Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

venerdì 30 dicembre 2016

Profittatori di regime




Ripetiamolo anche noi, con lo stile diretto che ha usato Dagospia: il grande buco MPS è stato creato in grandissima parte da circa 10.000 persone ricche e potenti, che si sono fatte dare denaro che non restituiranno, come solo ai ricchi e ai potenti è concesso.
Per ora la Repubblica italiana ci butta una decina di miliardi di Euro, ma chissà se basteranno.
A queste 10.000 persone andrebbero, a nostro modestissimo parere, aggiunte forse un altro migliaio: amministratori, revisori, controllori, alti funzionari della stessa banca MPS e delle autorità che la dovevano sorvegliare.
Senza la loro complicità, il grande buco sarebbe stato scoperto e arginato ben prima.
Forse un giorno potremo consultare questa lista - non delle sole persone giuridiche ma delle persone fisiche che hanno firmato e controfirmato questi prestiti avventati finiti in gravi perdite operative e patrimoniali.
Non invoco leggi speciali, non chiedo vendette, non spero in risarcimenti per la Repubblica.
Esigo solo il diritto, forse il dovere, di chiamarli con il nome che meritano: profittatori di regime, affamatori del popolo, sfruttatori dei lavoratori, ladri dei beni pubblici, distruttori del patrimonio - non solo materiale - che le genti di Maremma e di tutta la Toscana avevano accumulato dentro la banca più antica del mondo.

lunedì 19 dicembre 2016

Mattarellum iuxta modum


Con anni di ritardo, si riparla di Mattarellum, come sistema elettorale per l'elezione della Camera e del Senato della Repubblica Italiana.
Si tratta, lo diciamo subito, di un sistema elettorale decente, da cui non ci si sarebbe mai dovuti allontanare, perché stava funzionando e, nel medio-lungo termine, avrebbe prodotto effetti ancora più positivi, come scrivemmo qui in tempi non sospetti.
Fa un po' effetto che ad essersi convertiti al ripristino di una legge elettorale meno folle di quelle che sono state imposte al paese da ormai un decennio, siano i due Mattei nazionali (e neo-nazionalisti): l'ex presidente Renzi, che ha rapidamente ripudiato la "legge elettorale che l'Europa ci avrebbe invidiato", l'Italicum; il segretario della Lega Nord, Salvini, il nemico politico preferito dallo stesso Renzi, il quale lo alimenta mediaticamente come spauracchio per tener buoni i suoi elettori più di sinistra.
Questo blog, laicamente, saluta il ritorno dei due figlioli prodighi, lanciando però a tutti i membri delle commissioni affari istituzionali di Camera e Senato un appello a stare attenti a ciò di cui i due Mattei non si occupano mai: i dettagli.

Il Mattarellum ci piace, ovviamente iuxta modum.
Per il Senato era già ben impostato: consentiva una chiara competizione nei collegi uninominali; garantiva il recupero dei migliori secondi, a cui, regione per regione, era garantito un diritto di tribuna pari al 25%; consentiva le candidature indipendenti dai partiti ed eventualmente contro i partiti carenti di primarie e di democrazia interna, un punto centrale, questo ultimo, per far veramente funzionare il sistema uninominale.
Per la Camera, invece, i difetti erano notevoli: le candidature nei collegi erano obbligatoriamente legate ai partiti; c'erano la follia delle liste civetta formate per imbrogliare nel momento del cosiddetto scorporo; la quota proporzionale, con le sue liste bloccate, era ancora una ridotta dove si riproducevano le peggiori abitudini della partitocrazia.
Buon lavoro, allora, commissari.
Siate ragionevoli, almeno una volta, in questa sciagurata XVII legislatura, che è durata anche troppo a lungo e ha prodotto una serie interminabile di leggi non solo sbagliate, ma scritte male, oscure, inapplicabili, odiose.


lunedì 5 dicembre 2016

Le formiche contro l'elefante


Dietro la vittoria del NO nel referendum costituzionale di ieri in Italia, ci sono tantissime persone che avevano personalmente letto e studiato la riforma Boschi-Renzi-Verdini e che la hanno trovata semplicemente avventata, se non addirittura pericolosa.
Fra di esse ci sono la stragrande maggioranza dei milioni di lavoratori del diritto e, più in generale, della conoscenza dei meccanismi della nostra società complessa.
Grazie alle nuove reti sociali - in particolare attraverso Facebook, Twitter e WhatsApp - queste persone hanno potuto comunicare fra di loro e con milioni di altre, resistendo all'egemonia sui media, alle reti unificate, al pensiero unico trasmesso dalla stampa fedele alle elite al potere.
E' il fenomeno della mobilitazione sociale, che fu preconizzato dal grande Karl Deutsch. Una grande realtà tranquilla, nonviolenta, intelligenza esercitata da reti sociali che si allargano lentamente, ma non per questo sono meno impressionanti.

E' finita come si può leggere sul sito ministeriale: 20 milioni contro 13, 60% contro 40%.
Liquidare questa cittadinanza attiva come mera ondata di protesta, magari "populista", è il tentativo in corso da parte delle elite dominanti, sconvolte dall'ampiezza dell'opposizione al cambiamento della Costituzione della Repubblica italiana. Crediamo che questa operazione liquidatoria delle opposizioni democratiche, autonomiste, libertarie, sociali, non possa avere successo, così non ha avuto successo il bombardamento mediatico in favore della riforma stessa.
Certo, non crediamo ci saranno molti applausi, per loro, anzi verranno accusati di essere all'origine della crisi di governo, dello spettacolo non sempre edificante dello scatenarsi di nuove e vecchie forze politiche in lotta per il potere centrale, del difficile parto di nuove leggi elettorali.
Nessuno, o pochissimi, sui media di regime, consentirà che si rifletta a sufficienza sul peggio che questi cittadini ribelli hanno evitato alla Repubblica, disturbando i piani dei principali attori e registi della grande messinscena italiana (ed europea).
Al contrario, secondo il pensiero unico dominante, tutto era ed è stato consentito a chi voleva fortissimamente far passare questa riforma-deforma-schiforma. Poco o nulla è importato che la riforma fosse intrinsecamente sbagliata e che il plebiscito fosse inaccettabile.
Il governo Renzi-Alfano-Delrio-Madia-Boschi si è lanciato in una avventura politica insostenibile, con tanto di azzardo morale, disprezzo degli avversari, tentativi di corrompere interi ceti sociali, prepotenze e minacce di ogni genere.
Forse dovremmo essere semplicemente grati ai cittadini che hanno resistito.
Siamo stati solo tante piccole formiche, ma abbiamo fermato l'elefante quando ormai era già entrato nella cristalleria della Repubblica.
I danni sono ingenti, la distruzione non è stata ancora del tutto fermata, ma qualcosa di buono è successo.
Non siamo stati a casa, ci stiamo mandando gli avventati e supponenti organizzatori dell'odioso plebiscito che ci è stato imposto.


La festa della vittoria del NO
in piazza della Signoria a Firenze
nelle prime ore del 5 dicembre 2016
(manifestanti USB - fonte)

venerdì 2 dicembre 2016

J.P. Morgan vuole bene all'Italia




A conclusione di una campagna referendaria bruttissima e lunghissima, in cui il governo Renzi-Alfano-Delrio-Boschi-Madia-Lorenzin ha strumentalizzato tutto lo strumentalizzabile, compiendo ogni sorta di prepotenza, pur di convincerci a votare sì al suo plebiscito, chiudiamo con una nota di intelligente leggerezza.
La dobbiamo al mio amico fraterno Saverio Langianni, che l'ha diffusa su Facebook, oggi, rilanciando lo scritto di un attivista aretino. Una perla di ironia. Leggetevela.


