Ci sono delle parole che la maggior parte dei nostri aspiranti leader hanno pronunciato poche volte e quasi mai in modo credibile, in particolare i quattro responsabili che hanno imposto all'Italia il #Rosatellum.
La prima è giustizia sociale. Metà del paese dispone, in pratica, di meno di mille euro a testa al mese, più o meno sicure. Oltre agli emarginati e ai disoccupati, abbiamo quindi altre decine di milioni di persone che, pur lavorando, pur ricevendo una pensione, pur possedendo una casa, non hanno abbastanza Euro per arrivare in fondo al mese sereni, per fronteggiare un imprevisto, per togliersi uno sfizio, non parliamo poi di programmare qualcosa per il futuro. Nessuno dei quattro leader del #Rosatellum si è rivolto a loro. Anzi, con il #Rosatellum, hanno tentato di tappar loro la bocca, togliendogli ogni diritto di scegliersi dei leader locali e indipendenti che li potessero davvero rappresentare.
La seconda è pace. Pur facendo parte di una comunità economica e politica di 500 milioni di abitanti, la Unione Europea, e di una alleanza politico-militare permanente come la NATO, che nessuno può attaccare e infatti nessuno minaccia, ci ritroviamo con le spese militari che aumentano, inutili missioni all'estero, finanziatori di terrorismo, complici del massacro dei curdi e della distruzione dello Yemen. Siamo, anche, asserviti al neocolonialismo francese che sta continuando a dissanguare quattordici paesi africani, quelli del sistema del franco centro-africano (CFA) governato da Parigi (con ripercussioni drammatiche anche su tutto il resto dell'Africa): Mali, Benin, Camerun, Costa d'Avorio, Ciad, Niger, Burkina Faso, Repubblica Centrafricana, Repubblica del Congo (Brazzaville), Gabon, Guinea-Bissau, Guinea Equatoriale, Senegal, Togo. Questo elenco di paesi vi ricorda qualcosa, vero? Sì, sono i paesi di origine e di transito di gran parte di quella migrazione disperata che si rovescia in mare dalle coste della Libia, paese quest'ultimo che anche l'Italia ha contribuito a distruggere. In pratica siamo complici della creazione di quelle migrazioni che poi accrescono la nostra insicurezza e le nostre paure.
La terza è Catalogna. Sotto l'occhio non solo inerte ma benevolente degli alti papaveri della Unione Europea, del Regno Unito, degli Stati Uniti d'America, si è lasciato che il Regno di Spagna per un decennio minacciasse e ostacolasse una delle sue più importanti regioni autonome e infine, dopo che la Catalogna si è ribellata, quando sono iniziate la repressione neofranchista, le incarcerazioni, gli esili, non solo ci si è girati dall'altra parte, ma si è fatto ben di peggio: si è eletto come vicepresidente della Banca Centrale Europea (il più grande centro di potere continentale) il ministro spagnolo Luis De Guindos. Nella attuale stagione politica, ci pare, più si calpestano le periferie, più si fa carriera al centro. L'Europa delle regioni e delle autonomie viene messa in paricolo e non solo: c'è una pericolosa coincidenza fra oppressione della Catalogna e il progetto Euro-cratico, che dovremo approfondire seriamente. Tutto quello che lasciamo accadere alla Catalogna un giorno potrà accadere alla Corsica, alla Sardegna, al Sudtirolo, al Friuli, alla Toscana. Ce ne rendiamo conto?
Non so se queste tre parole sono populiste, non so se sono di sinistra (o di centro, o di destra). Di certo sono le parole di chi si oppone alla concentrazione di potere e di ricchezze. Sono parole importanti per un movimento locale e globale per il decentralismo, che ci pare sempre più necessario per tornare protagonisti dei nostri territori, per non smarrire la nostra identità, per rimanere liberi e sovrani, per proteggere i nostri territori, per restare vivi.
Queste tre parole, di certo, sono parte del cuore pulsante del nostro impegno politico e civile.
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