Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

mercoledì 22 febbraio 2023

Pisa è l'unico aeroporto strategico della Toscana


 

Nessuno può prevedere i cambiamenti che dovranno investire anche il trasporto aereo, che di certo non potrà a lungo andare avanti così, con gli attuali aeromezzi e carburanti. Nel frattempo, se vogliamo essere riformisti seri, aperti alla transizione verso una società diversa, ma con gradualità ed equità, noi Toscani dobbiamo tenerci stretto l'aeroporto intercontinentale di Pisa, il "Galileo Galilei". Lì devono essere concentrate le risorse, che sono comunque scarse. 

Su questo occorre essere uniti, anche per rintuzzare la testardaggine, l'ottusità, l'avidità di certe elite fiorentine che tengono in vita, da decenni, il progetto di un nuovo aeroporto a Peretola, cioè nella Piana tra Firenze, Campi, Sesto, Prato. Un sogno su cui si sono impuntati loro, un incubo per tutti gli abitanti della pianura più cementata e più inquinata della Toscana. 

La follia degli aspiranti costruttori di un nuovo aeroporto alle porte di Firenze è ancora più preoccupante, perché inquina e controlla non solo il PD di Giani e Nardella, ma anche gran parte delle opposizioni di centrodestra. Per questo occorre un supplemento d'anima e di impegno, da parte del nostro mondo civico, ambientalista, autonomista. Non possiamo affidarci né al PD, né ai renziani, né a Forza Italia, né alla Lega, né a Fratelli d'Italia. Tutti questi partiti sono, nei loro organi centrali di Firenze, Roma e Milano, subalterni alla follia di voler aprire cantieri e spendere soldi a Peretola, invece che a Pisa. Restiamo vigili, dunque e cerchiamo di incoraggiare eventuali prese di coscienza e svolte di buon senso che non mancheranno in periferia, specie nella platea degli amministratori locali più competenti e responsabili e non colpiti dalle manie di grandezza di Giani, Nardella, Renzi e altri fiorentini.

Prendiamo esempio dalla lista civica, ambientalista, autonomista "Un Cuore per Vecchiano", che ha presentato nel proprio consiglio comunale un documento esemplare, offrendolo a tutti, alla maggioranza di centrosinistra di "Insieme per Vecchiano", e alla componente di destra. Su questi grandi temi, o si guarda lontano, pensando insieme al bene comune e alle generazioni future, o si va a sbattere, ciascuno per conto suo.

La pubblichiamo integralmente, perché possa essere copiata e presentata in ogni altro consiglio comunale e anche nel consiglio regionale.

L'immagine a corredo di questo post riproduce la mappa dell'aeroporto di Pisa, evidenziando il grande spazio che esso ha disposizione e l'anello ferroviario che lo circonda interamente, rendendo l'infrastruttura raggiungibile in modo sostenibile, nel futuro prossimo, da tutta la Toscana e oltre.

 

Per restare collegati con la rete di civismo ambientalismo autonomismo OraToscana: https://t.me/OraToscana

 

 

Il testo della mozione sul futuro prossimo degli aeroporti toscani presentata da "Un Cuore per Vecchiano":

 

 
Gruppo consiliare
Lista civica ambientalista autonomista
UN CUORE PER VECCHIANO
uncuorepervecchiano@gmail.com


Proposta di mozione sul sistema aeroportuale della Toscana
(Art. 16 del Regolamento del Consiglio comunale di Vecchiano)

