Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

lunedì 26 febbraio 2018

Per la "rivoluzione rionale" a Firenze

Recuperando temi e riflessioni sull'autogoverno dal basso delle comunità urbane, che avevano radici molto antiche, il dott. Mauro Vaiani aiutò un piccolo gruppo fiorentino di toscanisti (il CLT 2017-2021) ad elaborare questa proposta di "rivoluzione rionale" per Firenze. L'idea s'incarnò nella lista civica ambientalista autonomista "Libera Firenze (2019)", resa possibile grazie all'apporto di molti intellettuali e attivisti fiorentini, ma in particolare con il contributo decisivo di Fabrizio Valleri, che era stato, tra le altre cose, un battagliero consigliere del quartiere Firenze Centro eletto nella lista Firenze Viva della Cristina Scaletti (nella consiliatura 2014-2019). Fabrizio Valleri e la sua Libera Firenze non furono granché ascoltati dagli elettori, ma il loro impegno è continuato. Il "Vallero", come Fabrizio è chiamato a Firenze da tanti, ha realizzato durante la pandemia 2020-2021, specie durante le quarantene, un'idea di solidarietà nella prossimità, che ha dato spessore concreto e significato politico popolare all'idea. Durante la crisi pandemica, poi, i "piani alti" della politica riscoprirono l'idea della "città dei dieci minuti a piedi", si accorsero che tutte le grandi città del mondo che sono ancora abitabili, vitali, creative, sono quelle che hanno protetto l'autonomia e anzi una qualche forma di autosufficienza economica, culturale, sociale, dei propri quartieri e delle proprie borgate. Come talvolta succede, non solo a Firenze, le elite progressiste al potere (quelle della giunta Nardella, per intendersi) sposano a parole questi concetti, ma poi si fa fatica a vedere gli sbocchi concretamente politici e istituzionali. I capi di Palazzo Vecchio hanno ovviamente paura di perdere potere, creando consigli rionali di autogoverno. In cauda venenum, sia Fabrizio Valleri che Mauro Vaiani sono stati emarginati da coloro a cui avevano insegnato l'autogoverno e la rivoluzione rionale nel 2021. E' il momento in cui il CLT 2017-2021 muore, o meglio sopravvive come micropartito di "toscanisti" (ndr, archiviato il 16 aprile 2022).



La nostra proposta per Firenze 2019

Diffondiamo i contenuti di una proposta per le elezioni comunali di Firenze del 2019. Perché ora, a pochi giorni dalle politiche 2018? Perché da Peretola? Risposta: ci serve una rivoluzione rionale, in polemica con la politica nazionale; ci serve ripartire dalle periferie inascoltate; ci serve tempo per far partecipare più fiorentini possibile.

Comunicato conferenza stampa tenutasi il 26/02/2018 alle ore 11.30 al circolo SMS di Peretola.

Lunedì 26 febbraio 2018 alle ore 11.30 in una sala g.c. del circolo di Peretola a Firenze si è tenuta la conferenza stampa della nostra lista, per la presentazione delle basi del nostro programma per le elezioni comunali di Firenze 2019.

Abbiamo scelto questo momento, proprio in mezzo al caos prima delle politiche del prossimo 4 marzo 2018, anche per mettere in chiaro la propria distanza dalla politica di tutti gli altri partiti (nazionali e centralisti), politica che ha decimato i candidati locali e indipendenti che si impegnano per i loro territori, cancellando quindi anche i temi, i problemi relativi ai territori stessi.

I problemi locali non si risolvono con decisioni nazionali.

Abbiamo scelto di presentarsi a Peretola, per dimostrare capacità di ascolto di cosa vogliono i cittadini che vivono nella “Firenze 2”, le periferie lontane dal centro, dalla “Firenze 1”, quella che è sempre in vetrina.

Senza interpellare i cittadini, il comune di Firenze procede su molti temi che ci condizioneranno per molti anni a venire, come aeroporto, servizi sanitari (chiusura di S.Rosa), trasporti (tracciati discutibilissimi delle tramvie presenti e future), stadio.

I territori vengono abbandonati da istituzioni, residenti e attività commerciali.

I problemi di cittadini, comitati, rioni, quartieri possono essere affrontati e risolti, invece, strutturando la città in un modo completamente diverso.

Noi presentiamo oggi una strada nuova da intraprendere al più presto.

La proponiamo a tutti i cittadini, perché partecipino alla costruzione del nostro programma e a ripensare Firenze.

Da queste basi partiamo oggi per costruire la nostra lista e le nostre idee per una nuova Firenze.

Abbiamo scelto di chiamare la proposta ai fiorentini “Rivoluzione Rionale”.
In calce a questo post potete leggere la versione integrale delle basi del programma per le comunali di Firenze 2019.