HO CAMBIATO IDEA...
Dopo tanta discussione, ho vacillato, ho riflettuto ed ho cambiato idea per i seguenti motivi:
Voto Sì perché voglio disconnettere i cittadini dai senatori. Certi elettori non capiscono niente sono anche contro le vaccinazioni e io toglierei loro il voto. Si dovrebbe far votare solo chi capisce le cose, lo dice anche Scalfari
Voto Sì perché voglio che galantuomini come De Luca possano giustamente beneficiare dell'immunità parlamentare. Tutti ce l'hanno con lui a partire dalla Bindi.
Voto Sì perché non credo nelle comunità locali, nelle regioni. Perché la gestione del paesaggio della Toscana è pessima ed io voglio che sia solcata da gasdotti.
Voto Sì perché la politica del turismo in Toscana sia di interesse nazionale ed è meglio che decida lo stato centrale scegliendo quale parte del patrimonio artistico promuovere e restaurare a scapito di quello inutile che ha solo valore culturale ma non commerciale.
Voto Sì perché non voglio che le comunità locali possano bloccare un inceneritore, perché è giusto che lo stato decida sui termo-valorizzatori e li faccia dove vuole. Io vorrei che il raddoppio dell'inceneritore di San Zeno ad Arezzo potesse essere fatto come vuole Aisa perché per questa partecipata è un bel business.
Voto Sì perché abbiamo sempre fatto missioni di pace giuste in Iraq, in Afganistan, un ottimo intervento in Libia, che sono contento abbia destabilizzato il Sud Mediterraneo. E allora mi fido che un primo ministro possa dichiarare guerra da solo. Così faremo prima e bruceremo i francesi nella corsa al petrolio.
Voto Sì perché voglio stabilizzare i mercati a favore del 25% degli italiani che si sono arricchiti con la crisi. Perché quelli che hanno peggiorato la loro situazione economica negli ultimi anni si lamentano e basta e non riescono a capire che se si taglia lo stato sociale e la sanità diventa privata potranno diventare fortunati come il 25%, in qualche modo. La mano invisibile del mercato penserà a loro...
Voto Sì perché io penso che un cittadino normale non può capire l'articolo 70. E se non può capirlo non può decidere sulla costituzione e allora certe cose bisogna farle decidere a chi ne capisce e chi lo ha cambiato e' molto intelligente se e' riuscito a scriverlo così complicato.
Voto Sì perché c'è bisogno di governabilità in quanto negli ultimi anni Berlusconi, Monti e Letta sono caduti perché avevano una maggioranza risicata. Ora piuttosto voglio che una minoranza prenda un premio e diventi maggioranza assoluta a tavolino senza cercare consenso alla Camera, perché intralcia e basta. La minoranza ha perso e deve stare zitta, per questo il suo statuto deve essere scritto dal premier.
Voto Sì perché Schäuble, Dijsselbloem, Moscovici, J.P. Morgan vogliono bene al popolo italiano e non è vero che fanno politiche favorevoli a pochi interessi e di austerità. Se facciamo come dicono loro salveremo anche Banca Etruria probabilmente.
Voto Sì perché bisogna cambiare. Anche i padri costituenti avevano detto che si doveva cambiare la costituzione appena fatta. E' meglio cambiare a prescindere. Io pur di cambiare ci metterei uno che decide tutto da solo. I politici sono dei ladri e non servono a niente. Oltre che il Senato toglierei anche la Camera e tutti a casa 'sti ladri.

* * *

Buon voto, domenica 4 dicembre 2016.
No al plebiscito, no alla riforma Boschi-Renzi-Verdini.
#IoVotoNO

domenica 27 novembre 2016

Out of touch European Parliament voted on Turkey


MEPs have given the strong impression of being out of touch.
Instead of going - in greater number and with more energy than they did - to Turkey, in Istanbul, in Ankara, to pretend the liberation of political prisoners, to talk with the resistants, to visit prisons, to travel to the bombed South-East, they voted an incomprehensible, moralistic, pointless statement, which eventually will be useful only to reinforce Erdogan's rhetorics:


Insights:

http://www.europarl.europa.eu/news/en/news-room/20161117IPR51549/freeze-eu-accession-talks-with-turkey-until-it-halts-repression-urge-meps

https://www.theguardian.com/world/2016/nov/24/eu-parliament-votes-freeze-membership-talks-turkey

https://hdpenglish.wordpress.com/

sabato 12 novembre 2016

Heeding the Trump nation


Yes, Americans elected an unqualified salesman as President of the United States. I think the magic words were: bring back our jobs, soldiers. There are voices to be heard, and probably a lesson to learn.

I post here a few voices of the so-called "Trump Nation", extracted from this USAToday survey.

Heeding these people, it appears clear to me that Trump was supported by a tide of new electors, rather different and distant from the stereotype of social conservative people, old and new Republicans, Evangelicals. A merely moralizing emphasis on ignorance, bigotry, racism, xenophobia, misogyny, homophobia, can be misleading in an effort of understanding Trump's (narrow) victory.

Let's read.

Dustin Grab, New York , age 29

Dustin Grab (source)
“I like Donald Trump because he’s been saying the same thing about trade since I have been born. He is saying the same thing about the NAFTA and GATT that we went into in [the] ’90s and how we’ have been making policies that benefit a lot of people but maybe not so much America itself. I also really like the fact that he wants to audit the Federal Reserve. I think questioning globalism is the biggest thing after the Brexit vote that we had the other day. I think that’s the next step for major governmental policy is to step back and look at these trade deals that we have, and a lot of them in secret like the TPP where we don’t really know what we’re getting into before we vote on it, and step back and see if we’re actually benefitting from these trade deals and re-negotiate the ones that aren’t benefitting us. So I think questioning globalism is going to be the biggest thing to help out our country and economic status.”


Manny Paulet (American Hispanic), Indiana, age 47

I support Donald Trump because he's the first American in about three decades that has decided to work for the benefit of the average person. America has a long term addiction to cheap labor. He's going to break this addiction by starting a trade war with other countries. A trade war will cause us to re-industrialize and there will be a better distribution of income. He's a plain-spoken guy, but nothing that he's ever said has made me think that he's racist. He's shown in his hiring and in his businesses that he'll always hire the best person for the job. He doesn't care what your silly sexuality orientation is, your color, your gender or anything like that. Keeping illegal immigration is a big step forward in maximizing the economic value of each American worker. Without those step-up jobs, the long-term integration system that the United States has had, almost since its history, cannot resume. It's broken. Right now, we've got people who are stuck at the bottom, for the most part. If we give them these step-up jobs, which re-industrialization will allow for, then they'll be able to progress and the next generation will be able to integrate better into our society. I don't think it should be at all controversial for a politician to say that America should come first. I expect that the politicians of every country want their country to come first. That is not blame-worthy, that is praise-worthy. This is first politician in 30 years that I've had hope that can enact real change for America and make America better for every American for the forseeable future.”


Phil Berrios (Latin American), New York , age 61

“He’s the best man for the job. He’s going to bring back more jobs for the Americans, which we lost a lot of jobs to Mexico and everywhere else. And he’s going to make America great again. The Obamacare I'’m not too crazy about. This guy’ is going to [give] better health care. And, like I said, more jobs and more opportunities for the American. You have a lot of people unemployed. They're looking for new jobs. We should just bring back the jobs that left the United States.”



* * *

Further readings:


- A liberal view I strongly disagree with: Paul Krugman, accusing a huge number of "white people, living mainly in rural areas — who don'’t share at all our idea of what America is about. For them, it is about blood and soil, about traditional patriarchy and racial hierarchy".

- A very good Naomi Klein, understanding the complexity of structural inequalities.

- Robert Parry adding important points about Clinton's foreign policy big mistakes in Ukraine, Syria, Iraq - To put it simple: US establishment bears the responsibility of having bullied Russia and triggered the Islamic State.

- Something about Bernie Sanders, always wise.