Vecchiano, 19 febbraio 2023
 
Il Consiglio comunale di Vecchiano
 
1) ricordato, con viva preoccupazione, che la proposta ENAC di Piano nazionale degli aeroporti (PNA) rimasta in consultazione pubblica fino al novembre 2022, prevede per la Toscana, Firenze e non Pisa come “scalo strategico” (pag. 72 del documento ancora visibile in rete all’indirizzo https://www.mit.gov.it/nfsmitgov/files/media/notizia/2022-10/Piano%20Nazionale%20degli%20Aeroporti.pdf );
2) preso atto che è in corso un accentramento delle risorse e delle competenze, motivato politicamente e amministrativamente dalla stringente tempistica dell’utilizzo dei fondi PNRR;
3) ricordato che, come riconosciuto dallo stesso PNA, il sistema aeroportuale toscano deve valorizzare la spiccata diversificazione e specializzazione dei suoi aeroporti così come essa è già nelle cose: A) Pisa è l’aeroporto internazionale della Toscana, largamente raggiungibile e meglio fruibile in tutti i periodi dell’anno; B) Firenze è un aeroporto d’affari e di collegamenti di medio e corto raggio con l’Europa;
4) ricordato che le potenzialità dell’aeroporto internazionale Galileo Galilei di Pisa sono solo parzialmente limitate dalla compresenza di una base operativa di aeronautica militare, le cui attività però sarebbero realisticamente dirottabili su altre aerostazioni militari;
5) ricordato inoltre che l’aeroporto di Pisa è INTERAMENTE CIRCONDATO  (si veda la figura sopra, ndr) da un anello ferroviario che, se adeguatamente valorizzato, potrebbe renderlo uno dei più accessibili e ambientalmente sostenibili d’Europa;
6) ricordato che, al contrario, l’aeroporto Amerigo Vespucci di Peretola, alle porte di Firenze, presenta criticità enormi:
a) insiste sulla Piana di Firenze-Prato-Pistoia, cioè sul territorio più cementificato, inquinato, sovrappopolato della Toscana;
b) la sua operatività viene resa possibile solo attraverso la perpetuazione di un regime transitorio, considerando che l’aeroporto non si è mai adeguato alle note prescrizioni del Decreto di VIA 0676/2003 (una discussione giuridico-amministrativo-tecnica che dura da vent’anni);
c) che i diversi progetti di seconda pista di Peretola, che si sono succeduti nei decenni al fine di impedire la chiusura o il forte ridimensionamento dell’aeroporto di Firenze, sono  stati tutti ritenuti impossibili non solo dalle principali realtà dell’ambientalismo, ma dai principali studiosi dell’attuale rete autostradale e ferroviaria della Piana e dalla maggioranza delle amministrazioni dei Comuni della Piana, oltre a essere stati respinti in ogni sede giudiziaria;
7) ricordato che il futuro del trasporto aereo, non solo in Toscana, sarà soggetto a cambiamenti profondi, per diventare più sostenibile socialmente ed ambientalmente (aerei più piccoli e più lenti, biocarburanti, motori a idrogeno), per cui non sono auspicabili investimenti faraonici che stravolgano la situazione esistente;
8) tenuto conto delle contrarietà ripetutamente espresse dalle amministrazioni comunali del nostro territorio (di ogni orientamento politico) a ogni forma di diminuzione di Pisa a favore di Peretola;

il Consiglio comunale

9) critica la mancata definizione di Pisa come aeroporto strategico e baricentrico per la Toscana nel PNA e ne pretende la revisione;
10) chiede alla Provincia di Pisa e alla Regione Toscana di attivarsi presso il Governo perché siano chiarite proporzioni e destinazioni dei fondi PNRR e di altri fondi pubblici rispetto al sistema aeroportuale toscano;
11) ribadisce la propria contrarietà a ogni progetto di seconda pista di Peretola, che – quando anche arrivasse a progettazione esecutiva – andrebbe a discapito delle acque, della terra, delle altre infrastrutture, della qualità dell’aria, della rumorosità, della vivibilità della Piana e della salute di quasi un milione e mezzo di nostri corregionali;
12) chiede che le risorse disponibili siano concentrate sulla valorizzazione dei collegamenti ferroviari, da tutta la Toscana, da e verso l’aeroporto di Pisa;
13) incarica il Sindaco di trasmettere il presente documento a tutti gli altri sindaci della Toscana, attraverso ANCI Toscana, in particolare al sindaco metropolitano di Firenze, oltre che al presidente del Consiglio regionale della Toscana, perché ne diano comunicazione ai propri consigli:
14) invita tutto il mondo politico toscano a porre fine a discussioni capziose su opere impossibili e pregiudizievoli per le generazioni future, che sono ormai durate anche troppi decenni.

Presentata dal consigliere e capogruppo di Un Cuore per Vecchiano, dott. Vincenzo Carnì (sulla mozione il gruppo civico autonomista riformista sta cercando una posizione unitaria assieme al sindaco Massimiliano Angori e le altre componenti del consiglio. ndr)
 
* * *

domenica 19 febbraio 2023

Tanta strada ancora per i Samaritani

 


Si è tenuta l'assemblea dell'associazione Samaria, ieri, sabato 18 febbraio 2023. Attualmente la realtà caritativa e di promozione umana sta sostenendo la diffusione della traduzione italiana del libro "Amori biblici censurati - Sessualità, genere e traduzioni erronee" di K. Renato Lings. Per sostenere Samaria, si visiti il nuovo sito:

https://associazionesamaria.org/

Sono stato, sin dall'inizio, tra i promotori di questa realtà d'impegno sociale e culturale concreto, fondata e operata da persone omosessuali cristiane, che ha ormai compiuto dieci anni. Ne sono stato uno dei dirigenti e continuo a esserne uno dei soci e dei donatori.

