Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

lunedì 30 luglio 2012

Un cittadino contro le preferenze

Il ritorno delle preferenze facoltative all'italiana, quelle contro cui il popolo italiano si rivoltò a inizio degli anni '90, sarebbe un disastro politico e, ancora di più, economico e sociale. Carlo Fusaro, che noi sappiamo essere uno studioso e un influente intellettuale che scrive spesso sulla stampa toscana, ci ha inviato, da cittadino, questo graditissimo intervento in proposito, in esclusiva per il nostro blog, Diverso Toscana. La mail di Carlo Fusaro (ricevuta il 28 luglio 2012, ndr): 


La legge Calderoli del 2005 è una legge elettorale con gravi difetti. Ma non sono affatto quelli di cui ossessivamente si parla da mesi e anni.
I suoi difetti veri sono due.
Il primo è che prevede due meccanismi di premio separati e diversi per due camere, il che è un nonsenso. In effetti il nonsenso sta nell'esistenza di due camere entrambe titolari del rapporto di fiducia: com'è noto uno schema che non ha eguali al mondo. Dappertutto una è la camera politica con rapporto di fiducia col governo, se la forma di governo è parlamentare. L'altra rappresenta, in parte almeno, interessi diversi ed è svincolata dal rapporto fiduciario.
Il secondo difetto NON è nelle liste bloccate. E' che si tratta di liste bloccate lunghe (fino a 47 candidati) con l'aggravante (il cuore della questione) che una stessa persona può candidarsi dappertutto. Questo è il meccanismo che permette le c.d. "nomine": permette cioè, grazie al controllo delle rinunce di persone elette in diverse circoscrizioni, di far uscire via via chi si preferisce.
E' falso invece che il problema fosse, come si ripete, "aver abolito le preferenze". Qualunque cosa si pensi delle preferenze (ed io ne penso tutto il male possibile sia per esperienza diretta sia per aver studiato un po'):
(a) le preferenze alle politiche già non c'erano più dal 1993;
(b) le preferenze non hanno mai impedito ai partiti - certo, con eccezioni - di far eleggere chi volevano, col sistema delle capolisture ed altri espedienti;
(c) le preferenze scatenano una dannosa caccia al voto DENTRO il proprio elettorato per sé stessi e NON al di fuori per conquistare elettori incerti o nuovi;
(d) le preferenze impongono campagne costose;
(e) le preferenze così come da noi ci sono solo in Grecia e in pochi altri posti; le liste, in genere, sono bloccate, bloccatissime e laddove non lo sono è permesso scavalcare l'elenco presentato dal partito solo con un quorum minimo: che so, almeno la metà o un quarto di voti preferenziali sul totale dei voti del partito.
Infine (f) le preferenze come sono disciplinate in Italia non danno affatto agli elettori il potere di scegliere l'eletto!
Danno questo potere a minoranze efficienti ed organizzate nel controllo dei voti (cosa ciò significhi in circa il 40% del territorio nazionale non ho bisogno di ricordarlo).
In pratica si permette a gruppi di interesse, o fazioni, o peggio, di scegliere per tutti, grazie alle preferenze, al posto del partito (che almeno le sue responsabilità deve assumersele).
Anche se è vero che il ricorso alle preferenze dopo la preferenza unica  è cresciuto dappertutto (anche al centro e al nord), resta che sono usate mediamente da minoranze di elettori.
La cosa che mi indigna è che culturalmente i fautori di leggi elettorali davvero migliori (doppio turno alla francese, maggioritario secco, collegi uninominali, liste corte e proporzionale senza recupero di circoscrizione tipo Spagna, etc.) ben presto si son fatti travolgere, con l'aiuto di una stampa francamente cialtrona e superficiale, da parole d'ordine d'accatto che hanno trasformato la legge Calderoli (che io rifiuto di chiamare in modo diverso: perché quello è già il segno della resa politico-culturale) nella sentina di tutti i mali.
