Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

sabato 28 giugno 2025

Il manifesto del civismo libero e autonomo de L'Altra Toscana


 

Nell'accogliente contesto dell'Hotel Florence Metropole, a Firenze, si sono riuniti stamane, 28 giugno 2025, ottanta amministratori locali e attivisti de "L'Altra Toscana", per la presentazione del proprio manifesto. Lo pubblichiamo integralmente, per fare apprezzare la freschezza e la novità del linguaggio del documento, elaborato da questa innovativa rete toscana di coordinamento dei civismi e di altre realtà politiche autonome, libere, locali.

Il manifesto è stato presentato da Giovanni Bellosi (Scandicci Civica), Claudio Lucii (Vivi Poggibonsi), Mauro Vaiani (Ora Toscana - Civici di Prato per le autonomie), Renzo Luchi (Cittadini per Fiesole), Francesco Carbini (Liste Civiche Sangiovannesi).

A inizio lavori hanno portato un saluto Serena Bavuso, assessora a Lamporecchio (che ha sostituito la sindaca civica Anna Trassi, all'ultimo momento impossibilitata); David Saisi (sindaco civico di Gallicano), Alessandro Polcri (sindaco civico di Anghiari e presidente della provincia di Arezzo). 

Il dibattito è stato coordinato da Anna Ravoni (già sindaca di Fiesole) e Federico D'Anniballe (Cambiamo Ponsacco).

Ha concluso, con un appassionante intervento, il sindaco di Viareggio, Giorgio del Ghingaro, garante e coordinatore della rete L'Altra Toscana.

Approfondimenti e ulteriori notizie saranno presto diffuse. Nel frattempo ecco qui il testo integrale del manifesto.

 


 

MANIFESTO POLITICO DEL CIVISMO IN TOSCANA
promosso da L’Altra Toscana
 

Il tempo del protagonismo 

1. Una nuova grammatica per una nuova Toscana
La Toscana del 2025 chiede un linguaggio politico nuovo. I modelli del passato, basati su appartenenze rigide e su un potere distante dai territori, hanno esaurito la loro spinta propulsiva. In questo vuoto si afferma una nuova pratica: il civismo.
Un civismo autentico, radicato, autonomo. Non un’ideologia, ma un metodo. Non una bandiera, ma un progetto collettivo. Una politica che nasce dal basso, dalla concretezza delle esperienze locali, e che torna ai cittadini con risultati visibili e verificabili.

2. Il civismo è partecipazione che governa
Il civismo non è un’eccezione, ma un’alternativa reale. Amministra bene dove è messo alla prova. Parla con onestà. Decide con responsabilità.
In Toscana esistono esempi chiari di civismo amministrativo efficace, capace di affrontare crisi profonde e generare rinascita. L’Altra Toscana nasce da queste esperienze: non come somma di liste, ma come espressione matura di una volontà popolare che chiede serietà, competenza e visione.


3. Il tempo del protagonismo: dalla Toscana che subisce alla Toscana che propone
Una regione intera si risveglia. Non più spettatrice dei giochi politici decisi altrove, ma protagonista del proprio destino. Città medie, aree interne, borghi, periferie urbane: in tutta la Toscana cresce la consapevolezza che è tempo di agire insieme.
L’Altra Toscana è la casa di questo nuovo protagonismo: una rete di cittadini, amministratori, esperienze civiche che non si rassegnano alla marginalità e costruiscono, ogni giorno, la Toscana possibile.


4. Il civismo come infrastruttura democratica
Lontano dalla retorica e dai professionismi della politica, il civismo si struttura. Costruisce reti, promuove formazione, attiva intelligenze collettive.
E’ il tempo di mettere a comune le buone pratiche locali per costruire un progetto regionale forte, autonomo, credibile. Il civismo toscano oggi è pronto per questa sfida: non come testimonianza, ma come proposta di governo.


5. Le priorità di una Toscana civica
• Sanità pubblica e territoriale: più accessibilità, meno attese. Cura e prevenzione come diritti fondamentali.
• Territorio e rigenerazione: investimenti pubblici in progetti partecipati, nei centri storici e nelle aree marginali.
• Beni comuni: acqua, suolo, paesaggio e cultura da riconoscere e gestire con responsabilità condivisa.
• Lavoro dignitoso e impresa diffusa: promuovere il lavoro vero, sostenere chi innova e chi tiene viva l’economia locale.
• Innovazione tecnologica sostenibile come mezzo per supportare iniziative giovanili, protezione dell’ambiente e accelerazione dell’apparato burocratico
• Trasporto pubblico: da migliorare e rendere concretamente fruibile in tutto il territorio regionale.
• Tutela diffusa: la Toscana quale unicum non replicabile, con le sue eccellenze in tutto il suo territorio, che meritano pari dignità di salvaguardia, senza disparità di attenzione tra le diverse parti del territorio regionale.
• Partecipazione aperta e confronto costante: un’amministrazione sempre frutto di confronto con la cittadinanza, pronta a recepire istanze ed idee.
• Sicurezza sociale: più presenza, servizi diffusi, comunità forti e coese.
• Scuola, cultura, giovani: formazione civica, spazi pubblici, educazione alla partecipazione democratica.


6. Un metodo prima ancora che un programma
L’Altra Toscana non nasce per replicare ciò che non funziona, ma per offrire un metodo nuovo: trasparente, condiviso, aperto. Le decisioni devono essere comprensibili e partecipate. La politica non è proprietà di pochi, ma spazio di corresponsabilità.
Il civismo non promette miracoli, ma si impegna a rendere ogni scelta leggibile, ogni risorsa tracciabile, ogni risultato misurabile.


Conclusione – L’Altra Toscana è già cominciata
L’Altra Toscana non è un’idea astratta. È ciò che già esiste nei territori che funzionano. È ciò che si vede ogni volta che una comunità sceglie di rimboccarsi le maniche. È ciò che accade quando l’ascolto, la competenza e il rispetto diventano pratica politica.
Ci uniamo con modalità confederali che rispettano e anzi promuovono le nostre autonomie e diversità, lasciando emergere proposte comuni, competenze ed energie, una nuova generazione di leader locali.
Il nostro obiettivo non è cambiare casacche, ma aprire spazi nuovi. Ricostruire fiducia. Unire ciò che è disperso.
Restituire alla politica il senso dell’utilità. E ai cittadini, il gusto di esserci.

 

* * * 

Nella foto uno sguardo d'insieme sugli 80 partecipanti all'evento 

Per maggiori informazioni un primo contatto: laltratoscana@gmail.com

 

 

 


 

domenica 15 giugno 2025

Vent'anni di grida "al lupo iraniano"

 


Seguo la resistenza iraniana da oltre vent'anni. Questo non fa di me un "esperto" di cose iraniane, ma forse mi dà il diritto di farmi delle domande e, visto che non trovo risposte sui media occidentali, anche quello di avere dei dubbi.

Secondo l'AIPAC, la potente lobby israeliana in America, già all'inizio del secolo era necessario fermare l'Iran dalla sua corsa verso il nucleare. La loro conferenza annuale del 2006 era già intitolata, con grande enfasi, con un senso di urgenza, "Now It's Time to stop Iran". A quei tempi quella e altre istituzioni godevano di una certa credibilità, anche ai miei occhi di intellettuale e attivista di provincia.

La risposta di persone come me, allora, a questo urgente appello, fu di sostenere in ogni modo i dissidenti iraniani che, con metodi nonviolenti e con grande sacrificio personale, si impegnavano per un Iran diverso. 

Abbiamo sostenuto i giovani iraniani esuli nella loro resistenza contro l'estremismo e il populismo di Ahmadinejad (che era stato rieletto presidente dell'Iran nel 2009 in una votazione fortemente contestata).

Ricordo con orgoglio di aver assistito Alessandro Antichi (allora capo dell'opposizione di centrodestra nel Parlamento toscano), Severino Saccardi (uno dei più colti e sensibili esponenti della maggioranza di centrosinistra), il giornalista Stefano Marcelli, nel loro impegno perché la Regione Toscana si esponesse, come istituzione, per la liberazione del dissidente Akbar Ganji. Liberazione che in effetti ci fu, tanto che nel 2006 il Parlamento toscano poté ospitarlo e consegnargli la massima onorificenza.

