Il centralismo è una macchina infernale: ti priva di risorse e competenze; poi ti maramaldeggia perché da solo non ce la fai; se ti viene incontro, il suo abbraccio è mortale, ti soffoca ancora di più; dopo l'intervento dall'alto, ti ritrovi ancora meno libero e meno capace; il circolo vizioso poi si ripete, fino alla completa distruzione di quella che una volta chiamavi la tua casa.
Il centralismo è intrinsecamente autoritario, una vera e propria orgia di potere.
Tutti coloro che ci parlano di più "Italia", più "Europa", più "globalizzazione", in questo anno terribile di crisi sanitaria e sociale, sono più o meno coscientemente subalterni al centralismo.
I peggiori sono i più candidi, quelli che credono davvero nella loro narrazione, secondo la quale i problemi generati dalla globalizzazione, dall'austerità europea, dall'autoritarismo degli organi centralisti italiani, sarebbero risolti dagli stessi meccanismi che li hanno creati.
Insomma, si torna sempre lì: temi il centralismo anche quando porta doni... Anche quando promette una qualche superiorità tecnica o scientifica, una presunta superiorità morale, una più stringente etica pubblica, o anche una sanità migliore.
Soffermiamoci, sulla questione sanitaria, che il centralismo intende usare per blandirci, accusando di inettitudine le amministrazioni regionali e locali che il centro stesso ha nel tempo sottofinanziato, svuotato di competenze, paralizzato con la metastasi normativa.
Questa brutta infezione del Covid-19 non è ancora passata e non siamo qui a fare discorsi minimizzatori. L'ISTAT sta chiarendo, man mano che arrivano i dati ufficiali dai comuni, che nella Repubblica Italiana avremo una maggiore mortalità, ma tutto sommato comparabile con quella delle peggiori influenze e polmoniti degli anni scorsi. Il punto non è mai stato quello di considerare il coronavirus come una peste o, all'opposto, una invenzione.
Una volta passato il panico iniziale, ci siamo resi conto che avremmo dovuto frenare la nostra socialità e la nostra economia, per non ritrovarci il 5% della popolazione in gravi condizioni di sofferenza e di pericolo. Perché questo dicono, ormai, i dati mondiali e locali: 5 persone su 100 colpite dal coronavirus hanno e avranno bisogno di aiuto. Non sono poche! Ma non è una piaga biblica!
Cruciale sarebbe stato e dovrebbe essere ancora vivere in modo ragionevole questo problema di salute pubblica.
Chi ha il raffreddore e la febbre dovrebbe poter stare a casa, non imbottirsi di medicinali per continuare ad andare in giro (a "produrre", se dipendente, o a "lottare per sopravvivere", se autonomo...).
Chi è malato dovrebbe essere seguito da una medicina di prossimità, dal suo medico di famiglia (che ci deve essere e deve essere reperibile...), e la maggior parte dei controlli e delle cure dovrebbe essere disponibile nel suo paese, nel suo quartiere, nel suo vicinato.
Gli ospedali, dotati anche di strumenti di diagnostica avanzata e di terapia intensiva, dovrebbero ancora esserci in tutti i territori e tutti dovrebbero essere dotati di una organizzazione in grado di fronteggiare l'emergenza di un pericolo infettivo senza abbandonare o mettere in pericolo gli altri malati (non c'è solo il coronavirus!).
Le comunità locali dovrebbero avere capacità produttiva locale, anche e soprattutto in materia sanitaria e farmaceutica (per non trovarsi impotenti come è avvenuto in Italia e in altri paesi "avanzati" con la mancanza di mascherine ed altri ben più importanti dispositivi di protezione individuale).
Gli anziani dovrebbero poter rimanere a casa loro il più possibile e le persone non più autosufficienti dovrebbero essere ospitate in strutture pubbliche (e comunque mai a scopo di profitto).
In caso di diffusione di virus vecchi e nuovi, la vita sociale e gli eventi pubblici dovrebbero essere contenuti ed eventualmente sospesi, ma localmente, puntualmente, temporaneamente, sulla base di valutazioni che devono essere fatte da competenti e responsabili autorità locali.