Non è così. Ha avuto e ha anche i suoi meriti: basti pensare alla capacità bipolarizzante e al fatto che nel 2008 è stata ben interpretate dalle forze politiche per merito primario di Veltroni (e poi dello stesso Berlusconi) in modo da assicurare camere non frammentate e maggioranze e minoranza non raccogliticce.
Se poi queste si sono sfaldate, il problema non è della legge elettorale ma dell'incompetenza, dell'incapacità e della stupidità di chi ha permesso al proprio partito di andare in pezzi (e di chi permette al proprio di restare rissoso e continuamente esposto al ricatto delle sinistre estreme, o del populismo giustizialista, o - adesso - dei c.d. grillini).
Sta succedendo, è già successo ciò che era successo con la legge Mattarella: Dio sa se io l'ho combattuta, quando speravo con altri illusi di trasformarla in una legge elettorale tutta maggioritaria (non solo per 3/4); ma resta la miglior legge elettorale del dopoguerra.
Si poteva correggere (per esempio togliendo le liste civetta), ma funzionava.
Una volta fallito il tentativo di renderla PIU' maggioritaria, restava comunque una eccellente linea di difesa.
Invece, con la benedizione ed anzi lo stimolo di gente come Sartori (geniale caratteraccio che in vetustà, divenuto incoerente fino alla totale dimenticanza di ciò che lui stesso aveva insegnato), che inventò il termine spregiativo che sappiamo, si posero le basi perché quella legge elettorale fosse sostituita senza colpo ferire (come accadde anche nel 2005, quando vera opposizione non ci fu).
E ci si beccò la Calderoli, coi difetti che ho detto e con l'unico pregio - almeno - di difendere il bipolarismo: cioè il diritto degli elettori di decidere da chi farsi governare.
Adesso la Calderoli è la cosa da sostituire costi quel che costi: ed è altro errore, perché occorre avere l'onestà intellettuale di dire che MEGLIO TENERSI LA CALDEROLI che passare alle preferenze e per di più perdere il potere del voto decisivo sul governo.
Questa è infatti la truffa finale che gente impudente come Casini e tanti altri vanno propinando, quando solennemente affermano che "va restituito agli elettori il potere di eleggere i propri deputati".
Primo perché, collegio uninominale a parte, non l'hanno mai fatto davvero e non c'è nulla da restituire. Si vuol solo restaurare un sistema che ha prodotto guai senza fine fino a che ad esso ci si ribellò 20 anni fa.
Secondo perché si fa finta di dare qualcosa, ma in realtà il vero obiettivo è TOGLIERE il potere di decidere sul governo, che è poi la cosa che conta di più.
Ancor maggiore è il paradosso se si ricorda appena appena che la legge Calderoli, storicamente, fu nel 2005 l'ultimo tentativo di Berlusconi di recuperare con il tipo di legge che questi volevano proprio l'Udc e Casini (i quali pretendevano un ritorno a schemi proporzionalistici: certo non ebbero le preferenze e sperano ora di completare l'opera abolendo anche il premio).
Ma ci sarà un limite alla memoria corta degli italiani e alla tentazione tecnicamente reazionaria e restauratrice delle forze politiche!
In tutto questo ancora una volta quel che non capisco (rectius: non capirei) è perché mai il Pd ci dovrebbe stare.
Mi dicono che il vero sta nel fatto che il Pd cerca alleati e quindi per compiacerli e anche per non spaccarsi fra chi vuole Casini e chi vuole Vendola-Di Pietro, è disposto di fatto a buttare a mare 20 anni di bipolarismo (l'unica grande riforma fatta!).
Una cosa è certa: se cedono su questo il voto di gente come me non l'avranno davvero.