- Last, but not least, a great Glenn Greenwald, with his understanding of the complex intertwinement of poverty and identity, which should remind to Ernest Gellner, Tom Nairn, or, more recently, R. Brian Ferguson, for a more profound insight. A must read.


mercoledì 9 novembre 2016

Il presidente venditore



E' vero, il popolo degli Stati Uniti ha eletto presidente un vecchio venditore, sostanzialmente impreparato.
Le parole magiche sono state: riporterò indietro i nostri posti di lavoro e i nostri soldati dalle tante guerre interminabili scatenate dall'apparato militare-industriale americano in Somalia, Afghanistan, Libia, Siria, Yemen.
Non so se ci riuscirà, ma mi pare che abbia intercettato un forte bisogno popolare, che va ben oltre certi tradizionalismi e conservatorismi americani.
Questo popolo assetato di lavoro e di pace merita ascolto, come aveva scritto la rivista socialista "In These Times", non articoli isterici e insultanti come quello di Paul Krugman che potete trovare sul sempre più elitario - e sempre meno letto - New York Times.



venerdì 4 novembre 2016

50 anni dalla grande alluvione toscana


Uno scatto di Luciano Gori (fonte)



La grande alluvione del 1966 mi riguarda sempre di più, man mano che passano gli anni, come persona, come lavoratore e come cittadino.
Una volta era fatta solo dai ricordi delle mie zie e dei miei zii fiorentini e di non poche altre persone che l'avevano vista, a Firenze ma anche nel resto della Toscana.
Una delle mie prozie, che era infermiera, rimase chiusa in servizio a Careggi per giorni, a causa dell'alluvione.
Avendo lavorato in quelle drammatiche ore ad anatomia patologica, lei si è sempre detta convinta che fossero morte molte più persone di quelle poi censite negli elenchi ricostruiti dagli studiosi (come i seri animatori di Firenze Promuove, per esempio).
Sosteneva che tutta la verità su tanti corpi di immigrati non registrati, di senza tetto, di barboni dell'epoca, ritrovati nei sottopassi, nei sottoscala, negli scantinati, nel retro delle botteghe, nei loro poveri rifugi dove erano stati colti di sorpresa dall'acqua, non sia mai stata detta.
Con il tempo sono stato sempre più coinvolto negli interrogativi più profondi che i grandi disastri sollevano.
Urbanizzazione, militarizzazione e industrializzazione selvaggia di Firenze e della Toscana ci hanno condotto a vivere in un presente incredibilmente fragile, sempre più esposto non solo ai grandi cataclismi, ma anche a ben più modesti eventi di origine naturale o causati da errori o crimini umani, come inquinamento e terrorismo.
Come spiegano bene gli esperti e i media riportano con ampiezza, proprio in questi giorni di commemorazione del cinquantesimo anniversario della grande alluvione del 1966, i grandi cataclismi tornano, talvolta con una ciclicità prevedibile. Mentre, proprio la moltiplicazione delle reti e delle tecnologie a cui affidiamo la nostra vita, ci rende persino più fragili davanti a tanti altri eventi molto più piccoli, ma anche molto più imprevedibili.
Appare davvero insensato che si continui a pianificare cementificazione e consumo di suolo, anche a Firenze, nella piana, nel resto della Toscana, come se vivessimo in un eterno presente, in cui non ci sono mai terremoti, piogge eccezionali, tempeste di vento, nevicate, siccità, o nemmeno incidenti e attacchi terroristici.
Gli studi sulla resilienza, come il progetto Resolute, a cui sto partecipando come lavoratore dell'amministrazione digitale del Comune di Firenze, dovrebbero trovare più interesse nei media e più approfondimento da parte dei politici.
Il ricordo dell'alluvione, infine, esige anche una grande riflessione sull'autogoverno responsabile delle famiglie, delle imprese, delle comunità, dei territori, proprio mentre impazza in tutto il paese una ondata di clientelismo, paternalismo, e neocentralismo renziano.
Ma di questo riparleremo presto, su Libertà Toscana.
Chiudo con un "Eterno riposo" per le vittime e con un abbraccio a tutte le persone mie colleghe che lavorano giorno e notte nella Protezione Civile, nella custodia dei servizi pubblici essenziali, nella sicurezza pubblica.

 

giovedì 27 ottobre 2016

Non sono trattati di libero scambio


Lo dobbiamo e vogliamo ripetere per le poche persone che cercano in questo blog un punto di riferimento per il rafforzamento delle democrazie e delle economie locali: il CETA (Comprehensive Economic and Trade Agreement) non è un trattato di libero scambio, come non lo sono altri simili accordi che sono stati preparati in gran segreto per lunghi anni, quali il TTIP (Transatlantic Trade Investment Partnership) o il TPP (Trans Pacific Partnership).

Se si trattasse di abbattere ulteriormente tariffe doganali, già basse peraltro, o di concordare etichette oneste da apporre sui prodotti che devono essere importati od esportati senza imbrogliare i consumatori dei diversi paesi, non ci sarebbero voluti così tanti anni, né tutta questa segretezza, né documenti così ponderosi e complessi di migliaia di pagine, né si sarebbe caduti nella totale confusione giuridica sui tempi e le modalità di ratifica.

I governanti di Canada e Unione Europea si preoccupano sempre di presentarsi come i più buoni, ma la sostanza di questo trattato CETA non è affatto socialmente progressivo.

Anche il CETA propone lo smantellamento delle regole nazionali su servizi pubblici e privati, sulle professioni, sui controlli di qualità e di provenienza del cibo, con l'aggravante che si vogliono estendere gli arbitrati internazionali obbligatori, per sottrarre le imprese straniere alle giurisdizioni locali.

Contro il CETA si è ribellata la piccola Vallonia. Viva la Vallonia, allora, nonostante la sua cattiva fama di paese bigotto, arretrato, assistenzialista. Sarà durissima battere le elite che vogliono questi trattati, ma autentiche democrazie locali possono ancora resistere, nonostante la grancassa mediatica scatenata dai potenti e dai loro servi sciocchi.


Pochi più di chi scrive su questo blog credono davvero nella libertà di circolazione di merci, servizi, capitali e persone, ma questo ideale si può vivere solo quando a casa propria si è liberi e a casa d'altri si è rispettosi.

A circolare, inoltre, devono essere le diversità, perché sono esse ad attrarre, non certo il cupo grigiore di un mondo in cui si venisse tutti assimilati a produrre e consumare le stesse cose.

La libera circolazione, infine, deve avvenire nel segno dell'inclusione sociale e del rispetto della dignità umana e dell'integrità del creato. Nel paese estero dove si va a lavorare, si deve essere trattati equamente, venendo pagati non meno dei nativi che fanno la stessa attività. Nelle etichette dei prodotti importati, oltre che la verità sull'origine e il trattamento, ci devono essere informazioni sufficienti a certificare che i prodotti non sono il frutto di distruzioni ambientali o di schiavismo.


Come sempre, chi vuole domnare scrive leggi inutili e complesse da applicare a proprio arbitrio. A chi ama la libertà bastano pochi principi.


PS

Grazie a Nicola Cariglia, ancora una volta, per essersi sottratto al coro dei servi sciocchi delle burocrazie e delle cleptocrazie internazionali.






venerdì 14 ottobre 2016

Basta un Sì e si va in Lettonia


Pinotti e Gentiloni, 2015 - Fonte: formiche.net


Dalla Libia al Baltico, la ministra della difesa Pinotti ne ha fatta un'altra delle sue, per conto del governo Renzi, con la benedizione del ministro degli esteri Gentiloni.
Potete leggere di questa monumentale bischerata a questo link del comunicato del ministero degli esteri.
Altri articoli che parlano della nostra missione con la NATO sul Baltico, in Lettonia, li troverete facilmente in rete.
Quando si mandano al governo persone senza conoscenze geopolitiche adeguate e - temiamo - senza convinzioni profonde, il risultato è sempre una avventata subalternità.
Subalternità agli interessi delle industrie militari, ai riflessi condizionati di autoconservazione delle burocrazie NATO, alla retorica - in particolare anti-russa - dei guerrafondai di ogni provenienza.
Per coloro che volessero approfondire, invece, l'inutilità della NATO così come è oggi, la pesantezza dei suoi bilanci, la pericolosa aggressività che questa organizzazione ha dimostrato con la sua inutile espansione verso est, suggeriamo la lettura di un vecchio articolo del 2000.
Non lo ha scritto un pacifista, ma è un saggio sulla realtà, che è il presupposto di ogni ricerca della pace.
Si intitola STRUCTURAL REALISM AFTER THE COLD WAR (Il realismo strutturale nel dopo Guerra fredda), del grande scienziato politico Kenneth N. Waltz.
E' stato pubblicato su International Security, Vol. 25, numero 1, dell'estate 2000.
Si trova facilmente, qua e là in rete.
Vale la pena.
Lo diciamo soprattutto per i giovani appassionati di relazioni internazionali e geopolitica.