Come ci furono anche altri momenti importanti, come la visita di Shirin Ebadi, premio nobel per la pace, a Firenze nel 2009, quando tenne una lectio magistralis parlando sotto l'ombra del David - simbolo universale di libertà repubblicana - alla Galleria dell'Accademia.

Negli Stati Uniti d'America e in Israele, però, non si sono mai rassegnati i guerrafondai che volevano fare all'Iran ciò che era stato fatto alla Somalia, all'Afghanistan, all'Iraq, alla Libia, alla Siria. Non posso dimenticare i vergognosi 47 traditori, alcuni dei quali sono ancora in circolazione e vogliono tuttora condizionare la politica estera e militare USA anche al tempo di questa imprevedibile seconda presidenza Trump.

Nemmeno le persone ragionevoli, però, si sono mai rassegnate. Ci sono stati momenti di grande speranza, come la gioia popolare che esplose in Iran nel 2015, al momento della firma degli accordi per un nucleare esclusivamente civile. Il movimento popolare Donna Vita Libertà, l'ultimo di una lunga serie, è più vivo che mai.

Dopo vent'anni di grida "al lupo iraniano", quel regime di preti corrotti e di "guardiani della rivoluzione" miliardari e crudeli è sempre più odiato, sempre più debole, sempre più vicino all'inevitabile crollo.

Che in questa sua fase terminale abbia consumato le ultime risorse di cui disponeva per riprendere il programma di costruzione di bombe atomiche con le quali minacciare di distruzione Israele, Curdi, Beluci (Baluci), Azeri, rivali Arabi, posso ancora crederlo.

Che l'allarme recentemente lanciato dalla AIEA contro l'Iran fosse documentato, lo accetto.

Che il governo cinico e guerrafondaio di Netanyahu avesse pronti da anni piani per minare infrastrutture militari e nucleari iraniane, in modo tale da ritardarne per un altro decennio lo sviluppo tecnologico, lo dò per scontato.

Che in Iran esistano vasti strati popolari più o meno dichiaratamente felici che dall'estero siano arrivati colpi feroci e duri contro l'establishment, ne sono sicuro. 

Che mezzo mondo, più o meno apertamente, approvi il raid di Netanyahu, come lezione impartita a una potenza rivale sempre più in crisi (e quindi sempre più pericolosa), lo registro con il necessario realismo.

Che questa sia però una strada per la liberazione dei popoli dell'Iran, per la sicurezza a lungo termine di Israele e dei suoi vicini, oltre che per l'emancipazione dei Palestinesi dalla condizione disumana in cui sono stati precipitati (prima di tutto dai loro capi), no, questo proprio non riesco a crederlo.

Alziamo la voce e protestiamo contro questa ennesima esplosione di violenza che serve solo, come tutte le altre, a tenere al potere i capi pro tempore dei regimi coinvolti.

Grazie al nuovo vescovo di Roma, papa Leone XIV, di non aver fatto mancare, in proposito, un appello alla ragionevolezza

Dividersi in tifosi, di Israele, dell'Occidente, tanto meno degli orrendi preti al potere in Iran, è oggi più pericoloso e fuorviante che mai.

La realtà, ieri come oggi, come sempre, deve essere la guida interiore del realismo cristiano, quindi umano, quindi necessario in questo mondo in cui ci stiamo autodistruggendo.

Un altro regime change al seguito di bombe occidentali? No, grazie.


Mauro Vaiani (Ph.D. in Geopolitics)

 

domenica 1 giugno 2025

Avremmo voluto un altro referendum

 

 

Mai farò propaganda astensionista. Sarebbe contro le mie radici e un'offesa ai miei antenati che hanno così tanto sofferto, prima di ottenere il diritto di voto.

Nemmeno però voglio nascondere i miei dubbi su questa tornata referendaria dei prossimi 8-9 giugno 2025.

Nei quesiti sottoposti al voto popolare, non c'è nemmeno l'ombra di quella sapienza referendaria di Marco Pannella e dei suoi studiosi radicali. Loro seppero, su questioni grandi e piccole, portare al successo iniziative referendarie che cambiavano da subito, in meglio, la vita di vasti strati popolari di questa nostra composita Repubblica.

Stavolta non c'è nemmeno un vero e proprio messaggio simbolico e unificante, così come fu il referendum per l'acqua pubblica del 2011. Si sapeva che le conseguenze normative erano modeste e fragili - e infatti sono state tradite dal centrosinistra e dal centrodestra - ma era una battaglia trasversale e mobilitante. Per questo raggiunse il quorum, scuotendo una popolazione già allora profondamente stanca degli attuali partiti e dei loro due poli.

Purtroppo i quattro quesiti proposti (imposti?) da Landini e dalla sua CGIL sono giuridicamente scivolosi. Il diritto del lavoro è ormai troppo complesso. Le esigenze degli anziani (la maggioranza) e dei giovani (la minoranza) avrebbero avuto bisogno di qualche mese di lavoro in una commissione di semplificazione e delegificazione, a livello sia europeo, che repubblicano, per trovare margini di miglioramento.

Mi rendo conto che il messaggio parrebbe nobile: invertiamo la rotta che ci ha condotto alla mercificazione del lavoro. Peccato che questa riduzione del lavoro umano a merce che deve circolare e sottostare alle condizioni di mercato è largamente imposta dalle attuali normative europee. Cambiare l'ideologia della libera circolazione di persone, merci, capitali, servizi in Europa è ben altra cosa che contestare, con una generazione di ritardo, il "Job Act" di Renzi. 

Rendiamoci conto che un messaggio così radicale come quello contro il "mercato" non può incarnarsi in questi quattro referendum, che toccano così marginalmente il diritto del lavoro. Peraltro, nell'ipotesi remota che questi quattro referendum raggiungano il quorum, le conseguenze strettamente legislative saranno molto scivolose e non mancherebbero effetti boomerang per la libertà e la dignità dei lavoratori e, cosa non meno importante, dei creatori di posti di lavoro.

Quanto al referendum sulla cittadinanza, so per esperienza personale e professionale - ho lavorato anche per i servizi demografici di un ente locale - che non potrà cancellare le storture burocratiche, le lungaggini, le sofferenze, le discriminazioni, le vere e proprie ingiustizie che subiscono tanti immigrati in Italia.

Ceteris paribus, se non si ferma la metastasi legislativa, se non si pone rimedio all'accidia dei servizi sociali locali, se non si esce dal paralizzante centralismo autoritario, si diventerà sì cittadini in meno tempo, ma solo per aggiungersi a una massa di altri cittadini che già soffrono la povertà o sono a rischio di esclusione.

Avrei voluto un altro referendum, quello proposto l'anno scorso dal Comitato Besostri, in cui mi impegnai personalmente e a nome della rete Autonomie e Ambiente. 

Quello sarebbe stato un tema davvero decisivo: un attacco al Rosatellum e alle leggi elettorali ingiuste che da decenni ci impediscono di scegliere i nostri rappresentanti. Deputati, senatori, candidati presidenti e sindaci, da ormai trent'anni, non sono più scelti da noi, ma imposti da due elite, rispettivamente alla guida delle due piramidi del centrosinistra e del centrodestra.

Elite sulle quali i cittadini non possono influire. Le piramidi sono troppo alte e da lassù non ci sentono, anche quando gridiamo.

Perché non c'è anche un quesito del Comitato Besostri al voto? Perché ci silenziarono. Ci cancellarono (gli stessi che oggi ci chiamano al voto, peraltro). Ci dissero che disturbavamo la strategia politica di Landini e della Schlein, in alleanza sempre più stretta con i rossoverdi e i post-stellati.

Landini e la Schlein sono in cima alla piramide.

Chiamano alla conta i cittadini.

I cittadini, però, non sono dei "fan" da mobilitare.

Il voto non è una manifestazione di affetto, da "tifosi", per la propria "squadra".

Non solo questo, almeno!

Ha poco senso essere chiamati a votare su questioni e situazioni giuridiche difficili anche per gli esperti e comunque non risolutive.

Piuttosto dobbiamo il riprenderci il potere di scegliere noi persone di fiducia che le questioni difficili le affrontino nel quotidiano di una buona amministrazione.

