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giovedì 6 settembre 2012

What's wrong with the Euro?


Ieri, mercoledì 5 settembre la New York University ha organizzato a Villa La Pietra un altro interessante momento di "dialogue", dedicato a una riflessione sulla crisi economica e finanziaria dell'Eurozona, intitolato "What's wrong with the Euro". Il prof. Roberto D'Alimonte ha tenuto una magistrale riflessione che è partita dalle origini del nazionalismo e dall'unificazione tedesca, per arrivare alle grandi scelte europeiste del secondo dopoguerra. I padri fondatori dell'Unione Europea, assistiti dagli scienziati politici che teorizzarono l'integrazione funzionale fra gli stati europei, scelsero di cominciare a mettere in comune competenze e funzioni, a poco a poco, per arrivare all'obiettivo storico di una solidarietà permanente fra gli Europei, che ponesse fine, per sempre, alla possibilità della guerra sul nostro continente.
Partirono dal carbone e dall'acciaio, ma l'obiettivo storico degli europeisti è sempre stato la costruzione di uno stato federale europeo.
Dopo il 1989, dopo la riunificazione tedesca, l'unificazione monetaria è sembrata sempre più urgente agli statisti europei, perché la nuova grande Germania riunificata doveva essere saldamente ancorata al progetto europeo e non vi fosse spazio per il ritorno di alcuna forma di nazionalismo tedesco.
Germania, Francia, Italia, che erano nemiche, sono così diventate amiche, grazie al lavorìo della progressiva unificazione europea.
La valuta unica europea è piena di difetti, che sono stati in parte francamente discussi, ma il prof. D'Alimonte è stato nettissimo, di una straordinaria chiarezza morale, unita alla lucidità storico-politica: tutte le riforme necessarie devono essere discusse e intraprese, ma non ci sono alternative al progetto europeo, non si può tornare indietro dall'unificazione europea.
Sviluppando uno spunto lasciato dal professore, potremmo chiederci cosa accadrebbe in un eventuale referendum popolare sull'Euro. Se la domanda fosse "volete ancora l'Euro", forse la risposta popolare potrebbe essere negativa. Ma se la domanda fosse "volete mantenere l'unione fra Germania, Francia e Italia", davvero si pensa che i popoli europei metterebbero in pericolo la pace e l'amicizia che si è stabilita dopo le grandi tragedie del Novecento?
I problemi economici e finanziari dell'Europa sono enormi e non mancano nemmeno delle vere e proprie storture, come il paradosso che la piccola Slovacchia si è trovata a dover aiutare un paese, la Grecia, che ha regalato ai propri cittadini pensioni enormemente più generose di quelle che ricevono i cittadini slovacchi. I poveri sono stati chiamati ad aiutare i ricchi, in questo momento difficile. L'Europa è anche questo. Sicuramente le cose devono cambiare, ma non certo facendoci tornare divisi.
Abbiamo condiviso fortemente anche una certa empatia che il prof. D'Alimonte ha mostrato con la politica tedesca. Le responsabilità che pesano sulle spalle di Angela Merkel e delle elite tedesche, sia quelle che guidano la maggioranza, sia quelle di opposizione, sono enormi. Stanno affrontando un compito immane. Avranno senz'altro fatto molti errori, ma meritano una qualche misura di comprensione e, forse, persino di fiducia.
Chi scrive su questo blog si è permesso di intervenire nel dibattito con una nota di ottimismo: crediamo che attraverso le riforme, i sacrifici, l'austerità - e magari anche cercando qualche alternativa seria e più equa dell'austerità come è stata intesa fin qui - gli stati europei possano superare quella che non vogliamo chiamare e speriamo non sia più chiamata "crisi dell'Euro", ma crisi della gestione di immensi debiti pubblici pregressi. Ripetiamo: non è una crisi della valuta unica europea (che pure è un sistema pieno di difetti), ma è essenzialmente una crisi dei debiti sovrani. Non solo quelli dei paesi meridionali, inefficienti, corrotti. Anche i paesi più settentrionali, avanzati e competitivi hanno enormi debiti pubblici (e privati) pregressi. Anche i paesi europei che non hanno adottato l'Euro hanno enormi debiti pubblici (e privati) che hanno difficoltà a gestire. Anche Stati Uniti e Gran Bretagna, Giappone e Cina, hanno enormi problemi, da questo punto di vista.
I tecnocrati che hanno disegnato l'Euro hanno commesso molti, moltissimi errori, ma è giusto anche chiedersi a che punto saremmo, se non avessimo adottato l'Euro. Non rispondiamo, ma evochiamo: Islanda? Argentina? Zimbabwe? Chi ci legge sa quanto su questo blog siamo critici con l'eurocrazia, ma non ci cambieriemmo con nessuno di questi paesi e non vorremmo la Toscana fuori dall'Euro, semplicemente perché la Toscana non potrebbe vivere fuori dall'Europa, punto.
Continuiamo quindi a studiare, lavorare, riformare, per far uscire gli stati europei dalla grande crisi dei debiti pregressi, in modo equo e responsabile, ma non parliamo più di crisi dell'Euro o di uscita dall'Europa. La prima è una espressione fuorviante. La seconda è una prospettiva spaventosa.

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