Carlo Fusaro 
http://www.carlofusaro.it/



domenica 29 luglio 2012

Basta cicche!

Le cicche delle gomme da masticare sono praticamente indistruttibili, lo sapevate?
Le cicche delle sigarette sono velenose per piante e animali e impiegano decenni a biodegradarsi.
Salviamo le nostre spiagge, i nostri sentieri, le nostre strade, i nostri monumenti.
Ciascuno di noi può fare la differenza.
Non gettare mai una cicca, mai!
Leggere e diffondere, per favore.







Chewing gums are virtually indestructible, did you know?
Cigarette butts are poisonous to plants and animals and take decades to biodegrade.
Save our beaches, our strails, our roads, our monuments.
Each of us can make the difference.
Never throw away a gum, a butt, never!
Read and share.




BASTA CICCHE - STOP BUTTS

sabato 28 luglio 2012

Contro lo spettro delle preferenze

Il Tirreno pubblica oggi, sabato 28 luglio 2012, nello spazio aperto agli interventi, a pagina 21, un mio articolo in cui invito a rammentare il disastro storico delle vecchie preferenze all'italiana. Mi rammarico anche per il mancato avvio del processo di riforma elettorale regionale in Toscana. Siamo ancora in tempo, certo, ma se il nostro Consiglio regionale si fosse spinto più avanti, avrebbe di molto facilitato anche la riforma nazionale. La strada maestra: piccoli collegi e primarie, con un vero obbligo, per ciascun partito, di far scegliere agli elettori il proprio campione locale. Le preferenze lasciamole agli arroganti della Milano da godere di Firmigoni e a coloro che vogliono seguire l'esempio di quel Piccolo recordman delle preferenze nella Roma capitale degli sprechi, oggi agli arresti, accusato di clientelismo.

* * *

Il testo integrale dell'intervento apparso sul Tirreno

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Più memoria, più Toscana, contro le preferenze

di Mauro Vaiani

Nelle trattative in corso a Roma per raggiungere un compromesso accettabile su una nuova legge elettorale, si avverte una pericolosa mancanza di memoria sul disastro storico delle preferenze. E si sente anche la mancanza del contributo toscano: avere già avviato la riforma elettorale regionale, avrebbe potuto facilitare il dibattito nazionale.
Non possiamo permetterci di dimenticare i guasti economici e sociali provocati dal sistema delle preferenze facoltative all'italiana. Quel sistema contro cui la maggioranza assoluta dei cittadini della Repubblica si è ribellata, votando per la sua abolizione nei referendum del 1991 e del 1993.
L'enormità della spesa pubblica improduttiva e le dimensioni del debito pubblico italiano sono eredità diretta del sistema politico in cui, mentre la maggioranza dei cittadini votava semplicemente il simbolo di uno dei partiti, piccole minoranze organizzate in clientele elettorali sceglievano i membri di un parlamento consociativo. La fedeltà dei pochi, all'insaputa dei molti, veniva ricompensata con favori personali e diretti, votati a schiacciante maggioranza dal trasversale “partito unico della spesa pubblica”.
Le liste bloccate sono orribili, e vanno eliminate, ma le preferenze sono anche peggio. A ricordarci gli effetti del rapporto clientelare fra l'eletto e i suoi elettori fidelizzati con la preferenza, dovrebbero essere d'aiuto gli arresti dei signori delle preferenze e il disastro di tutte le regioni e città i cui amministratori sono ancora scelti con quel vecchio sistema.
Qui si torna alla mancanza di Toscana, dopo la mancanza di memoria.
La Toscana si è salvata dai disastri politici che hanno colpito dalla Lombardia al Lazio, dal Piemonte alla Sicilia, anche grazie all'abolizione delle preferenze, insieme con la sperimentazione, in collegi piccoli, delle primarie.
Per consentire alle maggioranze degli elettori di un partito di scegliere i propri uomini, e per permettere, in un secondo momento, a ciascun partito di presentarsi su un territorio unito attorno al proprio campione locale, c'è una sola strada maestra: collegi piccoli e primarie istituzionalizzate. Il dibattito toscano è arrivato molto avanti su questo e, se venisse ripreso con coraggio, qui, oggi, magari prima delle ferie di agosto, potrebbe ancora contribuire a una riforma elettorale nazionale più avanzata.
Forse non è troppo tardi, per difendere la memoria della storica rivolta italiana contro le preferenze e per mantenere la promessa toscana di una riforma elettorale regionale da fare prima e meglio di quella nazionale.


Mauro Vaiani

venerdì 27 luglio 2012

Monaco 1972


Monaco - Munich -  München 1972. Ricordiamola noi, quella strage, visto che Londra 2012 non ha voluto.
Sono scomodi quegli undici morti.
C'era odio contro lo stato di Israele, considerato come un unico insediamento da ributtare a mare.
Si stavano irrigidendo le divisioni della Guerra Fredda e lo stato ebraico stava per venire demonizzato, trattato come un governo fantoccio i cui fili sarebbero stati tenuti dal capitalismo mondiale.
In Europa soffiava forte il vento di un antisemitismo duro e puro, che civettava con il nazionalsocialismo arabo. Erano ancora fortissimi i legami del nazismo e del fascismo europeo, con l'estremismo nazionalista arabo.
C'era tanta vigliaccheria, nel mondo. Non so come altro chiamare l'indulgenza che ovunque incontrava il terrorismo.
Per le elite politiche arabe sarebbe comodo dimenticare Monaco 1972: un ultimo disperato tentativo di nascondere il loro storico fallimento, le loro sconfitte militari e geopolitiche, la loro corruzione, la loro crudeltà.
Quando la Primavera Araba le avrà spazzate via, le donne, i giovani, il popolo queer del mondo arabo e islamico, faranno giustizia anche di questa loro ipocrisia, una delle più vergognose.
Godiamoci la bellezza di Londra 2012, ma lanciamo nella pace del sabato anche la nostra preghiera, il nostro ricordo.
Mai dimenticare le vittime! I caduti innocenti vivono in noi, che lottiamo perché il male retroceda dal mondo.
Grazie a Fiamma Nirenstein, che è sempre in prima fila per la verità, la libertà, la pace, per gli Arabi, per Israele, per tutto il mondo.

