fine alla cultura dell'esonero da ogni responsabilità, alle ingiustizie sociali, alle disparità economiche più sfacciate, all'autoritarismo, alla corruzione - mali in cui le società moderne allevano giovani disoccupati e frustrati, insieme incredibilmente fragili e insopportabilmente violenti.
Intanto prendiamo le distanze, come hanno fatto meritoriamente tanti, fra cui Fabio Chiusi e la sempre lucida e puntuta Flavia Perina, dalla narrativa tanto sinistra quanto cialtrona e ignorante che purtroppo domina i media italiani, che ingigantisce e deforma tutti i fatti, in cerca di sensazionalismo, e sempre pronta a portare acqua al mulino dei guerrafondai di turno.

sabato 7 febbraio 2015

Wake Up America


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sabato 27 dicembre 2014

Donne e libertà

Rilancio un pezzo della mia amica Fiamma Nirenstein, dedicato alle donne kurde, alla vita, alla libertà, al loro grido di guerra, il tululu. L'emancipazione della donna, la libertà religiosa in Medio Oriente, l'autogoverno del Kurdistan sono le tre scogliere sulle quali si infrangerà la follia crudele dei miliziani del cosiddetto Califfato.

Per seguire le imprese di queste guerriere kurde, fonte di speranza per noi tutti, seguite http://bijikurdistan.tumblr.com, un blog di riferimento per chi vuole appoggiare la resistenza kurda a Kobane e in tutto il Levante.






sabato 8 novembre 2014

Free State of Gaza

We say yes to general disarmament, fresh elections, and full self-government for Gaza. Let's make Gaza a free federal unit of the coming Arab-Palestinian state. And nothing different, nothing less, let's hope.




martedì 14 ottobre 2014

Kobane is still fighting


14 October 2014

Italian media told tonight that Kobane is still fighting and IS godless criminals are retreating. Let's hope!

Keep following http://bijikurdistan.tumblr.com (unfortunately this blog is no more active, ndr 30 november 2022).


lunedì 6 ottobre 2014

It is not only about the Kurds


A Kurdish woman, as circulated in some media, sacrificed herself to stop Islamo-fascist mercenaries on the outskirts of Kobane

She is known with the name of Arin Mirkan, and she is told being the mother of two. Details and findings are still confused, but her figure is already shrouded in legend.

She is the martyr of the resistance against Islamic State's dogs, the gang of the alleged Caliphate, the criminals who blasphemes the Merciful with their thirst for violence and power.

Such an heroine is not just about Kurds, but about the whole world. Kobane has become the a symbol, dangerously poised between disaster and - still possible - hope.

We honor her and her fellow sisters, the female fighters, forerunners of freedom, and peace, and justice.

The Kurdish people who had only experienced oppression and terror in their history, are fighting the Dark Beast. They do it for all of us.

Where are the 40 states who wanted to fight against them? All empty words.

United States, Great Britain, Turkey, NATO officials and so-called Western experts, we condemn your adventurism.

May your geopolitical mistakes fall on you, with shame.

May your peoples sweep you off at the next elections.
 
You bear the responsibility, along with former Saddam's officials and Saudi's secret services, of this new holocaust.

Honor to those women who fight for life.

Shame on all of you, Western warmongers and Middle East bastards.


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giovedì 25 settembre 2014

The end of bigotry is nigh


President Obama, in his recent speech at the United Nations, did what he does best: he talked about what is changing. 
Those looking candidly at the world today, they see not only states full of debts, universities paralyzed by biases, economies producing junk goods and polluting the planet.
Everybody should also see younger generations who want to live and love in freedom, and peace.
But if you look at this radical change of prospect in the heart of Levant, how may one seriously believe that the so called Caliphate, proclaimed by ISIS (aka ISIL, aka IS), has a future, as a geopolitical menace?
Crying that global Islamo-fascism terror is nigh, does not make any sense!
Let us put it simple: they don't have material, social, human resources enough, to survive in the long term.

The only thing that is nigh, is the end of bigotry, sectarianism, political violence, terrorism, radical losers!
This is one of the main reason, I abstain from joining the Cassandra chorus warmongering against international terror.
The more I look at the figures, the more I follow the money, the more I study the demographics and the economy of countries where terrorism is more threatening, the less I believe the so called Islamo-fascism might be a real, lasting geopolitical threat.  
I invoke Western self-restraint.
I ask the interruption of senseless bombing and intensifying our material, military help to the few accountable local authorities, as Kurdistan, Lebanon, Jordan, that may better understand the situation and operate on the ground.