Elezioni Comunali FIRENZE 2019

Firenze, SMS Peretola, 26/2/2018 – Incontro pubblico di presentazione della nostra proposta per Firenze 2019

Premesse

A torto o a ragione, i fiorentini criticano l’amministrazione.

Spostandoci un rigo da questo assunto, diamo ai fiorentini un’opportunità che manca da tanto tempo, quella di contare di più e di partecipare in termini più costruttivi.

Le istituzioni e le amministrazioni della città sono oggi troppo lontane dai cittadini, ma questo può essere cambiato.

Come dimostrano i molti comitati attivi e più o meno arrabbiati a Firenze, la consapevolezza dei problemi aumenta, mentre la capacità e la volontà di ascoltare diminuiscono, oppure sono solo formali. La distanza fra amministratori da una parte e cittadini dall’altra può invece essere ridotta. L’esperienza dimostra che gli sforzi dei comitati non ottengono vittorie oppure non sono durature. Occorre strutturare diversamente la città.

Proponiamo l’ossatura di quella che non esitiamo a chiamare una rivoluzione, capace di coniugare vecchio e nuovo insieme.

Lo annunciamo ora, perché sappiamo che occorrerà tempo per presentarlo in ogni angolo di Firenze, in modo da arrivare pronti per le elezioni comunali del 2019.

Il programma sarà poi sviluppato nei dettagli, con il contributo di chi vorrà collaborare, condividendo i nostri principi.

Procederemo con buon senso, con approccio pratico, sempre disponibili al dialogo e alla correzione strada facendo di quanto approfondiremo.

Restituiamo ai fiorentini la dignità di cittadini, a tutti senza eccezioni, senza differenze fra quartieri privilegiati e borgate popolari, fra centri e periferie.

Firenze è un comune di circa 350.000 abitanti, che in più accoglie studenti e lavoratori pendolari, oltre a milioni di turisti.

Governare tutto da Palazzo Vecchio è impossibile.

La divisione in soli 5 enormi quartieri, per di più svuotati di ogni reale funzione, è un artificio sostanzialmente inutile. La città metropolitana che ci stanno costruendo addosso, al di là del nome che pare promettente, prepara distretti ancora più grandi, in cui si accentreranno servizi e si perderà ancor più la dimensione umana.

Nel recente passato Firenze era stata divisa in 14 quartieri. Sul territorio comunale insistono 39 case del popolo. Le parrocchie sono 98. Queste presenze ci dicono che il comune è più complesso di come lo vede l’attuale amministrazione comunale centrale.

Al centro della nostra proposta politica c’è esattamente il ripensamento della città attraverso la trama antica delle sue unità costitutive, ripensate nella situazione attuale, tenendo conto delle loro problematiche e delle caratteristiche che rendono sostenibile la loro coesione interna. Una ridivisione in realtà a misura d’uomo, un decentramento radicale, una inversione totale rispetto alla corrente mentalità verticale. Proponiamo una rivoluzione fondata su un numero importante, almeno una quarantina, di rioni di Firenze.

Punti programmatici

    Firenze può essere ripensata e gestita suddividendola in circa una quarantina di moderni RIONI, ritagliati ispirandosi a quelli tradizionalmente noti, ma aggiornati sulla base delle trasformazioni che l’urbanesimo e i cambiamenti infrastrutturali hanno apportato al territorio. Devono essere costituiti come comunità coese e riconoscibili.

    Ogni rione avrà SERVIZI DI BASE, che saranno raggiungibili a piedi: i nidi, le scuole, giardini, giochi per i bambini, strutture sportive, centro anziani, biblioteca, sala riunioni, centro sanitario, ufficio comunale decentrato capace di erogare ogni servizio e informazione. Il personale sarà quello dell’attuale organico municipale, se necessario aggiornato, valorizzato, incentivato. Le sedi saranno poste in immobili già di proprietà comunale. Ciascun rione, appena possibile, dovrà avere le proprie “Oasi”, dove i cittadini dovranno trovare sostegno e aiuto, la mano tesa di un comune amico, al servizio dei suoi cittadini.

    Il ripensamento della città su base rionale e il decentramento dei servizi consentiranno minori spostamenti e quindi favoriranno una riduzione del traffico. Il ritorno di centri pubblici maggiormente presenti sul territorio, dotati dei propri vigili urbani, porterà come conseguenza diretta una maggiore SICUREZZA per persone e proprietà.

    Il comune e i suoi rioni si impegneranno per favorire le imprese locali, la piccola distribuzione, chi vende i prodotti a km 0, gli impianti familiari e condominiali di energie rinnovabili, modificando e semplificando i regolamenti e le procedure comunali e comunque aiutando cittadini e imprese a districarsi nei meandri della burocrazia italiana.