Credo che questa nostra piccola realtà di Samaritani abbia ancora molti anni di lavoro davanti e conto che la Provvidenza non mancherà di incoraggiare persone delle nuove generazioni a diventarne organizzatori, volontari, donatori.

In questi anni difficili, non temo i rigurgiti di bigottismo, i movimenti reazionari, gli imprenditori della paura, i chierici corrotti, i politici neofascisti. Essi sono ancora pericolosi, ma sono perdenti, perché hanno la testa piena di idee sbagliate, che non li porteranno da nessuna parte.

Temo invece le ingiustizie sociali e le sofferenze materiali, che colpiscono tutte le persone umane e, certo, scatenano guerre tra poveri, paure e diffidenze, che possono certamente colpire di più noi, perché siamo comunque persone diverse, particolarmente esposte in quanto minoranze. 

Viviamo in società che invecchiano e s'impoveriscono, a causa delle contraddizioni della globalizzazione.

Il pianeta è ancora afflitto da centralismi autoritari, multinazionali che come macchine impazzite distruggono il mondo, colonialismo, militarismo, tutti poteri che sono ecocidi e genocidi.

C'è bisogno di carità e in particolare di quella carità sapiente che proprio le persone diverse, così spesso perseguitate, sanno esprimere.

Dobbiamo continuare a essere Samaritani, perché noi persone omosessuali cristiane, insieme a tutte le altre comunità lgbt* e alle persone e alle realtà queer, dobbiamo portare a compimento la grande opera in cui abbiamo dovuto esporci, corpo e anima, quella della nostra liberazione e piena accoglienza nelle chiese cristiane e nelle società.

Dobbiamo persistere nella lotta per il nostro pieno riconoscimento come creature umane figlie di D-o. Il Creatore non è un industriale di automobili, non fa macchine sbagliate. Noi siamo parte del grande disegno della Provvidenza sulla diversità, imprevedibilità, ingovernabilità della creatura umana.

Riusciremo a riprenderci il nostro posto, alla luce del sole, in ogni chiesa cristiana. Lo stesso faranno le nostre sorelle e i nostri fratelli delle altre fedi.

Dobbiamo vincere una grande battaglia civile nel mondo globalizzato: la depenalizzazione completa della nostra condizione umana in ogni stato del mondo.

Animo, quindi, e buon lavoro ai nuovi dirigenti di Samaria.


domenica 12 febbraio 2023

Quarant'anni di autonomismo sotto le meteoriti

 


Per una serie di circostanze personali e familiari mi sono trovato a riflettere sul fatto che per quarant'anni ho sostenuto, spesso esponendomi a rischi superiori alle mie forze e quindi anche a monumentali fallimenti, le autonomie personali, sociali, territoriali in questa Repubblica, e oltre.

Mi è tornato in mente che attorno ai vent'anni, in un convegno di giovani cristiani attratti dall'impegno sociale e politico, ascoltai con entusiasmo Silvia Costa che ci spiegò il problema della "spesa storica". La dottoressa Costa era una giovane dirigente della Democrazia Cristiana (riuscì a entrare in parlamento solo nel 1985, ma forse questo mio ricordo è precedente).

La "spesa storica" era già chiaramente ingiusta allora, quarant'anni fa, anche agli occhi di coloro che non avevano mai riflettuto sui meccanismi del colonialismo interno e in particolare sulle conseguenze che questo aveva avuto per il Meridione e per altri territori periferici rispetto allo sviluppo della cosiddetta "modernità" (da toscano non posso non ricordare l'abbandono sistematico dell'Appennino).

Con quel sistema di finanza locale, più fondi si sono dati ai territori che erano già più popolosi, più sviluppati, con una rete storicamente più forte di servizi pubblici locali. Più risorse a chi aveva già di più, meno risorse a chi aveva meno, insomma, condannando a restare indietro le aree meno popolate, meno sviluppate, meno dotate d'infrastrutture e servizi.

