Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

domenica 23 luglio 2017

Terre in moto contro il centralismo


Fonte della foto: Il Manifesto


Su Il Manifesto di oggi, domenica 23 luglio 2017, troviamo un ampio resoconto sulle attività di "Terre in moto - Marche". Ieri, sia pure nella modalità un po' autoreferenziale che tavolta caratterizza alcuni seguaci del compianto Marco Pannella, abbiamo potuto ascoltare su Radio Radicale altre denunce non molto diverse.
Ci si rivolta contro il neocentralismo che sta schiacciando il cuore terremotato d'Italia. Il centralismo degli "alti commissari" e della "Protezione Civile Nazionale" non può che essere ignorante delle necessità delle centinaia di paesini e delle migliaia di piccole aziende di quel territorio. Dall'arroganza di Palazzo Chigi ai tempi di Matteo Renzi è derivata una superfetazione legislativa che rende impossibile ogni azione locale e privata di auto-ricostruzione. Il governo si è fissato con i grandi appalti centralizzati (stile CONSIP) e i risultati li potete tutti immaginare.
Nessuna autorità centrale può ricostruire un territorio che le è sconosciuto e periferico. Quanto prima si comprenderà questo, smettendo di lesinare uomini, poteri e risorse ai comuni, tanto prima si uscirà dall'attuale drammatica paralisi.
I paesini colpiti dal terremoto del 2016 non sono il centro storico de L'Aquila, che prima o poi verrà ricostruito perché tutti intorno a esso ci sono ancora gli Aquilani che resistono alla paralisi dei poteri pubblici. Queste piccole comunità sono molto più fragili. Devono vedersi restituita autonomia e operatività al più presto, prima che si disperdano nell'ignavia del potere statale.
I temi dell'autogoverno sono, ancora una volta, al centro della resilienza comunitaria e lo sono ancora di più nei momenti drammatici, in cui tutto è stato distrutto.
Per inciso, è anche per dare concretezza a questi argomenti politici importanti che ho accettato di essere attivista e presidente di un tentativo di riorganizzare l'autonomismo toscano*, una necessità assoluta, nel tempo moderno, di restituire alle comunità locali il massimo controllo sul proprio territorio e sul proprio futuro.
 


sabato 8 luglio 2017

Adalet - Giustizia - Justice

Fonte: Mariano Giustino


La marcia nonviolenta per la giustizia si concluderà domani a Istambul, a D-o piacendo con la stessa veraforza che la ha caratterizzata sin dal suo inizio, il 15 giugno scorso, ad Ankara.

Il leader che la ha convocata, Kemal Kılıçdaroğlu, si è trasformato nel Gandhi dell'Anatolia. Né lui, né il CHP, il suo vecchio partito kemalista (vagamente socialdemocratico, in realtà impigrito e conservatore) usciranno uguali a come sono entrati in questa grande "marcia per la giustizia". La pavidità, se non l'ignavia, con cui pochi mesi fa il CHP votò insieme alla AKP la cancellazione dell'immunità per i deputati kurdi del movimento libertario e nonviolento HDP (la Lega Democratica dei Popoli), sembra definitivamente alle spalle.


Domani a Istambul ci sarà una manifestazione finale a cui parteciperanno tutti: le opposizioni politiche e sociali al dittatore Erdogan; coloro che non si sono rassegnati al suo plebiscito truffa; le minoranze religiose (Alevi e Cristiani in particolare); i sostenitori delle autonomie delle città e regioni storiche dell'Anatolia; i rappresentanti del Kurdistan; e tanti altri.

Ancora una volta, la mobilitazione sociale di una cittadinanza attiva costruisce un'alternativa, una speranza praticabile, anche nel bel mezzo di una grande truffa mediatica e politica come quella dell'ultimo Erdogan.

Un'altra conferma che la mia visione relativamente ottimistica sulla "disintegrazione come speranza", è confermata dalla straordinaria energia della persona umana interconnessa e attiva nel mondo di oggi.

Il relativo silenzio dei media internazionali si romperà presto, vedrete.

Nel frattempo non perdetevi il lavoro di Mariano Giustino, l'esemplare corrispondente di Radio Radicale dalla Turchia.



domenica 2 luglio 2017

Tegame rosso


Ansa


Sulla manifestazione di "Insieme" di ieri in piazza SS. Apostoli a Roma, non mi sento così bonario come quelli che l'hanno chiamata "Melina rossa".
Concedo a Pier Luigi Bersani di avere accenti di sincero interesse per il popolo, pur difendendo la sua storia. Gli riconosco di averci provato a cambiare le cose in meglio per i piccoli e i deboli, non di esserci riuscito.
A Giuliano Pisapia, invece, non faccio sconti. Uno che è un giurista, che nel 1996 si fa eleggere deputato nelle liste di Rifondazione Comunista, che diventa presidente della commissione giustizia della Camera, che dal 2011 al 2016 fa il sindaco di Milano, non può glissare bellamente sull'aver sostenuto la disastrosa riforma Boschi-Renzi-Verdini.
Dopo aver messo in pericolo le autonomie sociali e territoriali della repubblica, dopo aver concorso a trasformare l'Italia in una specie di Turchia, se non ti metti almeno un po' di cenere sul capo e non partecipi a una qualche riflessione autocritica, cosa vuoi dai cittadini?
Cosa pretendi, in particolare, da noi cittadini democratici, che crediamo fortemente nell'autogoverno?
Non abbiamo bisogno di tegami, nemmeno di tegami rossi.
"Tegame" in toscano vuol dire uno che si rende disponibile per qualsiasi operazione... E siamo buoni a fermarci qui.
Abbiamo bisogno di programmi seri per restituire i territori ai cittadini sovrani, opportunità ai giovani, giustizia ai poveri.
Se la politica è davvero ridotta a un monopoli mediatico, per quanto è stato detto ieri in quella piazza romana, direi che potete andare tranquillamente a casa, senza passare dal via.

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