I campaign for the withdrawal of foreign troops from Afghanistan, Iraq and Syria.
And I believe in resumption of talks for a lasting peace between the West and Iran, between Israel and the West Bank, and between Israel and Gaza, under Egyptian protectorate.

Let's hope.

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martedì 4 marzo 2014

Matteo Renzi a Tunisi

La prima missione estera del presidente Renzi è stata martedì 4 marzo 2014 a Tunisi. Significa molto per coloro che amano la libertà e la pace. L'amicizia fra Toscana e Tunisia è, crediamo, uno degli assi portanti per un rinascimento europeo e mediterraneo. Abbiamo potuto seguire questo evento storico grazie all'impegno profuso dal nostro amico e ispiratore, Giacomo Fiaschi. Trovate tutto sul suo profilo Facebook e sul suo blog.


giovedì 29 agosto 2013

Guerra alla Siria? No!

La Siria è un paese dilaniato da una atroce guerra civile.
Alcune potenze occidentali, dice la stampa internazionale, si stanno preparando a bombardarla.
Ovviamente noi conosciamo solo la narrazione, la retorica, con la quale i governi americano, inglese, francese e turco, stanno giustificando questa loro grave iniziativa. Quanto viene prospettato, tuttavia, ci sembra profondamente sbagliato e bene ha fatto la ministra degli esteri italiana, Emma Bonino, a marcare la distanza italiana da una operazione che, francamente, ci sembra crudele e improvvida.
Bombardare la Siria è sbagliato.
Provo a elencare con semplicità i principali motivi di questa mia convizione.
Primo, non abbiamo ancora alcuna certezza su chi e perché abbia usato armi chimiche vietate dal diritto internazionale. Come riconosce anche un interventista convinto come Ian Hurd, non ci sono assolutamente basi giuridiche sufficienti per scatenare un attacco legale alla Siria. La scomoda verità è che, come è accaduto in ogni altro conflitto contemporaneo, potremo perseguire i responsabili di eventuali violazioni del diritto bellico, solo dopo la fine della guerra, non finché essa è in corso.
Se si disorienta l'opinione pubblica annunciando spedizioni punitive, si mente e allora si giustifica il sospetto che coloro che si vestono da giustizieri non siano altro che pistoleri.
La retorica del presidente Obama rischia di trascinare gli USA in una guerra sbagliata e illegale.
Sono estremamente preoccupato dal pericolo che la politica americana possa essere nuovamente dominata da una cupa hubris interventista, come quella che peraltro è adombrata negli scritti di Samantha Power, l'attuale ambasciatore USA all'ONU.
Secondo, se anche si riuscissero a trovare ragioni sufficienti per giustificare una guerra alla Siria, bombardare dall'alto e da lontano un paese spaccato in due, o tre, dalla guerra civile, è stupidamente feroce, prima ancora che sbagliato. Se abbiamo davvero delle forze che possono giocare un ruolo, dovremmo usarle per facilitare l'armistizio fra le parti che si stanno combattendo sul campo.
Armistizio che, sia detto per inciso, non è mai stato così vicino, dopo due anni di guerra, proprio perché oggi le parti sono in possesso di proprie roccaforti vitali. Analisti di diversa formazione e di opposti schieramenti riconoscono che sarebbe possibile una tregua duratura, fondata sulla partizione della Siria in almeno tre parti: un nord in mano ai ribelli; un rifugio orientale per la minoranza curda; mentre la costa, Damasco e il centrosud resterebbero in mano all'attuale regime nazionalsocialista di Bashar al-Assad.
Dopo un bombardamento occidentale, invece, l'attuale equilibrio potrebbe venir fatalmente alterato. Le fazioni si radicalizzerebbero. Le vittime innocenti si moltiplicherebbero.
Terzo, il successo di un attacco occidentale alla Siria è davvero improbabile, mentre le ricadute geopolitiche negative sarebbero gigantesche. Sono scarse le probabilità di colpire con successo obiettivi anche molto limitati e ben circoscritti, come arsenali e impianti, secondo osservatori attenti come quelli di Stratfor. Le conseguenze dei bombardamenti, invece, sugli equilibri già precari di Libano, Israele, Cisgiordania, Gaza, Iraq, Egitto, potrebbero rivelarsi disastrose.
Chiudo ricordando, amaramente, che in Occidente e in particolare negli USA, l'intera crisi siriana è stata fraintesa sin dall'inizio. L'opposizione ad Assad non ci pare proprio formata da donne, giovani e intellettuali della Primavera araba, i quali avrebbero sicuramente scelto metodi di resistenza nonviolenta di massa, non la guerra civile.
Questi rivoltosi hanno scelto di combattere Assad con la forza e, come ci hanno insegnato i maestri della nonviolenza contemporanea, da Gandhi a Gene Sharp, lo scontro armato è il terreno su cui i regimi non solo sono forti, ma spesso si rafforzano.
Né possiamo sorvolare sul fatto che, come molti hanno sospettato sin dall'inizio, donne, giovani e intellettuali, in questa crisi, sembrano stare dalla parte del regime nazionalsocialista del clan Assad, e non certo dalla parte di Al-Qaeda e Arabia Saudita, che sono fra i maggiori sponsor della ribellione.
Ce n'è abbastanza, mi pare, per riflettere, riflettere, riflettere ancora.
Non guerra, quindi, ma tregua per la Siria.
Tregua subito.

