Qui il link all'articolo integrale sul sito originale siciliano che lo ha pubblicato per primo.
Di seguito il testo dell'intervento.
* * *
L'urgenza
del dialogo per l'autogoverno di tutti, dappertutto
di
Francesco Marsala e Mauro Vaiani *
Firenze – Palermo, 3 dicembre 2018
Alcune
forze politiche impegnate per l’autogoverno di diversi territori
italiani hanno iniziato un dialogo serrato per muoversi in modo più
coordinato nel sistema politico italiano ed europeo.
In
molti, da quando
abbiamo iniziato a coordinarci, ci
chiedono
cosa abbiano
in comune indipendentisti di Sicilia e autogovernisti
di Toscana. Come
possono realtà molto
diverse di Trieste, Friuli, Veneto, Toscana, Roma, Sud, Sardegna,
Sicilia, lavorare
insieme?
Abbiamo
una prima
risposta da offrire:
noi condividiamo
una visione politica decentralista
che ha conseguenze
precise anche nel
breve termine, non solo
nei nostri obiettivi di lungo periodo. La nostra volontà di
decentralizzare
poteri e risorse ha
conseguenze qui e ora. Localisti, autonomisti, indipendentisti
possono e devono camminare insieme,
per raggiungere da
subito obiettivi
concreti di maggiore autogoverno e quindi maggiore
dignità dei nostri
territori.
Noi
siamo abbastanza candidi da credere che, se domani il parlamento
italiano volesse finalmente abolire i prefetti, o devolvere
completamente la custodia dei bacini idrogeologici, o regionalizzare
le ferrovie, oppure dare a tutte le regioni e province autonome
piena autonomia statutaria, la maggior parte delle forze
territoriali, siano esse indipendentiste, o autonomiste, o localiste,
o civiche e ambientaliste, dovrebbero
muoversi insieme per
afferrare questi risultati storici.
Non
è possibile, questo a noi appare chiaro, coltivare progetti
indipendentisti (come in Sicilia), o fortemente autonomisti (come la
proposta di fare della Toscana un territorio che si autogestisca
almeno come il Trentino), senza capire
e senza studiare perché
tanti paesi sono diventati indipendenti solo di nome, nell’epoca
moderna, mentre di fatto sono rimasti “in
dipendenza”.
L’indipendenza,
intesa modernamente come pieno autogoverno in una confederazione
europea e in un mondo interdipendente, a nostro parere, non può
raggiungersi altro che
con un processo di
riforme progressive, che scardinino
una ad una le attuali
concentrazioni di ricchezze e di potere.
Non
temiamo nemmeno di affrontare insieme spinose questioni economiche.
Abbiamo sufficiente cultura economica e finanziaria
per sapere che maggior autogoverno conduce anche a minore pressione
fiscale sulle regioni più prospere e a minore desertificazione delle
regioni più deboli. In materia di finanza pubblica il nostro unico e
comune avversario sono
coloro che vogliono continuare
a tenere le risorse
nelle mani di pochi decisori centrali e centralisti.
Un
secondo
ma forse ancora più
urgente argomento a
favore del dialogo è la questione della
democrazia, su cui non solo cerchiamo unità tra noi decentralisti
appassionati di autogoverno, ma su cui siamo sicuri di incontrare la
collaborazione trasversale con tante altre forze
e culture democratiche.
Dobbiamo
spiegare bene, insieme,
all’opinione pubblica che l’Italia
è praticamente l’unico stato dell’Unione Europea in cui i
cittadini di un territorio non possono votare per liste e candidati
locali, né per la Camera, né per il Senato (con
una qualche limitata
eccezione per
Trentino, Sudtirolo e Valle d’Aosta),
né per il Parlamento Europeo (senza
nemmeno le eccezioni
succitate).
Ripetiamo,
perché si capisca bene: attraverso gli
attuali sistemi
elettorali centralisti, che consegnano il potere di depositare liste
e candidature solo a un numero ristretto di persone poste ai vertici
di piramidi politiche nazionali (per esempio la Lega di Salvini, il
Movimento Cinque Stelle, il PD), la stragrande maggioranza dei
cittadini non ha la
facoltà di votare una
lista più piccola e più
locale, tanto meno di
scegliere un candidato locale al posto di quello nominato dall’alto
(questo
in nessuna lista).
Siamo
arrivati a un livello di verticismo politico che fa dubitare della
natura democratica della Repubblica italiana, perché le norme
elettorali sono talmente ingiuste che una persona potrebbe prendere
una grande maggioranza nella sua città o nella sua regione e non
essere eletta, né alla Camera, né al Senato, né al Parlamento
Europeo.
Se
a questo si aggiunge
l’insopportabile verticalizzazione centralista del sistema
mediatico, oltre
alle difficoltà di
accesso delle forze
minori e locali all’autofinanziamento
dei partiti attraverso
il “due per mille”,
chiunque abbia un po’
di amore per la
democrazia capirà
che dobbiamo al più
presto lavorare insieme per
avere leggi elettorali semplicemente più democratiche. Non
solo per noi forze politiche territoriali, ma per tutti.
Una
terza
questione ci
preoccupa e ci spinge al dialogo. Un
movimento decentralista
europeo (e globale) è necessario, perché,
se non
lo mettiamo in campo, qui nella
Repubblica Italiana e nella Unione Europea, non solo le nostre
aspirazioni storiche rimarranno
fragili, se non proprio velleitarie, ma,
in assenza di una
visibile coalizione
di forze votate all’autogoverno di tutti e
dappertutto, lasceremmo
il campo a potenti
forze centraliste e neocentraliste.
Forze
che sono
già all’opera,
in un
modo che non esitiamo a
definire sinistro, sia
in Italia che in Europa.
Noi
vediamo solo pericoli nella aspirazione di Macron a
diventare il novello
Napoleone d’Europa,
con tanto di esercito
europeo neocolonialista
e non ci sorprende che
la sua presidenza stia mostrando indifferenza e repressione nei
confronti dei “gilet gialli”, le classi medie impoverite delle
remote province francesi.
Né
crediamo che i cosiddetti “sovranismi” e “populismi” possano
in alcun modo rappresentare una alternativa alle
tecnocrazie. L’attuale
capo della Lega italiana, Salvini, non fa mistero di aspirare al
presidenzialismo italiano e riceve consenso e sostegno
da forze storicamente
avversarie di ogni forma di federalismo e confederalismo, fra
cui quei
“Fratelli d’Italia”
che vorrebbero
addirittura abolire le
regioni e le province autonome. Questi
capi che vogliono restaurare la sovranità dei vecchi stati
centralisti rappresentano
la risposta sbagliata ai problemi strutturali dell’Eurozona e al
deficit democratico delle istituzioni europee e internazionali.
Macron
e Salvini si presentano
come rivali, ma noi li
vediamo in realtà molto simili nei loro atteggiamenti centralisti e
autoritari, oltre che nella loro indifferenza, per
esempio, nei confronti delle aspirazioni della Catalogna e della
sorte dei prigionieri
politici e degli esiliati catalani.
Noi
non ci aspettiamo da tecnocrati europeisti o da ducetti sovranisti
alcun rimedio ai problemi italiani ed europei, tantomeno ai guasti di
una globalizzazione che è ecocida e genocida.
Noi
crediamo in noi stessi, nella nostra azione decentralista,
democratica, civile, sociale, ambientalista, per il bene di tutti,
dappertutto.
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