Noi decentralisti guardiamo con estremo favore tutto ciò che si muove in direzione dell'autogoverno dei territori. Per questo siamo favorevoli alle autonomie differenziate richieste da Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, in attuazione dell'art. 116, terzo comma, della Costituzione italiana e in ossequio alla volontà popolare e politica che si è manifestata in queste regioni (e anche in altre a dire il vero) da ormai oltre un anno.
Purtroppo, quel 22 ottobre 2016, quando il popolo del Veneto e le province della Lombardia hanno approvato la richiesta di autonomia differenziata, sta diventando una data lontana e anche un po' mitica, di cui non si capisce quali saranno le vere conseguenze.
Ci dispiace scriverlo, ma temiamo che l'attuale governo, prima ancora che impreparato alle oggettive difficoltà normative, sia sostanzialmente indisponibile a cedere risorse e potere ai territori. Noi temiamo che questo governo del "cambiamento" stia praticando un neocentralismo non molto diverso da quello che ha dominato sin qui in Europa e in Italia.
Prima o poi riusciremo a formare un governo veramente decentralista e allora toccherà quindi a noi affrontare la questione. Lo faremo con moderazione e pragmatismo, ispirati dai nostri ideali di solidarietà fra cittadini e fra territori, fermi nella nostra convinzione che l'Italia e l'Europa abbiano bisogno di decentralizzare ricchezze e potere verso tutti i territori.
Dimostreremo con i fatti che aumentare l'autonomia dei territori non toglie nulla ad altri territori, ma solo alle elite che da Roma, da Milano, da Bruxelles, ci tengono in pugno.
Non cadremo nella trappola che è già tesa. Coloro che non vogliono decentrare un bel nulla sono già pronti a scrivere testi legislativi assolutamente inadeguati, destinati a restare sulla carta, inutili come grida manzoniane. Nel frattempo si tenterà ancora una volta di mettere il Sud, la Sicilia, la Sardegna, magari anche la Toscana e l'Umbria, contro il Veneto e la Lombardia. Divide et impera, sempre a favore di pochi. Le cabine di regia del "Capitano" e degli illuminati della Casaleggio, sono già pronte a decidere tutto dall'alto e da altrove, esattamente come facevano quelle di Renzi, Monti, Berlusconi e Bossi.
Ne volete una prova? Andatevi a rileggere gli accordi preliminari firmati il 28 febbraio 2018 da Gentiloni con Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna. Li troverete scorcentanti per la loro vaghezza, ma soprattutto pericolosi perché essi delineano una serie di "mance" che saranno concesse, ancora una volta dall'alto, ai territori. Non sarà emancipazione, non sarà responsabilità, non sarà federalismo fiscale.
Se ci saranno risorse in più da spendere sui territori che vantano un "residuo fiscale" - perché sono le regioni più ricche di imprenditoria che produce ed esporta - esse non saranno "trattenute" sul posto, saranno invece "restituite" da Roma, creando pericolose illusioni contabili e velenose polemiche strumentali fra "chi ci guadagna e chi ci perde". Una gigantesca e pericolosa manovra centralista, insomma, in linea con venticinque anni di imbrogli (in particolare leghisti) ai danni di tutti i territori.
Poiché viviamo sotto una cappa soffocante di migliaia di leggi europee e italiane, attuare forme di autonomia differenziata non sarà affatto facile, ma noi ci riusciremo, perché abbiamo principi, oltre che competenze. Noi sappiamo che istituzioni locali di autogoverno più forti, attraggono persone, risorse, competenze, poteri, e quindi anche imprenditoria e sviluppo.
Quando toccherà a noi, si comincerà da tre cambiamenti profondi, che andranno a vantaggio di tutti i territori, non solo di alcuni:
a) attueremo la territorializzazione della riscossione di alcune imposte, a partire dall'IVA; la faremo pagare dove si vende, invece che dove ha la sede fiscale il venditore; è una rivoluzione necessaria, in Italia e in tutta Europa, di cui si discute da anni; questa battaglia non riguarda solo i giganti del web, ma tutte le imprese; le aziende dovranno versare le imposte dove i loro prodotti vengono acquistati e consumati; questo elemento, da solo, ridistribuirà risorse su tutti i territori molto più equamente di quanto avviene oggi;
b) aboliremo migliaia di leggi italiane ed europee (noi apparteniamo a una rete di confederalisti che ha forze sorelle in tutta Europa), che oggi impediscono a tutte le regioni di assumersi responsabilità chiare nei confronti delle proprie comunità; non si può attuare alcuna autentica autonomia, se non si aboliscono intere strutture centrali, a cominciare dalla rete delle prefetture;
c) man mano che le regioni avranno maggiore responsabilità e autonomia fiscale, potranno farsi carico di gestire in proprio sempre maggiori funzioni.
L'esperienza storica delle autonomie più avanzate (Valle d'Aosta, Trentino, Sudtirolo) dimostra che un rapporto più diretto fra governanti e governati produce più servizi e meno costi, rispetto a ciò che viene gestito dall'alto e da lontano, oltre che un significativo sviluppo delle economie locali.
Ci atteremmo alle buone pratiche consolidate in questi positivi precedenti e ne proporremo l'attuazione in tutti i territori.
Con l'attuazione del federalismo fiscale, una industria emiliana che vende tanto in Sicilia, pagherà molte più tasse alla Sicilia e molte meno all'Emilia. Allo stesso tempo, con maggiore autonomia, l'Emilia darà ai suoi residenti più servizi di quanti oggi ne ricevano dallo stato. Non ci rimetteranno, quindi, né la Sicilia, né l'Emilia. Ci saranno solo meno posti, meno potere, meno intermediazione da parte delle attuali caste di alti dirigenti e capi politici centralisti.
C'è un ultimo, non per importanza, principio decentralista che attueremo. Con noi resteranno dei fondi di solidarietà, a cui i territori più ricchi contribuiranno di più dei territori che oggi, dopo un secolo e mezzo di colonialismo, sono impoveriti e desertificati. Ci sarà una svolta anche lì, però, perché noi sappiamo, dai nostri studi anticolonialisti, che la "decolonizzazione" produce la progressiva riqualificazione e, nel tempo, una sostanziale riduzione della necessità di muovere fondi da un territorio all'altro.
E' vero, non parliamo il linguaggio facilone dei "padroni a casa nostra" (prima cialtroni nel praticare il "nordismo", oggi convertiti in pericolosi neo-nazionalisti), ma proprio per questo, dopo il fallimento di questi giganti dai piedi di argilla, toccherà a noi restituire fiducia ai territori, spiegando con umiltà ma con determinazione che ovunque nel mondo più autogoverno significa più buongoverno.
12/12/2018
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