venerdì 7 ottobre 2016

Il potere dei più buoni


In questi giorni, chi è attualmente al potere celebra la propria bontà, piangendo le vittime morte affogate nel Mediterraneo.
Il potere dei più buoni si estende, in particolare, sulle migliaia di disgraziati che in Libia si imbarcano su barche e gommoni, lanciandosi al largo, dove poi sperano, chiamando con i cellulari i numeri della guardia costiera italiana, di essere intercettati e raccolti dalle navi europee di pattuglia all'inizio delle acque internazionali.
Le cose vengono lasciate andare avanti così, come un grande spettacolo in cui militari e politici fanno la figura di coloro che salvano i disperati.
Non c'è spazio per la minima riflessione critica.
La ruota di questa disumana lotteria deve continuare a girare: i rifugiati devono imbarcarsi; le navi militari devono intercettarli; le autorità devono parcheggiarli per anni da qualche parte.
Ai più buoni non interessa gestire una immigrazione legale, aprendo le proprie sedi diplomatiche in Africa e in Asia alle persone in cerca di salvezza o anche solo di speranza.
Ai più buoni non interessa cooperare con la Tunisia, trattare con i governi locali libici, dialogare con i Tuareg, sostenere il federalismo in Etiopia, pretendere il rispetto dei diritti umani in Eritrea.
Ai più buoni non interessa porre fine alle guerre interminabili che sono state scatenate - da chi? - dalla Somalia allo Yemen, dall'Afghanistan alla Siria. Perché dovrebbero, visto che sono complici di coloro che le hanno iniziate e tuttora le alimentano con uomini, mezzi, denaro.
Ai più buoni non interessa cercare le cause dei problemi, dei conflitti, delle distruzioni, delle deportazioni, delle migrazioni. Perché dovrebbero, visto che più essi possono mostrarsi buoni, più a lungo resteranno al potere.

Ai più buoni dedico una canzone cattiva, che però spiega bene quanto loro sono feroci e quanto noi siamo ancora troppo asserviti alla loro dittatura.


 

https://youtu.be/2173JDrdiJI

Giorgo Gaber, Il potere dei più buoni
(album Un'Idiozia Conquistata a Fatica, 1998)

Approfondimenti:

https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=4678&lang=it

http://www.giorgiogaber.it/discografia-album/il-potere-dei-piu-buoni-testo



mercoledì 28 settembre 2016

Is Renzi's New Constitution the Solution?





My article on Renzi's new Constitution has been published by The Globalist.  Please read and spread.


* * *

lunedì 26 settembre 2016

Il deviazionista



Ho dovuto sempre riflettere tanto, negli anni, su come io possa veramente definirmi, dal punto di vista politico.
Nasco come giovane democratico-cristiano, a tratti cristiano-sociale, ma sempre con venature e speranze liberal-socialiste. Credo nelle istituzioni, ma mi schiero giovanissimo contro la partitocrazia e mi abbevero presto alla sorgente dei Radicali italiani. Dopo il 1989 partecipo con entusiasmo alla stagione dei movimenti verdi, civici, anti-militaristi, anti-burocratici, anti-partitocratici, contro le narco-mafie, per la democrazia locale, per l'autogoverno dei territori. Mai solo pacifista, sempre per la lotta nonviolenta, per la libertà e la giustizia. Sempre con gli ultimi, raramente dalla parte del welfare intermediato da partiti, sindacati, burocrazie statali. Essendomi schierato e impegnato per lo smantellamento in Toscana del partito-stato, insieme a un vasto movimento civico-liberale, sono finito a collaborare per anni con il centrodestra toscano di Alessandro Antichi, ma anche con molti altri ribelli e riformisti di ogni partito, ex partito, neo-partito. 

Da ragazzo ero molto criticato per esser stato totalmente incapace di essere fedele a uno dei partiti storici, poi nella maturità e ancora di più oggi, all'inizio della mia terza età, ora che sono tutti ex di qualcosa o qualcuno, nessuno mi critica più, almeno per questo!

Non mi vergogno di aver creduto che alcuni individui potessero fare la differenza e che valesse la pena di seguirli e votarli. L'ultimo è stato Matteo Renzi, che però, una volta giunto al potere, ha cambiato la sua agenda. Doveva abolire i prefetti, rafforzare i comuni, responsabilizzare le regioni, chiudere tante burocrazie centrali, rispedendo risorse e competenze sui territori, nelle periferie.
Invece ci ritroviamo a dover votare, il prossimo 4 dicembre 2016, su una cosiddetta riforma costituzionale che contiene la più pericolosa svolta neocentralista che si sia mai vista in Italia. La carta costituzionale ne esce stravolta, con un governo fortissimo, mentre tutti gli enti locali diventano tutti precari. No, grazie. #IoVotoNo.

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Ascoltando un brillante intervento recente di Massimo D'Alema a Verona, che potete ascoltare a questo link, ho trovato una parola che mi può identificare, rendendomi giustizia: deviazionista. Chi è il deviazionista? E' una persona che è ferma nel portare avanti con rettitudine e con costanza i suoi principi, mentre partiti e movimenti continuano a sbandare da una parte all'altra, a seconda di come tira il vento.

Ecco, chiamatemi pure deviazionista, per aver approfondito, sviluppato e difeso nel tempo le mie profonde radici anarchiche e socialiste, le mie convinzioni liberali, il mio fiero spirito conservatore delle tradizioni e delle libertà che contano, le mie proposte per la libertà e la giustizia, da garantire a individui e famiglie, per le autonomie sociali, per l'autogoverno dei territori.


Una cosa è cambiata, invece, anche per me, come per tutti. Passati i cinquant'anni, non ho più tempo da perdere con coloro che non hanno i miei principi, o non ne hanno affatto.

venerdì 16 settembre 2016

Verso lo sciopero generale





La notte del 14 settembre 2016, un lavoratore di origine egiziana, Abd Elsalam, professore, immigrato, facchino e delegato di un sindacato libero e anarchico - fra le poche organizzazioni sociali rimaste ancora vive - la USB, è rimasto ucciso a Piacenza, schiacciato sotto un tir per colpa dei suoi sfruttatori.
In questo video, diffuso grazie a Contropiano.org, potete vedere una testimonianza efficace del clima di prevaricazione sociale e padronale in cui questa disgrazia è maturata:




Particolarmente inquietanti, a nostro parere, sono stati i goffi tentativi dei media conformisti di liquidare il fatto, nelle prime ore successive alla tragedia, come un mero incidente stradale, nonché di nascondere al grande pubblico la battaglia sindacale, per la vita, per la dignità, in cui Abd Elsalam e tutta la USB sono impegnate.

Grazie a Il Manifesto, grazie a Radio Radicale, ma anche grazie a un editoriale di Dario Di Vico sul Corriere della Sera di oggi, questo tentativo di far calare una pietra tombale di omertà e ignavia sopra la drammaticità dei fatti, non pare riuscito.

Nell'economia moderna e postmoderna abbiamo lasciato rientrare lo sfruttamento dei facchini, l'autosfruttamento dei precari, lo schiavismo nei confronti degli immigrati.

Le sigle sindacali più paludate, i politici della sinistra ufficiale, i burocrati delle categorie, i capi delle grandi cooperative, il governo, le grandi agenzie centrali della previdenza e della sanità che fanno? Stanno a guardare?
 Domani, sabato 17 settembre, a Piacenza, ci sarà una manifestazione nazionale di solidarietà e contro la schiavitù.

La USB, insieme a molte altre organizzazioni sindacali e sociali, ha dedicato al martire della libertà e del lavoro, Abd Elsalam, lo sciopero generale del prossimo 21 ottobre 2016.

