Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

sabato 15 gennaio 2011

Anche gli Arabi possono cacciare un tiranno

E' bello leggerlo sulla pagina del blogger libanese Mustapha, con le parole di un giovane arabo che ci parla direttamente dal mondo islamico. Va scandito bene, parola per parola. Va ripetutto, perché in tanti, in troppi faranno fino all'ultimo finta di non sentire: anche gli Arabi possono cacciare un tiranno. Anche gli Arabi possono svegliarsi dalle sbornie ideologiche e accorgersi degli inganni dei vecchi e nuovi totalitarismi. Anche gli Arabi possono assumersi la responsabilità del proprio futuro, liberandosi dal vittimismo, dai complessi di inferiorità, dalla tentazione di dare la colpa dei loro problemi sempre agli altri: all'Occidente, ai cristiani, agli armeni, ai kurdi, agli ebrei, agli Israeliani, alle donne, ai gay, agli sciti, e così via...

E' una bella e dolorosa giornata, dall'altra parte del Canale di Sicilia. E' scoppiato in Tunisia un focolaio di speranza, che speriamo davvero contagi l'intero Maghreb, il mondo arabo, tutti i paesi musulmani.

Voglio ammalarmi anch'io della speranza dei nostri vicini tunisini, con le crude parole di un giovane scrittore e poeta omosessuale marocchino, Abdellah Taïa, che qua e là fra le pagine di uno scritto apparentemente solo intimistico, lancia delle grida che dovrebbero risuonare nel cuore di ogni cittadino dei paesi arabi:

"Non credevo più a niente.
Senza religione.
Senza D-o.
Gettato nel vuoto e nella sua vertigine.
Stravolto...
Ero nel cuore di un mondo arabo che, anche lui, in fondo, non credeva più a niente.
Un mondo assurdo.
Un mondo-prigione in cui la poesia era ormai rara.
Un mondo in cui si ripetevano gli stessi errori instancabilmente e, certo, la colpa era sempre degli altri, degli occidentali.
Non avevo più indulgenza, non provavo più tenerezza per quel mondo..."
(Abdellah Taïa, Uscirò da questo mondo e dal tuo amore, pag. 82 dell'edizione italiana Isbn Edizioni, 2010)

E' giunto il momento di cambiarlo, quel mondo.

Grazie, sorelle e fratelli di Tunisia, di aver gettato i vostri corpi, i vostri sogni, le vostre voci nella lotta.


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