Per questo, per la rappresentanza, per la ricostruzione di autentiche democrazie locali, territorio per territorio, continuerò a lottare con gli amici del civismo e delle autonomie.

Buona festa della Repubblica!

Mauro Vaiani
(studioso e attivista in Toscana,
garante di OraToscana,
 blogger di Diverso Toscana)

 

giovedì 15 maggio 2025

Nuove idee, nuove energie, nuove speranze per la Toscana


Giorgio Del Ghingaro, referente e garante della rete civica "L'Altra Toscana" (#AltraToscana), nei lunghi anni in cui ha ben amministrato prima Capannori e poi Viareggio non ha mai lasciato le cose come le ha trovate. Le ha sempre coraggiosamente migliorate. Nel tempo, questa figura di cattolico democratico si è reso completamente indipendente dalle due piramidi che dominano - e devastano - la politica italiana e toscana (il centrosinistra e il centrodestra).

Un sondaggio, diffuso oggi e largamente commentato sulla stampa locale, ha dimostrato che è uno dei nuovi leader in cui i Toscani potrebbero riporre la loro fiducia.

Dalla rete civica "L'Altra Toscana" abbiamo ricevuto una nota che pubblichiamo volentieri e pressoché integralmente:

Toscana 2025: i cittadini chiedono una terza via che parte dal basso. Appuntamento a Giugno per la presentazione del Manifesto programmatico de L'altra Toscana.

Nel cuore della Toscana, a pochi mesi dalle elezioni regionali del 2025, un recente sondaggio realizzato da Winpoll racconta con chiarezza un cambiamento profondo in atto nel tessuto politico regionale: i cittadini toscani mostrano una crescente insofferenza verso i due blocchi tradizionali, centrodestra e centrosinistra, e manifestano una domanda forte e diffusa di una terza via. Una via che parta dal basso, che sia autonoma, libera, concreta.

Il dato più significativo è che il 55% degli intervistati si dice pronto a votare un candidato civico, indipendente dalle alleanze partitiche. Questo consenso è trasversale a generazioni, aree geografiche e sensibilità politiche: tra gli under 30 raggiunge il 58%, supera il 60% tra gli elettori di Lega, 5 Stelle e Forza Italia, e arriva a picchi come il 66% a Livorno e il 63% a Lucca. È la fotografia nitida di un popolo che chiede rappresentanza fuori dagli schemi e lontana dalle vecchie logiche di apparato.

A rispondere a questa richiesta crescente è in corso un importante coordinamento regionale di realtà civiche toscane - L'Altra Toscana - le quali, pur nella loro autonomia locale, stanno costruendo una rete capace di affrontare le sfide regionali con uno sguardo nuovo, pragmatico e condiviso. Questo coordinamento mira a portare in Regione una visione civica autentica, fondata sulla partecipazione dei cittadini, la competenza amministrativa e la concretezza delle proposte.

A guidare questa prospettiva di rinnovamento è Giorgio Del Ghingaro, sindaco civico di lungo corso, esperto, competente e dalla forte personalità, che ha fatto del civismo un sistema di governo libero, trasversale e profondamente radicato nei territori, ottenendo risultati eccellenti nella gestione della cosa pubblica. La sua figura rappresenta oggi un punto di riferimento per chi crede che sia possibile amministrare con serietà, visione e autonomia dai partiti.

In un quadro in cui i cittadini indicano come priorità assolute sanità (62%), sicurezza (31%), lavoro (24%) e costo della vita (19%), emerge chiaramente il desiderio di una politica vicina, concreta, non ideologica. Ed è proprio qui che si colloca la proposta civica: una terza via che parte dal basso, costruita sui territori, e guidata da chi ha già dimostrato di saper fare buona amministrazione.

E' quindi possibile un cambiamento, proveniente dalla società civile, da una nuova generazione di leader - locali, ma "glocal" -  ancorati a una visione lungimirante, per il bene delle generazioni future.

Prato, 15 maggio 2025
Festa della Madonna di Montenero, patrona della Toscana


venerdì 25 aprile 2025

Al tramonto di questo 25 aprile


 

Alla fine di questa bella giornata dell'ottantesimo anniversario della Liberazione, 25 aprile 2025, sento il bisogno di annotare alcune riflessioni critiche.

Non sono pessimista, ma un pochino preoccupato sì, per quelli che a me paiono, al netto delle ipocrisie e delle inevitabili insincerità, dei profondi limiti culturali - ancora prima che politici - con cui i media, gli intellettuali, i leader delle forze che si dicono democratiche, celebrano, dichiarano, trasmettono, in queste occasioni in cui tutti dovremmo invece riflettere seriamente sullo stato della nostra Repubblica Italiana e dell'Unione Europea.

Una piccola luce è quella accesa da Autonomie e Ambiente, in questi anni, che è stata ancora una volta confermata da interventi come questo, appena diffuso dalla newsletter della rete autonomista, partner in Italia della storica European Free Alliance.

Fuori dal mondo dei veri autonomisti, però, vedo parecchio buio.

Ci si crogiola ancora nella comoda convinzione che il fascismo storico sia stata una sorta di momentanea depravazione di alcuni. Invece fu possibile perché prima c'era stata una cosa molto più drammatica, la "Inutile strage".

Non volendo mai prendere atto fino in fondo, per pregiudizio filo-nazionalista "italiano", di quel disastro, si continuerà a coltivare una idea molto impressionistica: improvvisamente i Savoia diventarono infami, i liberali e tanti popolari si trasformarono in complici, i reduci divennero arroganti squadristi, un ex socialista abile e spregiudicato di nome Benito Mussolini diventò il Duce...

Sconfitto, a caro prezzo, il fascismo storico, ci confrontiamo oggi, ottanta anni dopo, con una nuova drammatica erosione della democrazia. Non la ritengo affatto dovuta al revanscismo di oscure minoranze di fanatici di estrema destra, alla salita al potere di un partito centralista come Fratelli d'Italia, o ad altri nemici più o meno comodamente individuabili in figure come quella di Putin o di Trump. Magari fosse così semplice...

La deriva centralista e autoritaria, in Italia, in Europa, in gran parte degli stati che eravamo abituati a considerare "democratici", ha cause molto più profonde e drammatiche. Nella globalizzazione registriamo concentrazioni di potere nelle elite e impoverimento (non solo materiale) delle masse, che le stanno consumando dall'interno, le nostre democrazie.

I problemi della nostra coesione sociale sono talmente grandi che nei prossimi anni potremmo ritrovarci a riampiangere Giorgia Meloni, che apparirà moderata rispetto a chi potrebbe arrivare dopo di lei.

Per inciso, in Italia abbiamo anche un problema più contingente ma non meno urgente: tutte le nostre leggi elettorali sono ingiuste. Il presidente Mattarella, che oggi a Genova ha pronunciato un ispirato discorso, dovrebbe occuparsene, se non vuole passare alla storia come uno dei becchini della nostra democrazia.

Il modo in cui, l'anno scorso, tutti i poteri mediatici e tutte le forze politiche hanno ignorato la campagna contro il Rosatellum del Comitato Besostri "Io Voglio Scegliere", la dice lunga su come è ridotta la democrazia italiana. La luce in fondo al tunnel, per quanto una persona come me la veda chiaramente, è ancora lontana.

Vorrei chiudere ricordando un paragrafo dalla riflessione di Autonomie e Ambiente, rete ancorata ai valori della carta di Chivasso, che considero particolarmente ficcante:

"Interi movimenti autonomisti, civici, ambientalisti - anche antichi e gloriosi - sono stati distrutti o corrotti dal non aver compreso che si deve resistere contro sempre nuove - e spesso non immediatamente riconoscibili - forme di centralismo autoritario e sorveglianza universale."

E' chiaro che qui ci si riferisce, fra tanti altri disastri, alla mostruosa degenerazione dei movimenti leghisti storici che in poco più di trent'anni si sono trasformati nell'esatto contrario di ciò per cui erano nati, in una impressionante eterogenesi dei fini che finirà sui manuali di scienza politica.

Le antiche leghe di Veneto, Lombardia, Piemonte e di altri territori, sono state peggio che uccise. Migliaia di attivisti e amministratori locali, sè-dicenti "autonomisti", sono stati trasformati in servi sciocchi della causa opposta a quella per cui erano entrati in politica.

