Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

domenica 30 gennaio 2011

Vento di libertà nel Maghreb

Un Duemilaundici per il mondo arabo come l'Ottantanove dell'Europa dell'Est? Come non sperarlo?

In Tunisia è di certo accaduto qualcosa di insperato. Una maggioranza popolare di giovani e donne, insieme ai, non molti, intellettuali dissidenti in circolazione, ha cacciato Ben Ali, il presidente satrapo, al potere da 23 anni. Ora le proteste popolari stanno continuando per impedire ai gattopardi di sopravvivere attraverso il governo provvisorio di Gannouchi. Il vento che ispira questa protesta profuma di un umanissimo e universale amore per la libertà, contro le caste, gli arbitrii, le violenze, il paternalismo, le menzogne e la propaganda del vecchio regime.

C'entrano qualcosa i problemi economici? C'entrano sempre le condizioni materiali della vita, ma l'anima di questa rivoluzione è in una straordinaria rivendicazione, prima di tutto, di libertà e dignità. Era povero il martire tunisino Mohamed Bouazizi? Immaginiamo pure di sì e immaginiamo anche la grande frustrazione che gli derivava dal fatto che il suo tentativo di riscattarsi attraverso gli studi si fosse rivelato vano. Quando però la violenza del regime gli ha rovesciato il suo povero banco da libero venditore autonomo, crediamo che ciò che è scattato in lui sia la fionda di Davide, sia la spallata di Atlante, sia quel bambino, nascosto nel profondo di tutti noi, che a un certo punto si mette a gridare che il re è nudo, come nella favola di Hans Christian Andersen.

La sua scelta di darsi fuoco, in segno di rivolta contro il presidente a vita, lo congiunge idealmente al martirio di Jan Palach contro il partito unico. Entrambi simboleggiano l'irriducibilità dell'individuo all'asservimento alle moderne incarnazioni del potere totalitario.

Intanto sta suonando la campana per tutti gli altri presidenti a vita.

Fonte: http://www.corriere.it (link allo scatto originale)
In Egitto è tempo che Mubarak, 82 anni, al potere da 30, prepari l'areo e raggiunga all'estero i suoi familiari. Perdiamo un alleato e si liberano forze dal carattere ancora ambiguo, affermano alcuni che hanno a cuore, come me, le ragioni dell'Occidente e in particolare quelle di Israele, ma, chiediamo sommessamente, può l'Occidente rimanere schiacciato nella difesa del mero status quo?

Nello Yemen trema persino l'abile e coriaceo Abdullah Saleh, 64 anni, presidente dal 1990.

Nella sempre turbolenta Algeria i giovani disoccupati, che si danno fuoco anch'essi come Jan Palach, prendono di mira il governo di Abdelaziz Bouteflika, al potere dal 1999. Un regime che non è stato in grado né di riconciliare, né di liberalizzare, né di lasciar crescere il paese, dopo gli anni terribili di una terribile guerra civile.

La situazione è forse più tranquilla in Giordania e in Marocco, dove però il potere si incarna nelle figure di due giovani monarchi, Abdullah II e Mohammed VI, che hanno da tempo aperto più di uno spiraglio alle prime timide riforme.

L'ordine sembra ancora regnare, almeno per ora, nella  Libia di Gheddafi e nella Siria degli al-Assad, ma
in realtà tutte le piramidi del mondo arabo, anche le cupola del terrore come Hamas o Hezbollah, stanno tremando.

In Occidente ci si domanda se questi movimenti popolari non rischiano di finire come nell'Iran del 1979. Guardando almeno alla Tunisia, che grazie alle testimonianze dirette dell'amico Giacomo Fiaschi stiamo seguendo più da vicino, ci sembra di poter essere cautamente ottimisti.

Non siamo più nel cupo mondo diviso nei due blocchi della guerra fredda. Non è più così facile, come negli anni settanta,  incantare le masse con ideologie pericolose.

Neppure l'islamofascismo, una delle ultime e forse una delle più resistenti incarnazioni della follia del totalitarismo, può più facilmente irretire masse di giovani che leggono e parlano l'inglese, che possiedono un cellulare, che accedono a Facebook e a Twitter, che, con gli occhi aperti su come si vive in Occidente, ma anche in India e persino in certe parti della Cina, non vogliono certo perdersi la loro fetta, non importa quanto piccola, di libertà personale, spirituale, materiale e anche sessuale, a cui sentono di avere diritto.

Né si può dimenticare che anche in Iran la gioventù, le donne, la società civile, non sono certo stati ridotti al silenzio. Le cose non sono ferme davvero, sotto il regime del fanatico Ahmadinejad e del papa corrotto Khamenei. Prima o poi, il vento del Maghreb e la Rivoluzione verde finiranno con l'incontrarsi.

L'eventuale avanzamento della libertà e dei diritti umani in così tanti e così importanti paesi arabi e islamici, invece che una preoccupazione, potrebbe diventare una fonte di speranza per la pacificazione dei due paesi dove noi occidentali abbiamo così tanto combattuto e così tanto sbagliato, l'Iraq e l'Afghanistan.

In Italia e in tutta Europa, negli USA, in Israele, nel Libano, in tutto l'Occidente, è tempo di svegliarsi e di tendere la mano a questo vento di libertà che attraversa il Maghreb.

Mauro Vaiani


Per un approfondimento sul martirio di Bouazizi:

Giacomo Fiaschi da Tunisi - http://www.facebook.com/video/video.php?v=1774749458203

http://invisiblearabs.com/?p=2555

http://nawaat.org/portail/2011/01/06/a-la-memoire-de-mohamed-bouazizi/

sabato 29 gennaio 2011

Un ottantanove arabo?


