Mai farò propaganda astensionista. Sarebbe contro le mie radici e un'offesa ai miei antenati che hanno così tanto sofferto, prima di ottenere il diritto di voto.
Nemmeno però voglio nascondere i miei dubbi su questa tornata referendaria dei prossimi 8-9 giugno 2025.
Nei quesiti sottoposti al voto popolare, non c'è nemmeno l'ombra di quella sapienza referendaria di Marco Pannella e dei suoi studiosi radicali. Loro seppero, su questioni grandi e piccole, portare al successo iniziative referendarie che cambiavano da subito, in meglio, la vita di vasti strati popolari di questa nostra composita Repubblica.
Stavolta non c'è nemmeno un vero e proprio messaggio simbolico e unificante, così come fu il referendum per l'acqua pubblica del 2011. Si sapeva che le conseguenze normative erano modeste e fragili - e infatti sono state tradite dal centrosinistra e dal centrodestra - ma era una battaglia trasversale e mobilitante. Per questo raggiunse il quorum, scuotendo una popolazione già allora profondamente stanca degli attuali partiti e dei loro due poli.
Purtroppo i quattro quesiti proposti (imposti?) da Landini e dalla sua CGIL sono giuridicamente scivolosi. Il diritto del lavoro è ormai troppo complesso. Le esigenze degli anziani (la maggioranza) e dei giovani (la minoranza) avrebbero avuto bisogno di qualche mese di lavoro in una commissione di semplificazione e delegificazione, a livello sia europeo, che repubblicano, per trovare margini di miglioramento.
Mi rendo conto che il messaggio parrebbe nobile: invertiamo la rotta che ci ha condotto alla mercificazione del lavoro. Peccato che questa riduzione del lavoro umano a merce che deve circolare e sottostare alle condizioni di mercato è largamente imposta dalle attuali normative europee. Cambiare l'ideologia della libera circolazione di persone, merci, capitali, servizi in Europa è ben altra cosa che contestare, con una generazione di ritardo, il "Job Act" di Renzi.
Rendiamoci conto che un messaggio così radicale come quello contro il "mercato" non può incarnarsi in questi quattro referendum, che toccano così marginalmente il diritto del lavoro. Peraltro, nell'ipotesi remota che questi quattro referendum raggiungano il quorum, le conseguenze strettamente legislative saranno molto scivolose e non mancherebbero effetti boomerang per la libertà e la dignità dei lavoratori e, cosa non meno importante, dei creatori di posti di lavoro.
Quanto al referendum sulla cittadinanza, so per esperienza personale e professionale - ho lavorato anche per i servizi demografici di un ente locale - che non potrà cancellare le storture burocratiche, le lungaggini, le sofferenze, le discriminazioni, le vere e proprie ingiustizie che subiscono tanti immigrati in Italia.
Ceteris paribus, se non si ferma la metastasi legislativa, se non si pone rimedio all'accidia dei servizi sociali locali, se non si esce dal paralizzante centralismo autoritario, si diventerà sì cittadini in meno tempo, ma solo per aggiungersi a una massa di altri cittadini che già soffrono la povertà o sono a rischio di esclusione.
Avrei voluto un altro referendum, quello proposto l'anno scorso dal Comitato Besostri, in cui mi impegnai personalmente e a nome della rete Autonomie e Ambiente.
Quello sarebbe stato un tema davvero decisivo: un attacco al Rosatellum e alle leggi elettorali ingiuste che da decenni ci impediscono di scegliere i nostri rappresentanti. Deputati, senatori, candidati presidenti e sindaci, da ormai trent'anni, non sono più scelti da noi, ma imposti da due elite, rispettivamente alla guida delle due piramidi del centrosinistra e del centrodestra.
Elite sulle quali i cittadini non possono influire. Le piramidi sono troppo alte e da lassù non ci sentono, anche quando gridiamo.
Perché non c'è anche un quesito del Comitato Besostri al voto? Perché ci silenziarono. Ci cancellarono (gli stessi che oggi ci chiamano al voto, peraltro). Ci dissero che disturbavamo la strategia politica di Landini e della Schlein, in alleanza sempre più stretta con i rossoverdi e i post-stellati.
Landini e la Schlein sono in cima alla piramide.
Chiamano alla conta i cittadini.
I cittadini, però, non sono dei "fan" da mobilitare.
Il voto non è una manifestazione di affetto, da "tifosi", per la propria "squadra".
Non solo questo, almeno!
Ha poco senso essere chiamati a votare su questioni e situazioni giuridiche difficili anche per gli esperti e comunque non risolutive.
Piuttosto dobbiamo il riprenderci il potere di scegliere noi persone di fiducia che le questioni difficili le affrontino nel quotidiano di una buona amministrazione.
Per questo, per la rappresentanza, per la ricostruzione di autentiche democrazie locali, territorio per territorio, continuerò a lottare con gli amici del civismo e delle autonomie.
Buona festa della Repubblica!
Mauro Vaiani
(studioso e attivista in Toscana,
garante di OraToscana,
blogger di Diverso Toscana)
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