Sono stati tutti fatti "militonti" di una lega geneticamente modificata, quella di Salvini: un partito centralista, tendenzialmente autoritario e reazionario, nazionalista e, quando serve, anche abilmente populista.

Alcuni sicofanti di questa para-lega sono inascoltabili, insopportabili quando ancora vanno sui media a parlare di "autonomie".

Alcuni sono così spudorati da dire - con sprezzo del ridicolo - che sarebbero anch'essi, tuttora, ispirati dalle parole eterne di Chivasso. Tanta sfrontatezza, evidentemente, sta facendo molto danni alla causa delle autonomie, ma siccome c'è un limite a tutto, anche all'ipocrisia, farà la fine che merita.

Sì, è stata una bella giornata, per chi è ancorato ai valori profondi delle autonomie personali, sociali, territoriali.

Alla mancanza di spessore storico e culturale, c'è sempre possibilità di porre rimedio.

Piccole e grandi ipocrisie si esauriranno da sole.

 

Mauro Vaiani Ph.D.

 

sabato 5 aprile 2025

L'Altra Toscana c'è

 


Si è svolto oggi sabato 5 aprile 2025, a Firenze all'Hotel Hilton, l'evento pubblico di presentazione del coordinamento di realtà civiche autonome "L'Altra Toscana". Circa centocinquanta persone hanno partecipato all'incontro. Il coordinamento avrà come referente regionale il sindaco civico di Viareggio, il dott. Giorgio Del Ghingaro.

Attraverso il collegamento permanente di una trentina di liste e gruppi civici della Toscana è in corso di elaborazione un programma comune per la regione. In una delle bozze si legge, nell'introduzione: 

  1. Su iniziativa di una nuova generazione di leader civici della Toscana, costituiamo il coordinamento “Altra Toscana” fra liste, movimenti, realtà civiche della nostra regione.

  2. Siamo civici autonomi, impegnati con generosità e competenza per il buongoverno dei nostri territori, per le persone, le famiglie, gli anziani, i giovani, i bambini, le generazioni future.

  3. Siamo diversi, per origine e formazione politica e culturale: gruppi civici spontanei, inclusivi e trasversali, ispirati dai valori della Costituzione e uniti attorno a istanze locali; storici attivisti delle autonomie personali, sociali, territoriali; persone protagoniste di un buon civismo di scopo, che hanno messo in agenda per i loro comuni e per i loro territori ciò che da decenni viene trascurato dai partiti.

  4. Ci accomuna l’urgenza di rinnovare la politica toscana, affrontando insieme i problemi politici interterritoriali, rispettando e anzi promuovendo  le rispettive autonomie e diversità, per lasciare emergere, dal basso verso l’alto, con metodo confederale, proposte comuni, competenze ed energie.

 

Qui di seguito una cronaca, a caldo, di questa intensa mattinata di lavoro, moderata dalla giornalista Carlotta Buracchi.

Ha aperto i lavori il prof. Stefano Rolando, l'autore di "Civismo politico" (Rubettino, 2015), che ha parlato del civismo come necessità di ricostruire fiducia e partecipazione in un panorama politico ridotto in macerie. Un civismo originale e autonomo, che non deve esaurirsi in un mero collateralismo alle forze politiche oggi dominanti. Un civismo che sappia essere "G-Local", secondo l'intuizione di Piero Bassetti (il padre della Regione Lombardia).

E' stata cruciale, nella meditazione di Rolando, la necessità di vedere città, territori, regioni, come protagoniste della vita europea, ponendo quindi argine al ritorno dei nazionalismi (che hanno provocato decine di milioni di morti, nei conflitti mondiali e nel colonialismo). I politici che tornano a parlare più di "nazione" che di repubblica, o di paese, rischiano una deriva identitaria, peraltro fondata su una identità "immota", che in realtà è inesistente. Gli Italiani e gli Europei sono sempre continuamente cambiati, nella storia e ancora di più nella globalizzazione. Siamo immersi nel vortice dei cambiamenti resi possibile nell'era digitale, incredibilmente più veloci di quelli che sono stati sin qui fenomeni materiali, come lo spostamento fisico delle persone da un continente all'altro.

Il civismo ha avuto leader importanti nella storia della Repubblica e Rolando ha voluto ricordare Aldo Capitini, Adriano Olivetti, Marco Pannella. Persone che hanno saputo imporre ai partiti di allora temi concreti per il bene delle persone e delle comunità. Oggi i civismi hanno ancora una volta il dovere di mettere in discussione lo status quo, soprattutto quello imposto dagli attuali partiti, che sono ridotti a piramidi lideristiche.

Il secondo contributo culturale è stato quello di Giampaolo Sodano, oggi direttore della rivista Il Mondo Nuovo e protagonista della Federazione Civica Europea, una delle realtà che ha iniziato a tessere il dialogo interterritoriale fra civismi dei diversi territori. Sodano ha ricordato che il mondo è stravolto e distratto dalla rivoluzione digitale. Il computer che ciascuno di noi ha in tasca è uno strumento potentissimo, che pochi di noi sanno veramente controllare, sanno usare senza esserne "usati". Questo però non riduce, ma anzi aumenta la necessità di pensiero, profondità, spessore culturale, generosità politica, per affrontare problemi del mondo che, come la crisi ambientale e la concentrazione di potere finanziario, sono estremamente materiali, altro che virtuali.

Non verranno risolti dal continuo chiacchiericcio e dalle attraenti distrazioni disponibili sui nostri telefonini, ma dal ritorno in campo di leader politici che aspirino a servire, come statisti, le persone umane di oggi e le generazioni future.

Da notare che in questa iniziativa tutta locale, regionale, toscana, nata dal basso, orizzontale e inclusiva, si stanno incontrando e intersecando diverse reti: coordinamenti civici territoriali e provinciali che erano già attivi, come l'iniziativa "Toscana dei Cittadini", promossa dai civici di Scandicci e da altri giovani leader di cui abbiamo già parlato più volte su questo blog; il "Patto Civico Intra Tevere et Arno" che ha eletto Marta Mancianti nel consiglio provinciale di Arezzo l'anno scorso; esponenti delle reti di amministratori locali d'ispirazione cristiana; simpatizzanti del mondo cristiano-sociale; persone impegnate nel sociale e nel volontariato; esponenti locali che hanno rotto con il verticalismo dei partiti tradizionali; gli storici attivisti per le autonomie personali, sociali, territoriali di OraToscana (a loro volta collegati con altri territori italiani ed europei attraverso Autonomie e Ambiente e EFA-Alleanza Libera Europea); cittadini che hanno partecipato a iniziative civiche regionali del passato, come Orgoglio Toscano, Patto per la Toscana, Toscana Civica; persone di altre reti piccole o grandi d'impegno civico e ambientale.

Hanno portato un saluto: Giampaolo Giannoni (dirigente regionale del sindacato infermieri NURSIND); il consigliere regionale civico Andrea Ulmi (Gruppo misto - Merito e Lealtà); Alessandro Polcri (presidente civico della Provincia di Arezzo). Sono stati presenti Paolo Marrocchesi (Toscana Civica) e Alecs Bianchi (Rete Civica - Progetto Emilia-Romagna).

Fra gli intervenuti ricordiamo: Giovanni Bellosi (Scandicci Civica), uno dei più attivi fra i promotori e garanti della nuova rete "Altra Toscana"; Mauro Vaiani (OraToscana); Claudio Lucii (Vivi Poggibonsi); Riccardo Galimberti (RiBella Firenze); Benedetta Manetti (Più Certaldo); Catia Naldini (Liste Civiche Sangiovannesi); Riccardo Tartaglia (Cittadini per Fiesole); Francesca Marrazza (RiBella Firenze); Federico D'Anniballe (Insieme Cambiamo Ponsacco); Francesco Carbini (Liste Civiche Sangiovannesi - centro culturale Agorà); Marco Cannito (Città Diversa - Livorno); Andrea Poggianti (La mia Empoli - lista civica); Marco Donati (Scelgo Arezzo). Molte altre persone presenti hanno dovuto rinunciare a parlare per inevitabili limiti di tempo.