Sarà uno sciopero generale contro il governo, contro le sue riforme che vogliono velocizzare l'ingiustizia, contro le grandi aziende che vogliono lavoratori sempre meno pagati, contro l'ingiustizia sociale e la diseguaglianza, che dilagano.



domenica 11 settembre 2016

Interventionism or Peace

Fonte: Ansa


Western money, arms, and interventions in Iraq and Syria originated the multiplication of terror militias and armed factions. Then Western intervention triggered the bloody Syrian Civil War, conceived as (another) violent regime change. Then Western intervention provided the material, social, political conditions for the foundation of (another) Islamic State.
Russian and Iranian interventions checked and balanced American, Turkish, Saudi hubris.
Kurdish Rojava resistance have showed liberation and democratic self-government for all the oppressed peoples, are possible.
Now (another) American-Russian general truce in Syria has been promised.
It would be the best way to honor 9/11 15th anniversary and the Islamic Eid.
Let's hope, and also pray, and hear the peoples' voice.
Stop interventionism.
Give peace a chance.

mercoledì 31 agosto 2016

Domani è già settembre





Oggi sulle nostre dune è apparso uno stupendo arcobaleno.
Sembra proprio che lo abbiamo chiamato.
Poche ore prima, con amici vecchianesi, parlavamo della nuova pagina Facebook "Vecchianesi per il NO" che è stata aperta proprio oggi.
Inevitabile il richiamo a "NO - I giorni dell'arcobaleno", la storia del plebiscito cileno del 1988.
La nostra campagna per il NO al referendum sulla riforma Boschi-Renzi-Verdini deve essere gioiosa, popolare, trasversale, proprio come quella.



Domani è già settembre.
E' tempo di ripartire.
Andiamo e stavolta andiamo per vincere, per la vita, per la libertà, per la nostra terra, contro la minaccia che incombe, il gigantesco, pericoloso errore del neocentralismo.

domenica 14 agosto 2016

Pratesi per il NO


Lavoratori del Fabbricone, una immagine emblematica
del senso di sacrificio e del civismo dei Pratesi (fonte),
ritrovata oggi da Leonardo Lai,
che apparirà presto sulla pagina dei Pratesi per il NO

Insieme a Filippo Boretti, con la collaborazione di Leonardo Lai e di Giacomo Fiaschi, abbiamo aperto l'11 agosto una pagina Facebook intitolata "Pratesi per il NO", critica con la riforma Boschi-Renzi-Verdini. A poche ore dal lancio delle prime condivisioni, oggi, abbiamo già più di 100 adesioni e più di 1000 contatti.
Non sono sorpreso, perché conosco il senso civico e l'amore per la libertà dei Pratesi, ma anche il loro dinamismo e la loro disponibilità a interagire sui nuovi social media.

Uno dei primi media online a rilanciare la notizia è stato Linee Future, grazie ad Andrea Balli.

Qui di seguito il testo integrale dell'appello reso noto oggi:


Un gruppo di cittadine e cittadini di Prato, legati da un'antica passione civica oltre che da amicizia personale, promuove questa comunità Facebook per stimolare i Pratesi a comprendere i gravi difetti della riforma costituzionale Renzi-Boschi-Verdini. Riforma sbagliata nel merito, ma anche nel metodo, per il fatto di essere stata imposta dal governo a un parlamento debole, delegittimato perché eletto da una legge dichiarata incostituzionale, formato da nominati e voltagabbana.
Siamo contro la partitocrazia dai tempi dei referendum di Mario Segni, Marco Pannella, Massimo Severo Giannini, quindi non vogliamo essere presi in giro con questa controriforma istituzionale (e con questo impresentabile Italicum).
Ci impegniamo per il NO, in difesa della Costituzione, forse non la più bella come molto dicono, ma sicuramente una delle "leggibili" da chiunque. Se dovesse passare la riforma Boschi-Renzi-Verdini, invece, nemmeno loro che l'hanno scritta saprebbero applicarla, visti gli errori che contiene, salvo in un punto: il partito al governo accentrerà ancora di più tutti i poteri, dettando la propria agenda a un parlamento ancora più debole, impadronendosi delle istituzioni di garanzia (Quirinale e Corte Costituzionale), distruggendo la repubblica delle autonomie locali (quella disegnata dai padri costituenti nel rispetto della storia e delle diversità italiane).
Dobbiamo fermare questa vera e propria “dittatura della maggioranza”, senza contrappesi istituzionali, senza garanzie liberali, senza più autonomie civiche.
Come noi Pratesi sappiamo meglio di altri, nel mezzo di uno spaventoso declino socio-economico, l'ultima cosa di cui abbiamo bisogno è prendere a martellate la Costituzione.
Del resto, chi ci governa male riesce a farlo già con questa Costituzione, come si vede benissimo dalle leggi del governo Renzi, che hanno tutte un bel titolo ma così poca sostanza riformatrice. Che bisogno c'è di dare ancora più potere a Palazzo Chigi?
Ecco allora la nostra proposta: raccogliamoci in una alleanza civica, liberale, trasversale, per dare a un numero crescente di concittadini la possibilità di una riflessione sulla riforma Boschi-Renzi-Verdini. Essere una massa sì, ma UNA MASSA CRITICA, questo sì che si addice ai Pratesi, i più ribelli e maledetti dei maledetti Toscani.

Prato, 11 agosto 2016

Filippo Boretti e Mauro Vaiani

PS
Ci hanno dato una mano a creare questa comunità Leonardo Lai e Giacomo Fiaschi





martedì 9 agosto 2016

Susanna la scorretta



Su Facebook fa molto discutere una presa di posizione del nuovo sindaco di Cascina, Susanna Ceccardi, dal tono molto libertario, se non addirittura anarco-individualista. Il sindaco contesta l'interferenza dello stato nella vita delle persone, che si sarebbe manifestata, una volta di più, nell'approvazione della legge sulle unioni civili e sulla registrazione obbligatoria delle convivenze.
L'argomento ha un suo fascino per tutti gli anti-statalisti, me compreso. Mi potrebbe far piacere scoprire che il sindaco Susanna è una ribelle al politicamente corretto.
Anch'io sono molto critico con questa legge sulle unioni e le convivenze che la maggioranza renziana ha infine imposto al parlamento con il voto di fiducia.
Tuttavia appare un po' sospetto alzare un polverone contro l'intrusione statalista nei nostri focolari domestici, proprio ora che qualche coppia di persone omosessuali potrebbe bussare alle porte del comune per farsi registrare.
Diciamo che non è molto liberale che, forti delle proprie convenzioni anarco-individualiste, si prendano di mira proprio i più deboli, gli ultimi arrivati.
Non ho pregiudizio alcuno contro Susanna Ceccardi, che ai miei occhi è la protagonista di una storica alternanza alla ancora parecchio incartapecorita sinistra locale.
Per lei hanno votato tantissime persone mie amiche, che condividono con me una storia civico-liberale, laica, socialista, autonomista.
Non mi crea alcun problema che lei non voglia celebrare unioni civili (e forse, a quanto capisco dalle sue parole, nemmeno matrimoni civili o altri riti di stampo statalista).
Tuttavia mi aspetto che, come sindaco di tutti e come pubblico ufficiale, deleghi qualcuno a farlo al suo posto.
Non mancheranno le persone disponibili.
Altrimenti sarà commissariata, se non rimossa, come è ovvio che accada in uno stato di diritto.
A tutti dico attenti: le vostre (nostre) convinzioni sono sacre, ma le persone lo sono di più.
E le persone omosessuali sono in credito da questa società.
E guai a chi si rifiuta di saldare la propria parte.

sabato 6 agosto 2016

Another American Asshole


Another American pointless, senseless bombing in Libya is going on in these days, notwithstanding general experts' skepticism.
Can we remind the American public there is no decency in establishing a UN-blessed government and then, upon its invitation, bombing all the other authorities around?
Unless this is a way to repay warmongers and war-profiteers of the money they have given to the American political establishment in this expensive election year, there is nothing good in this military campaign.
Mr Barak Obama, stop bombing Libya, now.




domenica 31 luglio 2016

La RAI in bolletta




L'antico e triste rito del pagamento del canone RAI è diventato più facile e, forse, più difficile da evadere per decine di milioni di famiglie. Si è spostato nella bolletta elettrica. Con quella di luglio ci sono stati prelevati i primi 70 Euro.
Non ringrazierò per questo il mio conterraneo sottosegretario Antonello Giacomelli, principale promotore di questo cambiamento.
Ho sempre creduto che il canone RAI sia uno dei prelievi più iniqui e ingiustificati.
Tutto il potere e tutte le risorse storicamente concentrate nella RAI dovrebbero essere semplicemente distribuite, per eliminare alla radice corruzione, sprechi, indottrinamento per obbligare le persone al pensiero unico, lottizzazioni politiche, che sono tutte malattie congenite di questa gigantesca azienda pubblica.
Tutte le attività di intrattenimento della RAI avrebbero dovuto essere da tempo privatizzate.
La mediateca dovrebbe essere trasformata in una fondazione veramente pubblica, capace di digitalizzare e condividere il suo immenso patrimonio con il mondo intero.
I cittadini dovrebbero essere messi in grado di destinare una loro libera donazione a una radio, una tivù, un servizio pubblico di loro scelta, sia a livello locale che a livello centrale.
Dopo tanti anni, grazie a Internet, siamo forse più liberi dal soffocante controllo sociale impostoci attraverso la RAI, ma non ci basta.
Vogliamo schiacciare le mille teste di questa moderna idra.