Tempi maturi


Tutti gli attuali partiti sono drammaticamente screditati. Ci si deve rendere conto della distanza siderale che c'è fra le attuali elite, fallite e fallimentari, e la stragrande maggioranza dei cittadini sovrani. I tempi sono maturi, scrive oggi sul Tirreno il mio amico Alberto Vannucci, esperto di corruzione politica, perché nuovi attori si facciano carico dell'istanza popolare di rinnovamento.

Ieri a Castiglione della Pescaia, alla Riva del Sole, Italia Futura ha dimostrato in Toscana - ma presto sarà chiaro in tutto il paese - che può diventare un punto di riferimento per un vasto movimento civico e liberale; non anti-politico ma per la buona politica; determinato a completare le riforme che il popolo vuole da decenni, per smettere di essere sudditi e diventare cittadini; moderato nei toni e pragmatico nei contenuti; trasversale rispetto agli schemi consunti dei vecchi centrosinistra e centrodestra; deciso a fare quello che promette e a rispettare la volontà popolare su tutti i temi più controversi; in concorrenza diretta con i populismi vecchi e nuovi.

Sentiti tutti gli interventi, dalla bella introduzione di Maurizio Vernassa alle appassionate - e commosse, e commoventi - conclusioni di Federico Vecchioni, ieri siamo usciti più convinti e determinati che mai della necessità di una proposta politica nuova, che ambisca a un risultato a due cifre, per le prossime elezioni politiche.

Possiamo aggregare movimenti di rottura con il "partito unico della spesa pubblica", come quello di Oscar Giannino. Possiamo unirci a importanti movimenti civici locali e regionali, promossi da persone per bene e che hanno già dimostrato di saper ben amministrare le loro comunità locali. Possiamo rivendicare, come Italia Futura, di essere stati noi a segnare la direzione giusta all'azione dolorosa ma necessaria del governo Monti, senza per questo dismettere l'ambizione di fare di più e di meglio.

Di certo dobbiamo lavorare per una rottura, una discontinuità con tutte le attuali elite politiche. Una nostra possibile lista civica nazionale potrà senz'altro farsi aiutare da qualche saggio uscente, da qualche parlamentare veramente indipendente, di alto profilo culturale, che ci aiuti dal punto di vista tecnico, ma per il resto dovrà segnare un rinnovamento integrale: grazie no, a tutti quelli che sono stati parlamentari in questi anni del fallimento di Berlusconi e di Prodi; grazie no, a tutti quelli che erano già in parlamento prima dell'avvento di Berlusconi e di Prodi. Hanno già avuto la loro occasione, hanno fallito, è giusto che passino tutti la mano, come abbiamo detto più volte, come ha ripetuto ieri Federico Vecchioni, il coordinatore nazionale e presidente toscano di Italia Futura.

Fra i tanti begli interventi di ieri a Castiglione, vogliamo ricordare quelli che abbiamo segnalato anche su Facebook: il bel richiamo all'umiltà e alla diligenza di Lapo Cecconi e l'appello di Alessia Carovani a una "welfare review" che ci renda, quanto a politiche familiari e sociali, almeno - ALMENO! - paragonabili alla Germania.

La legge elettorale? Non sarà un ostacolo. Anche se non dovesse prevalere un ragionevole compromesso su collegi uninominali veramente competitivi, un grande movimento popolare e liberale può e deve accettare la sfida. Anzi, può e deve partecipare al dibattito in corso, per propiziare regole che segnino un passo in avanti e non uno indietro, verso il passato disastroso delle preferenze.

