C'è una tendenza potente nel mondo globalizzato.
E' quella verso l'augoverno, da parte di comunità locali, popolate da cittadinanze attive, sempre più coscienti di sé, della propria sovranità, del proprio status di prìncipi del proprio territorio.
Questa tendenza si manifesta in tutto il mondo e in tutti gli stati. Come tutti i fenomeni della globalizzazione, essa raggiunge anche i territori più remoti dove, magari, non si sono ancora dispiegati pienamente i cambiamenti materiali e culturali che ne sono la base materiale e sociale.
Così come gli smartphone sono arrivati a miliardi di esseri umani prima ancora delle fogne e dell'acqua corrente, anche il bisogno di essere prìncipi del proprio territorio arriva prepotentemente in angoli sperduti dove, secondo il mainstream, i problemi dovrebbero essere "ben altri".
Ho dedicato i miei ultimi anni a studiare questo trend geopolitico. A esso è dedicato il libro che sto preparando, Disintegration as Hope.
Anche se come scienziato geopolitico qualcuno mi consiglierebbe di mantenere le distanze dalla babele delle opinioni, come intellettuale pubblico non posso sottrarmi a dare un contributo civile, una raccomandazione politica.
La ridistribuzione del potere fra centri e periferie è inevitabile, come conseguenza diretta di tutte le grandi trasformazioni che sono studiate - e spesso ancora fraintese - sotto il termine "ombrello" di "globalizzazione".
Occorre incanalare questa ridistribuzione - che è anche una ricerca di dignità spirituale e di equità sociale - in riforme progressive, che facciano gli interessi di ogni comunità locale.
Questa è, ancora una volta, la più grande sfida nella nostra modernità post-totalitaria: lottare strenuamente con la veraforza dei nonviolenti, per istituzioni rappresentative e inclusive, per la verità contro le menzogne, per la vita contro la violenza di stato e contro la violenza di coloro che vogliono impadronirsi dello stato.
All'Ucraina, alle sue province orientali russofone, alla provincia multietnica di Odessa, alla Crimea, dobbiamo additare la via della Svizzera, del Belgio, della Scozia, della Catalogna, del Quebec: costruire con la giusta prudenza e la necessaria gradualità, forti istituzioni locali, all'interno di sistemi federali e confederali, in un quadro di forte cooperazione internazionale fra America, Europa e Russia, e fra tutte le democrazie del mondo.
L'indipendenza, la pienezza dell'autogoverno, è per moltissime comunità del mondo, molto più che una probabilità.
Già oggi, delle 256 entità geopolitiche sovrane o largamente autonome, de facto o de iure, esistenti, solo poco più di 80 hanno una popolazione maggiore di dieci milioni. E praticamente tutte queste sono sottoposte - come minimo - a processi di ridistribuzione del potere, dal centralismo statale verso l'autogoverno delle loro comunità locali.
Questa realtà non può essere offuscata da vecchie e nuove ideologie.
Lo scontro fra centralizzatori e ridistributori del potere non può essere fermato risvegliando vecchi o nuovi nazionalismi.
I difensori dello status quo non potranno ancora a lungo nascondere la realtà che i "disintegratori" non sono fantasmi del passato o profeti di sventura, ma persone ordinarie, che vogliono maggior controllo sulla propria vita, sui propri beni comuni, sui propri territori.
Poiché il fenomeno ha un indubbio fascino per tutti gli amanti della libertà e della diversità umana, in rete si trovano molti siti che aiutano a esplorare i separatismi e i localismi. Un esempio che abbiamo scovato di recente potrebbe essere http://springtimeofnations.blogspot.it/.
Qui in Toscana, la coscienza di questo cambiamento è molto avanzata, grazie allo stimolo culturale e politico di tanti - fra i quali voglio ricordare amici come Marco Faraci, Carlo Lottieri, Sergio Salvi.
La nostra piccola terra toscana, ancorché periferica, è sempre un osservatorio politico e geopolitico privilegiato, non fosse altro che per la nostra singolare, speciale tradizione storica di autogoverno locale e di apertura al mondo.
Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso
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