Dopo 29 giorni di proteste popolari, il 15 gennaio 2011 la Tunisia ha cacciato il suo sultano. La Rivoluzione dei gelsomini in Tunisia si è rivelata, innanzitutto, una grande sorpresa.
Non solo e non tanto per gli intellettuali e i patrioti tunisini, che sono immersi e pienamente protagonisti di questo momento di grande speranza. Con il tempo e con l'approfondimento, certamente scopriremo che dietro questa primavera c'è stato un lungo, faticoso, doloroso inverno di semina e vigilia.
Coloro che sono stati colti più impreparati sono stati coloro che vivono ormai lontano dal Maghreb e dal mondo arabo in generale. Mona Eltahawy, una importante intellettuale arabo-egiziana, una musulmana aperta e liberale, emigrata negli Stati Uniti, ha scritto candidamente sul The Washington Post del 15 gennaio 2011: “Non una volta nei miei 43 anni ho pensato che avrei visto un leader arabo cacciato dal suo popolo”. Ben conoscendo, come sappiamo dai suoi scritti e da altri, quanto forte sia stata la cappa del conformismo delle masse e dell'autoritarismo dei regimi, nel mondo arabo.
Insieme a quel qualcosa di imprevedibile e di insperato, che ci meraviglia sempre quando vediamo il trionfo della naturale e universale aspirazione umana alla libertà, riceviamo qualche piccola conferma ad alcune delle nostre convinzioni, da questa piccola repubblica, grande poco più della metà dell'Italia, ma abitata da soli dieci milioni di abitanti.
La Tunisia ci sembra somigliare molto a un paese realsocialista dell'Europa orientale negli anni ottanta. Gli eredi del Destour hanno inseguito le proprie, non di rado pericolose, utopie nazionaliste e socialisteggianti, esattamente come i vecchi partiti comunisti, ma proprio come accadde nell'Est Europeo hanno anche lavorato per garantire salute, cibo e istruzione a fasce sempre più ampie di popolazione.
La loro leadership, dopo aver conseguito alcuni successi economici e sociali, è oggi invecchiata al potere, degenerando in una casta, che ha finito per essere insopportabile agli occhi della popolazione.
Esattamente come avvenne nell'Europa orientale, non bastano più le ubriacature ideologiche, il nazionalismo arabo, il terzomondismo, l'anticapitalismo, per imbonire le masse. Neppure lo spauracchio di Israele o di altri, veri o presunti, nemici interni o esterni, funziona più come un tempo.
In paesi come la Cina e l'Iran, ci sono ancora ampie fasce di popolazione che sostengono quei regimi, per convinzione, per conformismo, per interesse. Grandi stati come quelli, inoltre, dispongono di feroci polizie segrete e di numerose milizie paramilitari, che possono soffocare nel sangue le rivolte nelle grandi città.
La stessa cosa non è stata possibile nella piccola Tunisia, dove i ventenni che sanno leggere e scrivere in francese, arabo e magari anche inglese, che usano i cellulari, che sanno accedere a Facebook, sono la stragrande maggioranza popolare, che vuole avere voce in capitolo sul proprio futuro e su quello del paese e non potrà più essere controllata.
Da nessuno, neppure dall'estremismo islamico. Non sottovalutiamo di certo le capacità di proselitismo e di inquinamento morale, tipiche di un certo wahabismo finanziato dai sauditi e infoltito da fanatici afghani e pakistani.
Si tratta però di qualcosa che resta estraneo all'anima berbera e maghrebina e, a ben vedere, resta alieno all'orizzonte spirituale di tutte le giovani generazioni, da Rabat, al Cairo, a Beirut e forse anche oltre.
Tutto lascia pensare che la fazione più islamista che potrà concorrere alle prossime elezioni libere in Tunisia, sarà una sorta di versione locale di quel “Partito per la giustizia e lo sviluppo” (in turco Adalet ve Kalkınma Partisi, acronimo AKP), che non è molto più estremista, in campo religioso, di quanto lo fosse la nostra Democrazia Cristiana del tardo Fanfani.
Il terrorismo dei disperati, di quelli che Hans Magnus Enzensberger chiama i perdenti radicali, potrà purtroppo colpire come può sempre accadere in un paese libero, ma non vediamo come un islamofascismo bigotto, vittimista e paranoico, possa contagiare i giovani, le donne e gli intellettuali che abbiamo visto costringere Zine el-Abidine Ben Ali a fuggire all'estero dopo 23 anni di potere pressoché assoluto.
In tutto il mondo, sui media vecchi e nuovi, ci si domanda in questi giorni, in queste ore, se la scintilla tunisina potrà, oltre che consolidare una nuova stagione di libertà e di speranza in patria, dare una scossa a tutto il resto del mondo arabo e magari anche oltre, nel resto del mondo islamico, africano, asiatico, per lo più oppresso da regimi impresentabili.
Siamo di fronte a un Ottantanove arabo?
I segnali ci sono e, in alcuni paesi, anche le condizioni sociali e materiali. Esiste anche in altri paesi, come abbiamo visto nella straordinaria giornata di protesta di martedì 25 gennaio 2011 in Egitto, la possibilità che i ventenni, le donne, i dissidenti per amore della libertà, riescano a formare una straordinaria - e maggioritaria, e quindi vincente - coalizione per il cambiamento.
Yasmine El Rashidi, un'altra scrittrice musulmana e liberale, che però è rimasta nel suo Cairo, in un suo intervento sul blog della New York Review of Books, ha raccontato di questo messaggio che ha ricevuto su Twitter:
Non dimentichiamo che in Tunisia ci è voluto un mese. L'Egitto è più grosso, ci vorrà di più. Teniamo vivo il 25 gennaio”.
Mubarak, intanto, tenga pronto il suo areo.