Questa epidemia avrebbe dovuto mettere in luce, per chi avesse voluto vedere, quanto infelice sia la vita nei grandi stati centralisti e autoritari e quanto invece sia migliore la vita quotidiana in paesi piccoli ma con forti e competenti autorità locali, dalla Svizzera, alla Nuova Zelanda, a Taiwan.
Invece... Invece non è andata e non sta andando così!
Abbiamo avuto, al contrario, da parte del governo della nostra Repubblica il prolungamento dello stato di emergenza ben oltre le paure dei primi mesi. Il potere è stato concentrato nelle mani di commissari e cabine di regia della Protezione Civile, delle agenzie centrali, dei ministeri.
OMS, tecnocrazie europee, centrali mediatiche sono state peraltro complici di questa eccezionalmente opaca concentrazione di potere e di ricchezze.
Non ci meravigliamo che, dopo decenni di austerità forzata, ora, improvvisamente, si stanno persino stampando soldi o almeno (nell'Eurozona) lasciando lievitare debiti, pur di tenere in piedi questa sconcertante bulimia di poteri emergenziali.
A chi ancora non capisse quanto grandi siano i pericoli di questo approccio centralista e autoritario, vorremmo suggerire di approfondire alcuni fatti: il fallimento dei grandi acquisti centralizzati (non solo i banchi a rotelle, ma anche la opaca vicenda del mancato potenziamento dei posti di terapia intensiva, che non è stata affatto una responsabilità delle autorità locali); l'eccessivo strangolamento normativo e finanziario delle autonomie locali ha generato ritardi nel dispiegare nei territori i controlli preventivi, i rifugi per i contagiati, le squadre di intervento domiciliare (le cosiddette USCA, Unità Specialistiche Continuità Assistenziale); l'ipertrofia normativa centralista ha causato ingiustizie insopportabili nella distribuzione degli aiuti economici e sociali. Il centralismo italiano, oltre che autoritario e arrogante, si consente sempre di essere anche cialtrone e crudele.
Infine, ma anche questo non meraviglia, di tutte le possibili strategie a lungo termine per convivere con i pericoli del coronavirus, i centralismi italiano ed europeo stanno puntando su avventati e secretati acquisti di vaccini, invece che sulla prevenzione e il contenimento dell'infezione.
Intanto sui media impazza la grancassa populista e reazionaria dell'attacco a tutte le autonomie! Le regioni non hanno fatto la loro parte! Le autorità locali vanno strigliate! I governatori e i sindaci sono malati di protagonismo... Già, loro... Quelli di Roma invece...
Mai un approfondimento, mai un cenno di autocritica da parte dei poteri centrali, mai una riflessione sul fatto che se interi territori sono malguidati da anni o decenni, un po' di responsabilità ce l'avrà pure anche la politica nazionale e nazionalista che ha imposto dall'alto presidenti (in Sardegna e in Lombardia per esempio) e commissari (come in Calabria)!
Intanto, nelle commissioni Affari Istituzionali delle due camere, si portano avanti progetti di distruzione della Repubblica delle Autonomie, come la legge Federico Fornaro (morte del Senato delle Regioni) e le proposte firmate tra gli altri da Dario Parrini che ricalcano il progetto Boschi-Renzi-Verdini di cancellazione delle autonomie regionali (sì, quello bocciato nel 2016).
Coloro che credono nell'autogoverno di tutti, dappertutto, si stanno già muovendo. Coloro che vogliono difendere la attuale Repubblica delle Autonomie (almeno quelle attuali!) devono allearsi. Coloro che sono impegnati per il proprio territorio, con progetti civici, localisti e ambientalisti, devono mettersi in rete.
Questo tempo di quarantene non passi invano. Prepariamoci a resistere e a contrattaccare.
Per approfondire:
https://www.autonomieeambiente.eu/news/21-unire-le-forze-territoriali-qui-e-ora
http://diversotoscana.blogspot.com/2020/03/salviamo-la-repubblica-dal-virus-del.htmlhttps://www.liberu.org/nuovo-assalto-centralista-questa-volta-camuffato-da-emergenza-sanitaria/
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