In attesa del verdetto del TAR sul Patto per la Toscana, voglio rendere pubbliche alcune considerazioni. come persona, come Mauro Vaiani, e come attivista della Toscana e della rete italiana di "Autonomie e Ambiente" (a sua volta legata agli autonomisti ecologisti di tutta Europa).
Sono, per conto dei miei compagni toscanisti, uno dei promotori del Patto per la Toscana, la lista civica, autonomista e ambientalista che si presenta alle elezioni regionali in collegamento con il consigliere regionale uscente Roberto Salvini (Roberto vive a Ponsacco e ha fatto attivismo civico e ambientale sin dagli anni '80, in particolare con l'esperienza di Caccia Pesca Ambiente, il CPA, che a suo tempo ebbe un certo successo).
Non siamo una lista improvvisata o civetta, tanto per essere chiari. La scelta di rivolgerci, anche con la grafica del nostro simbolo, oltre che con i nostri contenuti politici, agli scontenti di centrodestra, oltre a quelli di tutti gli altri schieramenti, la rivendichiamo. E' stata una scelta ponderata insieme a tutti i nostri alleati del Patto per la Toscana. Abbiamo dato una parola, come Comitato Libertà Toscana. Questo per me conta.
Il Patto per la Toscana si è visto rifiutare il proprio simbolo, dalla terna dei giudici facenti parte dell'Ufficio centrale per le elezioni regionali costituito presso la Corte d'Appello, con la conseguente esclusione dalle elezioni delle nostre 13 liste circoscrizionali. L'esclusione è stata sollecitata, con una memoria scritta presentata a quello stesso Ufficio, da parte della Lega Salvini Premier.
L'Ufficio centrale ci ha costretto quindi a ricorrere al TAR, cosa che abbiamo fatto, assistiti dall'avvocato Giovanni Montana, del foro di Pisa. Andiamo con umiltà davanti al giudice amministrativo, forti solo della legge e dei precedenti.
In attesa del pronunciamento, vorrei mostrare a tutti quanto sono diversi i due simboli, nei colori, nelle parole, nel carattere, nella composizione dei diversi elementi. Aggiungo che essi saranno, nel caso venissimo riammessi, in posizioni assolutamente diverse sulla scheda elettorale: noi in un angolo, da soli, come lista locale indipendente da tutti gli altri schieramenti; mentre il simbolo della Lega nazionale nel blocco di centrodestra a sostegno della candidata presidente Ceccardi.
Non ci sono possibilità di confusione, per l'elettore. Dai verbali dell'Ufficio che ci ha respinto emerge che siamo stati bocciati non per una qualche impressione di similitudine grafica, ma piuttosto perché il cognome del nostro candidato presidente Roberto Salvini, essendo uguale a quello del ben più noto Salvini leader nazionale della Lega, avrebbe potuto "agganciare" l'elettore del Salvini più famoso verso quello locale. E' una motivazione che si ispira a quella del mondo dei marchi commerciali, dove il "cuore" e la "notorietà" di un marchio possono avere, appunto, l'effetto noto come "agganciamento".
La politica, però, non è e, se mi è concesso, non dovrebbe essere, un mondo di marchi (tipo profumi o borse). I simboli politici, e a maggior ragione quelli che riportano nomi di candidati e leader politici, non possono quindi essere ammessi o rifiutati in base a considerazioni che vengono da un altro mondo, quello del commercio.
E' vero che per molti la politica è ormai ridotta a potenza (e prepotenza) economica, ma le corti e gli uffici elettorali devono restare estranei a questa degenerazione. Non la possono fermare, forse, ma nemmeno la possono incoraggiare con una giurisprudenza fondata su presupposti sbagliati.
Il cittadino toscano Roberto Salvini, candidato del Patto per la Toscana, viene accusato di voler usare il suo cognome per "agganciare" l'elettorato del suo ben più popolare omonimo nazionale. Accusa ingiusta, come sa bene chi conosce davvero la politica regionale e le terre pisane dove Roberto Salvini ha dimostrato di avere un forte consenso popolare (quasi 6.000 preferenze personali nelle elezioni regionali del 2015).