Mauro Vaiani

Prato e Tunisi, sabato 29 gennaio 2011


Mona Eltahawy è citata da:

Yasmine El Rashidi è citata da:


Articolo scritto per Giacomo Fiaschi e il suo ballon d'essai su una possibile iniziativa culturale toscano-tunisina. Nda del 24/2/2011.

venerdì 28 gennaio 2011

Una di quelle poche volte che ci vorrebbe un governo

Scrive su Facebook il mio amico Giacomo Fiaschi, da Tunisi:

Toc toc... Governo Italiano ci sei? Signori del governo e dell'opposizione del paese più vicino a quello dove si sta verificando uno degli eventi più grandi e significativi della storia dei nostri giorni, ci siete? Ah... capisco. Siete impegnati in tutt'altre faccende, tipo bungabunga, case a Montecarlo, sputtanamenti reciproci e via dicendo.

Dopo che la Tunisia ha cacciato il suo sultano, dopo l'esplosione della rabbia popolare in Egitto, mentre tutto il Mediterraneo è percorso da fermenti che potrebbero diventare un Ottantanove arabo, ho avuto modo di ascoltare parole chiare, impegnative, serie, da diversi leader mondiali, in particolare da Hillary Clinton. Nulla dall'Italia. Una delle poche volte che ci vorrebbe un governo (e anche una opposizione), nessuno si fa avanti.

Forse è meglio così. Il nostro ministro Frattini, sempre evanescente, si è materializzato in Parlamento solo per attaccare il presidente Gianfranco Fini, ormai diventato il grande spauracchio del PDL. Il primo ministro Berlusconi, dopo la comparsata che ha fatto su Nessma, la tivù araba di cui è comproprietario assieme al suo amico e socio d'affari Tarak Ben Ammar, e dopo le sue ultime sparate, forse è meglio che taccia.

giovedì 27 gennaio 2011

L'ho sempre in mente, sempre, sempre, sempre!

Ancora una volta la Giornata della Memoria.
Memoria della Shoah, del tentativo di sterminare l'intero popolo ebraico.
Memoria dell'Olocausto di tutti coloro per cui non c'era posto nel totalitarismo nazista, fra cui noi, persone omosessuali. A chi ha tempo, segnalo questa testimonianza su Pierre Seel, un omosessuale deportato.
Memoria di tutte le vittime del nazifascismo.
Memoria della Resistenza e della Liberazione, sempre, sempre, sempre.
Memoria delle vittime di tutti i totalitarismi, vecchi e nuovi, sfacciati o camuffati, e di tutte le forme di violenza politica.
Onore, sempre, sempre, sempre, a chi ascolta la propria coscienza e, nel momento supremo, preferisce morire con dignità, piuttosto che vivere come schiavo o, peggio, complice dei carnefici.

* * *

Facciamo memoria, nel giusto ordine, facendo attenzione alle parole, opponendo la nostra chiarezza morale a coloro che, per giustificare la propria ignoranza o la propria vigliaccheria, richiamano sempre altre catastrofi, quasi che l'esistenza di altri drammi, come quelli delle foibe. o le altre tragedie del socialismo reale, o quelle causate dai nazionalismi nel Mediterraneo e nel Terzo Mondo, servisse come da giustificazione, o comunque consentisse di ridimensionare le responsabilità naziste, fasciste e di tutte le forme, antiche o moderne, di antisemitismo e di disprezzo dei diritti umani di altre minoranze e dissidenze.
Trovo particolarmente insidioso il modo di ragionare di coloro che, non volendo affrontare alla radice le vergogne della nostra storia, non potendo o non sapendo ammettere di essere stati dalla parte sbagliata, continuano a pensare che davvero, in fondo, il fascismo in Toscana e in Italia sia stato in qualche modo giustificato dagli eccessi del comunismo qui, o in Russia, o altrove.
Occorre davvero un grande senso critico, occorre essere sinceramente estranei agli eccessi di tutte le ideologie del Novecento, per capire, profondamente e serenamente, che non è così, che gli orrori di una parte non giustificano gli orrori dell'altra.
Occorre riflettere, con coraggio, sulla realtà che le radici del totalitarismo sono intrecciate con quelle della nostra stessa modernità e che per districarle occorrerà tanta lucidità, tanta capacità critica, in questa e nelle generazioni future.



Un nostro scatto durante una visita
al museo della Resistenza
di S.Anna di Stazzema, dicembre 2010 (M.V.)

martedì 25 gennaio 2011

La tassa più odiata

Ho pagato oggi pomeriggio alle poste i 110,50 Euro del canone RAI, la tassa che ritengo, personalmente, la più ingiusta. Segnalo un ottimo articolo di Marco Faraci, che spiega bene perché si tratta di una esazione davvero odiosa.

Mentre pagavo, ho pensato intensamente a Berlusconi, ai suoi nove anni al potere, ai suoi quattro governi, a quante volte ho sperato che ce la potesse fare, ad abolire progressivamente questo indegno balzello e ad avviare la privatizzazione della RAI.

Un cambiamento così grande dello status quo, alla RAI, per dirla con Libertiamo, conviene, è giusto, si può. E' necessario e forse anche urgente, prima che diventi una nuova Alitalia o la prossima Tirrenia. Sarebbe una vera riforma liberale, una diminuzione secca del potere della politica sull'informazione, la cultura, la società italiana. Sarebbe davvero un primo passo di quella rivoluzione liberale che aspettiamo da decenni.

Ora coloro che, al contrario di me, credono nel servizio pubblico radiotelevisivo, non si preoccupino. Non ci saranno sorprese. Non con Berlusconi, che non si perderà, ancora una volta, l'occasione di mancare un'altra delle sue promesse liberali.

domenica 23 gennaio 2011

Almeno un dubbio

Salvatore Cuffaro si è spogliato del laticlavio e ha già passato una notte in carcere, dopo la sua condanna definitiva, dando una bella lezione a tanti che, per molto meno, si agitano e gridano alla persecuzione.

