Alcuni punti fermi, per resistere al conformismo, al centralismo, alla semplificazione, alla trappola tesa da coloro che vogliono mettere ancora una volta i Nord contro i Sud, il centro contro le periferie, gli inclusi contro gli emarginati:
1) Le divisioni e le disparità fra territori italiani hanno origine nella lunga e drammatica storia dello stato centralista. Chi si oppone a maggiori autonomie senza confrontarsi con questo dato, è totalmente fuori strada. Se gli standard di scuola, sanità, protezione dei lavoratori dallo sfruttamento, trasporti pubblici, protezione del territorio, sono così lontani fra alcune zone del Nord e gran parte del Sud e delle isole, questo non è colpa delle autonomie, ma è conseguenza diretta delle disuguaglianze economiche e sociali che lo stato centralista ha creato. Costruire un futuro confederale italiano ed europeo sarà forse complicato, ma non ci possiamo lasciar intrappolare in un riflesso conservatore del nostro ingiusto e disastroso presente.
2) La stragrande maggioranza della popolazione continua a guardare con favore a riforme che vadano verso la maggiore autonomia dei territori e questa volontà popolare non può e non deve essere ignorata. Una delle promesse più importanti della Costituzione del 1948 è stata la "repubblica delle autonomie". Una delle speranze suscitate dall'europeismo è il rafforzamento dell'autogoverno democratico locale attraverso la visione della "Europa delle regioni". Gli avversari delle autonomie sono tanti, la propaganda dei centralisti martellante, né sono mancati gli errori politici, culturali, di comunicazione di alcune forze politiche territoriali. Il nordismo è degenerato fino a diventare una fabbrica di ignoranza e di egoismo. Il leghismo ha tradito tutte le sue promesse di federalismo, fino a diventare una forza neocentralista con tratti populistici e autoritari, che legittima nello spazio pubblico europeo un linguaggio volgare e l'odio sociale verso i più deboli. Negli ultimi decenni, i vertici centralisti della politica italiana hanno remato sempre in direzione contraria alle autonomie, imponendo una austerità paralizzante e deresponsabilizzante agli enti locali (altro che federalismo fiscale!); partorendo una mostruosa stratificazione legislativa (italiana ed europea); moltiplicando agenzie e burocrazie centrali (comprese quelle dei ministeri di cui gli italiani avevano decretato l'abolizione con i referendum del 1993). Tutto questo ha prodotto il declino di tutte le autonomie locali, in particolare dei territori storicamente impoveriti o addirittura desertificati dal centralismo. Nonostante questa continua guerra alle autonomie, la maggior parte delle regioni italiane (non solo Veneto, Lombardia ed Emilia-Romagna, quindi) chiede di accedere a forme di autonomia differenziata secondo quanto previsto dal terzo comma dell'art. 116 della Carta. La risposta dei poteri centrali, noi vogliamo ribadirlo con forza, non può essere né evasiva, né dilatoria, né terroristica. E' un tipico inganno colonialista, quello di instillare nei territori colonizzati la paura di non farcela, la mentalità della dipendenza dalla "ridistribuzione" garantita dal centro. Per questo prendiamo le distanze da chi grida contro la "secessione dei ricchi". Al contrario, si può e si deve riconoscere maggiore autonomia, assicurando che ci sia vera solidarietà tra territori, giusta perequazione delle risorse, decentramento anche nei territori più lontani di risorse e competenze, semplificazione normativa per i cittadini e per le imprese, il tutto con moderazione e prudenza politica e, ancora più importante, facendo partecipare le comunità locali a questo delicato processo di riavvicinamento delle istituzioni ai cittadini.
3) I nostri movimenti che si definiscono localisti civici e
ambientalisti, autonomisti, federalisti, confederalisti, territoriali,
identitari, meridionalisti, anti-colonialisti, indipendentisti, pur essendo molto diversi fra loro, devono cooperare in questo difficile
momento della storia italiana ed europea. Al netto di tutte le
nostre differenze c'è il minimo comune denominatore di volere andare
avanti verso quello che chiede la maggioranza dei cittadini: maggiore autogoverno per tutti e dappertutto. La forza risultante del
nostro stare insieme sarà significativa, perché tutte le nostre forze
decentraliste, per quanto siano diverse le nostre visioni ultime,
condividono la stessa direzione di marcia.
Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso
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