Ho avuto la possibilità e l'onore di intervenire al seminario sulla riforma elettorale toscana organizzato oggi a Firenze da Marco Manneschi, consigliere dell'Italia dei Valori, presidente della I commissione, Affari istituzionali, del Parlamento toscano.
Ho parlato della nostalgia di un "vaglio", di un processo elettorale che selezioni con maggiore severità la nostra classe politica, i nostri rappresentanti. Tutti vorremmo tornare ad avere dei consiglieri regionali che abbiano dimostrato sobrietà, tenacia, competenza, sul campo, nel tempo, davanti ai media, sotto gli occhi dell'opinione pubblica, capacità evidenti di ascolto, mediazione e sintesi, decisione e realizzazione. Non solo di avere voti. Non solo di avere soldi. Bensì di avere qualità propriamente politiche. Un cursus honorum e meriti politici, non solo immagine, chiacchiere e distintivi.
La nostra opinione pubblica ha una profonda nostalgia di un personale politico autorevole perché indipendente. Indipendenza che può essere garantita solo da persone che si sono conquistate la carica con le proprie forze. C'è un profondo desiderio di essere rappresentati da un personale che non sia stato nominato, o designato, o investito dall'alto, o beneficato dai voti raccolti dai leader massimi, ma che si sia fatto da sé, politicamente parlando. Anche perché solo un tale personale politico può, quando inizia il declino del leader, avere la forza di sostituirlo.
C'è una forte e trasversale richiesta, per fare un esempio preciso, di avere un parlamento toscano capace di opporsi al governatore, se e quando fosse ritenuto necessario. Solo consiglieri regionali che si sono conquistati il proprio seggio con un proprio consenso sul loro territorio potrebbero o potranno, un giorno, decidere di buttare giù il presidente, azzerando anche il proprio incarico, sottoponendosi, con lui o magari contro di lui, al giudizio degli elettori.
Per questo la nostra gente continua a guardare all'America, al mondo anglosassone, dove i politici sono selezionati attraverso un lungo processo, i cui esiti non sono mai scontati, fatto prima di selezioni interne a ciascuna area politica, poi di primarie, infine di elezioni vere e proprie. Si intravede che in quelle società la selezione dei politici è più impegnativa e più esigente. Pare produrre un personale politico non diciamo migliore, ma di certo più efficace, più efficiente, senz'altro maggiormente accountable, costretto a rendere conto.
Sarà un caso che proprio i paesi che hanno una più lunga tradizione elettorale fondata su collegi uninominali, sono anche i più liberi e i più avanzati?
C'è una diversa qualità spirituale, va riconosciuto, nel personale politico selezionato sul territorio da piccoli collegi, in confronti testa a testa, in cui uno vince e gli altri vanno a casa. I candidati di questo tipo di competizioni hanno una marcia in più, perché non si rivolgono solo ai "propri" elettori, alle proprie conventicole e clientele. Si rivolgono a tutto il proprio territorio, all'intero elettorato. La chiave del loro successo non è nella rappresentanza di piccole fazioni, ma nella loro capacità di riscuotere fiducia ben oltre i confini della loro appartenenza politica. Il popolo intuisce questa qualità e, ci pare, la trova desiderabile.
Altro che tornare indietro alle preferenze abolite vent'anni fa!
Né, crediamo, si potranno fermare gli esperimenti di primarie, o il fecondo dibattito su uno statuto pubblico dei partiti. Partiti che, nonostante l'attuale crisi di PD e PDL, la gente vuole che siano pochi e grandi. Non si fermerà, ne siamo sicuri, il cammino verso un tendenziale bipartitismo.
Nemmeno si potrà fermare il processo di allargamento della partecipazione. Un sempre maggior numero di cittadini sovrani vuole decidere non solo fra i diversi partiti, ma anche fra i candidati che i partiti presentano.
Il seminario di oggi, promosso dal gruppo consiliare regionale dell’Italia dei Valori, sul tema “Una riforma elettorale per la Toscana: come restituire il potere ai cittadini”, si è tenuto presso la Sala delle collezioni di palazzo Bastogi, in via Cavour 18, dalle 16.30 fino a oltre le 19, con una vasta e trasversale partecipazione di esperti e politici.
Fra gli altri interventi, ricordiamo quello del prof. Roberto D’Alimonte, che ha difeso la solidità e la credibilità dell'originale sistema di governo che si è creato in Italia con l'elezione diretta dei sindaci e dei presidenti di province e regioni. Ha proposto, come alternativa alle liste bloccate, i collegi uninominali, con un recupero di eletti in rappresentanza delle minoranze, nello stile del "Mattarellum" come funzionava per il Senato nazionale.
Il prof. Alessandro Chiaramonte ha ricordato che le preferenze esaltano particolarismi, clientelismi, spinte centrifughe nei partiti e nelle aree politiche.
Il dott. Antonio Floridia, il responsabile del settore “Ufficio ed Osservatorio Elettorale Politiche per la Partecipazione” della Regione, uno studioso che rappresenta una vera e propria memoria storica dei cambiamenti elettorali in Toscana e non solo, ha ricordato come il sistema delle preferenze sia fonte di costi e instabilità. In altri paesi prevale il collegio uninominale, oppure si adottano filtri che impediscono a piccole minoranze di scegliere gli eletti all'insaputa delle maggioranze.
Tutti i politici che sono intervenuti hanno dimostrato una notevole apertura mentale e una disponibilità al dialogo, che non era scontata e non è parsa rituale.
Vittorio Bugli, del PD, dopo aver rivendicato il successo delle primarie in cui la sua parte politica ha investito con coraggio, ha annunciato la propria disponibilità a discutere dei collegi uninominali o anche di altre soluzioni che possano sancire un rapporto più diretto fra eletti ed elettori. Giuseppe Del Carlo, dell'UDC, ha ribadito la posizione tradizionale del suo partito in favore delle preferenze, ma ha aperto anche a soluzioni uninominali come quella in vigore per le province. Alessandro Antichi, del PDL, ha ricordato il proprio impegno per uno statuto pubblico dei partiti e, pur difendendo le ragioni che hanno portato la Toscana alla attuale normativa, si è mostrato disponibile a discutere a tutto campo, indicando il suo vivo interesse per l'antico e glorioso sistema finlandese della "preferenza obbligatoria".
Gli esponenti dell'Italia dei Valori, che nel Parlamento toscano hanno una posizione centrale e svolgono in questo dibattito istituzionale un ruolo potenzialmente decisivo, hanno dimostrato capacità di ascolto e sensibilità per le ragioni di tutti. L'on. Fabio Evangelisti, il segretario regionale di quel partito, ha parlato di un possibile punto di caduta, un sistema di stile tedesco, dove una parte degli eletti potrebbe essere proposta dagli organi democratici interni dei partiti e un'altra parte potrebbe invece essere selezionata attraverso competizioni sul territorio, in collegi uninominali o comunque molto piccoli.
Ho lasciato il seminario ancora più convinto della necessità di portare avanti l'appello per il superamento delle liste bloccate e per l'uninominale in Toscana. La Toscana potrebbe davvero cogliere una occasione di miglioramento istituzionale e dare un segnale di cambiamento anche alla "palude" romana.