Roberto Maroni oggi ha timidamente espresso una posizione meno tetragona di quella tenuta da Berlusconi, Formigoni e Bossi. Non è molto, ma servirà, quando i tre mamma santissima tramonteranno, travolti dal peso degli anni e dei loro errori, come quello - tutto politico - di aver nominato l'organizzatrice della vita delle ragazze del residence dell'Olgettina, Nicole Minetti, consigliere regionale della Lombardia.

Che siamo alla chiusura di un ciclo lo si capisce dal tenore delle parole di chi difende a oltranza Berlusconi, accusando Ruby di essere un agente del Mossad. Il presidente sarebbe stato inguaiato da ambienti - giudeo-massonici? - preoccupati della politica estera - troppo indipendente dagli USA? - del nostro presidente. Questa paranoia ha bisogno di ulteriori commenti?

So, per esperienza personale e di amici e conoscenti, che la magistratura italiana è veramente imperfetta... E tuttavia, quando mi sento ripetere che il più potente uomo politico del nostro paese è "perseguitato", non riesco a mettere a tacere una inquietudine profonda, o meglio una insofferenza.

Dopo diciassette anni in politica, dopo nove anni al potere, dopo quattro governi, il presidente Berlusconi e i suoi sodali, evidentemente, non sono riusciti in alcun modo a riformarla, questa giustizia malata.

Si può avere il dubbio, allora, almeno il dubbio, che Berlusconi e la sua squadra, hanno fallito, anche in questo?

venerdì 21 gennaio 2011

Un messaggio sull'uninominale al resto d'Italia

Alcuni amici di Italia Futura, l'associazione civica di Montezemolo a cui ho aderito, mi avevano chiesto un riassunto sul mio impegno per una nuova legge elettorale toscana, che oggi pubblico qui sul mio blog. Anche loro sono stati d'accordo con me sul fatto che una eventuale riforma elettorale nella nostra terra, sarebbe una scossa anche per la paralisi politica nazionale (Nda, venerdì 11 marzo 2011).
 
Firenze, venerdì 21 gennaio 2011

Una legge toscana per scuotere anche Roma

E' proprio quando i principali leader sono in declino, che ci si accorge che leggi elettorali migliori non sono un argomento per pochi tecnici delle istituzioni e appassionati di politica. E' attraverso un sistema elettorale competitivo, credibile, condiviso, infatti, che il popolo sovrano può selezionarne e metterne alla prova di nuovi.
Dalla Toscana potrebbe arrivare un segnale di generosità e di intelligenza politica, in materia elettorale, che potrebbe incoraggiare il Parlamento nazionale a superare il Porcellum di Calderoli.
Questa regione infatti, che è stata la prima in Italia ad abolire le vecchie preferenze facoltative all'italiana e a rendere possibili le primarie per legge, sta per affrontare una discussione su come rendere ancora più competitivo l'intero processo elettorale regionale e su come aumentare la partecipazione dei cittadini alla selezione dei loro rappresentanti.
C'è la tentazione di ritornare alle preferenze, il che avrebbe qualcosa di beffardo, dopo vent'anni di lotta per superarle. Il Il 9 giugno 1991 la maggioranza assoluta dei cittadini italiani andò a votare sì nel referendum per l'abolizione delle preferenze all'italiana. Si iniziò proprio allora a mettere in discussione un sistema che consentiva a ristrette minoranze organizzate di scegliere gli eletti all'insaputa della maggior parte degli elettori. Fu un primo segno di rivolta popolare contro lo strapotere delle fazioni, il clientelismo, la corruzione, gli eccessivi costi e lo scarso rendimento della politica.
C'è molta più determinazione, però, verso la scelta lungimirante dei collegi uninominali, che esaltano la responsabilità dell'eletto rispetto a tutta l'opinione pubblica del suo territorio. Coniugandoli pure, come accadeva una volta per l'elezione del Senato o come accade oggi per le province, con regole che consentano il recupero di rappresentanti anche per le forze minori.
Il collegio uninominale è peraltro lo spazio ideale in cui ciascuna forza politica potrebbe organizzare, con regole chiare e trasparenti, aperte e competitive, la selezione del proprio candidato. Regole che potrebbero diventare obbligatorie per tutti, perché in Toscana è molto avanzata la discussione sulla necessità di uno “statuto pubblico” dei partiti.
A promettere che il 2011 sarà l'anno del miglioramento della legge elettorale toscana è stato il governatore Enrico Rossi. C'è un consenso trasversale da parte di quei consiglieri di sinistra, di centro e di destra, che sono più fortemente radicati nei propri territori e determinati ad ascoltare la richiesta di cambiamento che proviene dai loro elettori. C'è, ed è importante, l'opportunità di mandare un segnale forte, che possa scuotere l'immobilismo della politica romana.
Mauro Vaiani

Se anche la Lega si dà alla propaganda

Come hanno denunciato accademici come Alessandro Petretto, come purtroppo avevamo previsto, come è stato scritto recentemente sul sito di Italia Futura, come sta denunciando l'ANCI con il suo presidente Chiamparino, siamo di fronte al pericolo che anche la Lega, non potendo più fare politica né riforme, si dia alla propaganda.

Il federalismo municipale presentato da Calderoli incatena i comuni ai capricci politici del sultano romano ed è ben lontano dal contenere una chiara devoluzione di poteri e attribuzione di responsabilità.

Cambiare è drammaticamente difficile e anche i vertici nazionali della Lega Nord, che sono in politica da prima di Berlusconi, non ce la fanno più e stanno diventando ipocriti come lui e la sua corte. Buoni a far campagna elettorale, non a cambiare lo status quo, una volta vinte le elezioni.