Gli investimenti e i trasferimenti dalle zone privilegiate a quelle marginali c'erano stati e ce ne sarebbero stati anche successivamente, ma era chiaro, già allora, che qualche intervento straordinario non avrebbe mai potuto correggere la distorsione dei meccanismi ordinari. 

Un sistema centralizzato fa crescere qualche capitale (Milano e Roma), qualche distretto industriale meglio posizionato (nel triangolo Torino-Genova-Milano o in qualche provincia ben collegata con esso o con l'Europa), persino qualche area agroindustriale (l'Emilia), ma inevitabilmente condanna allo spopolamento e al declino tutto il resto.

Sentire in questi giorni che ancora si discute, dopo quarant'anni, di come superare la "spesa storica", produce l'effetto di una frustata.

Evidentemente, quarant'anni di autonomismo sono stati sconfitti, ma - spes contra spem - forse non sono trascorsi invano.

Anche se non erano chiari a tutti i pericoli del centralismo, principi autonomisti erano vivi nelle comunità politiche più forti, quelle che avevano fondato la nuova Repubblica italiana: i cristiano-sociali, i cattolici liberali, i socialisti, il mondo liberalsocialista, i riformisti (che già allora prevalevano nelle strutture del Partito Comunista nelle regioni rosse).

Con la crisi della partitocrazia, poi, assistemmo alla nascita di nuovi movimenti civici, le liste "Federalismo", le liste verdi, le prime leghe, le reti per la democrazia dal basso. Realtà che erano spesso figlie, o almeno sorelle, di una concezione decentralista della vista economica e sociale.

Grazie alla prevalenza fra la gente di convinzioni autonomiste, il cambiamento è parso per decenni a portata di mano: la Repubblica delle Autonomie, da vago ideale costituzionale coltivato in reazione al centralismo autoritario fascista (in parte realizzato solo nelle sei autonomie speciali di Aosta, Bolzano, Trento, Friuli-Venezia Giulia, Sicilia, Sardegna), sarebbe senz'altro diventata realtà anche nelle quindici regioni a statuto ordinario, nelle province, nelle grandi città, nei piccoli comuni.

A ben guardare, ancora oggi, dopo decenni di fallimenti autonomisti e di riforme decentraliste mancate, sono pochi i politici che si dichiarano apertamente centralisti, perché pesa ancora oggi nella vita pubblica il grande favore popolare per le autonomie locali.

Persino alla sterile e talvolta surreale discussione ventennale sulla cosiddetta "autonomia differenziata" prevista dalla riforma costituzionale del 2001, hanno partecipato tutti i governi e tutte le regioni (salvo, credo, gli Abruzzi e il Molise, come si vede nella cartina pubblicata a margine di questo scritto, tratta da Il Messaggero).

Poi cosa è successo? Provo a elencare alcune delle meteoriti che ci hanno colpito, trovandoci completamente impreparati. Ciascuna di esse capace di provocare l'estinzione di ogni mentalità decentralista.

Non ho alcuna pretesa di essere efficace, né esaustivo, né di porre queste gigantesche questioni in un ordine appropriato di rilevanza o cronologia.

Per cominciare, le forze livellatrici e distruttrici della globalizzazione hanno sconvolto i territori e le economie locali. Sono forze ecocide e genocide (Pasolini l'aveva ben compreso). Non c'era alcuna speranza di frenarle perseguendo la propria piccola autonomia (l'illusione dei cialtroni il cui motto era "padroni a casa nostra"). Tuttavia resta sotto gli occhi di tutti che coloro che hanno un po' di autonomia, in Italia e nelle vicinanze, in Trentino, nel Sudtirolo, nei cantoni svizzeri, negli stati austriaci, a Malta, in Slovenia e in Croazia, persino a San Marino, hanno resistito meglio e i loro territori sono autentici esempi positivi per la costruzione di ciò di cui abbiamo, credo, bisogno: una internazionale decentralista (decentralism international), un movimento globale per l'autogoverno di tutti dappertutto, contro tutti gli stati, contro tutti i colonialismi, vecchi e nuovi.