Ho ripensato alle persone che il sistema uninominale ha selezionato nel nostro passato, figure come i senatori Guido Bisori di Prato o Silvano Signori di Grosseto. Erano uomini del territorio e del bene comune, prima che esponenti di partito, e sarebbero stati contenti della nostra discussione di oggi sull'uninominale in Toscana.
* * *
Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso
lunedì 28 febbraio 2011
venerdì 25 febbraio 2011
No Fly Zone, se non ora quando?
Cosa stiamo aspettando, noi Europa e NATO, d'intesa con i governi provvisori arabi di Tunisia ed Egitto, a imporre una no fly zone sulla Libia?
E cosa aspettiamo a mandare aiuti umanitari e logistici nelle città che si sono sottratte al regime?
Che tutto sia finito? Di sapere chi ha vinto?
Certo, il mondo in cui vivono le caste al vertice delle lontane e opache organizzazioni internazionali, è quello che ha eletto Gheddafi alla commissione internazionale sui diritti umani.
Non c'è da stupirsi che, visto dai loro piani alti nei grattacieli di vetro, il mondo sotto di loro somigli a un videogioco.
* * *
E cosa aspettiamo a mandare aiuti umanitari e logistici nelle città che si sono sottratte al regime?
Che tutto sia finito? Di sapere chi ha vinto?
Certo, il mondo in cui vivono le caste al vertice delle lontane e opache organizzazioni internazionali, è quello che ha eletto Gheddafi alla commissione internazionale sui diritti umani.
Non c'è da stupirsi che, visto dai loro piani alti nei grattacieli di vetro, il mondo sotto di loro somigli a un videogioco.
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mercoledì 23 febbraio 2011
Arresti domiciliari a don Pezzini
In questo scatto don Domenico Pezzini (il primo a destra) con me e altri testimoni che hanno contribuito, insieme a lui, al documentario di Alberto D'Onofrio del 2008, "Confessioni di un gay cattolico" |
Dopo nove mesi di carcere, a don Domenico Pezzini sono stati concessi gli arresti domiciliari.
Il sacerdote, più che settantenne, pioniere della pastorale degli omosessuali cristiani, sarà trasferito oggi stesso nel monastero di Dumenza.
A coloro che hanno seguito la vicenda, ricordo la nostra intima fiducia nella sua innocenza; il nostro dispiacere per il prolungarsi della carcerazione preventiva di un vecchio prete; il nostro stupore per la durezza della condanna di primo grado, di cui siamo ansiosi di leggere le motivazioni, che dovrebbero essere rese note entro marzo. Speriamo, anzi siamo certi nel profondo del nostro cuore, che questa sentenza sarà riformata.
martedì 22 febbraio 2011
Quando il governo è un problema
La transizione del Maghreb sarà certamente faticosa e dolorosa. Tante speranze andranno tradite, certo. Per noi occidentali non sarà sempre facile trattare con gli insorti di Bengasi o con la giunta militare egiziana. Tuttavia, ancora una volta voglio quotare da Facebook il mio amico Giacomo Fiaschi, che da Tunisi ci racconta queste rivoluzioni del 2011:
"Il problema è il Governo. La soluzione è il Popolo."
lunedì 21 febbraio 2011
La Libia è in fiamme
Si può fare ben poco, dall'estero, per essere utili, fra le fiamme delle città libiche.
Magari sarebbe opportuno qualche gesto, anche solo simbolico, come l'appello del segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon a non ricorrere all'uso della forza e a rispettare i diritti umani fondamentali. La Gran Bretagna, per fare un altro esempio, ha richiamato il proprio ambasciatore a Tripoli e ha convocato quello libico per protestare contro la violenza della repressione. Il ministro degli Esteri della Finlandia, scrive il Corriere della Sera, chiede che l'Unione Europea imponga sanzioni contro Gheddafi.
Difficile, però, fare qualcosa di simbolico, di serio, di adatto alla gravità del momento, per coloro che si sono inginocchiati davanti alle bizzarrie del dittatore libico e che si sono legati mani e piedi alla sua cricca di potere.
Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, si è limitato infatti ad ammonire l'Europa a "non interferire", non essendo possibile, ha aggiunto, esportare la democrazia. Speriamo almeno che la cosa valga reciprocamente. Così anche il IV governo Berlusconi finalmente smetterà di importare in Italia il culto del capo circondato da amazzoni, stile Gheddafi.
Fonte: Ultime notizie dal sito del Corriere (acceduto lunedì 21 febbraio alle 17)
Magari sarebbe opportuno qualche gesto, anche solo simbolico, come l'appello del segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon a non ricorrere all'uso della forza e a rispettare i diritti umani fondamentali. La Gran Bretagna, per fare un altro esempio, ha richiamato il proprio ambasciatore a Tripoli e ha convocato quello libico per protestare contro la violenza della repressione. Il ministro degli Esteri della Finlandia, scrive il Corriere della Sera, chiede che l'Unione Europea imponga sanzioni contro Gheddafi.
Difficile, però, fare qualcosa di simbolico, di serio, di adatto alla gravità del momento, per coloro che si sono inginocchiati davanti alle bizzarrie del dittatore libico e che si sono legati mani e piedi alla sua cricca di potere.
Il ministro degli Esteri, Franco Frattini, si è limitato infatti ad ammonire l'Europa a "non interferire", non essendo possibile, ha aggiunto, esportare la democrazia. Speriamo almeno che la cosa valga reciprocamente. Così anche il IV governo Berlusconi finalmente smetterà di importare in Italia il culto del capo circondato da amazzoni, stile Gheddafi.
Fonte: Ultime notizie dal sito del Corriere (acceduto lunedì 21 febbraio alle 17)
mercoledì 16 febbraio 2011
Unn'è bbono
E, come ho già spesso ripetuto, mi dispiace davvero.
Ecco ciò che mi sento di dire, alla maniera toscana, a questo punto.
Ecco ciò che mi sento di dire, alla maniera toscana, a questo punto.
Che altro si deve pensare, del leader Silvio Berlusconi, se nemmeno stavolta vengono incardinate le riforme che la Repubblica aspetta da decenni?
Dopo tanti anni di errori ed esitazioni, oggi sarebbe in grado di sostenere e magari vincere una serie di storiche battaglie, grazie all'arruolamento dei parlamentari voltagabbana, con il fascino e il potere che conserva, approfittando dell'incredibile consenso che ancora riscuote fra i suoi tifosi, poco o punto impensierito da avversari faziosi e deboli rivali.
Ne suggerisco qualcuna.
Il suo governo ha già i poteri per emanare in poche settimane le decine di provvedimenti ancora necessari all'avvio, se non proprio del federalismo fiscale, almeno di una qualche parvenza di autonomia impositiva di regioni e comuni. Delle province no, perché quelle, come promesso, potrebbe abolirle.
Nulla e nessuno potrebbe più impedirgli, ora, di varare il Senato delle regioni e di dimezzare il numero dei deputati.
Un pacchetto, non importa quanto timido, di liberalizzazioni e privatizzazioni, incontrerebbe un vasto consenso sia nel Nord che al Sud, sia in Sud Tirolo che in Toscana.
Non guasterebbe nemmeno, per far emergere un po' di nero e smascherare un po' di ipocrisia, la totale legalizzazione della prostituzione.