Ammesso e non concesso che la prossima volta le vincano, queste elezioni.

PS:

Non poteva mancare, sempre più feroce di quanto potrò mai fare io, l'intervento dei miei amici di Phastidio.Net contro il federalismo adulterato di questo fallimentare governo.

giovedì 20 gennaio 2011

E' possibile sperare ancora

Luca Cordero di Montezemolo ha parlato oggi nel corso di una delle belle iniziative della sua fondazione Italia Futura. Ancora una volta mi è piaciuto. E' una figura che può unire e l'ho scritto sul suo sito.

Con il suo aiuto potrebbe essere ripreso un programma minimo, che contenga quelle riforme che aspettiamo da decenni. Non voglio invecchiare con i giovani che stanno a casa a spendere la pensione dei vecchi; le donne, i gay, gli stranieri, ancora oggetto di ostracismo e pregiudizi; il bicameralismo paritario e i mille parlamentari nominati; il federalismo incompiuto, le province che si moltiplicano, i comuni impoveriti e abbandonati. Abbiamo bisogno di qualcuno che si sacrifichi contro la dittatura dello status quo, di un nuovo spirito repubblicano, forse anche di una sorta di lista civica nazionale...

Stufi della corte dei miracoli

Mario Lancisi sul Tirreno di oggi, a pagina 7, racconta che i vertici del PDL toscano fanno quadrato attorno a Berlusconi, ma cita anche i dubbi di chi, come chi scrive per esempio, è stufo dell'ipocrisia del premier e dell'opacità della corte dei miracoli che lo circonda.

Questo è stato il mio contributo integrale a Mario Lancisi:


Da Mauro Vaiani, blogger e intelettuale indipendente, che in passato ha collaborato molto con Antichi e il PDL:
"Per quanto si cerchi di restare sul piano più squisitamente politico, Berlusconi dilaga anche nel campo dell'immaginazione e dei sentimenti. La sua presunta invincibilità è stata alimentata anche dalla aura di innocenza che lo ha circondato agli inizi. Ci sono tante persone che si sono letteralmente innamorate di lui, per la sua simpatia, per la sua operosità, perché era già talmente ricco da poter essere generoso e disinteressato, perché era un marito, un padre, un nonno praticamente perfetto, perché era un uomo perbene, sempre circondato da persone perbene. Ecco l'innocenza si stava già incrinando, con il tempo, non è successo solo dopo il caso Ruby.

Tuttavia quella telefonata in questura e questa presenza di minorenni in feste private molto trasgressive, sono la classica goccia che fa traboccare il vaso.
Oggi la gente apre gli occhi e vede che quest'uomo non risolve più, non ha più la forza di imporre riforme, neppure quelle altamente simboliche e condivise da tutti, come la riduzione del numero dei parlamentari. Inoltre si è arricchito. E' potente come non lo è mai stato forse nessun altro prima di lui nell'Italia moderna. Si avverte dell'ipocrisia nel modo in ci racconta la sua vita privata. E' circondato da approfittatori e carrieristi, da una corte dei miracoli sulla quale non sembra avere alcun controllo.

I suoi fan sono confusi, si domandano se ha ancora il controllo della sua vita e della situazione politica.".

Mauro Vaiani

mercoledì 19 gennaio 2011

I nominati non sono lì per caso


Silvio Berlusconi alza la posta, attacca, minaccia, solleva polveroni, si arrampica sugli schermi televisivi, ma stavolta non può farcela, perché nulla o nessuno può cancellare Nicole Minetti. Tutto il resto può essere negato fino all'evidenza, confuso con l'affabulazione, mistificato con la propaganda. Lei no. Lei c'è.
La hanno inserita nel listino regionale della Lombardia. Nicole Minetti è consigliere regionale.
Non è una calunnia degli avversari, non è uno schizzo di fango gettato dalla stampa ostile.
Non è una invenzione dei moralisti o la cinica esagerazione di chi vuole inchiodare l'avversario alle sue personali incoerenze.
Non è un incidente, non è un caso.
Stavolta l'hanno fatta grossa, Silvio Berlusconi, Umberto Bossi, Roberto Formigoni e altri loro sodali. Averla imposta, ingannando il popolo lombardo, è una cosa imperdonabile anche per i tanti che sarebbero disposti a perdonare la presenza di minorenni in feste lascive e per quelli, che sono un po' meno, che sarebbero disposti a perdonare la famosa telefonata in questura.
Se ne vada, cittadino Berlusconi, il più presto possibile.

* * *

Il sindaco pescatore

Sono già passati quattro mesi dalla scomparsa di Angelo Vassallo, il pescatore sindaco di Pollica nel Cilento.
Viene ricordato con un fumetto e ne sono contento.
Le strisce sono il piccolo tempio personale in cui custodiamo i nostri moderni eroi.
L'iniziativa è del quotidiano Terra.
Qualche dettaglio in più lo potete leggere sul Corriere del Mezzogiorno.

lunedì 17 gennaio 2011

Cose da ricordare sul berlusconismo

Cose da ricordare, mentre assistiamo alla caduta di altre foglie in questo lungo autunno del berlusconismo. Cose importanti per chi non si rapporta con questo momento storico come un tifoso, ma come un cittadino sovrano. Che magari ha creduto, oppure è sempre stato scettico; che magari è deluso, oppure aveva sempre sospettato; che di sicuro però non vuole, mai, buttare il proprio cervello all'ammasso.

Credo che sarebba stata giusta una qualche forma di protezione costituzionale per il presidente del consiglio dai rischi di un improprio attivismo da parte di pubblici ministeri politicizzati. Vorremmo sommessamente ricordare, però, che mentre molte democrazie prevedono una immunità temporanea per gli alti vertici dello stato riguardo a questioni accadute nel loro passato, praticamente nessuna mette al riparo i propri vertici dai misfatti che si compiono nel presente, durante il mandato.