    Il principio cruciale per ripensare la città sarà quello dell’AUTOGOVERNO. L’ascolto dei cittadini, delle loro associazioni, dei loro comitati sarà la regola. Con spirito collaborativo, i fiorentini, i loro rioni, il loro comune, potranno gestire al più basso livello tutta la manutenzione e ogni possibile miglioramento dei beni pubblici, comprese le strade rionali, la gestione del verde, il decoro e l’ordine nell’accesso ai posti auto per residenti e lavoratori.

    I rioni avranno i propri RAPPRESENTANTI eletti. Promuoveremo un processo innovativo di selezione dal basso di consiglieri rionali che dimostrino non solo di avere consenso, ma anche attaccamento, integrità e conoscenza del proprio territorio. Essi non saranno molti, né costeranno di più degli attuali circa 100 consiglieri di quartiere – peraltro emarginati dalla vita politica cittadina e ormai ridotti all’impotenza. In ogni rione sarà sufficiente, per rappresentare diversità politiche, di genere, di generazione, l’elezione di un numero di rappresentanti che potrebbe andare da tre a cinque. Attraverso questa nuova forma di rappresentanza, contiamo di far emergere a Firenze una nuova generazione di leader locali capaci di recepire le necessità degli abitanti del proprio rione, nel rispetto delle esigenze dei cittadini di altri rioni, dei lavoratori pendolari, degli studenti, dei visitatori, della città intera, mantenendo ben ferme le priorità della qualità della vita e della tutela dell’ambiente, nell’interesse delle future generazioni.

    La presenza decentrata dei servizi nei rioni sarà sempre accompagnata dal processo di DIGITALIZZAZIONE, ma soprattutto di sburocratizzazione. Si deve consentire a chi può farlo di espletare ogni pratica comunale in rete, attraverso un portale unico, sempre più semplice, sempre più accessibile. Dal e col portale sarà sempre più semplice comunicare, iscriversi ai servizi, effettuare pagamenti e segnalazioni. Il software sarà continuamente migliorato per rendere più intuitivo ogni passaggio. L’informatizzazione deve essere ripensamento, non solo trasposizione in digitale delle stesse pratiche e lungaggini che caratterizzano il cartaceo. Mentre si migliorerà l’amministrazione digitale, tuttavia, non vogliamo un comune lontano e raggiungibile solo via computer: tutti devono poter venire in comune, passando l’uscio del proprio rione, senza rimanere più indietro per via dell’età, di limiti fisici, di mancanza di formazione digitale.

    Nella nostra visione, in prospettiva, i SERVIZI PUBBLICI devono tornare sotto il controllo dei rioni e del comune. La gestione e la manutenzione devono essere affidate a istituzioni e aziende locali, ancorate al territorio, senza precari e improprie esternalizzazioni, con la partecipazione e il controllo da parte dei cittadini.

Ai fiorentini, che sono stati ridotti a sudditi sempre con il cappello in mano, chiediamo, con umiltà, ma anche con fierezza, di scuotersi, di riprendersi tutto ciò che è loro, che è nostro, di restituire un senso nuovo all’antica parola “comune”.

* * *

 

mercoledì 14 febbraio 2018

Aiuti allo sviluppo non agli sviluppatori



Bianchi che aiutano neri. Siamo sempre fermi lì?
La foto proviene da https://www.oxfam.org/en/work-oxfam

A proposito delle mele marce che Oxfam e Medici Senza Frontiere si sono ritrovate fra i propri dipendenti, si evocano le scomode pagine de "La Pelle" di Curzio Malaparte, forse non a torto. Ogni volta che forze della modernità colonialista dominante entrano e stazionano nei paesi perdenti, colonizzati, bisognosi di "aiuto", si scatena inevitabilmente la peste malapartiana: epidemie di servilismo fra i colonizzati e deliri di impunità fra i colonizzatori.

Da quando il colonialismo si è lentamente trasformato in un più ipocrita ma non meno crudele neocolonialismo, l'Occidente dominante e predatore ha continuato a moltiplicare i propri "aiuti" ai paesi da esso stesso distrutti.
Ovviamente si sono moltiplicate anche le missioni militari imperialiste, sempre più ipocritamente camuffate in "missioni di pace".
I governi donatori non lesinano finanziamenti, che si rivelano inevitabilmente corruzione e soggezione per i paesi che li ricevono.

A coloro che non sono agenti di un governo oppressore, a chi non si mette al servizio di progetti neocolonialisti, a chi non è rappresentante di interessi economici brutali, ci sentiamo di ricordare alcune poche semplici regole che consentono di sfuggire alle trappole dell'ipocrisia e della corruzione in questa macchina infernale degli "aiuti" internazionali. Guai a fare azione umanitaria, o carità religiosa, o a esercitare qualsiasi altra forma di solidarietà diretta in un territorio senza rispettare almeno queste semplici avvertenze.