Ha persino i numeri per portare in aula un lodo costituzionale che lo protegga dall'accanimento giudiziario.
Che ostacoli, o che alibi, gli restano?
Cosa ha da perdere, a questo punto?
Se è davvero così sereno, se ne è davvero capace, perché non dovrebbe farcela a cambiare le cose, stavolta?
Che ne dite voi?
Lo farà?
Ce la farà?
Cominciate a riflettere. La decisione tocca a ciascun cittadino sovrano, a ciascuno di noi.
Post scriptum:
Decidete sulla base di ciò che capite qui e ora.
Non andate a rivangare gli errori degli anni novanta, né quelli degli anni duemila.
Assecondatelo in quell'atteggiamento, forse un pochino paranoico, con cui attribuisce i propri fallimenti agli ascari interni che di volta in volta lo avrebbero azzoppato: Bossi nel 1994; Follini e Casini dal 2001 al 2006; Fini dopo il 2008.
Fate pure finta, come farebbero dei tifosi con la propria squadra del cuore, che si possa sorvolare su una serie impressionante di incidenti, che avrebbero stroncato la carriera di qualsiasi altro leader politico in Occidente: i pasticci combinati dai quattro pensionati sfigati; gli errori in materia di protezione civile; i casini organizzati da una corte di persone avide; le sue personali intemperanze e il suo stile di vita spericolato.
Ignorate le brutte figure di questo suo ultimo quarto governo, che hanno umiliato i cittadini più poveri e più deboli, come le social card, i cosiddetti sconti sulle bollette, l'abbuono del canone RAI ai vegliardi, gli insultanti buoni turismo, imputando questi affronti alla vanità e all'imperizia di alcuni dei suoi ministri.
Fingete di credere che quelle di Calderoli e della Gelmini, di Brunetta e di Sacconi, siano delle riforme profonde.
Restate convinti che il fisco non stia diventando più vessatorio che al tempo di Visco e che la spesa sanitaria e pensionistica sia sotto controllo.
Non fate come chi scrive, ormai deluso e scettico, già impegnato nella speranza di un dopo Berlusconi.
Trovatevi la vostra risposta, senza per forza prendere per buona la mia.
martedì 15 febbraio 2011
I guasti delle preferenze, la tentazione della lista bloccata
Giuseppe Scopelliti, il governatore della Calabria, ha annunciato di voler proporre la riforma della legge elettorale, eliminando le preferenze e introducendo le liste bloccate. Questo cambiamento rientrerebbe in una strategia più generale di contrasto alla ‘ndrangheta. Con le liste bloccate i partiti avrebbero la piena responsabilità delle candidature e sarebbero costretti a scegliere un personale politico migliorare, meno permeabile alle pressioni mafiose e clientelari. Secondo il governatore, poi, dopo un paio di legislature di questa sorta di "commissariamento" della scelta degli eletti, una volta disintossicato il sistema politico e sensibilizzata l'opinione pubblica, si potrebbe tornare al sistema delle preferenze.
A questo percorso pieno di buone intenzioni ma anche di gravissimi rischi, Calabria Radicale ha contrapposto il più classico e collaudato dei sistemi elettorali, quello fondato sui collegi uninominali.
Negli attuali collegi provinciali le mafie e le clientele, pur rappresentando in numeri assoluti una minoranza, possono far confluire i propri voti su un unico candidato, con la quasi certezza di farlo eleggere.
Dividendo la Calabria in trenta collegi uninominali, ciascuno dei quali avrebbe circa 40.000 elettori su un territorio circoscritto, secondo la proposta radicale, il peso elettorale di ogni tipo di cosca e di minoranza organizzata, sarebbe notevolmente diluito e depotenziato.
Leggi tutto su Strill.it
Calabria Radicale, no alle liste bloccate
(Acceduto martedì 15 febbraio 2011)
A questo percorso pieno di buone intenzioni ma anche di gravissimi rischi, Calabria Radicale ha contrapposto il più classico e collaudato dei sistemi elettorali, quello fondato sui collegi uninominali.
Negli attuali collegi provinciali le mafie e le clientele, pur rappresentando in numeri assoluti una minoranza, possono far confluire i propri voti su un unico candidato, con la quasi certezza di farlo eleggere.
Dividendo la Calabria in trenta collegi uninominali, ciascuno dei quali avrebbe circa 40.000 elettori su un territorio circoscritto, secondo la proposta radicale, il peso elettorale di ogni tipo di cosca e di minoranza organizzata, sarebbe notevolmente diluito e depotenziato.
Leggi tutto su Strill.it
Calabria Radicale, no alle liste bloccate
(Acceduto martedì 15 febbraio 2011)
lunedì 14 febbraio 2011
Musica e libertà
Torno a frequentare un bar! Non solo, dò anche una mano come pierre. Sto parlando del vecchio Boca, oggi gestito dallo staff "Stupid A". Riapre quello che è stato uno dei primi posti dove abbiamo avuto il coraggio di ritrovarci, bere insieme, parlare, ridere, ballare, come persone omosessuali, specialmente maschi e un po' più adulti. Si parte venerdì 18 febbraio prossimo, dalle 22 in poi. Alle 23 brindisi di inaugurazione. Garantisco che ci stiamo impegnando perché questa sia una "taverna della libertà", un luogo dove si possa davvero tornare a parlarsi, a conoscersi, a stare insieme. Mi sembra un bel modo di festeggiare S.Valentino.
Riproduco di seguito anche il comunicato stampa:
Riproduco di seguito anche il comunicato stampa:
Si chiama Once Boca. E' una proposta nuova ma che recupera qualcosa di antico. La sfida è quella di ricreare, una volta alla settimana, il clima del glorioso Boca Chica, ovviamente attualizzato e con una attenzione tutta particolare agli uomini gay adulti.
E' una serata per i gay e i loro amici, tutta dedicata agli over 33; alle comunità che coltivano l'ideale di virilità e amicizia dei cosiddetti Orsi, meglio noti come Bears; agli adulti che cercano l'amicizia di altri “Hairy Brothers”.
Sarà un open disco bar, puntuale ogni venerdì. Comincerà alle 22 e, promettono gli organizzatori, sarà davvero una serata che comincia presto, per andare incontro a coloro che non vogliono o non possono fare tardi.
Il debutto, dopo alcuni ritardi dovuti a problemi di permessi, è imminente: venerdì 18 febbraio 2011, nella suggestiva e storica sede dell'ex Boca Chica, oggi affidato alla squadra Stupid A, nella Marina di Torre del Lago.
E' stato aperto un gruppo su Facebook: http://www.facebook.com/onceboca.
Per maggiori informazioni: 393.6262642.
venerdì 11 febbraio 2011
La caduta del rais Mubarak
Mubarak si è dimesso.
Si è chiusa una epoca.
Che D-o assicuri la sua baraka sull'Egitto.
Che il Misericordioso accompagni i giovani, le donne, gli intellettuali, i popoli dell'intero mondo arabo verso la libertà.
Lo ripeto ancora una volta con le parole di Abdellah Taïa: si sta dissolvendo...
Un mondo assurdo.
Un mondo-prigione in cui la poesia era ormai rara.