Un eventuale scudo di buon senso avrebbe potuto rinviare nel futuro le inchieste che hanno tentato di scavare nel suo passato di imprenditore, ma non avrebbe comunque mai potuto metterlo al riparo da ipotesi di reato recentissime, come il suo ipotizzato coinvolgimento in casi di prostituzione minorile, o l'eventuale abuso di potere che potrebbe configurarsi nelle sue discutibili telefonate in questura.

Sui problemi giudiziari di Berlusconi, più in generale, c'è una considerazione che, per quanto possa dispiacere a chi ha creduto in lui e diffidato della vecchia sinistra, non si può più eludere. In molti siamo convinti che contro il Presidente ci sia stato accanimento giudiziario. Dopo tanti anni di governo, però, se la magistratura non è stata riformata, se le cose non sono cambiate, si dovrà pur cominciare a pensare che non si tratta più tanto di una manifestazione di odio politico pregiudiziale nei suoi confronti, quanto di una conseguenza diretta della sua incapacità a cambiare le istituzioni e le regole.

Dobbiamo rassegnarci all'idea che il presidente Silvio Berlusconi ha avuto come statista un successo inversamente proporzionale a quello che ottenuto nella sua vita da imprenditore. Peccato, perché di leader così trascinanti e, a parole, così rivoluzionari, non ne capitano di frequente.

Siamo vent'anni più vecchi e nessuno dei grandi cambiamenti istituzionali, politici o economici promessi, è arrivato in porto. Non è riuscito a sconfiggere la dittatura dello status quo, è finito in un cul-de-sac.

Ai fallimenti come statista, va aggiunto il disastroso fallimento del PDL. A più di tre anni dalla svolta del Predellino del 18 novembre 2007, al posto di un grande partito popolare e liberale di massa abbiamo una opaca inefficiente piramide, ai cui vertici scorrazzano veline e velini, pensionati sfigati, parlamentari voltagabbana e una serie di persone che sembrano essere state nominate ai vertici dei ministeri in dispregio di ogni possibile concezione di democrazia o meritocrazia, per premiare invece la sola fedeltà al leader.

Non va dimenticato, infine, che è stata guastata l'innocenza con cui una importante fetta di questo paese guardava alla vicenda politica di Silvio Berlusconi. A mio parere, è questa la parte più brutta del tramonto di Berlusconi.

Un uomo su cui un popolo intero ha riposto una fiducia così grande, non ha più tutta la libertà del privato cittadino, poca o tanta che sia.

Non può più permettersi, come invece è lecito per le persone comuni, di essere ipocrita, di essere evasivo, di manipolare i fatti con parole ai limiti della menzogna.

Il tempo fugge irreparabile. Anche noi, cittadini italiani, come i nostri vicini tunisini, dobbiamo liberarci del nostro sultano.

Piccola ape furibonda

Ieri con degli amici abbiamo fatto una camminata sulle pendici del monte Faeta, sopra Asciano Pisano. Siamo arrivati fino al Passo di Dante e poi oltre, fino ai resti etruschi che si trovano sulla cima del Castellare, sopra villa Bosniaski.

E' stato bellissimo camminare sui sentieri della nostra terra e parlare con gli amici in questa che forse è stata la prima domenica veramente soleggiata dell'anno nuovo.

Si è discusso di tante cose che vorremmo diverse, migliori, ma anche di quelle che vorremmo proteggere e conservare per sempre.

Si è parlato anche di poesia.

Mi sei tornata in mente, piccola ape furibonda. Ho scelto questo bel video, che dimostra che ci manchi, ma anche che ci sei...

Come scrissi il giorno della sua morte, il 1 novembre 2009, se esiste un paradiso, speriamo davvero di trovarci Alda Merini, magari in forma di piccola ape furibonda, che cambia continuamente di colore, che non ha misura, che non ha vergogna... Fermati, viaggiatore, se puoi, e valla a trovare...


* * *



* * *

Il brano è tratto dall'album Rasoi di seta - Amore
Liriche di Alda Merini - Musica di Giovanni Nuti

Ho perso lungo i solchi della vita
o mio unico Amore
Dio di giacenza e di dubbio
Dio delle mitiche forze
Dio, Dio, sempre Dio
che sei piu' forte degli amplessi
e dei teneri amori
che fai crescere le fontane
e che appari e dispari
come un luogotente del destino
perderti è come perdere la speranza
e io ti ho perduto.
Ti ho perduto non una
ma un milione di volte
e ritrovarti è come sorgere
dall'eterno peccato
per vedere le falle della vita
ma anche le tue mobili stelle
tu sei un Dio di amore
di amore
un Dio di amore
di amore


Le immagini del video sono tratte da "Francesco" di Liliana Cavani.

sabato 15 gennaio 2011

Anche gli Arabi possono cacciare un tiranno

E' bello leggerlo sulla pagina del blogger libanese Mustapha, con le parole di un giovane arabo che ci parla direttamente dal mondo islamico. Va scandito bene, parola per parola. Va ripetutto, perché in tanti, in troppi faranno fino all'ultimo finta di non sentire: anche gli Arabi possono cacciare un tiranno. Anche gli Arabi possono svegliarsi dalle sbornie ideologiche e accorgersi degli inganni dei vecchi e nuovi totalitarismi. Anche gli Arabi possono assumersi la responsabilità del proprio futuro, liberandosi dal vittimismo, dai complessi di inferiorità, dalla tentazione di dare la colpa dei loro problemi sempre agli altri: all'Occidente, ai cristiani, agli armeni, ai kurdi, agli ebrei, agli Israeliani, alle donne, ai gay, agli sciti, e così via...

