Il nostro futuro non è nell'espansione senza limiti dei debiti pubblici gestiti sul cosiddetto mercato, da privati, sotto il continuo ricatto del fluttuare degli interessi (lo "spread" come strumento di potere e di sfruttamento). Né può essere questo il futuro della Eurozona, che invece, se continua così, crollerà. Ci sono delle alternative praticabili qui e ora, in ogni territorio: le monete fiscali locali. Rilanciamo qui, in proposito, un contributo dell'economista toscano Michele Bazzani, che a sua volta si ricollega agli studi di Stefano Sylos Labini, Massimo Costa, Marco Cattaneo e Biagio Bossone. Il tema viene approfondito dalla rete decentralista Autonomie e Ambiente. Basta con la rassegnazione. La povertà e l'austerità possono essere sconfitte.
Monete fiscali locali, qui e ora
Un intervento sulla possibilità di realizzare, qui e ora, forme di monete fiscali comunali, per costruire un futuro economico e sociale a misura d’uomo. L’autore è l’economista Michele Bazzani, esperto di finanza locale (lavora in un importante comune toscano), consigliere comunale di opposizione a Barberino-Tavarnelle.
MONETE FISCALI COMUNALI
UNA PROPOSTA PER UN VERO RILANCIO
Premessa: la morsa austerità/debito
Negli ultimi decenni, più o meno dall’avvio del processo di unione monetaria europea con l’introduzione delle regole di Maastricht (1992), le politiche economiche pubbliche sono state sempre schiacciate dalla morsa dell’austerità e del debito. Da un lato il rispetto delle regole europee, che miravano al contenimento dell’inflazione, hanno indotto i governi ad adottare politiche fiscali restrittive che – ben lungi dal migliorare i conti pubblici – creavano ulteriori condizioni per deprimere la domanda interna e conseguentemente ridurre le entrate fiscali. Dall’altro l’espansione del debito, che si registrava anche in condizioni di avanzo primario, ha portato a rendere gli stati nazionali estremamente dipendenti dai “mercati”, o per meglio dire da quelle manovre speculative che miravano a orientare gli indirizzi governativi, fenomeno che si potrebbe sintetizzare con l’espressione “il ricatto dello spread”. In tal senso per il nostro paese gioca negativamente la scelta fatta nel 1981 di aver rinunciato alla monetizzazione del debito tramite la Banca Centrale e aver introdotto una gestione di “mercato” del debito pubblico.
Moneta fiscale, sempre più attuale
Nell’attuale contesto, con la crisi economica indotta dal Covid19 e dai relativi blocchi delle attività economiche, il problema dell’espansione del debito appare ancora più attuale e, nonostante i massici interventi di acquisto sul mercato secondario da parte della BCE (che interviene per evitare il tracollo dell’intero sistema Euro), emerge sempre più evidente come i nuovi strumenti di indebitamento (MES, SURE, Recovery Fund…) saranno legati a condizionalità che ridurranno al minimo la sovranità dei nostri governi.
Per questo è sempre più attuale il dibattito per l’introduzione e la diffusione della Moneta Fiscale, uno strumento che permetterebbe di incrementare la domanda interna e riavviare il ciclo economico, senza accrescere il debito pubblico. Questa moneta, per non contravvenire ai trattati europei (art. 128 TFUE e Regolamento EC/974/98), non potrà essere a corso legale ma ad accettazione volontaria. A tal fine il gruppo di lavoro coordinato da Marco Cattaneo e Biagio Bossone, insieme a Stefano Sylos Labini e a Massimo Costa, ha individuato nella compensazione con crediti fiscali verso lo Stato il meccanismo per poter conferire a questa moneta la funzione di mezzo di pagamento, oltre a quelle di unità di conto e di riserva di valore: per questo tale moneta assume le caratteristiche di Certificato di Credito Fiscale. Inoltre non costituirebbe nuovo debito in quanto non impegna lo Stato né a pagare somme al portatore, né a convertire lo strumento in moneta a corso legale, pur essendo negoziabile con quest’ultima.