* * *

mercoledì 25 luglio 2012

Cinque parole contro la crisi



Cinque parole, alcune delle quali talmente antiche che si trovano persino nella Bibbia, rappresentano, a mio parere, una piccola luce nella presente oscurità.

Remissione dei debiti: i debiti pubblici e privati, in tutto il pianeta, sono troppo grandi; una parte deve essere condonata, su base volontaria, senza ritorno e senza condizioni; i debitori - tutti, buoni e cattivi - devono essere aiutati, senza se e senza ma; nessun creditore ha interesse a strozzare il proprio debitore; sennò finisce come con la Grecia, dove per non aver voluto aiutare un poco, si è perso tutto.

Consolidamento: l'Eurozona ha il dovere di consolidare una parte importante degli immensi debiti pubblici dei propri membri; una percentuale importante deve essere comprata, a prezzo politico, a interesse imposto, dalle sue istituzioni finanziarie centrali.

Inflazione: è la tassa più iniqua che esista, ma credo proprio che dovremo sopportarne un po'. Noi in Italia ne sappiamo qualcosa, no? Entrammo nell'Euro con un reddito pro capite di circa trenta milioni (30.000.000) di vecchie lire e ci ritroviamo inchiodati a un reddito pro capite di circa ventimila (20.000) Euro. Abbiamo pagato abbastanza gli eccessi di spesa pubblica provocati nel passato dal “partito unico della spesa pubblica” e dai “signori delle preferenze”. Purtroppo non è ancora finita. Facciamoci coraggio.

Manomorta: alcuni paesi, fra cui la Repubblica Italiana, hanno un immenso patrimonio pubblico che potrebbe essere valorizzato e che potrebbe essere offerto ai creditori in cambio di una massiccia riduzione del debito. Con alcuni caveat: tutte le volte che si è davvero deciso di mobilizzare la manomorta, è scoppiata una rivoluzione; è giusto, infatti, che a governare una liquidazione non possano essere le élite che sono responsabili del fallimento. Siccome questo patrimonio pubblico è il frutto dei sacrifici e del lavoro delle comunità locali, la decisione su cosa e come mettere a frutto, deve essere presa con la partecipazione popolare e lasciando che si esprimano sovranamente le comunità locali. Sennò si torna un'altra volta alle svendite centralizzate di beni pubblici di cui sono stati giustamente accusati i governi passati. Per cui sì alla patrimoniale di stato, di cui parlano saggiamente il senatore Nicola Rossi e Italia Futura, ma attraverso il coinvolgimento diretto delle comunità e delle istituzioni locali, senza creare nuove burocrazie centrali, che risulterebbero, come le attuali, incontrollabili e irresponsabili.

Austerità: va portata avanti con maggiore gradualità, con giustizia, ma è necessaria, dappertutto; non solo in Europa, ma in tutto il mondo. La stragrande maggioranza degli stati sovrani e delle autorità locali, moltissime grandi organizzazioni pubbliche e corporation multinazionali private sono semplicemente troppo grandi, troppo costose, praticamente mostruose. Devono dimagrire, punto.

Per capire la crisi economica, occorre continuare a seguire e a leggere veri esperti, come Mario Seminerio, Oscar Giannino, Luca Ricolfi. Tuttavia, come cittadini sovrani, dobbiamo fare ciascuno il nostro sforzo di riflessione e comprensione. Siamo noi che dovremo decidere, sulla nostra pelle, scegliendo i nostri prossimi leader, con nuove leggi elettorali, attraverso nuove liste e movimenti, quanti sacrifici sostenere, quanti debiti condonare, quanti debitori aiutare.

PS del 26/7/2012

Mario Seminerio ci ha onorato di un breve commento su alcune di queste parole, che sintetizziamo liberamente così: la remissione, il condono dei debiti sarebbe una scelta ispirata ai giubilei biblici; il consolidamento non è altro che un default controllato, un evento comunque drammatico; l'inflazione erode il valore reale dei debiti ed è certamente un modo per ridurne l'onere. Il risultato di queste tre opzioni è che i creditori non rivedono tutti i loro soldi, con ricadute pesanti sui loro redditi e sull'economia reale. Non si può essere pregiudizialmente contrari a questi drammatici aggiustamenti: i fallimenti fanno parte della vita. Dovremo comunque soffrire e non esiste via d'uscita indolore a questa situazione. Qui arriva il complimento più grande di Seminerio: chi scrive su questo blog fa parte di coloro che, del dramma che stiamo vivendo, ne sono consapevoli.