E' una bella e dolorosa giornata, dall'altra parte del Canale di Sicilia. E' scoppiato in Tunisia un focolaio di speranza, che speriamo davvero contagi l'intero Maghreb, il mondo arabo, tutti i paesi musulmani.

Voglio ammalarmi anch'io della speranza dei nostri vicini tunisini, con le crude parole di un giovane scrittore e poeta omosessuale marocchino, Abdellah Taïa, che qua e là fra le pagine di uno scritto apparentemente solo intimistico, lancia delle grida che dovrebbero risuonare nel cuore di ogni cittadino dei paesi arabi:

"Non credevo più a niente.
Senza religione.
Senza D-o.
Gettato nel vuoto e nella sua vertigine.
Stravolto...
Ero nel cuore di un mondo arabo che, anche lui, in fondo, non credeva più a niente.
Un mondo assurdo.
Un mondo-prigione in cui la poesia era ormai rara.
Un mondo in cui si ripetevano gli stessi errori instancabilmente e, certo, la colpa era sempre degli altri, degli occidentali.
Non avevo più indulgenza, non provavo più tenerezza per quel mondo..."
(Abdellah Taïa, Uscirò da questo mondo e dal tuo amore, pag. 82 dell'edizione italiana Isbn Edizioni, 2010)

E' giunto il momento di cambiarlo, quel mondo.

Grazie, sorelle e fratelli di Tunisia, di aver gettato i vostri corpi, i vostri sogni, le vostre voci nella lotta.


mercoledì 12 gennaio 2011

Tremonti esoterico

A un Piero Ostellino che ne aveva criticato un certo dirigismo di destra, oggi sul Corriere della Sera risponde, con un lunghissimo ma alquanto esoterico intervento, il ministro Tremonti.

Confessa l'impotenza a delegificare, deregolamentare, semplificare, sburocratizzare questa vecchia e malandata Repubblica.

Un'ammissione piuttosto triste, dopo quasi vent'anni che aspettiamo la rivoluzione liberale.

Si chiede allora un colpo di spada che tagli invece di sciogliere il nodo di Gordio che soffoca questo paese pieno di leggi e senza più legge. Sempre immaginifico, il ministro, che chiede - addirittura - una norma di valore costituzionale che stabilisca in modo definitivo il principio della responsabilità, dell'autocerficazione, del controllo ex post. "estendendoli con la sua forza obbligatoria a tutti i livelli dell'ordinamento, superando così i problemi del complicato riparto delle competenze legislative" (sic).

Dove infilare una norma così potente? Il ministro Tremonti suggerisce di modificare l'attuale art. 41 della Costituzione, che attualmente recita:

Art. 41
L'iniziativa economica privata è libera.
Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali.

Non è poi un articolo così pericoloso, non trovate? E' anche meno "socialisteggiante" e tutto sommato meno invecchiato di altri capoversi della nostra sempre valida e originariamente molto ben scritta Carta fondamentale.

Anche il ministro Tremonti riconosce che questo articolo non ha mai impedito leggi di semplificazione, ma, lamenta, non ha mai neanche prodotto leggi contro la complicazione... Altre leggi per impedire i guai provocati dalle leggi esistenti? Qui, invece che fare liberalismo, rischiamo la paranoia.

Infine, in cosa dovrebbe consistere questa arma finale costituzionale contro la bulimia legislativa e il cancro delle burocrazie? Di quali parole? Chi mastica diritto lo sa, le parole sono decisive. Infatti il divino Giulio tace e non dice nulla e forse è meglio così.

Invoca un dibattito.

Bene. Se un ministro della Repubblica scrive così tanto per dire così poco, anche un povero inventore di parole come me può dire la sua.

Fra le molte iniziative che si dovrebbero intraprendere per sconfiggere la disperazione italiana, c'è anche, a mio parere, quella di restituire al popolo il potere di abolire tutte le leggi inutili, gli enti inutili, i ministeri inutili. Sperando che siano i cittadini ad abolire, al più presto, anche questa stagione di politica così chiacchierona e così ignorante di diritto costituzionale.

E qui, mi capite, non sto più parlando solo di Tremonti...


Post Scriptum

Segnalo, con piacere, che anche una delle più innovative reti di cittadinanza di cui faccio parte, Italia Futura, ha messo in evidenza quanto sia inquietanti queste tante parole con così pochi fatti...

Aggiungo anche questo graffio di scetticismo su Tremonti, lasciato da Paolo Cerasa su Cerazade: spesso chi è prolisso, finisce anche il ripetersi...

sabato 8 gennaio 2011

Vent'anni contro le preferenze

Una riflessione ai margini di uno scambio mail avuto con Antonio Floridia
di Mauro Vaiani

