Il parlamento della Toscana ha approvato la riduzione da 55 a 40 del numero dei propri componenti, oltre a una serie di altre riduzioni dei costi e di dimagrimenti della struttura, in linea con una spending review regionale che è peraltro in atto, va riconosciuto, sin dai tempi di Claudio Martini governatore e di Alessandro Antichi portavoce dell'opposizione.
Questa riforma arriva alla fine di un processo avviato all'inizio degli anni 2000, frutto di un nobile compromesso fra le forze del vecchio centrosinistra e del vecchio centrodestra di allora.
Al centro di quel compromesso, da allora a oggi, ci sono sempre state scelte vitali: passare dalle preferenze alle primarie; da collegi grandi a collegi piccoli; dalla lotta faziosa di tutti contro tutti, alla valorizzazione delle responsabilità della maggioranza e di quelle dell'opposizione.
Ci sono state delle contraddizioni, certo, nel processo, come quando, in un maldestro tentativo di rafforzare i quattro principali partiti di allora (DS, Margherita, Forza Italia, AN), nel 2004 il consiglio regionale decise di aumentare i propri membri a da 50 a 65.
Le contraddizioni, però, con il tempo, si possono superare.
Le conquiste storiche, come l'essere stato il primo consiglio regionale della Repubblica a sperimentare le primarie e a emarginare dalla politica toscana i signori delle preferenze, vanno difese a spada tratta.
La differenza fra la politica in Toscana e quella in altre regioni, come la Sicilia, il Lazio, la Lombardia, infatti, c'è e si vede.
Andiamo avanti così.
Continuiamo a lottare perché la riforma elettorale toscana istituzionalizzi le primarie e i piccoli collegi, lanciando alla politica nazionale - sempre più asserragliata in una specie di fortino distaccato dalla realtà - un segnale netto di fedeltà alla volontà popolare sancita dai referendum.
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Diffuso attraverso Toscana Insieme
sì, nesso primarie-no preferenze è ineludibile: l'uno richiama l'altro...uno solo non ha senso!
RispondiEliminaAssolutamente!
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