Secondariamente, i trattati dell'Unione Europea hanno concentrato a Bruxelles, spesso ben al di là delle intenzioni dei contraenti, un potere ampio e penetrante nella carne viva dei popoli e dei territori europei. Un potere che è tecnocratico senza essere sovrano, cioè - per seguire la provocazione del prof. Carlo Galli - capace di opprimere senza offrire in cambio alcuna protezione. Tuttavia l'Unione Europea è ancora uno spazio geopolitico dove reggono forti garanzie giuridiche a tutela dei diritti degli individui e delle comunità. Il Parlamento europeo non dovrebbe più essere visto, tanto meno da noi autonomisti, come un cimitero di elefanti, ma un'arena in cui una nuova generazione di leader civici, ambientalisti, autonomisti deve entrare e portare avanti la lotta per le autonomie personali, sociali, territoriali, nel nome dei nostri antichi ma sempre giovani principi di sussidiarietà.

Inoltre, dal 1981 la Repubblica italiana ha cominciato a scivolare pericolosamente nella privatizzazione del debito pubblico, lasciato nelle grinfie di una finanza globale speculatrice, cieca e folle. Una deriva che ha portato (non solo l'Italia) nel disastro dell'austerità. Si noti bene: non solo l'Euro, ma già la Lira aveva smesso di servire come moneta di scambio e istituzione politica di redistribuzione. Il tema è gigantesco e largamente incompreso, non solo non nel nostro mondo autonomista, come ben si comprende confrontandosi con le ricerche, fra gli altri, del prof. Luca Fantacci. Tuttavia noi siamo gli unici che possiamo affrontarlo di petto istituendo con coraggio, in ciascuno dei nostri territori, le monete locali che servono.

Queste tre gigantesche questioni, va da sé, sono ancora più difficili da affrontare nel quadro del generale declino della libertà d'informazione e del pluralismo politici. In questo nostro stato italiano, per la nuova generazione di leader civici, ambientalisti, autonomisti che, attraverso Autonomie e Ambiente, stiamo cercando di far crescere, farsi largo nella giungla delle leggi elettorali, bucare il tetto di vetro del conformismo mediatico, vincere la crescente diserzione delle urne, è una impresa sovrumana. Tuttavia l'impegno civile nonviolento dal basso, la partecipazione diretta alle elezioni, l'assunzione di responsabilità amministrative, la lotta per il ripristino di regole democratiche elementari, la resistenza contro tutte le forme di presidenzialismo (elezione mediatica dell' "uomo solo" al comando), sono l'unica strada che possiamo percorrere. Strada che peraltro il nostro mondo civico, ambientalista, autonomista non deve percorrere in solitudine, ma insieme a tante persone che, indipendentemente dalla cultura politica in cui si sono formate, abbiano comunque una mentalità decentralista.

Ho avuto il piacere, proprio in queste ultime ore, di leggere una riflessione in diversi punti convergente con la mia, quella dell'avvocato Luigi Basso, sulla quarantennale sterilità degli autonomisti. Voglio credere che il mondo autonomista si stia liberando dai pesi morti che ci hanno impedito di vedere, giudicare, agire con maggiore costrutto, qui nello stato italiano: leghismo, nordismo, sudismo, autonomismi veteronazionalisti (non di rado alfieri della "indipendenza" di "nazioni" attualmente prive di popolo), avventurieri, ciarlatani, narcisi, chiacchieroni.

Il nostro cammino è e resterà lungo, tortuoso, difficile. Tuttavia abbiamo radici in parole vive, come quelle della Carta di Chivasso. Parole più necessarie che mai in questo mondo dominato da concentrazioni di potere capaci di condurre il mondo sull'orlo dell'autodistruzione.

Non siamo molti, né molto capaci, né più molto giovani. Tuttavia stiamo difendendo l'unica forma di socialità umana che rende pienamente libera e degna la vita umana: la comunità locale, con la sua economia locale, con le sue tradizioni e libertà, con le proprie originali istituzioni di autogoverno.

Quando nel 2043 festeggeremo il centenario della Carta di Chivasso, avremo consegnato alle generazioni future il nostro importante messaggio. 

Se un giorno tornasse davvero un Cosmonauta Francesco sulla Terra, alla fine del XXI secolo, forse non troverà tutto ciò che è stato immaginato, ma almeno ci sarà ancora vita, diversità, libertà.

Mauro Vaiani


giovedì 9 febbraio 2023

Cosmonauta Francesco, romanzo

Toscana, 2090. Il cosmonauta Francesco è tornato nella sua terra d’origine, dopo un naufragio spaziale che lo ha tenuto lontano dalla Terra per decenni. I paesi che conosceva, e anzi tutto il mondo, sono profondamente cambiati e, incredibilmente, in meglio.