Nel dibattito sono emerse le questioni che stanno più a cuore alle persone e alle comunità locali nella nostra Toscana: la necessità di prossimità nella sanità; le questioni sociali; la compiutezza e l'ammodernamento delle infrastrutture; l'innovazione economica; la protezione dell'ambiente e di un cibo sano prodotto dall'agricoltura locale. Non è mancato, da più parti, un riferimento all'erosione drammatica della partecipazione e della democrazia, di cui sono responsabili le piramidi politiche del centrosinistra e del centrodestra. I partiti che appartengono a questi due schieramenti dominanti sono autoreferenziali, chiusi, incapaci di far emergere nuove competenze, ossessionati dalla spartizione di posti.

Giovanni Bellosi e Mauro Vaiani hanno voluto fare una battuta sul magheggio del "40%", che è stato annunciato dal centrodestra in Parlamento in questi ultimi giorni: questi partiti che ormai convincono a votare solo il 40% degli elettori, vogliono far vincere i loro sindaci con il solo 40% dei voti validi. Una triste competizione a chi prende meno voti e più potere. Il centrosinistra, se fosse veramente sincero nell'opporsi a un quorum di solo il 40% per l'elezione dei sindaci, dovrebbe avere il coraggio di togliere lo stesso quorum che vige nella legge elettorale regionale e che ha consentito loro di evitare sempre il temuto ballottaggio.

Le conclusioni sono state affidate al sindaco di Viareggio Giorgio Del Ghingaro, un amministratore di lunga esperienza e di comprovata autonomia dalle attuali piramidi politiche dominanti (tutte), che ama definirsi "civico, libero, matto".

Nell'accettare di essere il referente e portavoce regionale del coordinamento "Altra Toscana", Del Ghingaro ha riassunto alcuni degli impegni programmatici che questa nuova realtà civica toscana sta scrivendo, per poi trasformarli in fatti concreti, per il bene delle persone e delle comunità: per una sanità pubblica e universale, in cui non si deve solo spendere di più, ma riformare, semplificare, riportare sul territorio, da rendere sempre più vicina a una popolazione che - grazie al cielo - invecchia perché vive più a lungo; per l'innovazione, la sostenibilità ambientale, la prosperità dei distretti industriali, che sono un patrimonio prezioso della Toscana; per l'ambiente, su cui continua un impegno per "rifiuti zero" e per una economia circolare, di cui Del Ghingaro è stato, ormai da un quarto di secolo, un operoso realizzatore, non uno dei tanti "annunciatori". Il sindaco di Viareggio ha aggiunto anche delle riflessioni sulle politiche sociali, sul diritto alla casa e sull'integrazione nel lavoro di chi è rimasto indietro, perché la povertà cresce, anche in Toscana.

L'Altra Toscana ha dimostrato di esserci e di poter avviare, con umiltà e competenza, un lavoro comune, diventando punto di riferimento per centinaia di realtà civiche della Toscana.

Chiudiamo invitandovi all'ascolto di un breve estratto dall'intervento di Giorgio Del Ghingaro, dedicato all'ambiente. 

 


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domenica 30 marzo 2025

Incontriamo una nuova generazione di leader civici della Toscana

 


Sabato prossimo, 5 aprile 2025, a partire dalle 9.30, presso l'Hotel Hilton Florence Metropole, una nuova generazione di leader civici toscani si presenta pubblicamente, annunciando l'avvio di un lavoro comune nel Coordinamento "Altra Toscana".

L'albergo che ospiterà l'evento si trova in Via del Cavallaccio, nel rione di San Bartolo a Cintoia, zona nota per la multisala e perché lì s'incontrano lo stradone verso l'Indiano e la FI-PI-LI. La torre dell'hotel è ben visibile anche a distanza.

Promuovono l'iniziativa civismi di differenti storie, culture, territori. Ne ricordiamo solo alcuni: Giovanni Bellosi (Scandicci Civica), Francesca Marrazza e Riccardo Galimberti (RiBella Firenze), Anna Ravoni e Renzo Luchi (Cittadini per Fiesole), Federico D'Anniballe (Insieme Cambiamo Ponsacco), Claudio Lucii (Vivi Poggibonsi), Pierluigi Piccini (Per Siena), Marta Mancianti (consigliere provinciale Patto Civico Arezzo), Francesco Carbini (Agorà - Liste Civiche Sangiovannesi), Marco Donati (Scelgo Arezzo), Enrico Buoncompagni (Movimento Civico Fare Ora Figline-Incisa), Andrea Ridi (Più Certaldo), Marco Cannito (Città Diversa - Livorno), Ione Orsini (Un Cuore per Vecchiano). Secondo Mauro Vaiani, garante di OraToscana (realtà in rete con Autonomie e Ambiente e con EFA), questo nuovo dialogo interterritoriale fra civismi può risvegliare la partecipazione, frenare l'erosione della democrazia, rigenerare le autonomie personali, sociali, territoriali.

Nella mattinata si ascolteranno due contributi da fuori Toscana: Stefano Rolando, studioso e accademico che si è fatto promotore di un "buon civismo di scopo" ancorato ai valori della Costituzione; Giampaolo Sodano, giornalista e promotore della Federazione Civici Europei (una delle esperienze pionieristiche di collaborazione interterritoriale fra civismi e movimenti politici locali). Seguiranno interventi da diverse delle liste e dei gruppi civici locali che hanno promosso l'evento.

Concluderà i lavori uno degli amministratori civici più autonomi, dinamici, operosi e competenti della Toscana: Giorgio Del Ghingaro, sindaco di Viareggio.

 


 

mercoledì 19 marzo 2025

Toscana e Romagna ora in Europa hanno un punto di riferimento in più

 


Due regioni storiche italiane, la Romagna e la Toscana hanno ora un punto di riferimento in più in Europa. Due reti politiche relativamente recenti, ma eredi di un autonomismo assai risalente, attive nei due territori, sono state accolte nella famiglia politica europea EFA (European Free Alliance), nel corso dell'assemblea generale tenutasi oggi 19 marzo 2025, festa di San Giuseppe.

Sono Rumâgna Unida e OraToscana, forze sorelle protagoniste di Autonomie e Ambiente, l'alleanza italiana a cui fanno riferimento i movimenti territoriali attivi nella nostra Repubblica e che condividono i valori e la storia dell'Alleanza Libera Europea. Una terza realtà politica accolta in EFA è Chunta Aragonesista, partito per l'autogoverno della storica Aragona, comunità autonoma del Regno di Spagna.

Nonostante le loro profonde radici nella storia della Repubblica, della Liberazione, del Risorgimento, per le due comunità politiche sorelle e vicine, si tratta di un impegno esigente, di una grande responsabilità. Organizzarsi e crescere in modo nuovo, aperto ai civismi e ai liberi elettori, lontani dalle due piramidi politiche del centrosinistra e del centrodestra, è una grande sfida per Rumâgna Unida e OraToscana.

Una sfida che andava accettata, perché non altrimenti non lo farà nessun altro. Sono tutti seduti dalla parte di vecchi e nuovi centralismi, nazionalismi, conformismi. Dalla parte delle comunità locali sono rimasti solo questi pochi eroici propugnatori di autonomia.

La Repubblica delle autonomie e l'Europa delle regioni, dei territori, dei popoli, hanno trovato degli avvocati. Continua e viene rilanciato l'impegno per la sussidiarietà, contro ogni centralismo, per le autonomie personali, sociali, territoriali di tutti e dappertutto, in questi anni terribili di guerra, crisi, continue emergenze ambientali e sociali.

Romagna e Toscana, antiche regioni d'Europa, i loro abitanti, le piccole imprese, gli agricoltori, gli artigiani, le comunità locali, i quartieri degradati, i piccoli paesi, le aree interne che si stanno spopolando, i tanti anziani, i pochi bambini, tutti hanno bisogno che nel continente persista, aggiornata ai tempi di oggi, quell'ideale comunità di sicurezza, di libertà, di prosperità, di cui abbiamo in parte goduto dopo la tragedia delle due guerre mondiali.

Si resta fedeli ai valori e alle parole della Carta di Chivasso del 1943, alle tradizioni democratiche e autonomiste romagnole e toscane, ai valori fondamentali sanciti dalla Costituzione italiana e dai trattati europei, e si va avanti, senza pregiudizi, senza settarismi, senza paura di cambiare ciò che c'è da cambiare.