Ma se volessimo, per un momento, considerare la cosa da questo punto di vista, ci avventureremmo nel terreno scivoloso - apparentemente "moralistico" ma in realtà profondamente ipocrita e inevitabilmente autoritario, come tutti i moralismi - di una sorta di censura preventiva. Non è difficile immaginare che se la consentissimo, essa verrebbe esercitata a favore dei più potenti, non certo dei più "buoni".
Se accettassimo di dare a qualcuno (togato o no, non importa) il potere di selezionare chi può "agganciare" e chi no, come verrebbero valutati, in futuro, liste e candidati che si sono fatti eleggere usando simboli che riportano i nomi di famosi leader nazionali che non erano candidati? Quanti elettori sono stati "agganciati" con il nome di Salvini, Berlusconi, Meloni e altri, per far eleggere amministratori locali che la gente non conosceva (e che se avesse conosciuto, non avrebbe forse mai votato)?
E' più "furbastro" un leader locale come Roberto Salvini, o è stato più "furbastro" Matteo Salvini che ha fatto eleggere sindaci e governatori sconosciuti, in tutto il paese, presentandoli con il proprio nome, invece che con il loro?
Qualunque sia la risposta che intendete dare a questa domanda, dareste a qualcun altro il potere di rispondere a questa domanda? Io no. E spero tanti di voi.
Ci vorrebbero leggi più chiare e più semplici sulla organizzazione di partiti, movimenti e anche di liste civiche? Forse, ma queste leggi al momento non ci sono, o sono oscure. In nessun caso, silenzio o vaghezza della legge possono essere usati per lasciare fuori dei cittadini dalla competizione elettorale.
Portare in materia elettorale una discussione così scivolosa su chi può "agganciare" chi, non risolvebbe problemi come l'eccesso di "agganciamento" e di marketing in politica. Si aprirebbe solo un vaso di Pandora.
Le commissioni elettorali si ritroverebbero investite di un ruolo di "controllori" degli "agganciamenti" che, semplicemente, le leggi non prevedono e che produrrebbe inevitabilmente esclusioni arbitrarie, se non aberranti.
Sarebbe, in buona sostanza, ancora una volta, una vittoria di pochi leader nazionali contro tutti i candidati locali indipendenti. Un esito inaccettabile, per la tenuta democratica della nostra Repubblica delle Autonomie, contro il quale ci batteremo, costi quel che costi.
Consci della complessità della questione, attendiamo con fiducia che il TAR riconosca che il nostro Salvini e il nostro Patto per la Toscana sono diversi dall'altro - certo più noto e più potente - e che ci riconosca il diritto costituzionale a partecipare alle elezioni, insieme a tutti gli altri, potendo portare la nostra voce indipendente nella politica toscana.
Non siamo prodotti, tantomeno prodotti di "disturbo" per marchi più affermati e più potenti di noi. Siamo persone, siamo cittadini, siamo Toscani.
Ovviamente, in caso di sconfitta davanti al TAR, ricorreremo al Consiglio di Stato, ma la campagna elettorale ci sarebbe comunque preclusa. Per cui ciascuna delle persone, delle comunità, delle forze politiche alleate nel Patto per la Toscana dovrebbe fare le proprie scelte.
Anticipo quale sarà la mia iniziativa, comunque vadano le cose:
- avanti per l'autogoverno della Toscana almeno come quello del Trentino
- avanti con la sorellanza Autonomie e Ambiente per salvare la Repubblica delle Autonomie
- avanti con la Costituente Libera Toscana per avere in Toscana un soggetto politico territoriale, largo e inclusivo, ospitale e plurale
- avanti con l'alleanza con le altre forze del Patto per la Toscana, in particolare con gli attivisti civici, autonomisti, ambientalisti
- avanti per l'economia locale, le monete locali, l'autosufficienza alimentare ed energetica, i beni comuni, i servizi pubblici universali, le libertà civili e la libertà di scelta in sanità
Animo!
Mauro Vaiani Ph.D.
uno dei promotori della Costituente "Libera Toscana"
uno della segretaria del Patto per la Toscana e del Comitato dei 13 che lo gestisce
uno dei vicepresidenti nazionali di Autonomie e Ambiente
Prato, 2 settembre 2020
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