Grazie al Corriere Fiorentino, che oggi ospita un mio intervento contro il ritorno dei signori delle preferenze, a pagina 15.
A distanza di alcuni giorni dalla pubblicazione, rilancio dal mio blog il testo integrale dell'intervento - che peraltro era già apparso nella rassegna stampa del Consiglio regionale della Toscana (Nda, 2/1/2014):
Sabato 28 Dicembre, 2013
da http://corrierefiorentino.corriere.it
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Rinunciate alla riforma se ci riporterà le preferenze
di MAURO VAIANI *
Caro direttore,
quattro anni di proteste e speranze, da parte del popolo toscano, e di continui annunci e sempre rinnovate promesse, da parte di Enrico Rossi e dei leader della sua maggioranza in consiglio regionale, potrebbero partorire e lasciare dopo le feste un ceppino avvelenato: una proposta di riforma elettorale toscana fondata sul ritorno della vecchia e nefasta preferenza facoltativa. E non si tratterebbe nemmeno della preferenza unica, che fu voluta dal popolo nel referendum del 1991, per ridurre i pericoli di controllo criminale e clientelare del voto, ma addirittura di un ritorno della doppia preferenza, camuffata sotto la foglia di fico della cosiddetta preferenza di genere.
Non solo in circoscrizioni grandi come quelle di Firenze e Pisa, ma anche in quelle eterogenee come Arezzo, Livorno, o Massa-Carrara, tornerebbero decine di liste. Tornerebbero centinaia di candidati. Tornerebbe la guerra di tutti contro tutti, non solo e non tanto fra partiti e partitini, ma dentro ciascun partito. I budget elettorali e i costi della politica esploderebbero, come è accaduto ovunque le preferenze sono sempre rimaste: i disastri del Lazio, della Lombardia, della Campania, della Sicilia, del Veneto, sono lì a dimostrarlo, per chiunque voglia vederli. Il raddoppio della preferenza, come si è visto nelle elezioni della Campania e, più recentemente, nelle elezioni delle grandi città, non fa altro che incrementare geometricamente il malcostume.
Anche coloro che credono giusto che ci debbano essere tanti partiti e tante correnti dentro i partiti, se non esitano davanti al lievitare dei costi e della relativa corruzione, dovrebbero almeno preoccuparsi del fatto che, con il ritorno della preferenza facoltativa, il potere sarebbe in mano a piccole clientele organizzate, che deciderebbero all'insaputa della maggioranza della popolazione. Non solo perché in Toscana la preferenza facoltativa è usata da meno di un quarto dei votanti, ma soprattutto perché la maggior parte delle preferenze si disperde. Solo i gruppi organizzati conquistano i posti, con il risultato che nessuno degli eletti è veramente rappresentativo degli elettori del proprio partito. Nelle ultime elezioni toscane con le preferenze, le regionali del 2000, Riccardo Nencini, che pure è un eccezionale campione di preferenze, ebbe la preferenza solo del 32% degli elettori del suo piccolo Partito Socialista; Angelo Passaleva rappresentò solo il 21% degli elettori del suo Partito Popolare; Achille Totaro fu eletto dall'11,41% degli elettori di Alleanza Nazionale; Paolo Bartolozzi dal 9,88% degli elettori di Forza Italia; Riccardo Conti dal 4,52% degli elettori Ds; tutti gli altri da percentuali ancora più basse.
Il disastro del ritorno delle preferenze non è solo nel loro carattere intrinsecamente clientelare, nella loro capacità di stroncare sul nascere ogni leadership nascente, nel provocare l'esplosione di ogni progetto politico responsabile che avesse ancora una vocazione maggioritaria, ma anche nella loro micidiale capacità di rafforzare un sistema economico e sociale chiuso, fondato su minoranze organizzate che si tengono ben stretti potere e privilegi, all'insaputa della maggioranza.