Un mondo in cui si ripetevano gli stessi errori instancabilmente e, certo, la colpa era sempre degli altri...
Si è chiusa una epoca.
Che D-o assicuri la sua baraka sull'Egitto.
Che il Misericordioso accompagni i giovani, le donne, gli intellettuali, i popoli dell'intero mondo arabo verso la libertà.
Lo ripeto ancora una volta con le parole di Abdellah Taïa: si sta dissolvendo...
Un mondo assurdo.
Un mondo-prigione in cui la poesia era ormai rara.
Un mondo in cui si ripetevano gli stessi errori instancabilmente e, certo, la colpa era sempre degli altri...
C'è spazio per una alternativa
Gli amici di Futuro e Libertà di Pisa, con cui collaboro come intellettuale indipendente, mi hanno mandato a rappresentarli in un dibattito televisivo su Telecentro Toscana, visibile sul digitale sui canali 77 e 78.
Il tema principale avrebbe dovuto essere il federalismo fiscale, ma in realtà si è parlato soprattutto della fine del berlusconismo.
Sono intervenuti in studio Consuelo Arrighi (PD), Giovanni Garzella (Pdl), Roberto Sala (Lega Nord), Ernesto Muscatello (API), oltre a chi scrive.
Ha condotto Alessio Giovarruscio.
Sono stato costretto a ricordare ancora il mantra che va ripetuto ogni volta che è possibile, se non ci si vuole perdere nella babele delle chiacchiere, della propaganda, degli slogan delle tifoserie, degli insulti degli ultras.
Questo è ciò che va ripetuto sempre e a tutti: Berlusconi ha avuto in politica un successo inversamente proporzionale a quello ottenuto nella vita, come tycoon, e ha gettato via la sua terza vittoria elettorale.
La politica, forse l'attività umana più dura e più usurante, ha consumato anche lui.
Se continua a rappresentarsi come un perseguitato, allora dimostra una volta di più di essere stato incapace di riformare le strutture che lo aggredirebbero.
Se continua a ripetere che credeva davvero di avere a che fare con la nipote di Mubarak, delle due una: o mente spudoratamente e allora va cacciato; oppure, se dice la verità, merita l'interdizione per una creduloneria e una superficialità che sono incompatibili con la carica che ricopre.
Solidarizzo volentieri con coloro che si oppongono ai moralisti e ai giacobini, ma questa giusta resistenza contro i bigotti, lo devo dire, con Berlusconi non c'entra nulla.
Il potere berlusconiano è stato una forza carismatica e populista, che ha saputo convincere e blandire, comprare e corrompere, impaurire e minacciare. Molto meno cambiare le cose, scalfire lo status quo, ammettiamolo. Abbiamo anche lasciato, in troppi e troppo a lungo, che Berlusconi e la sua corte accumulassero ricchezze e poteri in una misura che è incompatibile con la sopravvivenza di questa fragile nostra Repubblica.
Ora basta.
La chiusura di questo lungo ciclo politico è lunga e faticosa, ma sempre più necessaria.
Manca ancora un ultimo ingrediente, per accelerare la prospettiva del cambiamento, come mi hanno ricordato gli amici del PDL e della Lega anche ieri sera.
Manca una figura alternativa, che si candidi alla successione, che guidi alle elezioni la coalizione civica e liberale necessaria per preparare insieme il dopo Berlusconi.
C'è spazio, per qualcuno di diverso, per qualcosa di nuovo, per l'irruzione di un elemento insperato.
Il tema principale avrebbe dovuto essere il federalismo fiscale, ma in realtà si è parlato soprattutto della fine del berlusconismo.
Sono intervenuti in studio Consuelo Arrighi (PD), Giovanni Garzella (Pdl), Roberto Sala (Lega Nord), Ernesto Muscatello (API), oltre a chi scrive.
Ha condotto Alessio Giovarruscio.
Sono stato costretto a ricordare ancora il mantra che va ripetuto ogni volta che è possibile, se non ci si vuole perdere nella babele delle chiacchiere, della propaganda, degli slogan delle tifoserie, degli insulti degli ultras.
Questo è ciò che va ripetuto sempre e a tutti: Berlusconi ha avuto in politica un successo inversamente proporzionale a quello ottenuto nella vita, come tycoon, e ha gettato via la sua terza vittoria elettorale.
La politica, forse l'attività umana più dura e più usurante, ha consumato anche lui.
Se continua a rappresentarsi come un perseguitato, allora dimostra una volta di più di essere stato incapace di riformare le strutture che lo aggredirebbero.
Se continua a ripetere che credeva davvero di avere a che fare con la nipote di Mubarak, delle due una: o mente spudoratamente e allora va cacciato; oppure, se dice la verità, merita l'interdizione per una creduloneria e una superficialità che sono incompatibili con la carica che ricopre.
Solidarizzo volentieri con coloro che si oppongono ai moralisti e ai giacobini, ma questa giusta resistenza contro i bigotti, lo devo dire, con Berlusconi non c'entra nulla.
Il potere berlusconiano è stato una forza carismatica e populista, che ha saputo convincere e blandire, comprare e corrompere, impaurire e minacciare. Molto meno cambiare le cose, scalfire lo status quo, ammettiamolo. Abbiamo anche lasciato, in troppi e troppo a lungo, che Berlusconi e la sua corte accumulassero ricchezze e poteri in una misura che è incompatibile con la sopravvivenza di questa fragile nostra Repubblica.
Ora basta.
La chiusura di questo lungo ciclo politico è lunga e faticosa, ma sempre più necessaria.
Manca ancora un ultimo ingrediente, per accelerare la prospettiva del cambiamento, come mi hanno ricordato gli amici del PDL e della Lega anche ieri sera.
Manca una figura alternativa, che si candidi alla successione, che guidi alle elezioni la coalizione civica e liberale necessaria per preparare insieme il dopo Berlusconi.
C'è spazio, per qualcuno di diverso, per qualcosa di nuovo, per l'irruzione di un elemento insperato.
giovedì 10 febbraio 2011
Mubarak sta per dimettersi
Piazza Tahrir, dopo tante sofferenze, tante vittime, ma anche tanta ironia e autoironia, sembra vicina a ottenere la storica svolta. Il presidente Mubarak sta per annunciare la fine della sua lunghissima stagione politica. Questa esplosione di libertà e musica nel cuore del Cairo ci rende tutti più leggeri. Lontanissimi, da questa piazza, in questo momento, e anzi impauriti da essa, sono tutti i terroristi internazionali; gli sceicchi salafiti; i disperati radicali che devastano il Pakistan con i loro attacchi suicidi; i Talebani più o meno buoni; i fanatici e i corrotti che sono ancora, ma non crediamo per molto, al potere in Iran; i crudeli burocrati di Hamas e Hezbollah che tiranneggiano e terrorizzano, prima di tutto, i propri stessi seguaci. Certo, pochi di coloro che iniziano una rivoluzione arrivano a gestirne l'esito, ma chissà, magari stavolta... Inshallah!
mercoledì 9 febbraio 2011
Una immagine, rassicurante, di piazza Tahrir
Nel cerchio rosso di questa foto si vede il numero delle persone che pregano in piazza Tahrir, in rapporto alla massa, evidentemente più laica, degli altri manifestanti.