 



COSMONAUTA 

 

FRANCESCO

 

КОСМОНАВТ 

 

ФРАНЧЕСКО

 

 

romanzo di Mauro Vaiani 

 

Informazioni editoriali:

Cosmonauta Francesco
di Mauro Vaiani
Porto Seguro Editore 2022
(disponibile dal 24 gennaio 2023)
Copertina flessibile - 521 pagine
ISBN-13 :‎ 979-1254925287
Ordinabile presso l’editore, tutte le librerie,
i principali canali di vendita in rete 


Sull'autore:

Mauro Vaiani, di Prato, classe 1963, è un lavoratore dell’amministrazione locale, uno studioso e un attivista civico, ambientalista, autonomista. E’ il blogger di https://diversotoscana.blogspot.com/
 


 

 

 

sabato 4 febbraio 2023

Sfuggire l'imbroglio anti-autonomista

 

Sono sempre i soliti.

Da vent'anni la Repubblica delle Autonomie personali, sociali, territoriali, è sotto attacco.

Continuano a infuriare i peggiori istinti centralisti e autoritari, in Italia, nella Unione Europea e anche oltre.

L'ultimo imbroglio è il disegno di legge Calderoli, la cui "approvazione preliminare" è stata organizzata come una televendita di cattivo gusto.

Non è possibile dare ancora credito a una classe politica centralista e presidenzialista, che non ha mai accettato fino in fondo che lo stato non concede le autonomie ma le riconosce.

Per approfondire consigliamo la lettura di un duro intervento apparso oggi (4 febbraio 2023) sul Forum 2043 di Autonomie e Ambiente:

https://www.autonomieeambiente.eu/forum-2043/104-autonomia-differenziata-specchietto-per-allodole


mercoledì 1 febbraio 2023

Cosmonauta Francesco, la prima presentazione a Firenze

 

E' uscito "Cosmonauta Francesco" di Mauro Vaiani (Porto Seguro, dicembre 2022). E' ordinabile direttamente presso l'editore, in tutte le librerie, in rete attraverso i canali più diffusi. E' stato presentato la prima volta a Firenze, nel tradizionale incontro mensile con gli autori di Porto Seguro, sabato 28 gennaio 2023.

E' un romanzo ambientato nel futuro, nel mondo del 2090. Può essere letto con una certa leggerezza e con un pizzico d'ironia (l'autoironia di un vecchio attivista civico, ambientalista, autonomista, quale l'autore è, verrebbe da aggiungere).

Il racconto del ritorno del cosmonauta Francesco nella sua terra toscana ci trasmette una visione estremamente ottimista, l'immagine di un futuro migliore. Possono quindi incuriosire le pagine in cui si spiega come l'umanità sia riuscita a non distruggere se stessa e il pianeta, attraverso scelte politiche ed economiche che sono peraltro già ampiamente mature da decenni: civismo, localismo, ecologismo, autonomismo, decentralismo. 

A fare la differenza, nel racconto, sono stati leader locali che si sono decisi a studiarle queste scelte, metterle in pratica, realizzarle, manutenerle, in ciascuna comunità locale, quartiere per quartiere, paesino per paesino, valle per valle, territorio per territorio, capillarmente. Altro che, come purtroppo vediamo nel mondo d'oggi, restare subalterni ad astratte, opache, non di rado corruttrici ed autoritarie, agende globali, pianificazioni europee, decisioni statali, concepite da disumane concentrazioni di potere e di ricchezza (la grande finanza, i grandi stati, le grandi organizzazioni, le grandi multinazionali). Troppi politici al potere oggi, a tutti i livelli, anche ai più alti, quelli delle cosiddette elite globali, non sapendo più come sistemare il loro paese, tantomeno il mondo, si contentano di sistemare se stessi.

C'è un messaggio e conoscendo Mauro Vaiani, uno studioso e un attivista di autonomismo, oltre che un lavoratore nelle amministrazioni locali, non poteva essere che questo: i cambiamenti da affrontare sono talmente grandi che risulterebbero impraticabili o persino inaccettabili, se venissero imposti dall'alto, da altri, da altrove; devono al contrario essere abbracciati dalle persone umane, non da sole, ma come comunità locali contenute, circoscritte, coese; le comunità locali devono farsi concretamente madri e signore del proprio pezzo di terra per riuscire a salvare la Terra.


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