Animo!


domenica 16 marzo 2025

Comunità di sicurezza, cos'è e perché è importante

 


Cosa è una comunità di sicurezza e perché è un concetto importante per il XXI secolo, il secolo delle autonomie personali, sociali, territoriali

Prato, 16 marzo 2024

di Mauro Vaiani Ph.D.*

Karl Wolfgang Deutsch (1912-1992), un pensatore anticentralista e antiautoritario che in diversi - a partire da chi scrive - consideriamo un maestro di scienza politica e geopolitica, fu il primo ad intuire l’esistenza, nella modernità globalizzata, di un graduale processo di “mobilitazione sociale” (social mobilization), in un mondo in cui crescenti porzioni di popolazione stavano diventando meno povere, più longeve, meno ignoranti, talvolta persino più informate.

Una delle ricadute positive di questo cambiamento sociale era vedere intere regioni del mondo trasformarsi in “comunità di sicurezza” (security community). Molti popoli erano arrivati a togliere ai loro capi l’autorità di condurli in guerra, se non in assoluto, almeno contro un certo numero di vicini geopolitici (non necessariamente alleati o amati). Se un gruppo di popoli arriva a questa consapevolezza, fra di essi si forma una comunità di sicurezza. L’idea stessa di nuovi conflitti all’interno della stessa diventa felicemente impensabile.

Tali comunità di sicurezza possono essere anche poco o per nulla istituzionalizzate, ma non per questo sono meno reali, anche in questa modernità in cui gli arsenali militari sono pieni di armi così terrificanti da poter distruggere il pianeta dozzine di volte.

L’idea moderna di comunità di sicurezza era semplice, radicale, promettente, feconda di conseguenze, ma non era una novità assoluta nella storia: più si scava nella profondità della storia degli homo sapiens, più si comprende, come ha insegnato l’antropologo newyorkese R. Brian Ferguson, che la disponibilità di una collettività a fare la guerra a un’altra non è affatto “naturale”. E’ una costruzione sociale che, come tutte le altre, è sempre mutevole, se non precaria, comunque ben delimitata nel tempo e nello spazio.

Sembrerà paradossale, visto che negli anni Venti del XXI secolo in cui stiamo scrivendo siamo bombardati da potenti conformismi bellicisti, ma alcuni si spingono a sostenere che, nei 50.000 anni di storia degli esseri umani che condividono quella che è chiamata modernità comportamentale della nostra specie (behavioral modernity), la guerra, lungi dall’essere una condizione a cui saremmo in qualche modo permanentemente condannati, non rappresenta affatto una presenza costante.

La guerra è piuttosto una invenzione e anche piuttosto relativamente recente. Ferguson sostiene che la guerra sia stata concepita non più di 10.000 anni fa (ironia della storia: ciò sarebbe avvenuto nel nord di quello che oggi è l’Iraq). Anche dopo l’invenzione della guerra, tuttavia, essa è rimasta una costruzione politica contingente, sempre limitata dalle risorse e dalle tecnologie disponibili ai capi delle società politiche umane.

E’ con l’avvento dello stato moderno e con la rivoluzione industriale, che la guerra diventa qualcosa di ben peggiore. Per questo è necessario restare sempre critici di coloro che raccontano le guerre scatenate dalle società industriali come se fossero una “naturale” continuazione delle ostilità pre-moderne. Solo con la produzione in serie di armi, la coscrizione obbligatoria, le navi a vapore, i treni, il telegrafo, la guerra è diventata quello che è oggi. Il cambiamento di scala è talmente grande da rendere la guerra moderna un evento qualitativamente e non solo quantitativamente diverso da quello che era stata.

In un mondo che nel frattempo era stato completamente colonizzato dalla capacità bellica degli stati occidentali industrializzati, dopo un paio di secoli di conflitti moderni, culminati nelle due terrificanti guerre mondiali e nella costruzione delle armi di distruzione di massa (atomiche, ma anche batteriologiche e chimiche), si sono create le condizioni perché le persone comuni potessero far presente alle elite dominanti di averne abbastanza. Non a caso, su questo sfondo, le uniche lotte politiche e geopolitiche che hanno avuto veramente uno spontaneo sostegno popolare, e che hanno conseguito qualche successo duraturo, sono state quelle nonviolente.

La storia personale di Karl Deutsch non gli aveva consentito di essere un idealista: era un boemo di madrelingua tedesca, che si era rifugiato negli Stati Uniti già dal 1938, per sfuggire all’avvento del nazismo. Nel pieno della guerra fredda, rischiando di essere perseguitato dal complesso militare-industriale americano, ebbe il coraggio di giudicare i due blocchi contrapposti del suo tempo, quello americano e quello sovietico, come impegnati in una sinistra gara a chi esportava più violenza e più ignoranza nel mondo.

Fu sempre realista, anche se ottimista. Non si sarebbe quindi meravigliato della scarsa fortuna che il concetto di comunità di sicurezza ha avuto prima nella comunità accademica e poi più generalmente nelle elite al potere.

Forse sarebbe rimasto amareggiato, ma non del tutto sorpreso, dal fatto che, proprio nel mondo post-1989, dopo la caduta dei partiti-stato comunisti (ma anche di molte autocrazie sedicenti anti-comuniste), lo scioglimento del Patto di Varsavia e la dissoluzione – relativamente pacifica - dell’Unione Sovietica, ciò che era stato reso possibile per gran parte dell’umanità, cioè un rifiuto della guerra sempre più generalizzato, venisse così attivamente contrastato.

Proprio dopo il glorioso 1989, l’idea di comunità di sicurezza fra vicini geopolitici e in prospettiva in aree del pianeta sempre più ampie, è stata ferocemente combattuta da implacabili nemici: le elite al potere nei grandi stati centralisti e autoritari, a partire dal più potente di tutti, gli Stati Uniti d’America.

La convinzione sempre più universale che la guerra fra stati, e fra i molti popoli, territori e regioni che vivono all’interno degli stati contemporanei, fosse ormai impensabile, è stata minata con ogni mezzo propagandistico possibile.

Forse l’intero ciclo storico che stiamo vivendo, a cavallo fra il XX e il XXI secolo, dovrà essere riletto alla luce di una amara consapevolezza: se la maggioranza degli esseri umani, ormai interconnessa dalla globalizzazione, fosse stata lasciata davvero libera di considerare la guerra impensabile, nessuno degli stati contemporanei sarebbe potuto sopravvivere com’era.

La concentrazione di potere nelle mani di pochi, all’interno di ciascuna delle potenze, sarebbe stata intollerabile nel medio-lungo termine e quindi messa in discussione. Questo era stato intuito molto chiaramente, fra gli altri, da una personalità come Václav Havel (1936-2011), nel suo fecondo e disseminativo scritto, “Il potere dei senza potere” del 1978.

Si doveva togliere dalle menti e dai cuori l’idea che la guerra fosse ormai impensabile. Uno sforzo che c’è stato, purtroppo, che è ancora in corso, che sta cercando di cancellare l’idea stessa che siano invece più possibili comunità di sicurezza sempre più estese.

Per esempio non si è sciolta la NATO, che pure era diventata inutile dopo lo scioglimento del Patto di Varsavia e la disintegrazione dell’Unione Sovietica. Al contrario, si è continuato a finanziarla, potenziarla, allargarla. Per convincere le persone comuni a continuare a tenere al potere le elite atlantiste, si sono letteralmente cercati sempre nuovi nemici, provocandoli e, dopo le inevitabili reazioni, demonizzandoli. Il gigantesco apparato militare-industriale degli Stati Uniti è stato, ovviamente date le sue dimensioni, il principale attore in questo gioco per giustificare la propria sopravvivenza, ma le elite al potere in tante altre potenze – grandi, medie e persino piccole – hanno partecipato con entusiasmo.

Senza inventare sempre nuove minacce esterne, molte delle elite dominanti tanti stati del pianeta semplicemente non sarebbero rimaste al potere dopo il 1989.