E' stato notato e considerato come un segno, forse rassicurante, che l'Egitto non è costretto a scegliere fra Mubarak e l'islamismo.
sabato 5 febbraio 2011
Narcisi impotenti
Il narcisismo può facilmente coniugarsi all'impotenza, la vanità all'ignoranza, la propaganda all'inganno politico.
Sentir dire a Berlusconi che per liberalizzare l'economia occorre cambiare l'art. 41 della Costituzione mi sembra persino peggio che credere che Brunetta abbia riformato la pubblica amministrazione, o che la Gelmini abbia riformato l'università, o che i decreti Calderoli stiano trasformandoci davvero in una repubblica federale.
In questo modo si rincorre Tremonti in una delle sue più infelici esternazioni e in molti media, invece che arrabbiarsi e mettere alla berlina questi chiacchieroni ciarlatani, si registrano passivamente queste castronerie, come se dalle redazioni fossero stati epurati tutti coloro che masticano un po' di diritto costituzionale.
L'opposizione, almeno su questo, sembra reagire, ma non ci pare davvero che questo possa bastare.
Se proprio si ritiene che questo parlamento di nominati, inquinato da troppi voltagabbana, possa ancora affrontare qualcuno dei nostri tanti problemi costituzionali, almeno si richiami l'attenzione di tutti su quelli veri.
Per esempio i referendum, la cui scomparsa ha reso ancora più stagnante e putrido il nostro sistema politico, e noi tutti meno liberi.
Si sono volute raccogliere firme per nuovi referendum a rischio quorum, mentre si sarebbe dovuto fare, prima, un serio tentativo per affrontare, insieme a qualche liberale sopravvissuto alla pulizia etnica fatta nel PDL, il nodo scorsoio dell'art. 75, quello che limita, eccessivamente, la possibilità di indire referendum popolari in questa incartapecorita Repubblica.
Abolire il quorum e far votare più spesso il popolo su tante leggi pericolose e inutili, ecco forse questo potrebbe essere un primo passo da tentare, per una vera rivoluzione liberale, oltre che per chiudere il più in fretta possibile questo cupo declino del berlusconismo.
Sentir dire a Berlusconi che per liberalizzare l'economia occorre cambiare l'art. 41 della Costituzione mi sembra persino peggio che credere che Brunetta abbia riformato la pubblica amministrazione, o che la Gelmini abbia riformato l'università, o che i decreti Calderoli stiano trasformandoci davvero in una repubblica federale.
In questo modo si rincorre Tremonti in una delle sue più infelici esternazioni e in molti media, invece che arrabbiarsi e mettere alla berlina questi chiacchieroni ciarlatani, si registrano passivamente queste castronerie, come se dalle redazioni fossero stati epurati tutti coloro che masticano un po' di diritto costituzionale.
L'opposizione, almeno su questo, sembra reagire, ma non ci pare davvero che questo possa bastare.
Se proprio si ritiene che questo parlamento di nominati, inquinato da troppi voltagabbana, possa ancora affrontare qualcuno dei nostri tanti problemi costituzionali, almeno si richiami l'attenzione di tutti su quelli veri.
Per esempio i referendum, la cui scomparsa ha reso ancora più stagnante e putrido il nostro sistema politico, e noi tutti meno liberi.
Si sono volute raccogliere firme per nuovi referendum a rischio quorum, mentre si sarebbe dovuto fare, prima, un serio tentativo per affrontare, insieme a qualche liberale sopravvissuto alla pulizia etnica fatta nel PDL, il nodo scorsoio dell'art. 75, quello che limita, eccessivamente, la possibilità di indire referendum popolari in questa incartapecorita Repubblica.
Abolire il quorum e far votare più spesso il popolo su tante leggi pericolose e inutili, ecco forse questo potrebbe essere un primo passo da tentare, per una vera rivoluzione liberale, oltre che per chiudere il più in fretta possibile questo cupo declino del berlusconismo.
venerdì 4 febbraio 2011
Grazie a Pensalibero.it
http://www.pensalibero.it/Dettaglio.asp?IDNotizia=6015
Grazie di cuore agli amici di Pensalibero.it
Collegi uninominali, primarie, statuto pubblico dei partiti
Oggi sul Corriere Fiorentino è stato pubblicato un altro mio intervento sulla necessità che il Consiglio regionale abolisca le liste bloccate, introduca i collegi uninominali, porti avanti l'esperienza delle primarie e magari si vada oltre, verso uno statuto pubblico che democratizzi la vita interna di tutti i partiti. Fate un salto in edicola, ma soprattutto continuate a sostenere questo mio blog e la nostra campagna per l'uninominale in Toscana.
Ecco il testo del mio intervento, pubblicato a pagina 12, con il titolo "Uno statuto (e non solo) anti Porcellum":
E' ora il momento in cui il Consiglio regionale toscano deve ridiscutere la propria legge elettorale, per abolire le liste bloccate. C'è la promessa del governatore Rossi. C'è un consenso diffuso attorno ad alcuni principi, che sono stati ricordati da Carlo Fusaro sul Corriere Fiorentino il 4 gennaio scorso. Molti consiglieri regionali, quelli più fortemente radicati nei propri territori, sono determinati ad ascoltare la richiesta di cambiamento che proviene dai loro elettori.
C'è anche l'opportunità, che sia le forze di centrosinistra che quelle che vogliono rinnovare il centrodestra non possono non voler cogliere, di mandare un segnale forte alla palude romana, perché anche lì si provveda ad andare oltre il Porcellum.
Quella elettorale, inoltre, è proprio il tipo di riforma che deve essere fatta a inizio legislatura. Con l'approssimarsi delle elezioni successive, è evidente, tutto diventerebbe più complicato.
A coloro che vogliono ripristinare le preferenze, vorremmo sommessamente ricordare che sono vent'anni che lottiamo per superarle. Il 9 giugno 1991 la maggioranza assoluta dei cittadini italiani si pronunciò per l'abolizione delle vecchie preferenze facoltative all'italiana. Fu abbattuto un sistema che consentiva a ristrette minoranze organizzate di scegliere gli eletti all'insaputa della maggior parte degli elettori. Fu un primo segno di rivolta popolare contro lo strapotere delle fazioni, il clientelismo, la corruzione, gli eccessivi costi e lo scarso rendimento della politica.
Vorremmo invitare a respingere la tentazione di guardare indietro, a quel vecchio rapporto, sempre ambiguo, fra l'eletto e i “suoi” sostenitori, forse i suoi “clienti”, coloro che gli hanno dato la preferenza.
Guardando avanti, invece, vediamo i collegi uninominali, che esaltano la responsabilità dell'eletto rispetto a tutta l'opinione pubblica del suo territorio. Collegi che possono essere coniugati, come accadeva per l'elezione del Senato o come funziona oggi per le province, con regole che consentano l'elezione di rappresentanti anche alle forze in minoranza sul territorio.
Come evitare che i vertici dei partiti catapultino i propri nominati nei collegi uninominali? Approfittando del fatto che proprio il piccolo collegio è uno spazio circoscritto per molti aspetti ideale per le primarie o per altre forme di selezione democratica interna ai partiti. Regole di democrazia interna che dovrebbero essere sancite da uno “statuto pubblico” dei partiti, capace di porre fine agli eccessi di verticismo e alle chiusure oligarchiche delle forze politiche.