E' iniziato il 2011, l'anno in cui il Consiglio regionale toscano dovrà ridiscutere la propria legge elettorale. C'è la promessa solenne del governatore Rossi. C'è un consenso diffuso attorno ad alcuni principi che, come ha ricordato Carlo Fusaro sul Corriere Fiorentino, il 4 gennaio scorso, fanno parte del dibattito toscano su una migliore selezione del personale politico, sin dall'inizio degli anni 2000.
C'è anche il consenso trasversale di quei consiglieri di sinistra, di centro e di destra, che sono fortemente radicati nei propri territori e determinati ad ascoltare la richiesta di cambiamento che proviene dai loro elettori.
C'è l'opportunità, che soprattutto le forze di centrosinistra e quelle che vogliono rinnovare il centrodestra non possono non cogliere, di mandare un segnale forte alla palude romana, perché anche lì si provveda ad andare oltre il Porcellum.
Antonio Floridia, il direttore dell'Osservatorio elettorale della Regione, uno dei principali esperti toscani - e non solo - di elezioni e di sistemi elettorali, ci ha ricordato che la legge elettorale nazionale somiglia solo superficialmente alla nostra legge toscana.
Se Calderoli ci ha copiato, lo ha fatto davvero male, sfigurando le intenzioni del legislatore toscano.
Basti ricordare, a questo proposito, che le nostre circoscrizioni sono molto più piccole di quelle nazionali. Funzionano in modo molto simile a circoscrizioni uninominali.
Le primarie, inoltre, per chi lo ha voluto e chi ci ha seriamente provato, come la più grande forza politica toscana, il PD, sono ormai una prassi consolidata, un processo competitivo e selettivo a cui hanno partecipato nel 2009 oltre 110.000 cittadini toscani.
Il disagio contro le primarie che periodicamente riemerge fra i Democratici, ammesso e non concesso che non sia solo mera resistenza di casta, sa molto di nostalgia della politica di una volta. A nostro parere non riuscirà a fermare lo sviluppo di questo potente strumento di partecipazione degli elettori alla scelta dei loro leader naturali.
La Toscana, quindi, non parte da una “porcata”, ma da una esperienza che ha già valorizzato collegi piccoli, che consentono una rappresentanza a tutti i territori, e da regole che già prevedono l'organizzazione di primarie.
A coloro che hanno nostalgia delle preferenze, ci permettiamo di ricordare che sono vent'anni che lottiamo per superarle.
Il 9 giugno 1991 la maggioranza assoluta dei cittadini italiani andò a votare sì nel referendum per l'abolizione delle preferenze all'italiana. Fu abbattuto un sistema che consentiva a ristrette minoranze organizzate di scegliere gli eletti all'insaputa della maggior parte degli elettori. Fu un primo segno di rivolta popolare contro lo strapotere delle fazioni, il clientelismo, la corruzione, gli eccessivi costi e lo scarso rendimento della politica.
Dobbiamo respingere la tentazione di guardare indietro, al vecchio rapporto, sempre ambiguo, fra l'eletto e i “suoi”, coloro che gli hanno dato la preferenza, sostenitori e clienti. Il ritorno delle preferenze, vent'anni dopo, oltre che avere qualcosa di beffardo, ci parrebbe un segno di perdita di memoria storica e di cultura istituzionale.
Guardiamo invece avanti, verso i collegi uninominali, che esaltano la responsabilità dell'eletto rispetto a tutta l'opinione pubblica del suo territorio. Coniugandoli pure, come accadeva una volta per l'elezione del Senato o come accade oggi per le province, con regole che consentano il recupero di rappresentanti anche per le forze minori.
Ci servono, infine, regole chiare e trasparenti, aperte e competitive, per la scelta del candidato di ciascun partito in ciascun collegio. Norme che siano uguali per tutte le forze in campo e che inizino a delineare quello “statuto pubblico” dei partiti, che è anch'esso, già da tempo, argomento di un fecondo dibattito, soprattutto qui in Toscana.


Firenze - Pisa, sabato 8 gennaio 2011

Mauro Vaiani
vaiani@unipi.it

In loving memory of Salmaan Taseer

Se le parole hanno ancora un senso, Salmaan Taseer, il governatore del Punjab, assassinato il 4 gennaio scorso da una delle sue guardie del corpo, è un martire da onorare. Questa è la bella provocazione lanciata da "The Tablet", il settimanale cattolico più noto e autorevole in Gran Bretagna, per ricordare il leader punjabi che si è battuto come un leone contro la famigerata legge pakistana sulla blasfemia e per la libertà di tutti nel suo stato e nella federazione pakistana.

Per un approfondimento sulla figura di Taseer, vale la pena - come ormai accade sempre più spesso - di partire da Wikipedia, oppure, per chi ha più tempo, dal suo sito personale.

Nel Pakistan tormentato dalla violenza di stato, dalla criminalità politica, dal terrore scatenato dai perdenti radicali, onorando questi martiri e tutte le vittime innocenti, si cerca di alimentare una visione per il domani, una speranza dopo questo Pakistan.
 

martedì 4 gennaio 2011

Indicazioni condivise

Carlo Fusaro ha pubblicato oggi un editoriale sul Corriere Fiorentino, che contiene delle indicazioni per la riforma elettorale toscana. Le sue indicazioni sono in piena sintonia con quelle portate avanti dalla nostra campagna. E' una significativa conferma che in Toscana si sta creando un clima condiviso e favorevole a una selezione maggiormente partecipata e competitiva della nostra dirigenza politica.

Ecco un estratto dell'articolo:

"Nel caso della legge elettorale toscana vanno difesi stabilità, bipolarismo, scelta da parte degli elettori del proprio presidente; c'è da recuperare un maggior rapporto col territorio e tornare a spingere per l'equilibrio di genere; va rilanciata la pionieristica legislazione sulle primarie.
Fra i guai da evitare ci sono il pericolo di rendere più costose le campagne dei candidati e quello di cancellare anche quel poco di organizzazione partitica che sopravvive.
Come al solito, di ricette ce ne possono essere varie. Ma a me la più convincente sembra quella di recuperare alcune proposte di cui già si discusse nel 2003-2004: ridimensionare se non abolire il premio, istituire collegi uninominali piccoli, prevedere un doppio turno, mantenere una forte presenza garantita dell'opposizione, incentivare le primarie, dopo averle rivedute e corrette (con i collegi nominali si sposano meglio che con le liste).
Nel 2004 la Toscana indicò una strada: poi a Roma, nel rifare la legge nazionale, il centrodestra di allora, Casini in testa, ne fece la caricatura.
Ci si potrebbe riprovare, allora, per la nostra regione e per il Paese."

Fonte: http://corrierefiorentino.corriere.it/, Corriere Fiorentino, martedì 4 gennaio 2010, pag. 1

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