PS
Cattiva questa idra RAI, specie d'estate, quando a tante persone sole che hanno bisogno di compagnia, propina solo repliche e manda in onda lo stesso servizio giornalistico in più telegiornali. Forse che gli stipendi milionari delle sue centinaia di dirigenti vengono sospesi, in questi giorni?
Si vergognino.

domenica 24 luglio 2016

Restituzione del bonus Renzi


Con il deposito delle dichiarazioni dei redditi, è iniziata la grande restituzione degli 80 Euro di Matteo Renzi, in tutto o in parte.
Per capire come funziona la restituzione, segnaliamo alcuni articoli in rete:
- https://www.forexinfo.it/Restituzione-bonus-Renzi-80-euro-2016
- http://www.pmi.it/economia/lavoro/news/116651/bonus-80-euro-restituire-colpa-730.html
- http://www.ilsole24ore.com/art/notizie/2014-04-25/il-bonus-80-euro-indebiti-andranno-restituiti-143707.shtml?uuid=ABCl8hDB
Non è una bufala, è una realtà.
Chi scrive, avendo fatto fatto un po' di straordinari che hanno portato il proprio reddito annuo leggermente sopra i 24.000 Euro lordi l'anno, deve restituire 284 Euro.
Vengono così confermati i difetti sistemici degli 80 Euro (Mario Seminerio è stato uno dei pochi a comprenderli per tempo) di questa misura paternalistica, iniqua perché esclude i più poveri, i più precari, i più incapienti, oltre che offensiva per tutte le persone di buon senso.
Noi che avevamo creduto nella sua potenziale spinta innovativa, avevamo purtroppo già capito che nei dettagli delle c.d. riforme di Renzi, si nascondevano ingiustizie, incosistenze e persino dei madornali errori.
Peccato che nessuno sia in ascolto e che nessuno abbia l'umiltà di correggerli.


sabato 16 luglio 2016

Un futuro turco per l'Italia?




* * *

L'Italia, dopo pochi anni sotto il governo forte di un uomo solo al comando di un solo partito, con le regioni castrate, con i sindaci squattrinati, non finirebbe per somigliare molto alla Turchia di Erdogan?
Ve ne avevamo già accennato.
Le grandi repubbliche centraliste non funzionano da nessuna parte e tanto meno una cosa del genere funzionerà in Italia. Fatevene una ragione e correte ad aiutarci, iscrivendovi al gruppo https://www.facebook.com/groups/toscaniperilno/.

sabato 9 luglio 2016

Fuori dalla NATO


Da sinistra: Cameron, Obama, Merkel, Hollande, Renzi
ad Hannover nell'aprile del 2016 - Foto Wikicommon


Il vertice NATO di Varsavia ha deciso che quattro battaglioni, per un totale di poche migliaia di uomini, stazioneranno in Polonia, Lituania, Lettonia ed Estonia. Per altri dettagli, si veda il comunicato della NATO.
Si tratta di una iniziativa sbagliata, estranea agli interessi e alle funzioni istituzionali dell'alleanza e, inoltre, proprio perché largamente simbolica, scioccamente provocatoria nei confronti della Federazione Russa.
Contrariamente a quanto era accaduto sui fronti della Libia e della Siria, Matteo Renzi stavolta non è riuscito a smarcarsi. In questo articolo del Corriere, ci viene spiegato che l'Italia contribuirà a questa operazione con 150 soldati.
La NATO ha adempiuto alla propria missione storica e avrebbe dovuto già da tempo avviare lo smantellamento delle sue istituzioni, strutture e basi.
Al suo posto dovrebbero invece crescere le organizzazioni della cooperazione non solo fra Occidentali e Russi, ma fra tutte le democrazie del mondo.
Lo aveva capito persino Berlusconi.
Possono farcela anche quelli del Giglio magico.


domenica 3 luglio 2016

I terroristi ricchi del Bangladesh


I media internazionale oggi ci hanno comunicato in modo estremamente semplificato la notizia che i terroristi di Dacca erano giovani ricchi e annoiati, che si sarebbero convertiti per sfuggire a un loro personale senso di vuoto.
Una tesi rassicurante, ne siamo coscienti, per le elite al potere in Bangladesh.
Ma tutto è un po' più complicato.
C'è una connessione fra il vivere in società investite da una modernità che produce sradicamento e ingiustizia, e il diventare estremisti radicali?
Sì, c'è, ma va studiata e analizzata seriamente, in ciascun territorio, insieme a tutte le radici, anche remote, della violenza politica e geopolitica.
L'estremismo riguarda la povertà, ma non investe, ovviamente, solo i poveri.
Anche le persone di classe media possono sentirsi fallite ed escluse dalla modernità, oltre che sentirsi investite di insane missioni, in nome e per conto dei loro "fratelli oppressi".
Anche tanti terroristi occidentali erano di buona famiglia.
Questo però non toglie attualità ed urgenza alla necessità di porre fine a guerre e ingiustizie.
Si raccomanda, ancora una volta, di studiare almeno Enzensberger: http://diversotoscana.blogspot.it/2015/01/the-radical-loser.html.
La violenza dell'ISIS e il proselitismo islamista non sono una conseguenza diretta dello sfruttamento delle masse lavoratrici, che pure esiste, ma non è questo il punto.
Molto più importante è il fatto che solo in società a misura d'uomo, inclusive, giuste, le comunità locali e le reti sociali possono prevenire l'esplosione del terrorismo, o lenire nel tempo le sue drammatiche conseguenze.
Il Bangladesh, con una popolazione che è tre volte quella italiana, costretta in un territorio che è la meta di quello del nostro paese, è un paese afflitto da drammatici problemi di inquinamento ambientale e disgregazione sociale.
Diciamocelo, da un paese come quello, la vera notizia non è l'esplosione della violenza, ma che ne sia esplosa ancora così poca.

martedì 28 giugno 2016

Il papa invita a una disintegrazione come innovazione








Un incredibile papa Francesco, di ritorno dal suo ultimo viaggio apostolico in Armenia, oltre a chiedere scusa ancora una volta ai poveri, alle donne, ai gay, alle vittime delle guerre in cui le armi sono state benedette dal clero, ha aperto uno spiraglio che sembra proprio andare nella direzione a cui ho dedicato il mio anticonformista studio sulla disintegrazione come possibile fonte di speranza economica e sociale.
Il vescovo di Roma ha candidamente dichiarato: "Per me sempre l'unità è superiore al conflitto, ma ci sono diversi modi di unità". La fratellanza è certamente migliore delle distanze, ma un paese ha bisogno della sua cultura. "Il passo che l'Unione [Europea] deve dare per ritrovare la forza delle sue radici è un passo di creatività e anche di sana “disunione”, cioè dare più indipendenza e più libertà ai paesi della UE, pensare a un'altra forma di unione. [...] C'è qualcosa che non va in quell'Unione massiccia, ma non buttiamo il bambino con l'acqua sporca e cerchiamo di ricreare. Creatività e fecondità sono le due parole chiave per l'Unione".
Notevole e audace.
Complimenti a questo leader che è degno erede dei suoi predecessori recenti e che pare capace di portare avanti e sviluppare l'eredità di San Giovanni XXIII, di Paolo VI, di Giovanni Paolo I, dell'amato San Giovanni Paolo Magno.
Molti, anche studiosi, anche giovani, quando sentono parlare di (non solo miei) studi di geopolitica critica, anti-burocratici, anti-militaristi, anti-superstato, si tappano gli orecchi e si rifiutano di ascoltare.
Queste poche parole, crediamo, segneranno un piccolo cambiamento ed era giusto ricordarle stasera, alla vigilia della bella festa cristiana dei Santi Pietro e Paolo.