Sulla valorizzazione della manomorta pubblica, attraverso l'azione di (nuovi ed eletti) amministratori-liquidatori locali, Seminerio considera noi troppo ottimisti, o se stesso troppo cinico. Speriamo che fra ottimismo e cinismo ci si una via di mezzo, in cui l'amore per il proprio territorio possa risvegliare diligenza e rispetto per i beni pubblici.
Sulla necessità di austerità, a partire dal dimagrimento delle organizzazioni troppo grandi e troppo costose, l'economista è ancora più scettico, ma fa auguri sinceri a chiunque tenterà qualcosa in quella direzione. Stando sempre attenti, comunque, alle ricadute pesanti sugli umili, che purtroppo non mancano mai.

Dovete leggere e seguire Mario Seminerio e il suo lavoro di critica economica, sociale e politica. Seguitelo su Phastidio.net.



martedì 17 luglio 2012

Ci vorrebbe qualcosa di strano

Sinistra, centro e destra non ci rappresentano più e non possiamo perder tempo a occuparci di etichette consunte e di agonizzanti schieramenti, che non hanno più senso, se non per le oligarchie che, cavalcandoli, cercano disperatamente di sopravvivere a spese della Repubblica.
Ne ho avuto l'ennesima riprova partecipando, su stimolo dell'inesauribile Mario Seminerio, a un test sulla mia vicinanza politica ai candidati in corsa per le elezioni americane del prossimo novembre 2012. Sono finito in un vero e proprio queer middle ground, fra libertari, federalisti, ecologisti, difensori dei diritti civili, scettici sulle costose e fallimentari guerre combattute dagli attuali leader al potere nel mondo, la War on Terror e la War on Drugs.  
Troppe questioni veramente importanti sono, infatti, ignorate o sottovalutate dalle forze dell'attuale establishment mondiale.
Abbiamo davvero bisogno di processi innovativi, come le primarie o le aggregazioni civiche dal basso, per la selezione di una nuova generazione di politici. Non solo e non tanto leader solitari, ma delle vere e proprie nuove formazioni, squadre che raccolgano diversità e competenze, con una vocazione maggioritaria, cementate da una etica della responsabilità.

PS
Confesso che il candidato a cui sono risultato più vicino, il libertario Gary Johnson, mi era totalmente sconosciuto.

sabato 14 luglio 2012

Il Sacco di Prato del 1512

Il Sacco di Prato del 1512 è uno degli episodi più tragici della nostra storia toscana di resistenza all'invasione straniera, alla corruzione papale, alla dittatura dei Medici. Se ne possono trarre molte importanti lezioni sulle ambiguità e i lati oscuri della modernità, che pure noi Toscani abbiamo così tanto contribuito a generare. Segnalo la possibilità di sostenere, direttamente e personalmente, un coraggioso progetto culturale: ricordare il 500° anniversario del Sacco con un docu-film. Visitate il sito del progetto e prenotate la vostra quota.


venerdì 13 luglio 2012

Il vizio del gioco



 

