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giovedì 1 marzo 2018

Due o tre cose che ho capito dei Cinque Stelle




I Cinque Stelle sono ancora una struttura fragile, che potrebbe, come molti movimenti, avere vita breve. Particolarmente negativo è il loro manifesto disprezzo per alcune regole - formali e informali - che regolano la vita di tutte le organizzazioni politiche. Fra di esse i concetti di amministrazione trasparente, revisione dei conti, controlli interni, tutte cose che, se fossero state trattate con meno sufficienza, avrebbero messo i Cinque Stelle al riparo dalle figuracce che hanno collezionato nel controllo delle donazioni di ieri e delle candidature di oggi.

In molti comunque li voteranno, al di là dei loro effettivi contenuti e delle loro visioni di lungo periodo, come strumento a breve termine, come "scopa" per cacciare fuori dal parlamento il maggior numero possibile di tutti gli altri. Cosa, questa, tutt'altro che negativa, si intende.

Però essi sono già e lo stanno confermando in queste ultime importanti ore prima del voto del prossimo 4 marzo 2018, uno strumento che potrebbe anche rivelarsi più fecondo, capace di restituire rappresentanza a molti territori italiani, alle classi sociali più in difficoltà, ad alcune importanti scelte sociali e ambientali.

Oggi hanno presentato la lista dei loro candidati a entrare in un ipotetico futuro loro governo. Una grande operazione di immagine, non c'è dubbio, che ha seppellito definitivamente ogni pretesa di inchiodare i Cinque Stelle ad accuse generiche e a battute liquidatorie. Hanno messo in campo una lista di esperti di cui si potrà dire tutto, fuorché tacciarli di incompetenza.

Paragonati al ritratto dei "fratelli coltelli" del centrodestra (Berlusconi, Salvini, Meloni, Fitto) o al "giglio magico" (Renzi, Lotti, Boschi, Madia, il "faraone" Delrio), questo gruppo di professori candidati ministri Cinque Stelle sembrano una squadra olimpica.

Un primo sguardo alle biografie dei candidati ministri dei Cinque Stelle rivela alcune altre cose importanti.

La prima è molto buona: i candidati ministri Riccardo Fraccaro (rapporti con il parlamento e con le autonomie), Giuseppe Conte (pubblica amministrazione), Pasquale Tridico (lavoro e presidenza sociale) sono coscienti della necessità di tornare ad affidarsi alle grandi capacità di autogoverno diffuse nella società italiana.

La seconda è preoccupante: come sempre, quando si cede alla tentazione di pescare nella cosiddetta "società civile", si finisce con l'incontrare persone che sono state molto subalterne a chi la società la ha comandata fino a ieri. Qua e là spuntano fra i Cinque Stelle dei cosiddetti "esperti" che hanno votato "Sì" alla deforma costituzionale Boschi-Renzi-Verdini. Secondo il modesto parere di chi scrive, chi ha votato a favore di quella proposta ultra-centralista e tendenzialmente autoritaria dovrebbe essere tenuto molto lontano dall'amministrazione della cosa pubblica. A meno di un processo - sempre possibile, per carità - di ampia, approfondita e pubblica autocritica.

La terza non può piacere ai lettori di questo blog: è l'eterna ritornante convinzione che si possa rimettere a posto l'Italia così come è oggi, praticamente sempre uguale a quella della conquista sabauda, poi continuata con i vecchi liberali, i nazionalisti, i colonialisti, i fascisti, i centralisti che nel secondo dopoguerra non hanno mai smesso di sabotare alcuni ideali autonomisti e decentralisti che erano stati accolti nella Costituzione del 1948.

La abbiamo sentita, questa convinzione, che per noi è tracotanza, in certe frasi pronunciate oggi, in particolare dalle persone candidate a tre ministeri importanti (Emanuela Del Re agli esteri, Paola Giannetakis agli interni, Elisabetta Trenta alla difesa).

Molti altri leader importanti del nostro passato democratico sono naufragati contro lo scoglio di questa illusione nazionalista, cristallizzatasi nel nostro passato predemocratico. Quasi tutti in verità. Gli aspiranti ministri Cinque Stelle, in questo, falliranno come hanno fallito leader centralisti di ben altro spessore (Fanfani, Spadolini, Craxi, Prodi, Renzi, per fare solo alcuni esempi).

Per concludere invitiamo i nostri lettori a dare una occhiata ai risultati di un piccolo studio fatto da amici autonomisti sulle posizioni di tutte le forze politiche candidate alle prossime politiche in materia di decentralismo. Come potete vedere nel grafico qui sotto (e approfondire qui) tutti i partiti sono stati clamorosamente bocciati ma i Cinque Stelle, che hanno fatto al proprio interno alcune importanti scelte in favore dell'attuazione di una migliore repubblica delle autonomie, sono comunque in testa a questa amara classifica.

Buon voto, quindi, a tutte le persone che hanno ancora la pazienza di seguirci, dopo tanti anni!



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