venerdì 24 giugno 2016

L'Inghilterra si scrolla di dosso quarant'anni di discutibile eurocrazia



Il popolo inglese si è espresso ieri, 23 giugno 2016, per l'uscita dalla Unione Europea. Nonostante il bombardamento mediatico e le minacce interne e internazionali, gli elettori hanno preferito imboccare la strada più difficile e più rischiosa.
Il Regno Unito si scrolla di dosso oltre quarant'anni di integrazione europea, che è sempre stata vissuta come una impropria concentrazione di potere burocratico e tecnocratico a Bruxelles.
I più poveri, i meno istruiti, i più anziani, si legge su The Guardian, avrebbero votato per l'uscita mediamente di più di abbienti, colti, giovani.
Un fatto che che dovrebbe suscitare, a nostro modesto parere, in tutta l'Unione Europea, qualche riflessione critica e autocritica.
Pare confermato ciò che una geopolitica critica sostiene da sempre: la giustizia sociale, l'inclusione, l'integrazione degli immigrati si costruiscono quartiere per quartiere, paesino per paesino, dal basso, nelle periferie; non concentrando risorse in lontane capitali.
Si devono aumentare scuole pubbliche e alloggi popolari nei piccoli comuni, non tecnocrazie e cabine di regia nei ministeri centrali, tanto meno nelle direzioni generali europee.
Il paese esce diviso da questo confronto, con la Scozia, l'Irlanda, la città cosmopolita di Londra che hanno votato per rimanere, mentre il corpo dell'Inghilterra ha votato per uscire.
Questo porterà, inevitabilmente, a ridefinire i rapporti geopolitici anche internamente al Regno Unito.
A tutti consiglieremmo ora una certa umiltà e un vero europeismo.
I paesi UE e non UE devono mantenersi uniti, continuando a essere una grande area di pace, cooperazione e libertà - anche di movimento delle persone e non solo di merci.
I paesi che restano nella UE devono trovare il modo di alleggerire, per dirla con le parole di un bel libro di Hans Magnus Enzensberger, il mostro forse bonario, ma invadente che hanno creato.

In giallo i "Rimani", in celeste gli "Esci"
Fonte: The Guardian





lunedì 20 giugno 2016

Libertà locali



E' stata una prima seria sconfitta per il neocentralismo, nonostante la grancassa mediatica, le lusinghe e anche le vere e proprie minacce provenienti dai palazzi del potere italiano ed europeo.
Se si guarda ai risultati elettorali della scorsa notte da vicino, si vede che le comunità locali si sono date una loro risposta a proprie specifiche esigenze.
La rivolta di Sesto Fiorentino è una scelta netta in favore di una società #RifiutiZero.
Grosseto e Sansepolcro hanno riconfermato un loro vivace pluralismo politico interno.
Cascina, Montevarchi e (ma nel senso contrario) Altopascio hanno fatto esperienza di una storica alternanza, una cosa che prima o poi deve arrivare dappertutto, in questo nostro tempo di mobilitazione sociale e di più diffusa consapevolezza politica.
Queste rivolte locali sono certamente parte di un trend globale di diffusione di un senso di cittadinanza sempre più attivo e di una volontà di esercitare, sul proprio territorio, una effettiva sovranità.
L'idea che un partito, gestito da una leadership centrale, possa calare le sue candidature sui territori e ottenere abbastanza vittorie locali, così da dimostrare la tenuta del proprio consenso politico nazionale, è semplicemente arretrata. Non solo in Toscana o in Italia, ma nel nostro tempo.
Coloro che la coltivano non fanno altro che affrettare la chiusura del proprio ciclo politico. In Italia era già successo con D'Alema e con Berlusconi. Oggi succede a Renzi. Un domani accadrà anche agli altri movimenti che avessero simili tentazioni, come i Cinque Stelle o la nuova Lega di Salvini.
Infine prendiamo atto, con soddisfazione, che moltissimi dei nuovi e delle nuove leader locali saranno dalla parte del NO, nella battaglia che ci aspetta contro la riforma costituzionale centralista, quella che Boschi e Verdini, incautamente, vorrebbero imporre alla nostra povera repubblica.
Auguri alle nuove e ai nuovi sindaci.
I sacrifici e le sofferenze che li aspettano, purtroppo, sono enormi.
Ciascuno di noi, secondo le sue possibilità e capacità, sia di aiuto alla propria comunità e cooperi con diligenza con la propria amministrazione comunale.

giovedì 16 giugno 2016

A Sesto non succedeva mai niente


A Sesto Fiorentino non succedeva mai niente!
A parte, s'intende, la crisi economica, la moltiplicazione di case dormitorio, ecomostri, strade incompiute, ferrovie sottoutilizzate, beni pubblici abbandonati, spazi privati negletti, la cattedrale nel deserto (il polo scientifico) e il parco fantasma.
La gente della Piana ha digerito di tutto, per decenni, facendosi forte di ciò che tradizionalmente era stato garantito, che non era stato certo poco: libertà, dignità, cultura, servizi dignitosi, case a un prezzo ragionevole, possibilità di impiego.
Negli ultimi decenni, mentre tutte le certezze declinavano, mentre tutto degradava, Sesto sembrava resistere.
Ammettiamolo: stava per digerire ancora qualcosa, che fosse il discusso e discutibile progetto di inceneritore, o anche una nuova pista aeroportuale, o anche una nuova corsia autostradale. Ma tutto insieme no, non era più possibile. Il vaso è traboccato.
Non è solo che i dirigenti dei vecchi gruppi dirigenti si sono spaccati (e anche un po' sputtanati).Sono stati proprio i cittadini a generare una vera e propria rivolta contro lo status quo, in difesa del territorio e della riconversione ecologica: rifiuti zero, decementificazione, completamento delle piccole opere (non solo subire le conseguenze delle grandi), realizzare finalmente l'antico sogno del treno-tram fra Prato, Calenzano, Sesto e Firenze.
Senza l'attivazione di queste incredibili, nuove reti di cittadinanza attiva, di protesta ma anche di solidarietà, non si sarebbe arrivati allo storico ballottaggio fra Lorenzo Falchi e Lorenzo Zambini.
Auguri, cari Sestesi, sorelle e fratelli della Piana.
Vivete con gioia quello che è forse il più importante, fra i sei ballottaggi toscani di domenica 19 giugno 2016.
Non lasciatevi sfuggire l'occasione di una grande svolta civica e civile.


Assieme ad amici e colleghi,
Mauro Vaiani (a sinistra nella foto)
ha sostenuto Lorenzo Falchi (a destra)
in questa campagna elettorale 2016