Il ritorno in campo di Berlusconi, non importa se causato da un miscuglio di narcisismo e disperazione, o da uno sgradevole eccesso di cinismo politico, o dal suo inguaribile vizio del gioco, porta un po' di chiarezza, non trovate?
Forse è solo un modo per alzare la posta e ricattare amici e avversari. Magari per farsi dare un aiutino per salvare Mediaset, che, insieme alla Rai, è lanciata a tutta velocità verso una crisi strutturale paragonabile a quelle che hanno colpito in passato la Fiat, o il tessile, o l'Alitalia.
Forse è persino vero che l'ennesima lista Berlusconi potrà avere un risultato elettorale a due cifre. Del resto c'è chi sostiene che persino una lista Mussolini, a 90 anni dalla Marcia su Roma del 28 ottobre 1922, potrebbe ottenere un risultato a due cifre. La vita si allunga e le convinzioni, nella società moderna, più sono sbagliate, più trovano entusiasti difensori e inguaribili nostalgici.
In ogni caso è più chiaro che non resta nessun centrodestra da salvare o rinnovare. Tutti coloro che, per alcuni mesi, sono stati invitati a organizzare riunioni su primarie e riforme, sul pensiero conservatore europeo e su una nuova stagione di riforme di ispirazione liberale classica, sono stati, ancora una volta, presi in giro. Ne traggano finalmente le conseguenze, come altri hanno fatto, con umiltà - compreso chi scrive - sconfitti e anche un tantino disturbati dall'impotenza di Berlusconi e dalla supponenza dei suoi consiglieri.
Gli aspiranti rifondatori del centrodestra vengono bruciati, uno dopo l'altro, fuori e dentro il PDL, che si posizionino nel vecchio schieramento o tentino di formarne uno nuovo.
Questo avviene semplicemente perché non c'è nulla da rifondare.
Sul passato non si costruisce nulla e dei nostalgici si occuperà Berlusconi in persona, il grande giocatore, finché campa.
Sbagliava, ora che Berlusconi resta in campo è ancora più chiaro, chi, come Alessandro Agostinelli, attribuiva a Italia Futura, in Toscana e in Italia, il compito di riorganizzare il centrodestra. I contenuti e le competenze che stiamo raccogliendo vanno ben oltre.
Non so cosa, insieme, decideremo, ma di certo non stiamo lavorando su vecchie divisioni che consentano, ancora una volta, a oligarchie impresentabili di tenere in ostaggio il paese, tornando a dividerlo secondo antiche e dolorose, ma totalmente obsolete fratture sociali, spirituali e culturali.
Stiamo lavorando, invece, su un programma per i prossimi cinquanta anni, per trasformarci da sudditi in cittadini; per completare la riforma federale; per il rafforzamento dei nostri comuni; per una nuova Ricostruzione della bellezza della Toscana e dell'Italia, attraverso la protezione del territorio, la messa in sicurezza delle infrastrutture, il decoro dei beni pubblici e la valorizzazione dei beni culturali; per riportare diligenza e merito al centro della vita pubblica; per rimettere in moto l'economia italiana ed europea incoraggiando l'innovazione e lasciando libere di produrre le nuove generazioni, così come le donne, gli anziani, i professionisti, gli imprenditori, gli immigrati.
Quello a cui partecipiamo non è davvero un gioco, ma è un cantiere, un lavoro, un impegno che richiederà le energie di più di una generazione.

mercoledì 11 luglio 2012

Da sudditi a cittadini, il programma di Italia Futura


Si è tenuta oggi a Milano la presentazione di Sudditi : Un programma per i prossimi 50 anni, il libro-manifesto dell'Istituto Bruno Leoni curato da Nicola Rossi ed edito a inizio giugno da IBL Libri.

Il libro si può acquistare online attraverso diversi canali.

Qui potete leggerne una piccola sinossi.

Sono intervenuti, presso la Sala Colonne di Palazzo Giureconsulti, in Piazza Mercanti, 2, a Milano: Rodolfo De Benedetti (Amministratore delegato, CIR), Diego Della Valle (Presidente, Tod's) e Guido Tabellini (Rettore, Università Bocconi). Ha introdotto e coordinato i lavori Oscar Giannino. E' intervenuto il curatore del volume, Nicola Rossi, che è anche il presidente dell'Istituto Bruno Leoni e il principale coordinatore dell'approfondimento programmatico di Italia Futura.

Il libro racconta un'Italia in cui lo stato è rimasto lo "Stato" con la S maiuscola, cioè il vero sovrano, mentre la sovranità dei cittadini è rimasta un miraggio. Questo, hanno detto i protagonisti dell'incontro, è  lo spread più preoccupante fra l'Italia e i suoi principali partner occidentali.

Gli autori sono: Silvio Boccalatte, Luigi Ceffalo, Natale D'Amico, Alessandro De Nicola, Franco Debenedetti, Giampaolo Galli, Pietro Ichino, Maria Leddi, Pasquale Medina, Lucia Quaglino, Giorgio Rebuffa, Fabio Scacciavillani, Manuel Seri, Serena Sileoni, Carlo Stagnaro, Marianna Vintiadis ed Enrico Zanetti.