martedì 9 luglio 2013

Truce of G-d

Ramadan should be a month of truce, in the name of the Almighty, the Compassionate, the Giver of life. Truce in Syria. Stop the political violence in Pakistan. Rest, and afterthought, for the people of Egypt.

We undersign Ban Ki-Moon's appeal for a month of peace.



giovedì 29 novembre 2012

Bersani o Renzi?


 

Sono riuscito a seguire il dibattito Bersani-Renzi di ieri, in vista del ballottaggio finale delle primarie del centrosinistra italiano.
Ho potuto ascoltare Rai Radio Uno, via Internet. La tv di Rai Uno, invece, via Internet, in America, è bloccata... Sono mancate, nel dibattito, alcune affermazioni nette sulla necessaria privatizzazione della RAI, un transatlantico in corsa verso il suo iceberg, il cui salvataggio ci costerà più dell'Alitalia, ma vabbe', alcune cose importanti sulle liberalizzazioni sono state dette da entrambi.
Entrambi sono scivolati su delle bucce di banana, come in politica estera, per esempio. Su come dobbiamo e possiamo aiutare e rispettare la primavera araba, la separazione definitiva fra Israeliani e Palestinesi, il cambiamento in Iran, ne sa più il mio amico Giacomo Fiaschi, intellettuale e imprenditore pratese a Tunisi, di tutti e due loro messi insieme. 
Tuttavia, Pierluigi Bersani è una persona seria, che seguo e stimo da anni. E Matteo Renzi è una generazione avanti, c'è poco da fare, soprattutto su questioni vitali qui e ora per la sopravvivenza della nostra convivenza civile: rispetto della volontà popolare sulle questioni sottoposte a referendum; costi della politica; restituzione ai comuni e alle regioni delle risorse e delle responsabilità necessarie per autogovernarsi.
Il voto delle regioni rosse è lì a dimostrare che è il vasto popolo ex-comunista, ex-socialista, ex-democristiano, a volere il cambiamento, a fare la differenza, non certo qualche smarrito elettore moderato deluso da Berlusconi.
Dal mondo dei miei amici liberali arrivano interventi chiari in favore di Renzi:
http://www.liberalitaliani.org/29/11/2012/i-liberali-italiani-sostengono-renzi/
E arrivano i riconoscimenti della centralità della questione primarie:
http://www.libertates.com/2012/11/27/primarie-una-vittoria-della-democrazia-diretta/
Senza primarie, senza collegi uninominali, senza partiti governati dali elettori, non c'è speranza di guarire l'Italia da burocrati, notabili, intellettuali sempre tentati dal servilismo, e di portare avanti il disintossicamento del paese da ogni seduzione fascista e fascisteggiante.
E come avrete capito, anch'io ho fatto la mia scelta, come scienziato, come attivista civico-liberale, come cittadino ed elettore indipendente, per queste primarie.Spero che siano in tanti, davvero, a muoversi, subito.
Anche coloro che non hanno potuto votare domenica scorsa, possono comunicare la loro intenzione di partecipare al ballottaggio: http://www.domenicavoto.it.