Ecco il testo del mio intervento, pubblicato a pagina 12, con il titolo "Uno statuto (e non solo) anti Porcellum":
Collegi uninominali e primarie, per evitare la beffa delle preferenze
di Mauro Vaiani
E' ora il momento in cui il Consiglio regionale toscano deve ridiscutere la propria legge elettorale, per abolire le liste bloccate. C'è la promessa del governatore Rossi. C'è un consenso diffuso attorno ad alcuni principi, che sono stati ricordati da Carlo Fusaro sul Corriere Fiorentino il 4 gennaio scorso. Molti consiglieri regionali, quelli più fortemente radicati nei propri territori, sono determinati ad ascoltare la richiesta di cambiamento che proviene dai loro elettori.
C'è anche l'opportunità, che sia le forze di centrosinistra che quelle che vogliono rinnovare il centrodestra non possono non voler cogliere, di mandare un segnale forte alla palude romana, perché anche lì si provveda ad andare oltre il Porcellum.
Quella elettorale, inoltre, è proprio il tipo di riforma che deve essere fatta a inizio legislatura. Con l'approssimarsi delle elezioni successive, è evidente, tutto diventerebbe più complicato.
A coloro che vogliono ripristinare le preferenze, vorremmo sommessamente ricordare che sono vent'anni che lottiamo per superarle. Il 9 giugno 1991 la maggioranza assoluta dei cittadini italiani si pronunciò per l'abolizione delle vecchie preferenze facoltative all'italiana. Fu abbattuto un sistema che consentiva a ristrette minoranze organizzate di scegliere gli eletti all'insaputa della maggior parte degli elettori. Fu un primo segno di rivolta popolare contro lo strapotere delle fazioni, il clientelismo, la corruzione, gli eccessivi costi e lo scarso rendimento della politica.
Vorremmo invitare a respingere la tentazione di guardare indietro, a quel vecchio rapporto, sempre ambiguo, fra l'eletto e i “suoi” sostenitori, forse i suoi “clienti”, coloro che gli hanno dato la preferenza.
Guardando avanti, invece, vediamo i collegi uninominali, che esaltano la responsabilità dell'eletto rispetto a tutta l'opinione pubblica del suo territorio. Collegi che possono essere coniugati, come accadeva per l'elezione del Senato o come funziona oggi per le province, con regole che consentano l'elezione di rappresentanti anche alle forze in minoranza sul territorio.
Come evitare che i vertici dei partiti catapultino i propri nominati nei collegi uninominali? Approfittando del fatto che proprio il piccolo collegio è uno spazio circoscritto per molti aspetti ideale per le primarie o per altre forme di selezione democratica interna ai partiti. Regole di democrazia interna che dovrebbero essere sancite da uno “statuto pubblico” dei partiti, capace di porre fine agli eccessi di verticismo e alle chiusure oligarchiche delle forze politiche.
Mauro Vaiani
vaiani@unipi.it
vaiani@unipi.it
giovedì 3 febbraio 2011
Da Stefano Ceccanti
Ci scrive Stefano Ceccanti: "Condivido le riflessioni di Fusaro, Floridia e Vaiani. La legge elettorale toscana va superata in avanti, coniugando le primarie con i collegi uninominali, e non all'indietro con le preferenze. Buon lavoro.".
Stefano Ceccanti è toscano, di Pisa, professore di diritto costituzionale comparato, senatore PD.
Grazie e buon lavoro anche lui.
L'eventuale successo della nostra campagna toscana rafforzerà le prospettive di riforma del Porcellum nazionale.
Stefano Ceccanti è toscano, di Pisa, professore di diritto costituzionale comparato, senatore PD.
Grazie e buon lavoro anche lui.
L'eventuale successo della nostra campagna toscana rafforzerà le prospettive di riforma del Porcellum nazionale.
mercoledì 2 febbraio 2011
Appello ai legislatori toscani
Legislatori della Toscana,
si avvii al più presto l'eliminazione delle liste bloccate dalla legge elettorale toscana.
Una selezione davvero competitiva degli eletti, attraverso una maggiore partecipazione popolare, non è argomento per pochi esperti o minoranze militanti.
E' un vitale e sentito interesse pubblico.
La nostra società, per conservare le proprie tradizioni e libertà, per liberare le sue energie creative, per continuare a evolversi, ha bisogno di competizione e partecipazione.
Competizione e partecipazione devono caratterizzare, quindi, anche la scelta dei nostri amministratori.
La Toscana non parte da una "porcata", come ci hanno ricordato un accademico come Carlo Fusaro e un esperto come Antonio Floridia.
Non abbiamo bisogno di guardare indietro, verso il discutibile passato della vecchia preferenza facoltativa, quella che la maggioranza assoluta del popolo italiano ricusò con il referendum del 9 giugno 1991, ormai vent'anni fa.
Dobbiamo piuttosto guardare avanti, forti di una riflessione che, nella nostra terra, è ben più avanzata che nel resto della Repubblica.
Nella nostra opinione pubblica c'è un consenso diffuso e trasversale verso la scelta lungimirante dei collegi uninominali.
Su di essi si basano le istituzioni dei paesi di più antica e solida democrazia.
Il collegio uninominale esalta il valore e la centralità della persona e assicura rappresentanza al territorio.
I collegi uninominali incoraggiano una salutare aggregazione, ma si può sempre garantire rappresentanza alle forze minori più significatiche, conservando forme di recupero dei migliori piazzati, come avveniva per l'elezione del Senato o come accade ancora oggi per l'elezione di consigli provinciali
Il collegio uninominale è, infine, lo spazio circoscritto ideale in cui consentire ai cittadini di scegliere non solo il candidato del proprio partito, ma anche di essere coinvolti nella scelta del candidato stesso. Nel contesto omogeneo e limitato del collegio uninominale, ciascuna forza politica potrebbe coinvolgere i cittadini nella selezione del proprio candidato, con primarie, con forme di preferenza obbligatoria, o con altre regole, preferibilmente garantite da uno “statuto pubblico” dei partiti.
Consideriamo il superamento delle liste bloccate, i collegi uninominali, il dibattito sulle primarie e sulla democratizzazione della vita interna dei partiti, una strada di generosità e intelligenza, attraverso la quale la Toscana potrebbe mandare un segnale forte anche per il superamento del cosiddetto Porcellum nazionale.
Crediamo che la strada dei collegi uninominali possa incontrare un consenso davvero ampio e trasversale.
Crediamo che il presidente Rossi manterrà l'impegno preso.
E' una occasione preziosa per ritrovarci uniti, in un tempo di drammatiche divisioni, in quel lavorìo prezioso che è richiesto per il miglioramento continuo delle nostre istituzioni.
Buon lavoro!
si avvii al più presto l'eliminazione delle liste bloccate dalla legge elettorale toscana.
Una selezione davvero competitiva degli eletti, attraverso una maggiore partecipazione popolare, non è argomento per pochi esperti o minoranze militanti.
E' un vitale e sentito interesse pubblico.
La nostra società, per conservare le proprie tradizioni e libertà, per liberare le sue energie creative, per continuare a evolversi, ha bisogno di competizione e partecipazione.