È di un rafforzamento delle caste politiche che abbiamo bisogno in questi anni di crisi? Noi continuiamo a credere nella bellezza di una competizione in primarie di collegio, dove una nuova generazione di leader locali, che parli a nome della maggioranza degli elettori della propria parte, venga costretta a parlare a tutto il proprio territorio e alla maggioranza degli elettori. Non ai pochi, ai noti, ai soliti, ai già garantiti. Se dovesse essere questa la riforma elettorale , gentili legislatori della Toscana, lasciate perdere. Di regali avvelenati ci basta quello che hanno fatto al paese i pensionati d'oro della Corte Costituzionale.
quattro anni di proteste e speranze, da parte del popolo toscano, e di continui annunci e sempre rinnovate promesse, da parte di Enrico Rossi e dei leader della sua maggioranza in consiglio regionale, potrebbero partorire e lasciare dopo le feste un ceppino avvelenato: una proposta di riforma elettorale toscana fondata sul ritorno della vecchia e nefasta preferenza facoltativa. E non si tratterebbe nemmeno della preferenza unica, che fu voluta dal popolo nel referendum del 1991, per ridurre i pericoli di controllo criminale e clientelare del voto, ma addirittura di un ritorno della doppia preferenza, camuffata sotto la foglia di fico della cosiddetta preferenza di genere.
Non solo in circoscrizioni grandi come quelle di Firenze e Pisa, ma anche in quelle eterogenee come Arezzo, Livorno, o Massa-Carrara, tornerebbero decine di liste. Tornerebbero centinaia di candidati. Tornerebbe la guerra di tutti contro tutti, non solo e non tanto fra partiti e partitini, ma dentro ciascun partito. I budget elettorali e i costi della politica esploderebbero, come è accaduto ovunque le preferenze sono sempre rimaste: i disastri del Lazio, della Lombardia, della Campania, della Sicilia, del Veneto, sono lì a dimostrarlo, per chiunque voglia vederli. Il raddoppio della preferenza, come si è visto nelle elezioni della Campania e, più recentemente, nelle elezioni delle grandi città, non fa altro che incrementare geometricamente il malcostume.
Anche coloro che credono giusto che ci debbano essere tanti partiti e tante correnti dentro i partiti, se non esitano davanti al lievitare dei costi e della relativa corruzione, dovrebbero almeno preoccuparsi del fatto che, con il ritorno della preferenza facoltativa, il potere sarebbe in mano a piccole clientele organizzate, che deciderebbero all'insaputa della maggioranza della popolazione. Non solo perché in Toscana la preferenza facoltativa è usata da meno di un quarto dei votanti, ma soprattutto perché la maggior parte delle preferenze si disperde. Solo i gruppi organizzati conquistano i posti, con il risultato che nessuno degli eletti è veramente rappresentativo degli elettori del proprio partito. Nelle ultime elezioni toscane con le preferenze, le regionali del 2000, Riccardo Nencini, che pure è un eccezionale campione di preferenze, ebbe la preferenza solo del 32% degli elettori del suo piccolo Partito Socialista; Angelo Passaleva rappresentò solo il 21% degli elettori del suo Partito Popolare; Achille Totaro fu eletto dall'11,41% degli elettori di Alleanza Nazionale; Paolo Bartolozzi dal 9,88% degli elettori di Forza Italia; Riccardo Conti dal 4,52% degli elettori Ds; tutti gli altri da percentuali ancora più basse.
Il disastro del ritorno delle preferenze non è solo nel loro carattere intrinsecamente clientelare, nella loro capacità di stroncare sul nascere ogni leadership nascente, nel provocare l'esplosione di ogni progetto politico responsabile che avesse ancora una vocazione maggioritaria, ma anche nella loro micidiale capacità di rafforzare un sistema economico e sociale chiuso, fondato su minoranze organizzate che si tengono ben stretti potere e privilegi, all'insaputa della maggioranza.
È di un rafforzamento delle caste politiche che abbiamo bisogno in questi anni di crisi? Noi continuiamo a credere nella bellezza di una competizione in primarie di collegio, dove una nuova generazione di leader locali, che parli a nome della maggioranza degli elettori della propria parte, venga costretta a parlare a tutto il proprio territorio e alla maggioranza degli elettori. Non ai pochi, ai noti, ai soliti, ai già garantiti. Se dovesse essere questa la riforma elettorale , gentili legislatori della Toscana, lasciate perdere. Di regali avvelenati ci basta quello che hanno fatto al paese i pensionati d'oro della Corte Costituzionale.
* Università di Pisa
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