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martedì 16 gennaio 2024

Autonomia "differenziata", il grande imbroglio

 


Proviamo a riassumere perché l'autonomia differenziata è solo un imbroglio e pure pericoloso.

Il testo del disegno di legge Calderoli-Meloni è in Senato (n. 615-XIX legislatura), quindi, per chi ha tempo e voglia di leggere e possiede un minimo di cultura politica e giuridica, non ci sono più alibi. E' tempo di denunciare questa colossale presa in giro.

Le norme Calderoli-Meloni sono uno dei più subdoli attacchi mai sferrati alla nostra parte autonomista, alle nostre forze civiche, ambientaliste, storicamente autonomiste e modernamente territorialiste, ma partiamo dall'inizio.

Da quando è entrato in vigore il nuovo Titolo V del 2001, sappiamo che esso contiene previsioni scivolose e di difficile attuazione. Abbiamo sempre dato per scontato che avremmo incontrato forti resistenze nelle fazioni apertamente o mascheratamente centraliste. Mai avremmo pensato, però, vent'anni fa, che il leghismo (sorto da autentiche leghe locali autonomiste) sarebbe diventato il peggior nemico delle autonomie personali, sociali, territoriali. In una drammatica eterogenesi, la Lega Salvini, con il suo azzeccagarbugli in capo Calderoli, è diventata la principale avversaria di ogni autonomia locale.

Dei principali problemi tecnici e finanziari di attuazione della previsione costituzionale di "ulteriori autonomie" (art. 116, terzo comma, su 23 materie elencate all'art. 117) abbiamo già detto in passato, insieme agli amici e ai compagni del gruppo di studio Forum 2043 di Autonomie e Ambiente

Alla difficoltà oggettiva purtroppo si è aggiunta la cattiva fede dei falsi autonomisti e degli impenitenti centralisti. 

Già il fatto che autonomie "ulteriori", possibili per tutti e dappertutto, siano state chiamate "autonomia differenziata", la dice lunga sulla disonestà intellettuale e politica del leghismo, oltre che sul bigottismo dei centralisti di destra, di centro e di sinistra.

Il disegno di legge Calderoli-Meloni aggiunge subdolamente altri ostacoli a quelli che già erano evidenti sin dai tempi delle bozze d'intesa del 2018 fra Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna e il governo Gentiloni:

- stabilisce un percorso a ostacoli, che durerebbe anni; quindi non porterebbe ad alcuna ulteriore autonomia in questa legislatura; tutto è rimandato a un futuro remoto;

- quand'anche una intesa di autonomia giungesse un giorno in porto, essa sarà a tempo, massimo dieci anni; ma quelle concesse o ottriate (dal francese octroyé) non sono autonomie, sono velenosi ritorni al passato (oppure forme innovative di centralismo autoritario...);

- nel frattempo questa maggioranza di centralisti approverà l'elezione diretta del "podestà d'Italia"; quando una tale concentrazione di potere fosse realizzata, tutte le autonomie personali, sociali, territoriali, diventeranno un lontano ricordo.

I territorialisti veri, specie quelli del Sud, come gli amici del Comitato Charta di Melfi, sono profondamente e giustamente arrabbiati. Fra l'altro, essi protestano per la mancata attuazione dell'art. 119 terzo comma della Costituzione. Dopo decenni di spoliazione economica, i territori emarginati e impoveriti, pretendono l'istituzione del fondo perequativo. Rimandiamo, su questo, alla lettura di un articolo di Gino Giammarino.

Siamo soli nell'opporci a questo imbroglio, insieme ad Autonomie e Ambiente, all'Alleanza per l'Autonomia, agli alleati civici, ambientalisti, territorialisti, a coloro che sono ancorati al vero federalismo della Carta di Chivasso.

A sinistra, al centro, a destra, è pieno di centralisti veri, che si stracciano le vesti per queste norme che essi chiamano "spacca Italia", come se le ingiustizie sociali e le diseguaglianze territoriali non fossero già presenti oggi. Chi ha creato l'Italia "arlecchino", questo stato ingiusto, se non il centralismo autoritario? I centralisti sono prigionieri dei loro pregiudizi e odiano la Repubblica delle Autonomie.

Nel centrodestra è in corso uno sciagurato scambio tra una farlocca autonomia "differenziata" e un vero centralismo presidenzialista, che distruggerà autonomie personali, sociali, territoriali.

Non crediamo, tuttavia, di essere così pochi. Gli attivisti dei territori e gli amministratori locali sanno che senza autonomie, il futuro dell'Italia e dell'Europa sarà disumano. Contiamo su di loro e su noi stessi e andiamo avanti. Animo.


Mauro Vaiani


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