La buona vigilia degli Scozzesi
di
Mauro Vaiani*
Edimburgo,
martedì 16 settembre 2014
Non
sappiamo se il 18 settembre 2014 resterà nella storia e non è
possibile prevederlo. Quando sta per succedere qualcosa di veramente
nuovo, i sondaggisti fanno fatica a vederlo, perché essi, senza la
possibilità di rassicuranti raffronti con le scelte passate dei loro
elettori intervistati, sono impotenti.
Più
di quattro milioni di scozzesi si sono registrati per questo
referendum. Qui usa così: chi vuole votare, deve informarsi e
iscriversi prima. E senza dubbio impressionano le storie, pubblicate
dal The Guardian non da fogli radicali, che raccontano di persone
disoccupate, povere, che hanno deciso di iscriversi dopo anni di
silenzio elettorale ed emarginazione politica.
La
questione dell'indipendenza è vissuta, principalmente, come una
grande speranza di riscatto sociale. Si vuole tutto il potere a un
livello territoriale più basso, in modo da poter tentare da soli,
con le proprie forze, ciò che da decenni Londra non sa più
garantire: una economia locale all'altezza dei tempi; stipendi che
consentano ai lavoratori di mantenere se stessi e la propria
famiglia; pensioni e welfare dignitosi; ma anche un clima più
favorevole all'impresa e all'innovazione, in modo che i giovani
laureati non siano costretti ad emigrare a Londra o all'estero. Una
società operosa si espone al rischio di cambiare.
Il
tema dell'autogoverno della Scozia è complesso e viene da lontano,
ma questa campagna elettorale sembra averne onorato l'importanza: due
interi anni di dibattito intenso e serrato, a tutti i livelli
possibili. Si stima che dell'ultimo pamphlet pro-indipendenza – The
Wee Blue Book (che significa: il libretto blu piccino piccino),
in gran parte opera dell'irriverente e famoso attivista Stuart
Campbell – siano state stampate o scaricate su pc, tablet,
smartphone, oltre un milione di copie. Ne esistono – e come poteva
essere altrimenti? – anche la versione in lingua gaelica (che
sopravvive come lingua parlata dall'1% degli Scozzesi,) e quella
audio per i ciechi, ma anche per gli immigrati che non sanno leggere
bene l'inglese.
La
partecipazione alla campagna è stata impressionante in ogni contea e
borgo del paese e ha già colto un successo politico totalmente
imprevisto: i tre partiti politici tradizionalmente dominanti –
Conservatori, Laburisti, Lib-Dem – hanno promesso che la Scozia
finalmente avrà maggiore autonomia. Gordon Brown, ex primo ministro
e lui stesso scozzese, ma sino a oggi legato allo status quo
unionista, ha pronunciato parole forse tardive, ma chiare: la Scozia,
se resta unita all'Inghilterra, avrà niente di meno di un moderno
Home Rule, cioè quell'autogoverno pressoché totale che tutte
le ex-colonie britanniche hanno, prima o poi, più o meno
pacificamente, preteso e infine avuto, dagli Stati Uniti
all'Australia.
Gli
Scozzesi, una popolazione molto istruita, dotata di un fortissimo
senso civico, e non più povera come in passato, si sono quindi
preparati a prendere una decisione informata e razionale. Le emozioni
ci sono, certo, ma Scozia e Inghilterra non si confrontano su
nazionalismi arretrati, “sangue e suolo”. Piuttosto si
confrontano su problemi di distribuzione dei poteri e delle relative
responsabilità, che riguardano il futuro.
Stiamo
per vedere un gigantesco esempio di democrazia deliberativa, che esce
dai libri dei teorici della partecipazione politica, per incarnarsi
in una cittadinanza attiva, che sta per decidere il proprio futuro
politico di comunità locale in un mondo globalizzato.
Che
vinca il Sì all'indipendenza, o il No (che però, a questo punto,
non significherà più solo qualcosa di negativo, ma l'avvio della
cosiddetta devo-max, un altro massiccio trasferimento di
poteri), gli Scozzesi – e gli Inglesi, e le altre due nazioni
minori del Regno Unito, Galles e Ulster – inizieranno processi
politici faticosi e complessi: uffici che si chiudono a Londra e che
si riaprono a Edimburgo; tasse e royalties del petrolio del Mare del
Nord da ridistribuire; leggi da riscrivere; simboli del potere da
cambiare; ambasciate da riorganizzare.
Scozzesi
e Inglesi affermano compatti di voler restare entrambi nella NATO,
mentre gli atteggiamenti verso l'Unione Europea sono
considerevolmente diversi. Tutto dovrà essere ridiscusso, comunque
vada.
I
dettagli – i dettagli, parola desueta a Roma e forse anche a
Firenze! - l'attuazione, le verifiche concrete sul campo, saranno una
sfida impegnativa per anni, comunque andrà.
Qualunque
sia il risultato, potrebbero davvero uscirne vincitori i cittadini,
il loro senso di sovranità e responsabilità, la loro – a nostro
parere giusta - pretesa di avere poteri locali, espressi direttamente
e controllati da vicino.
Vinceranno,
ne siamo certi, almeno nel lungo termine, quel senso critico, quel coraggio, quella capacità –
tipicamente scozzesi – di mettere in discussione lo status quo e i
suoi luoghi comuni.
*
Visitor at the University of Edinburgh - School of Social and
Political Science
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