martedì 16 ottobre 2012

Homage to Malala, princess of Swat

Non sappiamo se Malala, colpita dalla violenza islamofascista, si salverà e come vivrà, ma la sua sofferenza si sta rivelando una grande vittoria contro i perdenti radicali e contro coloro che li sfruttano politicamente. Lo si comprende dalle reazioni che il suo sacrificio sta provocando sia in Pakistan che in Afghanistan, fra i Pakhtun del sud e fra i Pashtun del nord, verso l'Iran, verso il mondo arabo, verso tutti i paesi islamici. Come sempre, fra i miei punti di riferimento nell'area, c'è il movimento politico Awami, fondato e tuttora guidato dagli eredi di Bacha Khan. Rilancio volentieri il loro omaggio a Malala (Nda).

My homage to Malala, the brave citizen of Swat who dealt and lived as a princess, asking for universal educaiton, women's rights, good government, security and justice for all: I link here the words from my friends of Pakhtoonkhwa, the members and the leaders of the Awami National Party, a political movement which is a rare beacon of nonviolence, a sign of hope, in the Afpak crisis.

"Chief Minister Khyber Pakhtunkhwa Amir Haider Khan Hoti has said that assailant who attacked Malala Yousafzai were enemy to knowledge, light and development and pushing the Pakhtun nation into darkness of illiteracy for realizing their evil designs. He said that their dreams will never materialized and nations having such brave daughters can’t be defeated. He said that terrorists, enemies to religion and humanity will be fought courageously. He said that ANP moved for forward from other parties due to its political and people service program. He said that destinies of people of far flung areas were changing due to indiscriminate development works across the province...". Click here to continue.

Malala of Swat – Pashto Interview from http://awaminationalparty.org/


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(BBC - 15 October 2012) Malala Yousafzai, schoolgirl shot by Taliban, now in UK for treatments




domenica 16 settembre 2012

Il canto del cigno della violenza politica islamista


Due post dell'amico e collega blogger, Mustapha, dal Libano, ci aiutano a orientarci in questi giorni di grande dolore per le tante vittime e le tante sofferenze che sono state scatenate, senza vergogna, senza onore, senza rispetto, dai facinorosi fanatici islamisti, nelle piazze di tante città arabe e islamiche, davanti a diverse ambasciate straniere.
Eccoli:
- http://beirutspring.com/blog/2012/09/15/satire-and-the-lebanese-self-image/
- http://beirutspring.com/blog/2012/09/12/on-insulting-muslims/
Vanno letti insieme. L'apparente leggerezza del primo ci aiuta a capire meglio l'urgenza politica e culturale del secondo.
Ci fanno capire che i giovani, le donne, gli intellettuali che stanno portando avanti la Primavera araba, e da cui ci aspettiamo un'altra primavera di libertà in Iran, stanno passando attraverso un processo lungo e faticoso che gli europei, gli occidentali, gli occidentalizzati conoscono bene. Quello che ci porta dall'essere una folla credulona e strumentalizzabile, a diventare una cittadinanza attiva, formata da invididui liberi e responsabili.

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E' un processo ben noto agli studiosi delle ambiguità della nostra modernità.
Inizia facendo i conti con il cosiddetto progresso, che sradica e distrugge.
Continua con gli imprenditori della politica moderna, che sfigurano e strumentalizzano le tradizioni indebolite, le religiosità tradite, le identità minacciate. Moderni stregoni contro cui bisogna reagire.
A un certo punto tanti esseri umani, che hanno perso il loro posto nel vecchio mondo distrutto, possono ritrovarsi soli e disperati nel mondo nuovo. Molti che credevano in qualcosa che sembra fallire e svanire, finiscono con il non credere più a nulla.
Coloro che non credono a nulla, finiscono fatalmente per diventare esseri tristi e pigri, pronti a credere a qualsiasi scempiaggine, non importa quanto incredibile o mostruosa.
Nei casi peggiori, tante persone possono diventare credulone nella vuota retorica di un leader populista, o affascinate dai numeri e dalla forza di un movimento politico fascisteggiante, o addirittura fanatiche pedine di un regime totalitario.
Se rimangono indietro in una società che va avanti, certe persone, che sono state chiamate perdenti radicali, possono diventare così disperate, così estreme, da trasformarsi addirittura in terroristi suicidi, moderni kamikaze.
Abbiamo attraversato guerre mondiali e indicibili sofferenze, per frenare questa degenerazione della nostra modernità.
E non potremo mai smettere di essere vigilanti.
La macchina sociale totalitaria è peggio della bomba atomica. Quest'ultima, una volta costruita, la sappiamo smontare. A smontare la seconda ci stiamo appena provando e solo le prossime generazioni ci sapranno dire se ci stiamo davvero riuscendo.