La religione civile dei diritti umani, le aspirazioni democratiche, la consapevolezza che la guerra è diventata talmente distruttiva da dover essere esclusa per sempre dalle relazioni umane inter-territoriali, sono idee davvero contagiose. Ancora più virulenta sarebbe – sarà – la presa di coscienza globale che i luoghi dove gli esseri umani vivono meglio sono quelli in cui si è scommesso sulle autonomie personali, sociali, territoriali.

La globalizzazione, che pure ha prodotto molti guasti e ha molti lati oscuri, ha almeno questo di positivo: si potrà rallentare con la paura, ma non si potrà fermare una vera e propria pandemia di decentralismo.

Gli stati centralisti e autoritari stanno combattendo decine di sanguinosi conflitti, mentre stiamo scrivendo. I media, controllati dalle elite al potere, ci sommergono con incessanti campagne di paura e terrore. Nell’arena globale si sentono quasi solamente le urla dei tifosi dell’una o dell’altra parte combattente (si vedono ovunque sé-dicenti comunisti o liberisti, sovranisti ed europeisti, pro-Palestinesi e pro-Israele, russofobi e russofili, che credono di sostenere una qualche nobile causa, mentre sono solo pedine nelle mani di cinici capi politici che di queste polarizzazioni al vetriolo hanno fatto un lucroso mestiere).

Tutto questo, però, non cancella la semplice realtà che la vita umana è degna di essere vissuta solo laddove la guerra non c’è da tempo e il suo ritorno è considerato impensabile.

Potenti signori della guerra reggono la maggior parte degli stati (e delle organizzazioni terroristiche dagli stati stessi finanziate), ma è improbabile che il tempo sia dalla loro parte. Centralismo e autoritarismo sono insostenibili nel medio-lungo termine per una umanità globalizzata, interconnessa, socialmente mobilitata.

Se le persone umane fossero solo individui, esse potrebbero essere tenute in uno stato di asservimento anche tutta la loro breve vita terrena, ma così non è. La maggior parte degli esseri umani non sono – non ancora, almeno – monadi sradicate, atomi privi di legami, creature spogliate di identità culturale e appartenenza comunitaria. Il pianeta è popolato piuttosto da decine di migliaia di comunità, spesso ancora piuttosto coese: città, territori, popoli.

Se fossero parte di una comunità di sicurezza, le realtà locali potrebbero prendersi poteri e risorse che oggi sono concentrate nelle capitali degli stati, migliorando le proprie prospettive e quelle delle generazioni future. Scommettiamo che è proprio quello che accadrà.

Il XXI secolo sarà il secolo delle autonomie, che per vivere e prosperare pretenderanno di far parte di comunità di sicurezza, che renderanno progressivamente sempre meno pericolosi e infine inutili i grandi stati centralisti e autoritari.

 

* Ph.D. in Geopolitica – studioso e attivista – autore di “Cosmonauta Francesco” (2022)




domenica 2 marzo 2025

La fallacia della corsa a costituire nuovi partiti all'italiana

 


Si avvicina la primavera e ricominciano i tentativi di fondare nuovi partiti centralizzati, "nazionali", con i migliori propositi di rinnovare la vita politica di tutta la Repubblica Italiana. I tentativi sono talvolta nobili ma anche irrimediabilmente fallaci.

L'articolo 49 della Costituzione italiana garantisce a tutti i cittadini il diritto di associarsi in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica italiana e oggi anche, per estensione e grazie alle garanzie contenute nei trattati e nella legislazione unionale, anche la politica europea. Eppure questo diritto è stato sequestrato dalle elite attualmente al potere a Roma, a Milano, a Bruxelles. Finché non avremo spezzato almeno le catene più pesanti, fondare nuovi partiti "nazionali" non servirà.

Sono in essere feroci e implacabili meccanismi centralisti, tecnocratici, in definitiva autoritari, che stanno rendendo la Repubblica e l'Unione un travestimento della democrazia.

Per fermare questa deriva occorrono coraggiose lotte dal basso per riprenderci la rappresentanza, non nuovi partiti che, in questo quadro, finirebbero per essere uguali a quelli esistenti (sempre che il tirannico bipolarismo dominante e le trappole del maggioritario all'italiana non li uccidano in culla).

Queste lotte riguardano il pluralismo dell'informazione, a cominciare da quella locale, per porre un argine all'analfabetismo funzionale delle persone e alle ondate di terrificante conformismo che ci sommergono quotidianamente; un ordinamento semplificato per l'associazionismo politico, che renda possibile anche al più piccolo gruppo civico locale di formarsi, agire, candidarsi, anche nel più piccolo comune; un finanziamento pubblico a tutti i movimenti politici direttamente proporzionale al loro consenso elettorale; norme di procedimento elettorale che rendano semplice candidarsi, anche a personalità civiche e indipendenti; circoscrizioni elettorali di dimensioni contenute, dove sia possibile agli elettori conoscere davvero i candidati; leggi elettorali più giuste per tutti, che restituiscano agli elettori il potere di scegliere le persone da cui essi vogliono essere rappresentati.

Dobbiamo inoltre abbattere il totem della cosiddetta "governabilità". Abbiamo accettato per decenni come "normale" un'idea che invece è assurda e fonte di molti guai: quella secondo cui ogni capo esecutivo deve avere automaticamente anche una maggioranza di eletti a lui fedeli negli organi legislativi. Così, dopo una successione vergognosa di leggi elettorali che sono state ciascuna una "porcata" peggiore della precedente, le elezioni sono ridotte a una sorta di plebiscito fra pochi leader mediatici, mentre non sappiamo più, letteralmente, chi verrà eletto a rappresentare il nostro territorio. Anzi sappiamo già prima di votare che le assemblee saranno riempite non da persone elette da noi, ma scelte dall'alto e da pochi, sulla base di criteri di fedeltà al capo (se non in base a logiche ancora più opache).

Possiamo e quindi dobbiamo porre fine a questo scandalo. Ci sono molti altri modi per eleggere un esecutivo stabile senza sacrificare la rappresentanza, la rappresentanza, l'autonomia e l'indipendenza degli eletti nelle assemblee legislative!

Queste lotte per la rappresentanza sono già iniziate, per esempio con il Comitato Besostri, che si è ispirato alle antiche lotte per la giustizia elettorale condotte dal compianto avvocato socialista.

Sono attive in Italia e in Europa molte energie locali, civiche, autonome, indipendenti, a cominciare da quelle che cooperano attraverso Autonomie e Ambiente e EFA. Esse possono e quindi devono conoscersi, cooperare, eventualmente confederarsi per portare avanti insieme un cambiamento profondo dal basso.

Sono lotte cruciali, perché l'erosione della democrazia sta distruggendo la coesione sociale, alimenta l'assenteismo, scoraggia ogni forma di partecipazione, semina discordia, settarismo, populismo, estremismo.

Non possiamo più accettare di vivere in una finta democrazia dominata da pochi leader mediatici e dalle loro schiere di fedelissimi sempre più "nominati" che "eletti".

Lottiamo per fare spazio a una nuova generazione di leader locali, espressa dai mondi vivi delle autonomie, del civismo, della sussidiarietà, della solidarietà, del buongoverno che unisce e include trasversalmente persone che hanno storie politiche differenti, delle iniziative concrete per la protezione delle comunità e degli ecosistemi locali.

Anche in una società come quella europea, invecchiata, inquinata, impoverita, stordita dallo strapotere dei media, minacciata da paurose concentrazioni di potere, ci sono ancora persone coraggiose e generose, che si candidano a guidarci.

Dobbiamo incoraggiarle e aiutarle, soprattutto a essere consapevoli dei tetti invisibili che sono sopra la loro testa, a liberarsi dei pesi morti, a spezzare almeno alcune delle catene.

 

Mauro Vaiani Ph.D.

Garante di OraToscana

Vicepresidente segretario di Autonomie e Ambiente

 

giovedì 20 febbraio 2025

Noi, quelli dei territori

 

Noi, quelli dei territori, ci siamo.

Siamo persone diverse perché siamo cresciuti in territori diversi e perché non crediamo che esistano soluzioni uguali ai problemi concreti dei nostri diversi territori.

Alcuni di noi hanno radici nelle parole eterne della Carta di Chivasso, in una cultura delle autonomie personali, sociali, territoriali, assai risalente, di grande valore non solo europeo ma universale.