Questo libro è una occasione importante per riunire coloro che, magari partendo da posizioni politiche e culturali molto diverse, hanno comunque capito alcune cose che potrebbero unirli in un programma a lungo termine di riforma e di ricostruzione delle comunità locali, delle regioni, della Repubblica, dell'Unione Europea:
- che quella che stiamo vivendo è una crisi che durerà anni e da cui si uscirà molto lentamente, attraverso un drastico ridimensionamento del peso delle grandi burocrazie pubbliche (quelle europee comprese), che attualmente grava sulle spalle dei produttori;
- che l'austerità va diluita in un tempo lunghissimo, che si misurerà in decenni;
- che l'austerità è necessaria, perché l'alternativa, l'inflazione strisciante o magari galoppante, sarebbe ben più iniqua;
- che ciò che aspettiamo da decenni, meno tasse sul lavoro e più tasse sulle cose (specie quelle lasciate improduttive, come la manomorta pubblica) e sulle case (specie quelle vuote e abbandonate), è ineludibile;

- che la distribuzione dei sacrifici richiederà una grande prudenza, una salomonica saggezza e soprattutto una profonda conoscenza della vita reale e dei problemi dei ceti più deboli, oltre a una sincera compassione verso coloro che sono veramente in pericolo, perché estranei al sistema di privilegi del vecchio stato sociale - i portatori di diversità, le famiglie monoparentali, i giovani laureati ignoranti e quelli masterizzati in argomenti inutili, i piccoli imprenditori, i custodi di mestieri antichi e saperi tradizionali, gli esperti di territorio e natura, gli inventori e gli innovatori;
- che non è la fine del mondo, ma sicuramente l'inizio della fine delle cose cresciute troppo - quelle mostruosità troppo grandi persino per essere lasciate fallire (i cosiddetti Too Big To Fail);
- che chiunque voglia vendere la storiella che è sempre colpa di qualcun altro - dell'Euro, della Germania, dell'Inghilterra, di Prodi, delle banche, dei commercianti, di chissà chi - non è nient'altro che l'ennesimo imbroglione che tenta di carpire, ancora una volta, la nostra fiducia;
- che non ci sarà mai più crescita senza profonde liberalizzazioni, che includono anche l'introduzione di maggiore competizione e meritocrazie in tutti i settori, a partire da quelli che assicurano i servizi pubblici universali.
E tante altre cose importanti, sul territorio, sulla produzione, sulla formazione professionale, sul rilancio del lavoro manuale, sul dimagrimento della burocrazia, sul rilancio del civismo, sulla riscoperta di una buona politica, che, per l'appunto, stanno trovando spazio nel lavoro di Italia Futura.

sabato 7 luglio 2012

Toscana Pride

Ho partecipato al primo Toscana Pride a Viareggio, sabato 7 luglio 2012, con gioia, assieme ad amic* car*, e con orgoglio, dietro lo striscione di Ireos, l'associazione che in questo momento mi rappresenta e mi consente di esprimermi più compiutamente, come persona omosessuale a Firenze e in Toscana.
Lo slogan scelto per la manifestazione mi è parso molto strano, ma molto poco queer: "La Nostra Immortale Favolosità". Forse voleva forse essere autoironico, ma temo sia solo stato solo un involontario harakiri mediatico. Il documento politico della manifestazione invece è assolutamente buono, al netto di una verbosità un tantino anacronistica. Consiglio di darci un'occhiata.
Segnalo, fra gli altri, l'ottimo intervento di Mirco Zanaboni, della nostra Ireos.
Ci sono state ovviamente discussioni, polemiche e divisioni, riguardo a questo Pride toscano. Sono mancate le adesioni di parti storiche del movimento gay e lesbico toscano, come quella degli amici di Azione Gay e Lesbica Firenze, o di Luisella Audero e degli altri amici di Gaylib Toscana. Non entro nel merito del loro legittimo dissenso.
Qui mi preme solo lasciare scritto che questo raduno di diecimila persone è stato gioioso, carico di energie positive, potenzialmente capace di lanciare un messaggio di ottimismo, anche economico. Sì, in molti sensi, siamo stati a Viareggio anche per tirare la volata a una stagione fiacca, a un turismo in crisi, a una imprenditoria (del divertimento e dell'ospitalità, queer e non) a corto di risorse e soprattutto di idee.
In questo sabato non abbiamo certo posto rimedio agli errori scientifici, amministrativi e politici del parco e dei suoi burocrati, alle difficoltà e ai limiti dei governi di Viareggio e Vecchiano, alla mancanza di fantasia e coraggio - e umiltà e generosità - di tanti imprenditori e operatori del turismo, alla debolezza politica e culturale di tanta parte del nostro movimento queer.
Però abbiamo sentito parole di sana critica e autocritica, di speranza, di ottimismo.
E ce n'è, in questi anni di crisi più che mai, un gran bisogno.

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