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Contro questa deriva, occorrono più fede, speranza, amore. Più virtù, non più scetticismo.
L'ancorarsi alle antiche virtù cristiane, ebraiche e laiche, ha salvato l'Europa e il mondo occidentale dal fascismo, dal nazismo, dalle degenerazioni totalitarie del comunismo, dalle tante forme di autoritarismo che ci hanno minacciato, che si ripresentano sempre, che vanno combattute, giorno per giorno.
Qualcosa di analogo sta iniziando nel mondo arabo e islamico. Ancorandosi alle sorgenti dell'Islam più tradizionale e più spirituale, tanti vogliono sfuggire alla trappola della violenza politica, vogliono essere protagonisti del cambiamento senza farsi travolgere dalle ambiguità della modernità, vogliono vivere in una società aperta e rispettosa di tutti.
Vogliono proseguire lungo la strada lunga, erta, tortuosa e difficile della libertà, l'unica possibile per tutti i veri credenti.
Di fronte a questo risveglio arabo, l'estremismo e il totalitarismo sono disperati, per questo hanno bisogno di strumentalizzare uno squallido filmino su Youtube.
Pietà per questi morti, vittime calpestate dalla violenza politica islamista, che sta disperatamente cercando di sopravvivere al suo declino.
Non saranno gli ultimi, purtroppo, ma il loro sacrificio contribuirà ad aprire gli occhi di altri.


venerdì 6 aprile 2012

Dichiarazione di indipendenza dell'Azawad


Oggi i Tuareg, gli "uomini blu", hanno dichiarato l'indipendenza di una vasta regione sahariana, da loro chiamata Azawad, situata nel nord dell'attuale Mali, che si estende dalla loro storica capitale Timbuktu fino ai confini con la Libia. Leggete direttamente il testo in francese della dichiarazione d'indipendenza. Il movimento di liberazione che ha emanato questo interessante documento è alimentato da soldi, idee, forze e uomini in fuga da quel problematico miscuglio di propaganda e crudeltà, di predicazione e corruzione, che era la Libia di Gheddafi.
In più di un senso, anche questo terremoto è conseguenza della Primavera araba del 2011.
Se questa nuova realtà geopolitica, dopo decenni di insorgenza e sofferenza, riuscisse davvero a porre fine alle storiche ingiustizie sofferte da questi fieri abitanti del Sahara, se avesse ragione delle fazioni estremiste, se sapesse tenere a bada i briganti, i commercianti di schiavi, gli islamo-fascisti? Dovremmo davvero avere paura di questa disintegrazione?

mercoledì 28 marzo 2012

Non rimpiangere le cipolle d'Egitto



Sono un amico e un ammiratore di Fiamma Nirenstein, ma stavolta non sono d'accordo con il suo ultimo articolo sulla Tunisia, pubblicato su Il Giornale. La testimonianza diretta dell'amico Giacomo Fiaschi, apparsa oggi su Il Sussidiario, mi sembra più equilibrata.
Costruire una democrazia rispettosa delle tradizioni locali e fondata su valori religiosi, dove l'Islam sia "religione di stato" solo nel senso in cui il cattolicesimo lo è in Italia, o l'anglicanesimo lo è in Inghilterra, non sarà certo una passeggiata, ma non è il momento di rimpiangere le cipolle d'Egitto (Numeri, 11:5).
La direzione impressa alla politica tunisina dal voto popolare, ci sembra chiara. Ha bisogno di stimoli, anche critici, ma anche di amicizia e incoraggiamento.
Soprattutto dalla parte di chi, come noi, è sempre stato dalla parte del sacrosanto diritto di  Israele a una esistenza libera e sicura, dell'autogoverno di Gaza, dell'autodeterminazione e della fine dell'occupazione in Cisgiordania, della liberazione del Libano, delle riforme liberali in tutto il mondo arabo e islamico.
Possiamo e dobbiamo tutti fare qualcosa, nel nostro piccolo, perché Nadha, il partito popolare d'ispirazione islamica che ha vinto le elezioni in Tunisia, possa realizzare qualcosa di simile a quanto hanno realizzato il partito AKP in Turchia, o le Democrazie Cristiane in mezza Europa.
Mi scrive, direttamente a me e per il nostro blog, Giacomo Fiaschi, che sullo stato attuale della situazione politica tunisina è molto netto. Ne sintetizziamo di seguito il pensiero.