Alcuni di noi avevano cominciato a impegnarsi politicamente in formazioni antiche o più recenti, ma le abbiamo presto abbandonate, per il loro insopportabile verticismo. Tutte le piramidi politiche stanno andando a sbattere, perché sono guidate da leader che hanno fatto carriera gridando slogan sui media e non amministrando le comunità locali. Esse si tengono in vita vampirizzando la democrazia: meno gente va a votare, più ingiuste sono le regole con cui si va a votare, più il potere economico, finanziario e mediatico si concentra, più esse s'illudono di sopravvivere, in barba ai loro epici fallimenti.

Alcuni di noi hanno abbracciato l'impegno civico diretto in autonomia, formando gruppi civici locali indipendenti, partecipando alle proprie elezioni locali dandosi come unico scopo una stagione di buongoverno con buon senso.

Ci siamo incontrati attraverso varie reti: le autonomie; l'ispirazione cristiano-sociale e le opere della solidarietà; le lotte ambientaliste per le generazioni future; antichi valori socialisti e liberali che meritano di sopravvivere alla degenerazione dei partiti; l'amicizia e la collaborazione diretta fra amministratori locali per risolvere problemi interterritoriali.

Abbiamo dimostrato che si possono eleggere consiglieri e amministratori locali più in sintonia con le comunità, più rispettosi degli elettori, più operosi e più efficaci, perché indipendenti dall'ignoranza, dalle dissonanze cognitive, dai pregiudizi, dal potere di chi sta più in alto e altrove.

Viviamo in un mondo pieno di potenti che, non riuscendo a sistemare le cose per tutti, si limitano a sistemare se stessi. Il nostro prossimo difficile compito è quindi dimostrare che sappiamo esprimere una nuova generazione di leader locali competenti, con il consenso necessario per entrare nelle istituzioni superiori, con la generosità e la lungimiranza necessarie per portarvi un grande progetto di cambiamento fondato sulla concretezza e sulla sussidiarietà, per migliorare la vita quotidiana di tutte le persone, non solo la propria.

Animo!

 

Mauro Vaiani Ph.D.

venerdì 10 gennaio 2025

Il civismo autonomo riunito a Viareggio

 



Decine di liste civiche e realtà impegnate nei territori della Toscana si sono incontrate a Viareggio venerdì 10 gennaio 2025, all'Hotel Esplanade, a seguito di un invito del sindaco Giorgio Del Ghingaro.

E' stato un incontro di lavoro, dedicato alla situazione politica, amministrativa ed elettorale della regione Toscana. Decine di amministratori comunali e di attivisti locali sono in rete dall'estate scorsa a livello regionale. Nelle diverse province la collaborazione intercomunale è ancora più risalente. 

Si tratta di comunità politiche locali che agiscono in modo autonomo e sono libere da ogni dipendenza dai partiti centrali della Repubblica, per scelta culturale e politica. 

Si sono confrontate con serenità e con generosità, sottraendo tempo al lavoro, alle famiglie, al loro impegno locale, per ragionare su cosa è possibile fare di fronte ai guasti della partitocrazia, nella sua ultima incarnazione: un bipolarismo forzato, verticista, centralista e autoritario. Due piramidi politiche dominano la vita pubblica italiana e toscana, il centrodestra e il centrosinistra, alternandosi al potere senza riuscire a selezionare competenze e senza produrre miglioramenti concreti nella vita dei cittadini. Riempiono i media ma svuotano le urne, ha detto Mauro Vaiani, il garante di OraToscana: vanno a votare sempre meno persone, i loro tifosi, perché la maggioranza dei cittadini non si sente più rappresentata da loro.

I gruppi civici autonomi della Toscana sono tutti diversi, concentrati sui diversi problemi e sulle urgenze dei diversi territori. Nel medio-lungo termine il loro dialogo produrrà certamente profondi cambiamenti politici, culturali e istituzionali. Anche nel breve termine, però, è possibile fare qualcosa, è stato detto in tutti gli interventi: si può partecipare alle elezioni regionali toscane del 2025, con l'obiettivo ambizioso di costringere i due maggiori schieramenti al ballottaggio.

Un'avventura civica democratica, un sogno lo ha definito Giovanni Bellosi (leader di Scandicci Civica), è possibile, per portare in consiglio regionale alcune figure competenti e indipendenti, salvaguardando il patrimonio più prezioso che è stato visibile in questo incontro come nei precedenti: la presenza di una nuova generazione di leader locali e delle loro comunità di attivisti, ciascuna ricca di competenze e capacità d'innovazione.

Giorgio Del Ghingaro, che incarna una esperienza di buongoverno ventennale - sempre indipendente dai vertici partitici, ma mai antipolitica - ha proposto di lavorare uniti e ispirati dalle parole che sono il motto della sua coalizione civica viareggina: concretezza (quella che ha consentito di salvare Viareggio dal dissesto); bellezza (Viareggio la sta ritrovando); felicità (quella che progressivamente ritorna nella vita quotidiana delle famiglie e delle imprese di Viareggio).

Non si dà nulla per scontato, perché si devono scegliere alcune priorità programmatiche e vanno scritte delle regole comuni. Anzi sarà difficile, perché stiamo vivendo un momento storico dominato da ondate di greve conformismo, in cui la partecipazione democratica dal basso viene scoraggiata in ogni modo da molti: dai vertici dei partiti (in particolare dai "nominati" dal Rosatellum), dalle concentrazioni di potere economico e mediatico, dai sedicenti esperti delle tecnocrazie, dall'arroganza (e ignoranza) dei populisti.

Grazie a una rete di moderatori - personalità provenienti da ciascuna delle tredici circoscrizioni elettorali della Toscana - inizia ora un lavoro di cucitura di un patto politico, programmatico, organizzativo ed elettorale fra centinaia di realtà comunali che devono collaborare restando però se stesse, civiche e libere. E anche un po' "matte", ha scherzato Del Ghingaro (che ha sempre risposto con il sorriso e con il lavoro ai tanti che lo hanno osteggiato).



mercoledì 1 gennaio 2025

La pace, cioè la politica

 

Buon anno nuovo 2025, che potrebbe anche essere un anno santo di speranza, essendo stato indetto un altro Giubileo romano.

La pace è necessaria, perché tutte le guerre in corso stanno distruggendo milioni di vite umane e distruggono interi ecosistemi abitabili.

Per costruire la pace serve più politica, cioè lungimiranza, sacrifici, compromessi.

Non ci servono sentimentalismi, moralismi, tifo da stadio, pretese di aver compreso (magari da lontano) chi è più cattivo in questa o quella guerra, per porre fine alla violenza.

I continui richiami propagandistici alla guerra totale che fu combattuta contro il nazismo sono anacronistici. Dulce bellum inexpertis (la guerra sembra attraente a coloro che non l'hanno mai conosciuta)!

L'eziologia delle guerre è sempre più complessa, nel mondo globalizzato, e noi, come umanità interconnessa, dobbiamo essere meno ingenui e meno permeabili alle ondate di conformismo scatenate da opaci centri di potere mondiale.

In questo secolo si sono inoltre complicate le condizioni materiali. Con queste tecnologie, in questo inquinato e affollato pianeta, quella di poter combattere e vincere una guerra totale è un'idea semplicemente folle. Chi la coltiva ha veramente la testa immersa in un passato che non esiste più.

Le guerre contemporanee si prolungano senza senso, perché non si possono vincere. Occorrono quindi politici in grado di far cessare il fuoco e avviare i processi lunghi e dolorosi verso i compromessi che sono necessari.

Poi, sia chiaro, quando saremo in una situazione che potremo ragionevolmente chiamare di pace, i fatti saranno comunque sviscerati. Facciamo arrivare vive il maggior numero di persone possibile, a quel momento.

Tutti i potenti della Terra, Russi, Ucraini, Europei, Americani, Iraniani, Hamas, il governo Netanyahu e tutti gli altri, saranno giudicati, se non davanti alla giustizia terrena, almeno dalla storia e certamente quando si presenteranno al cancello celeste.

Buon anno 2025!

https://x.com/mauro_vaiani/status/1874400783804031220

https://x.com/mauro_vaiani/status/1874400783804031220 


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