Eccole:
- 1) non tentare di portare da fuori ricette di aiuto o di assistenza, se esse non sono davvero state pensate per i territori destinatari e insieme con le persone direttamente beneficiate;
- 2) non fare mai interventi in un paese colonizzato usando finanziamenti pubblici delle potenze coloniali;
- 3) non farsi chiamare "volontari" se si è personale stipendiato;
- 4) accettare stipendi normali, rifiutando di essere strapagati come funzionari internazionali pubblici (altrimenti si finisce per essere facilmente tentati dagli stessi fenomeni corruttivi)
- 5) a parte situazioni eccezionali di estrema emergenza, rifiutarsi di prolungare una azione di solidarietà se essa non è ancorata a un serio progetto di liberazione politica ed emancipazione economica, che, entro un termine ragionevole, renda l'aiuto fornito sostanzialmente superfluo.

Non sono discorsi facili, ci rendiamo conto, ma li raccomandiamo caldamente a tutte le anime generose del mondo, che non vogliono essere confuse con un funzionariato internazionale sempre più ricco e potente, discusso e discutibile, tanto meno con le forze del neocolonialismo che opprimono popoli in tutto il pianeta, ancora meno con coloro che raccolgono fondi più che per lo sviluppo per gli "sviluppatori".

domenica 4 febbraio 2018

Contro il terrore, i nostri valori di Toscana



Ieri, verso la fine di una giornata dolorosa, ho scritto questo post su Facebook, che riproduco qui. Contro il terrore, in particolare contro le ingiustizie strutturali e le violenze di questa modernità globalista, io scelgo la Toscana, i nostri valori di Toscana. Grazie a tutti di seguirmi nel mio impegno politico.


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Una società più libera, più giusta, più a misura di persona umana, non ci metterebbe al riparo dal male, ma di certo produrrebbe molti meno di quelli che il grande Hans Magnus Enzensberger ha chiamato "Schreckens Männer", uomini terribili, spietati, sprecati.
Essi si presentano ammantati delle loro ideologie folli, ma sono solo "perdenti radicalizzati". Sono per lo più dei criminali solitari, ma qualche volta si presentano anche in gruppi, piccole sette incattivite.
Gli imprenditori politici dell'odio hanno delle responsabilità? Sì, ma questo non deve diventare un alibi per nessuno.
Non sentitevi troppo facilmente sollevati quando potete facilmente etichettare i perdenti radicalizzati come "islamisti", oppure "sovranisti", oppure "luddisti anti-capitalisti", oppure "suprematisti bianchi", oppure "razzisti", oppure "stalinisti", oppure "fascisti".
Di individui radicalizzati e spostati, disconnessi dai valori comuni, pronti a esplodere, la nostra modernità efficientista, individualista, industrialista, colonialista, militarista, ne produce di continuo.
Per interrompere la produzione in serie di questi "perdenti radicali", bisogna cambiare questa società autoritaria e ingiusta.
Ciò di cui abbiamo bisogno sono borghi e borgate vivibili, luoghi belli in cui crescere, case abitabili da intere famiglie non monolocali, giardini e orti per tutti, scuole pubbliche efficienti e accoglienti, teatri e palestre accessibili a chiunque, cibo sano, cure dignitose, edifici e luoghi pubblici che commuovano per la loro bellezza, circoli e bar popolari ed economici, opportunità per tutti di poter svolgere un lavoro socialmente utile, regole comuni semplici e comprensibili ma fatte rispettare severamente, decise insieme da forti democrazie locali, in cui ogni persona senta di poter fare la differenza, di essere importante.
Non basta la condanna moralistica da parte di chi ce l'ha fatta contro chi è stato prima escluso e poi è esploso.
Credo che ogni comunità locale e territoriale debba tornare padrona del proprio territorio e del proprio destino, realizzando con le proprie forze un suo originale progetto politico di giustizia sociale e sostenibilità ambientale.
In parecchi si presentano come salvatori del pianeta Terra, dell'Europa, dell'Italia. Ci chiedono di poter concentrare ulteriormente potere e ricchezze e noi dovremmo lasciarli fare, nella sciocca convinzione che coloro che ci comandano da lontano possano davvero avere a cuore noi che siamo in basso.
La politica locale non va più di moda, perché comporta più doveri che diritti, più severità che bontà, più impegno personale che esonero da ogni responsabilità, ma che alternative avremmo?
Io credo nella politica della nostra Toscana.
Io credo nelle nostre comunità locali, che devono riprendersi il controllo di tutto, per realizzare davvero quello che don Lorenzo Milani chiamava il "sortirne insieme", per il bene di tutti e delle generazioni future.
Autogoverno come corresponsabilità, per fermare l'odio e per non lasciare nessuno indietro.



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