Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

giovedì 30 aprile 2015

Cercasi princìpi disperatamente


Qui in Toscana faccio parte di una eterogenea comunità di persone con forti convinzioni civico-liberali, ambientaliste e autonomiste, formatesi negli anni, in un cammino iniziato ben prima del 1989.

Non siamo tantissimi, non siamo più giovani, non siamo quelli di maggior successo, è vero, ma siamo noi che possiamo davvero sostenere le necessarie riforme promesse da Matteo Renzi.

Siamo una corrente accumunata da forti legami sociali e spirituali, prima ancora che da convinzioni politiche.
Lottiamo da decenni per ridurre il potere del centro sulle periferie; per diminuire le distanze e le disuguaglianze; per moltiplicare le occasioni di autonomia, riducendo la dipendenza dei cittadini dalle intermediazioni del potente di turno; per allargare e far circolare le elite; per rimettere in moto l'ascensore sociale per tutti, non per pochi.

Questa opinione pubblica civica si domanda - qualcuno anche in modo toscanamente canzonatorio, come il mio amico Andrea Auteri di Livorno - come mai il primo governo Renzi, una volta saltati i compromessi con i ceti politici di destra, di centro e di sinistra, non abbia colto l'occasione per sparigliare e rilanciare, invece che impiccarsi all'Italicum. Una legge che, così com'è - ammesso e non concesso che possa mai entrare in vigore - si presenta come un meccanismo anti-politico, buono solo a mandare al potere una persona, una sola, al comando di una pattuglia di deputati da lei nominati.

Forse è un po' troppo, anche per uno bravo, anzi bravissimo, come Matteo Renzi.

Non sappiamo come andrà a finire, ma siamo delusi, e anche un po' tristi.
Al federalismo italiano ed europeo servirebbero princìpi antichi, non un nuovo aspirante prìncipe.
Una volta rotto con Denis Verdini, dovendo andare alla conta, davanti alle corti, e magari anche al referendum, sarebbe stato meglio farlo da posizioni più forti e più popolari, quelle di sempre, le nostre: piccoli collegi, primarie obbligatorie, obblighi democratici non solo nella competizione elettorale, ma anche nella vita interna dei partiti.

Le nostre inquietudini, purtroppo, non sono state ascoltate. Da noi, quindi, ci si aspetti correttezza, ma non certo applausi.

 

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