Competizione e partecipazione devono caratterizzare, quindi, anche la scelta dei nostri amministratori.
La Toscana non parte da una "porcata", come ci hanno ricordato un accademico come Carlo Fusaro e un esperto come Antonio Floridia.
Non abbiamo bisogno di guardare indietro, verso il discutibile passato della vecchia preferenza facoltativa, quella che la maggioranza assoluta del popolo italiano ricusò con il referendum del 9 giugno 1991, ormai vent'anni fa.
Dobbiamo piuttosto guardare avanti, forti di una riflessione che, nella nostra terra, è ben più avanzata che nel resto della Repubblica.
Nella nostra opinione pubblica c'è un consenso diffuso e trasversale verso la scelta lungimirante dei collegi uninominali.
Su di essi si basano le istituzioni dei paesi di più antica e solida democrazia.
Il collegio uninominale esalta il valore e la centralità della persona e assicura rappresentanza al territorio.
I collegi uninominali incoraggiano una salutare aggregazione, ma si può sempre garantire rappresentanza alle forze minori più significatiche, conservando forme di recupero dei migliori piazzati, come avveniva per l'elezione del Senato o come accade ancora oggi per l'elezione di consigli provinciali
Il collegio uninominale è, infine, lo spazio circoscritto ideale in cui consentire ai cittadini di scegliere non solo il candidato del proprio partito, ma anche di essere coinvolti nella scelta del candidato stesso. Nel contesto omogeneo e limitato del collegio uninominale, ciascuna forza politica potrebbe coinvolgere i cittadini nella selezione del proprio candidato, con primarie, con forme di preferenza obbligatoria, o con altre regole, preferibilmente garantite da uno “statuto pubblico” dei partiti.
Consideriamo il superamento delle liste bloccate, i collegi uninominali, il dibattito sulle primarie e sulla democratizzazione della vita interna dei partiti, una strada di generosità e intelligenza, attraverso la quale la Toscana potrebbe mandare un segnale forte anche per il superamento del cosiddetto Porcellum nazionale.
Crediamo che la strada dei collegi uninominali possa incontrare un consenso davvero ampio e trasversale.
Crediamo che il presidente Rossi manterrà l'impegno preso.
E' una occasione preziosa per ritrovarci uniti, in un tempo di drammatiche divisioni, in quel lavorìo prezioso che è richiesto per il miglioramento continuo delle nostre istituzioni.
Buon lavoro!
Firenze - Pisa, mercoledì 2 febbraio 2011, festa della Candelora
dal blog di Mauro Vaiani
http://diversotoscana.blogspot.com
Campagna per l'uninominale in Toscana
http://diversotoscana.blogspot.com/2010/12/uninominale-in-toscana.html
Campagna per l'uninominale in Toscana
http://diversotoscana.blogspot.com/2010/12/uninominale-in-toscana.html
Alzapolvere, emblema di malgoverno
Uno strumento nato per raccogliere foglie nei parchi, ma molto controverso anche lì, nelle mani delle ditte a cui i comuni esternalizzano la pulizia stradale, è diventato un micidiale alzapolvere. Abbasso i soffiatori (sparafoglie, sparapolvere). Abbasso le esternalizzazioni. Abbasso il malgoverno, che comincia dalle piccole cose.
martedì 1 febbraio 2011
Metterci la faccia a Vecchiano
Ieri ci ho messo la faccia.
Ho parlato pubblicamente del mio impegno per il comune di Vecchiano, che nel 2011 rinnova la propria amministrazione comunale.
Non sono che un inventore di parole isolato nella remota provincia toscana, dopo la fine della mia collaborazione con l'ufficio del Portavoce toscano dell'opposizione e dopo che il PDL, invece che diventare il "partito toscano della libertà" che avevo immaginato, è subito abortito, sotto il peso dei suoi molti peccati originali, fra i quali il verticismo, il narcisismo, lo sfascismo.
Siccome sono deciso a trasformare questo momento di crisi in una opportunità, sto concentrandomi su alcune piccole cose concrete, come questo mio impegno per Vecchiano.
Intanto continuo a lavorare perché si possa cambiare la legge elettorale toscana.
Lancio segnali in rete invocando una svolta civica e civile a livello nazionale.
Aspetto con pazienza ma anche con fiducia che l'opinione pubblica si renda conto che il berlusconismo è finito, non solo e anzi non tanto per le mignotte, quanto perché Silvio Berlusconi ha purtroppo avuto, come statista, un successo inversamente proporzionale a quello ottenuto nella vita come uomo d'affari e tycoon internazionale.
Ci rammentiamo spesso, fra amici, in questi giorni, una frase di George Orwell che non dobbiamo dimenticare, in questa nostra attesa di cambiamento: "To see what is in front of one's nose needs a constant struggle" (Vedere ciò che sta davanti al proprio naso richiede uno sforzo costante...).
Intanto, le nostre idee di rinnovamento e libertà, le nostre convinzioni sulla partecipazione e le primarie, vengono messe alla prova della vita concreta di Vecchiano e dei suoi borghi. Il comune è piccolo, ma la sfida è grande.
Incollo qui di seguito la mia presentazione pubblica, resa nota ieri, a un incontro stampa organizzato dagli amici di Futuro e Libertà su Vecchiano:
Vecchiano e Pisa, lunedì 31 gennaio 2011
Mauro Vaiani, 47 anni, è nato a Prato. Vive a Pisa dal 2001. E' impegnato con l'opposizione nel comune di Vecchiano, Rinnovamento, dal 2006, cioè dall'inizio dell'esperienza di quel raggruppamento civico e liberale. Da sempre vicino a Ione Orsini, capogruppo uscente.
E' impegnato nel comune alla foce del Serchio, come volontario per il cambiamento amministrativo, impegnato per portare a Vecchiano una storica alternanza, dopo trent'anni di continuità della stessa politica. L'attaccamento a quel territorio lo sta portando alla determinazione di trasferirsi nel comune, anche se è comunque naturale, nel solco di una antica tradizione civica toscana, che intellettuali ed esperti di politica e amministrazione contribuiscano anche da esterni alla vita delle comunità locali.
Crede nella democratizzazione, anche attraverso le primarie, della vita dei piccoli comuni. Nella naturale semplificazione della politica locale, la popolazione non deve poter scegliere solo fra i tre o quattro candidati sindaci che si presentano alle elezioni locali, ma anche poter influire su come si scelgono questi candidati. Il vento di libertà necessario nei piccoli comuni non è solo un anelito spirituale, ma una necessità materiale, se si vuole rompere l'attuale clima di conformismo e soggezione. Le persone non devono più andare dai burocrati con il cappello in mano, ma diventare cittadini sovrani del proprio comune.
Ha cominciato a lavorare giovanissimo, prima operaio, poi impiegato, poi tecnico informatico, oggi anche copywriter e blogger. Da studente lavoratore si è laureato in Scienze Politiche all'Alfieri di Firenze e ha conseguito il master in Governance politica all'Università di Pisa. Attualmente è impegnato a tempo pieno nel dottorato in Geopolitica.