E per gli Enti locali va ancora peggio…
L’attuale crisi pone notevoli difficoltà e sfide anche e soprattutto alle amministrazioni locali che, da un lato, devono far fronte a una riduzione delle entrate tributarie ed extra-tributarie (particolarmente colpiti i comuni più turistici), dall’altro, devono affrontare sempre più gravi situazioni di nuova povertà e pertanto essere costrette a incrementare le spese sociali. Inoltre, a differenza dello Stato, hanno l’obbligo del pareggio del bilancio a preventivo per le partite correnti e possono indebitarsi solo per spese di investimento (la cd. Golden Rule). Come ulteriori aggravante, a fronte di una crescita di crediti non riscossi (fenomeno che stava già accadendo prima del Covid19 e che sarà da adesso ulteriormente aggravata), devono accantonare somme sempre maggiori come Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità riducendo la propria disponibilità per effettuare spese correnti. Per questo, lo strumento della moneta fiscale, che costituisce un’opportunità di finanziamento aggiuntiva della spesa pubblica, potrebbe essere la soluzione ideale per far fronte a queste difficoltà.
I Certificati Comunali di Compensazione Fiscale (CCCF)
Dal punto di vista pratico si tratterebbe di emettere titoli che chiameremo CCCF “Certificati Comunali di Compensazione Fiscale”, infruttiferi, con valore nominale di 1 €, da distribuire come reddito di sussistenza agli indigenti, sotto forma di varie prestazioni a carattere sociale o come incentivi per il personale dipendente. Questa moneta sarebbe spendibile inizialmente presso aziende ed esercizi commerciali convenzionati con il Comune e potrà essere successivamente scambiata volontariamente tra privati. Per quale motivo dovrebbe essere accettata volontariamente? Per rispondere a questo cruciale quesito, basti ripensare al ruolo delle tasse e il motivo per cui vengono introdotte: non solo e non tanto per finanziare la spesa pubblica, ma soprattutto per imporre l’uso di una certa moneta, nel momento in cui questa sia meramente fiduciaria, e cioè priva di valore intrinseco (come accadeva per le monete in metallo pregiato) oppure non convertibile in oro. Al momento tutte le valute mondiali sono fiduciarie, in quanto non più convertibili in oro, dopo gli accordi di Bretton Woods e la fine del sistema basato sul Gold Standard (1971). Pertanto i CCCF potrebbero essere utilizzati, dopo un periodo quantificabile in 2-3 anni, per poter far fronte alle obbligazioni tributarie ed extra tributarie verso il Comune, rendendolo accettabile volontariamente negli scambi tra privati. L’ambito comunale è preferibile rispetto a quello di altri enti locali perché sono numerosi i tributi locali e le tariffe dei servizi erogati a livello comunale che potrebbero essere compensati con i CCCF. Sotto il profilo dell’iscrizione a bilancio si ritiene che tale strumento non costituisca debito al momento della sua emissione, ma che possa diventarlo al momento del suo rimborso sotto forma di pagamento delle entrate comunali, cosa che indurrebbe una riduzione delle entrate comunali in euro. Ma a quel punto si sarà già avviato un incremento dell’attività economica che porterà effetti positivi anche per il bilancio comunale, sotto forma di maggiori entrate e di minore accantonamento sul Fondo Crediti di Dubbia Esigibilità. Inoltre, saranno possibili nuove emissioni di CCCF per mettere a regime un sistema che finanzierebbe in valuta locale parte delle spese comunali, attualmente denominate in euro, creando un bilancio parallelo a pareggio. In un tale contesto emergerebbe anche un’altra funzione della tassazione, che è quella di rastrellare valuta in eccesso per prevenirne la sua svalutazione. A tal fine si potrà incentivare l’uso dei CCCF anche per il pagamento di tributi locali prevedendo uno sconto nel caso che il pagamento avvenga con questa valuta e non in euro.
Sotto il profilo tecnico, questi CCCF, oltre che in forma cartacea con le opportune precauzioni anti contraffazione, potrebbero circolare come valuta virtuale da caricare sulla Tessera Sanitaria o sui singoli account Satispay, circuito dove le transazioni tra privati già avvengono digitalmente al di fuori del circuito bancario.
Limiti e opportunità
Il vero limite di una moneta locale è quello che l’accettazione volontaria avviene solo all’interno di quel comune e tra privati residenti o che devono pagare tasse, tributi e tariffe in quel comune. Questo limite può e deve anche essere visto come opportunità ipotizzando lo sviluppo di un circuito economico locale, fatto di acquisti a km 0, incentivi per il consumo di prodotti locali, e in cui la stessa Amministrazione Comunale potrebbe contribuire prevedendo di ricorrere preferibilmente e prevalentemente ad aziende del territorio comunale per l’affidamento di forniture di beni, servizi e lavori al di sotto della soglia dei 40.000 € (art. 36 comma 2 lettera a del Codice degli Appalti).
Michele Bazzani
Nessun commento:
Posta un commento