lunedì 13 giugno 2016

L'estremista suicida e omicida di Orlando




Dobbiamo pregare per le vittime e per i superstiti della strage avvenuta ieri ad Orlando, ma dobbiamo anche incoraggiare una riflessione sul contesto in cui è maturata questa tragedia.
A ormai più di un giorno di distanza dal gesto sconsiderato di Omar Mateen, possiamo ormai dirci abbastanza sicuri che siamo di fronte a un vero e proprio perdente radicale, cioè una di quelle persone precipitate in quel vortice di autodistruzione e distruzione ben descritto da Enzensberger.
Il perdente radicale è quasi sempre un lupo solitario, ma non è necessariamente isolato da reti di protezione e complicità che, invece di bloccarlo, lo spingono a esaltarsi nella sua deriva.
Il perdente radicale è una persona che ha fallito, nel suo tentativo di partecipare alla nostra modernità.
Dopo il fallimento, questa persona si rifugia in paranoie sempre più radicali, sempre più pericolose: contro il sesso, contro le droghe, contro le donne, contro i ricchi, contro gli Ebrei, contro i gay, contro le banche, contro i federali. L'omofobia, per esempio, è una paranoia drammaticamente attrattiva per persone che vengono da società bigotte e autoritarie, che sono state sconvolte dalle invasioni occidentali, come l'Afghanistan, la terra di origine di Omar Mateen.
Molti giovani con un retroterra islamico sono particolarmente esposti a queste forme di radicalizzazione, perché non hanno educazione sufficiente per reagire con senso critico alla loro emarginazione nelle periferie della nostra modernità, né hanno alle spalle famiglie, reti amicali, comunità sociali e spirituali, che sappiano trattenerli dal gettarsi nell'abisso.
Le testimonianze della ex-moglie e del padre di Omar Mateen, da questo punto di vista, sono tristemente emblematiche.
Molto correttamente, USA Today, sin dalla diffusione delle prime notizie, ha inquadrato la strage di Orlando nella ricorrente serie di esplosioni di violenza omicida e suicida, le "ordinarie follie" che flagellano frequentemente la società statiunitense.
Non ci sono soluzioni semplici, di fronte a queste esplosioni ricorrenti di gesti individuali così drammatici. Non c'è alcun nemico - vero o inventato - da andare a stanare in qualche colonia lontana. Come ha scritto Enzensberger, il perdente radicale nasce dentro le nostre società, è uno di noi.
Non è tanto la manifestazione di una deviazione morale, quanto il frutto di questa nostra modernità ingiusta, escludente, competitiva, violenta.
I popoli dei cinquanta stati non possono accontentarsi di preghiere e condanne morali e devono temere le possibili strumentalizzazioni politiche.
Si possono prendere iniziative di prevenzione a breve termine? Certo, si possono schedare un po' di giovani affascinati dalle varie forme di estremismo; si può impedire che armi automatiche così potenti, come quelle usate nelle recenti stragi, siano alla portata di tutti, persino di persone indagate dalle polizie federali; si possono aumentare i controlli agli ingressi dei luoghi pubblici.
Occorrono, però, ben altri cambiamenti sociali e politici, e ben più profondi, per rendere i cinquanta stati USA delle comunità meno violente e meno ingiuste, nel medio e lungo termine.Qualche prima, sommaria indicazione da esplorare:
- meno guerre federali, più scuole statali;
- meno trattati ineguali imposti al resto del mondo, più posti di lavoro locali;
- meno distruzioni naturali globali, più conservazione culturale e ambientale in ciascuna comunità.
E' tempo di studiare, di cambiare, di rivoluzionare, per dare un senso a queste morti.

La Provvidenza accolga nel suo seno le vittime, consoli i superstiti, risvegli l'America.

sabato 4 giugno 2016

33 anni dopo, ancora simbolo di cambiamento


Gioiello Orsini, una foto degli ultimi anni
per g.c. della famiglia




Domenica 5 giugno 2016, proprio nel giorno in cui la sua Vecchiano va al voto con la prospettiva di una storica alternanza, ricorrono i 33 anni dalla scomparsa di Gioiello Orsini. Insieme a Lino Mannini, con l'aiuto della figlia Ione Orsini, abbiamo scritto un articolo che prova a riaccendere la curiosità dei contemporanei per la figura di un grande Vecchianese, riformatore, innovatore, libertario, appassionato del proprio territorio. Di seguito l'articolo integrale.



Gioiello Orsini, sindaco di Vecchiano
Un ricordo a 33 anni dalla morte

E' passato un terzo di secolo, ormai, dalla morte di Gioiello Orsini, avvenuta il 5 giugno 1983. Abbastanza da rendere utile, se non addirittura necessaria, una presentazione alle nuove generazioni dell'opera politica di questo passato sindaco di Vecchiano e presidente della provincia di Pisa.
Gioiello Orsini nacque a Pisa il 16 marzo 1922. Cresce nel conformismo dell'Italia fascista, ma qualcosa, nel profondo della sua coscienza, presto si ribella contro la cappa di quel sistema autoritario.
Viene reclutato e inviato al fronte nella Seconda Guerra Mondiale. Finisce prigioniero militare ad Auschwitz.
Tornato dalla prigionia il 29 settembre del 1945, decide di iscriversi al PSI.
Il paese, appena liberato, è retto dai governi provvisori di unità nazionale, presieduti da Ivanoe Bonomi, Ferruccio Parri e da Alcide De Gasperi. Si preparano il referendum istituzionale e le elezioni dell'assemblea costituente, che si terranno il 2 giugno 1946.
L'attivista socialista Gioiello Orsini, con il tempo, diventerà amico personale di Rodolfo Morandi, Sandro Pertini e Pietro Nenni.
Per consentirgli di maturare una pensione e di avere un minimo reddito da lavoratore, in questi anni di attività sindacale e politica, viene registrato come promotore della testata giornalistica dell'Avanti. La famiglia, in realtà, condurrà una esistenza dignitosa solo grazie alle attività di lavanderia portate avanti dalla moglie di Gioiello, Paradisa.
Orsini diventa sindaco di Vecchiano nel 1960 e lo resta per dieci anni, fino al 1970.
La sua prima amministrazione (1960-1965) fu di sinistra, ancorata al periodo storico dell'unità d'azione fra socialisti e comunisti. Sull'onda del cambiamento politico nazionale e dell'irrigidirsi dei blocchi internazionali, la sua seconda amministrazione (1965-1970) fu invece di centrosinistra, con democristiani e repubblicani.
Ricordiamo che il centrosinistra italiano di quegli anni fu un grande movimento riformatore, che dette risposte concrete alle esigenze popolari, sottraendosi all'immobilismo culturale e politico in cui i comunisti – anche i comunisti toscani, che pure erano sinceri democratici attaccati alla propria terra – erano costretti dalla rigidità della loro collocazione internazionale.
Gioiello Orsini, in quegli anni difficili, è al fianco dei contadini nelle lotte per far rispettare la legge del 60%, che era stata voluta per ammodernare la mezzadria in favore dei lavoratori. Partecipa ai gruppi di studio voluti da Giacomo Brodolini, il padre dello Statuto dei lavoratori.
Le sue amministrazioni modernizzano il comune; rendono indipendente e potenziano la rete idrica; portano l'asfalto; realizzano l'illuminazione elettrica pubblica; costruiscono nuove strade e piazze; potenziano l'istruzione in ciascuno dei paesi.
Viene concepita e avviata la zona industriale, fra Migliarino e Malaventre.
Gioiello Orsini si fa promotore della convenzione con la proprietà Salviati per l'accesso alla Marina di Vecchiano.
Gli anni del centrosinistra accentuano la natura autonomista, moderata e liberale del socialismo vecchianese. Nello stesso tempo è però il PCI ad attrarre i ceti più popolari e gli immigrati rimasti indietro negli anni del boom economico. Così, dopo le elezioni del 1970, attraverso una crisi politica che sfocerà in un biennio di commissariamento, a Vecchiano torna una amministrazione social-comunista, simile a quelle che poi da quel momento diventeranno prevalenti in tutta la Toscana e oltre.
Orsini viene promosso in provincia, ma è chiaro a tutti che si tratta di un “promoveatur ut moveatur”, perché il leader vecchianese non è completamente convinto dalla prospettiva di una nuova stagione di collaborazione social-comunista.
Va a fare l'assessore provinciale a Pisa e, dal 1975 al 1980, diventa anche presidente della Provincia stessa.
Diventa anche il primo presidente del Parco Naturale di Migliarino, istituito con la legge regionale toscana n. 61 del 13 dicembre 1979, a coronamento di una antica e radicata passione per l'integrità e la bellezza del suo territorio.
Viene anche posto alla guida della sezione provinciale di quello che allora era un comitato politico, ma con notevoli capacità di sorveglianza amministrativa e di lotta alla corruzione, il vecchio – e da molti giustamente rimpianto - Co.re.co (Comitato regionale di controllo).
Muovendosi nell'ambito delle correnti socialiste più autonomiste, che volevano rinnovare non solo la sinistra, ma l'intera repubblica italiana, si era rafforzata la sua amicizia di vecchia data con il più giovane Bettino Craxi.
Per le elezioni politiche del 1983 accetta una candidatura di servizio alla Camera, nella circoscrizione pisana, dove non aveva possibilità concrete di elezione.
Nello stesso anno, Gioiello Orsini non fa a tempo a vedere il suo amico Craxi insediarsi come presidente del consiglio in agosto, perché in giugno viene colpito a 61 anni da un malore improvviso. Si chiude così, prematuramente, la sua avventura terrena.
La sua eredità di autonomia dai pregiudizi e dalle rigidità del suo tempo, fu alla base delle concrete innovazioni di cui fu capace. Oggi è ancora un messaggio valido per tutti coloro che si appassionano della vita civica e vogliono impegnarsi per la libertà e la bellezza della propria terra.

Mauro Vaiani - Lino Mannini



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