di Mauro Vaiani
Pubblicato su Libertiamo.it il 12 luglio 2010
Nella jungla dei blog e dei siti liberali, liberisti, libertari, si aggira uno spirito cattivo. Sia concesso a un vecchio libertino toscano come chi scrive, lanciare un appello contro questo grande pericolo che ci minaccia.
Mai come oggi le nostre idee sono state così diffuse nell'opinione pubblica, grazie a Internet. Per la terza volta in vent'anni, grazie al carisma e alle vittorie elettorali di Silvio Berlusconi e Umberto Bossi, ma anche grazie a Gianfranco Fini, Giulio Tremonti e tanti altri, i nostri ideali antistatalisti, liberalizzatori, federalisti sono al potere e condizionano fortemente anche l'opposizione. Eppure una furia ben nota, la dittatura dello status quo, potrebbe mandare in fumo, anche in questa XVI legislatura, le speranze e le riforme tanto attese.
Per impedire che, una ennesima volta, le straordinarie intuizioni proposte in migliaia di brillanti articoli d'ispirazione liberale, finiscano inghiottite dalla bestia dell'immobilismo di questa repubblica invecchiata, avremmo una modesta proposta: ripartiamo dall'art. 75 della Costituzione. Quello che norma la materia del referendum in Italia, imponendo il quorum, vietandone l'indizione su materie vitali come quella fiscale, consentendo solo quello di tipo abrogativo.
Si riprenda e si rilanci l'intuizione che hanno avuto, fra gli altri e per citare solo le prese di posizione più recenti, il direttore del Corriere Fiorentino, Paolo Ermini, e la presidentessa dei giovani industriali, Federica Guidi. Si lanci un appello a tutti i parlamentari per una iniziativa bipartisan di riforma costituzionale dell'istituto del referendum.
Un nuovo art. 75 dovrebbe restituire al popolo sovrano, a livello repubblicano e in ciascuna regione, il diritto di proporre referendum di proposta, modifica e abrogazione di leggi vigenti, compresi gli eccessi di regolamentazione europea, nonché le norme costituzionali e statutarie. La Corte Costituzionale dovrebbe poter fermare una iniziativa referendaria solo se toccasse materie delicatissime come l'amnistia o i trattati internazionali di difesa. Si dovrebbe abolire il quorum, perché una democrazia liberale non si deve mai impiccare al raggiungimento della maggioranza assoluta, o al ricatto delle minoranze astensioniste, ma affidare al provvisorio prevalere di una maggioranza relativa di creativi, di combattivi, di riformatori.
L'Europa, la Repubblica, le Regioni, sono organismi troppo complessi e troppo costosi, per lasciarli in mano a pochi leader, soli al comando, per quanto ampio sia il suffragio popolare che li ha eletti. Restituiamo al popolo, soprattutto a chi si informa, a chi firma, a chi sostiene una campagna, a chi la finanzia, a chi esce di casa per un convegno o una manifestazione, a chi crede - per dirla all'antica, alla Gaber - che la libertà sia partecipazione, un pochino del suo potere naturale di condizionare, dal basso, il sistema politico.
La riforma dell'art. 75 potrebbe essere uno dei pochi cambiamenti costituzionali ad incontrare un consenso davvero trasversale. Ridarebbe voce a tante minoranze, fra cui le nostre. Sarebbe uno strumento in più per far avanzare la nostra speranza di libertà.
Fonte:
(acceduto il 5 febbraio 2011)
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