Nella sua città d'origine ha partecipato ai movimenti civici, federalisti, ecologisti, sin dai primi anni novanta. A Firenze e a Pisa, è impegnato in diverse realtà associative, culturali, spirituali. E' pubblicamente impegnato, come persona omosessuale, per la dignità, l'inclusione, il riconoscimento civile e religioso dei gay. E' un volontario del progetto http://www.gionata.org, punto di riferimento nazionale per gli omosessuali cristiani.
Dalle colonne della stampa, dai media toscani, dal suo blog http://diversotoscana.blogspot.com partecipa alla campagna per riformare la legge elettorale toscana, eliminare le liste bloccate, restituire poteri ai cittadini e rappresentanza ai territori, attraverso l'introduzione dei collegi uninominali e di primarie obbligatorie per tutti i partiti, garantite da uno statuto pubblico.
Dal 2005 al 2010 è stato collaboratore del Portavoce dell'opposizione nel Parlamento toscano, incarico in quel periodo ricoperto dal consigliere Alessandro Antichi, già candidato governatore del centrodestra alle elezioni regionali del 2005.
Insieme ad Antichi è stato fra i pionieri di un “partito toscano della libertà”, una forza popolare e liberale, fortemente ancorata nell'identità toscana, ma integrata in un partito nazionale e federata al Partito Popolare Europeo.
Dopo il fallimento politico del Popolo della Libertà, si avvicina, con umiltà, da indipendente, alle amiche e agli amici di Futuro e Libertà e del Nuovo Polo per l'Italia, che si rivelano un prezioso gruppo di persone per bene, punto di riferimento per una politica davvero moderata, autenticamente liberale e soprattutto libera. Libera anche dalle paranoie e dai pregiudizi, come quelli contro i gay, che caratterizzano questo triste declino del berlusconismo.
Ho parlato pubblicamente del mio impegno per il comune di Vecchiano, che nel 2011 rinnova la propria amministrazione comunale.
Non sono che un inventore di parole isolato nella remota provincia toscana, dopo la fine della mia collaborazione con l'ufficio del Portavoce toscano dell'opposizione e dopo che il PDL, invece che diventare il "partito toscano della libertà" che avevo immaginato, è subito abortito, sotto il peso dei suoi molti peccati originali, fra i quali il verticismo, il narcisismo, lo sfascismo.
Siccome sono deciso a trasformare questo momento di crisi in una opportunità, sto concentrandomi su alcune piccole cose concrete, come questo mio impegno per Vecchiano.
Intanto continuo a lavorare perché si possa cambiare la legge elettorale toscana.
Lancio segnali in rete invocando una svolta civica e civile a livello nazionale.
Aspetto con pazienza ma anche con fiducia che l'opinione pubblica si renda conto che il berlusconismo è finito, non solo e anzi non tanto per le mignotte, quanto perché Silvio Berlusconi ha purtroppo avuto, come statista, un successo inversamente proporzionale a quello ottenuto nella vita come uomo d'affari e tycoon internazionale.
Ci rammentiamo spesso, fra amici, in questi giorni, una frase di George Orwell che non dobbiamo dimenticare, in questa nostra attesa di cambiamento: "To see what is in front of one's nose needs a constant struggle" (Vedere ciò che sta davanti al proprio naso richiede uno sforzo costante...).
Intanto, le nostre idee di rinnovamento e libertà, le nostre convinzioni sulla partecipazione e le primarie, vengono messe alla prova della vita concreta di Vecchiano e dei suoi borghi. Il comune è piccolo, ma la sfida è grande.
Incollo qui di seguito la mia presentazione pubblica, resa nota ieri, a un incontro stampa organizzato dagli amici di Futuro e Libertà su Vecchiano:
Mauro Vaiani |
Mauro Vaiani, 47 anni, è nato a Prato. Vive a Pisa dal 2001. E' impegnato con l'opposizione nel comune di Vecchiano, Rinnovamento, dal 2006, cioè dall'inizio dell'esperienza di quel raggruppamento civico e liberale. Da sempre vicino a Ione Orsini, capogruppo uscente.
E' impegnato nel comune alla foce del Serchio, come volontario per il cambiamento amministrativo, impegnato per portare a Vecchiano una storica alternanza, dopo trent'anni di continuità della stessa politica. L'attaccamento a quel territorio lo sta portando alla determinazione di trasferirsi nel comune, anche se è comunque naturale, nel solco di una antica tradizione civica toscana, che intellettuali ed esperti di politica e amministrazione contribuiscano anche da esterni alla vita delle comunità locali.
Crede nella democratizzazione, anche attraverso le primarie, della vita dei piccoli comuni. Nella naturale semplificazione della politica locale, la popolazione non deve poter scegliere solo fra i tre o quattro candidati sindaci che si presentano alle elezioni locali, ma anche poter influire su come si scelgono questi candidati. Il vento di libertà necessario nei piccoli comuni non è solo un anelito spirituale, ma una necessità materiale, se si vuole rompere l'attuale clima di conformismo e soggezione. Le persone non devono più andare dai burocrati con il cappello in mano, ma diventare cittadini sovrani del proprio comune.
Ha cominciato a lavorare giovanissimo, prima operaio, poi impiegato, poi tecnico informatico, oggi anche copywriter e blogger. Da studente lavoratore si è laureato in Scienze Politiche all'Alfieri di Firenze e ha conseguito il master in Governance politica all'Università di Pisa. Attualmente è impegnato a tempo pieno nel dottorato in Geopolitica.
Nella sua città d'origine ha partecipato ai movimenti civici, federalisti, ecologisti, sin dai primi anni novanta. A Firenze e a Pisa, è impegnato in diverse realtà associative, culturali, spirituali. E' pubblicamente impegnato, come persona omosessuale, per la dignità, l'inclusione, il riconoscimento civile e religioso dei gay. E' un volontario del progetto http://www.gionata.org, punto di riferimento nazionale per gli omosessuali cristiani.
Dalle colonne della stampa, dai media toscani, dal suo blog http://diversotoscana.blogspot.com partecipa alla campagna per riformare la legge elettorale toscana, eliminare le liste bloccate, restituire poteri ai cittadini e rappresentanza ai territori, attraverso l'introduzione dei collegi uninominali e di primarie obbligatorie per tutti i partiti, garantite da uno statuto pubblico.
Dal 2005 al 2010 è stato collaboratore del Portavoce dell'opposizione nel Parlamento toscano, incarico in quel periodo ricoperto dal consigliere Alessandro Antichi, già candidato governatore del centrodestra alle elezioni regionali del 2005.
Insieme ad Antichi è stato fra i pionieri di un “partito toscano della libertà”, una forza popolare e liberale, fortemente ancorata nell'identità toscana, ma integrata in un partito nazionale e federata al Partito Popolare Europeo.
Dopo il fallimento politico del Popolo della Libertà, si avvicina, con umiltà, da indipendente, alle amiche e agli amici di Futuro e Libertà e del Nuovo Polo per l'Italia, che si rivelano un prezioso gruppo di persone per bene, punto di riferimento per una politica davvero moderata, autenticamente liberale e soprattutto libera. Libera anche dalle paranoie e dai pregiudizi, come quelli contro i gay, che caratterizzano questo triste declino del berlusconismo.
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Argomenti solidamente piantati in questa nuvola:
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