L’opinione espressa da Fiamma Nirenstein nel suo lungo articolo pubblicato da Il Giornale del 27 marzo scorso, secondo la quale la Tunisia laica sarebbe stata cancellata per dar vita ad uno stato islamico, è infondata.
A sostegno di questa tesi si ripescano notizie che nella rete circolano in modo, a voler essere benevoli, alquanto inesatto, per non dire strumentale. La "città" che sarebbe stata conquistata dai salafiti, per esempio, e dove sarebbe stata imposta una crudele talibanizzazione, è il piccolo villaggio di Sedjnane, che ha poco più di 4.000 abitanti.
Non è stata istuita alcuna "polizia religiosa". Semmai è successo che, nella ritrovata libertà, sono venuti alla luce anche gruppuscoli che potremmo definire "estremisti", come del resto lo sono certi gruppi di antisemiti, di fondamentalisti cristiani, di militanti noglobal in tutta Europa.
Forse a una Tunisia libera o in corso di liberazione molti non riescono a credere. A qualcuno di quelli che vivevano (e facevano fortuna) all'ombra dei passati dittatori, magari non piace nemmeno.
Grazie alla Provvidenza e alla volontà del popolo tunisino, invece, qualcosa è già cambiato, dal 14 gennaio 2011 scorso, e continuerà a cambiare.

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A distanza di alcuni anni questo post del 2012 sta venendo riletto. E' tornato a galla nei sommovimenti della rete. Penso di poter confermare che aveva ragione il mio amico Giacomo Fiaschi, toscano in Tunisia. I governi di unità nazionale hanno consentito al paese di avanzare verso il consolidamento della propria democrazia. Avevo torto invece io, nella notazione incidentale che l'AKP in Turchia potesse restare un partito moderato. Purtroppo la deriva centralista e autoritaria di Erdogan è stata più rovinosa e sanguinosa di quanto si potesse immaginare allora. I guasti dell'uomo solo al comando, il male assoluto del presidenzialismo in un grande stato moderno, sono sempre più gravi di ogni previsione (NdA, 12 maggio 2020)

giovedì 5 gennaio 2012

L'omosessualità spiegata a mia madre

Dopo aver letto questa lettera aperta alla sua famiglia dello scrittore Abdellah Taïa, sarà per tutti più difficile dire che la Primavera araba 2011 non ha cambiato nulla.

Abdellah Taïa Scrive Taia:

Je rêve qu’un jour si quelqu’un m’insulte devant vous, en disant : “Ton fils, ton frère est zamel…”, vous répondiez : “Non, il n’est pas zamel, il est mathali.” Un mot, un petit mot tout simple et qui change tout. Un mot-révolution. A vous de voir. Je n’exige rien. Je vais. Je vole comme je peux. Je prie, comme ma mère, à ma manière : j’écris.

Come Abdellah Taïa spiega in una interessante intervista, cambia una parola, ma è una rivoluzione: da zamel, un termine volgare, a mathali, una parola nuova, inventata di recente, per indicare la condizione omosessuale in modo neutro.

Come se in Toscana i nostri familiari e amici si ribellassero contro chi ci definisce finocchi e pervertiti, pretendendo di poter parlare di noi come semplici e normali omosessuali. E forse è un cambiamento ancora più grande, considerati i pregiudizi e i bigottismi che avvelenano le società arabe contemporanee.

La lettera, pubblicata sul settimanale Telquel.

Una traduzione italiana, dal portale Gionata.

L'intervista di Taïa a Marc Endeweld, sul portale Minorites.org.

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