Scriviamo queste poche righe per ricordare quanto ci siamo impegnati, praticamente per tutta la vita, per sostenere l'emancipazione di coloro che cercano indipendenza e invece si sono trovati sempre più in-dipendenza.
Prima di tutto stiamo pensando alle vittime del colonialismo "duro e puro", in particolare l'Africa, che in questo anno 2020 celebrano sessant'anni di un difficoltoso, controverso e soprattutto incompiuto processo di "decolonizzazione".
Il 1960 fu definito l'anno dell'Africa, per il grande numero di stati che raggiunsero, ma solo formalmente, l'indipendenza.
Segnalo un approfondimento:
https://ecointernazionale.com/2020/09/1960-anno-dellafrica-sessantanni-dopo/
Segnalo anche le bellissime conversazioni su Radio Radicale di Steve Emejuru e di altri, sulla difficile indipendenza africana che troppo spesso mantiene il continente nero "in-dipendenza":
https://www.radioradicale.it/scheda/618843/voci-africane-trasmissione-del-movimento-degli-africani
Vorrei invitare anche ad approfondire l'immenso dibattito sul neocolonialismo, con quello che Magdoff ha chiamato nel 2003 "Imperialism without colonies":
https://monthlyreview.org/product/imperialism_without_colonies/
Infine vorrei lasciare due parole critiche e autocritiche per scuotere coloro a cui sono vicino da sempre, in quanto autonomista, gli indipendentisti che cercano un riscatto per le colonie interne dei grandi stati, come in Corsica, in Sardegna, in Sicilia. A maggior ragione questa "sveglia" vorrei che risuonasse per le minoranze che si autodefiniscono "indipendentiste" in altre antiche terre oggi senza stato, che però non hanno subito le conseguenze più gravi del colonialismo interno, pur ritrovandosi comunque prigioniere di stati centralisti e autoritari, come la Bretagna, la Baviera, il Veneto, o anche la mia Toscana.
I movimenti per l''autogoverno devono uscire dall'infantilismo e dal settarismo, comuni a tanti movimenti territoriali che sono e restano piccoli, fragili, divisi, subalterni, personalistici.
Quando si viene affascinati da un ideale così difficile da realizzare, come l’autogoverno di un territorio prigionerio di uno dei moderni stati centralisti, un ideale compreso da così poche persone e così controcorrente, il primo rischio che si corre è quello di diventare indipendentisti salottieri, che discutono di nuove statualità come gli amici di un circolo discutono la sera di una squadra di calcio o di una band musicale.
Se poi ci si crede al punto da volerne fare il fulcro di un qualche attivismo politico, velleitarismo e settarismo diventano una tentazione quasi invincibile.
Si parte in pochi e si lancia subito un messaggio forte (Toscana Stato! Cornovaglia Libera! Texas Exit!). Più urtante è il messaggio, più si resta in pochi e isolati. Allora ci si sforza di alzare ancora di più la voce, ma con il risultato di restare ancora più soli. E’ un circolo vizioso.
Paradossalmente, più si alzano i toni, più si è in pochi, più si è subalterni e utili allo status quo.L'ho scritto anche per i miei compagni di avventura per l'autogoverno della Toscana:
"Ogni volta che nasce una piccola forza indipendentista, fondata in pochi e per pochi, magari subalterna a certe correnti scioviniste, bigotte, para-leghiste, più i difensori dello status quo si sentono rassicurati, perché capiscono che lo status quo non ha nulla da temere.
Il cammino verso un mondo fatto di territori che si autogovernano, dove la persona umana conti qualcosa e faccia la differenza in un sistema politico a misura d’uomo, è fatto di approfondimento spirituale e culturale, di un impegno decentralista concreto, di inclusione sociale, di ricerca di alleanze locali e globali.
Si possono continuare a fondare partiti indipendentisti, ma è inutile se si resta in-dipendenza.
Il cammino verso l’indipendenza deve essere portato avanti da intere comunità che si impegnano in un cammino di liberazione dal basso, inclusivo, popolare, fondato sulla selezione di obiettivi di AUTOGOVERNO sempre più audaci, ma anche praticabili e realizzabili.".
* * *
A distanza di quasi tre anni, dopo il naufragio del Comitato Libertà Toscana in un delirio di dimissioni e di espulsioni (io in particolare sono stato espulso il 21 ottobre 2021), sono sempre più convinto di questa mia testimonianza anti-settaria, in favore di un impegno popolare per l'autogoverno di tutti dappertutto, nel rispetto della naturale inter-dipendenza che c'è fra tutte le persone, le comunità, le terre del pianeta Terra. Sono convinto l'autodistruzione del CLT sia stata causata anche dalla crisi pandemica, che ha fatto perdere l'equilibrio a tante persone, ma qualcosa di sbagliato c'era e c'è in tutti gli indipendentisti che non riescono a vedere al di là di ciò che credono di sapere della storia e della propria madreterra (NdA 12 aprile 2023).
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