Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

mercoledì 16 febbraio 2011

Unn'è bbono

Unn'è bbono.
E, come ho già spesso ripetuto, mi dispiace davvero.
Ecco ciò che mi sento di dire, alla maniera toscana, a questo punto.
Che altro si deve pensare, del leader Silvio Berlusconi, se nemmeno stavolta vengono incardinate le riforme che la Repubblica aspetta da decenni?
Dopo tanti anni di errori ed esitazioni, oggi sarebbe in grado di sostenere e magari vincere una serie di storiche battaglie, grazie all'arruolamento dei parlamentari voltagabbana, con il fascino e il potere che conserva, approfittando dell'incredibile consenso che ancora riscuote fra i suoi tifosi, poco o punto impensierito da avversari faziosi e deboli rivali.
Ne suggerisco qualcuna.
Il suo governo ha già i poteri per emanare in poche settimane le decine di provvedimenti ancora necessari all'avvio, se non proprio del federalismo fiscale, almeno di una qualche parvenza di autonomia impositiva di regioni e comuni. Delle province no, perché quelle, come promesso, potrebbe abolirle.
Nulla e nessuno potrebbe più impedirgli, ora, di varare il Senato delle regioni e di dimezzare il numero dei deputati.
Un pacchetto, non importa quanto timido, di liberalizzazioni e privatizzazioni, incontrerebbe un vasto consenso sia nel Nord che al Sud, sia in Sud Tirolo che in Toscana.
Non guasterebbe nemmeno, per far emergere un po' di nero e smascherare un po' di ipocrisia, la totale legalizzazione della prostituzione.
Ha persino i numeri per portare in aula un lodo costituzionale che lo protegga dall'accanimento giudiziario.
Che ostacoli, o che alibi, gli restano?
Cosa ha da perdere, a questo punto?
Se è davvero così sereno, se ne è davvero capace, perché non dovrebbe farcela a cambiare le cose, stavolta?
Che ne dite voi?
Lo farà?
Ce la farà?
Cominciate a riflettere. La decisione tocca a ciascun cittadino sovrano, a ciascuno di noi.

Post scriptum:
Decidete sulla base di ciò che capite qui e ora.
Non andate a rivangare gli errori degli anni novanta, né quelli degli anni duemila.
Assecondatelo in quell'atteggiamento, forse un pochino paranoico, con cui attribuisce i propri fallimenti agli ascari interni che di volta in volta lo avrebbero azzoppato: Bossi nel 1994; Follini e Casini dal 2001 al 2006; Fini dopo il 2008.
Fate pure finta, come farebbero dei tifosi con la propria squadra del cuore, che si possa sorvolare su una serie impressionante di incidenti, che avrebbero stroncato la carriera di qualsiasi altro leader politico in Occidente: i pasticci combinati dai quattro pensionati sfigati; gli errori in materia di protezione civile; i casini organizzati da una corte di persone avide; le sue personali intemperanze e il suo stile di vita spericolato.
Ignorate le brutte figure di questo suo ultimo quarto governo, che hanno umiliato i cittadini più poveri e più deboli, come le social card, i cosiddetti sconti sulle bollette, l'abbuono del canone RAI ai vegliardi, gli insultanti buoni turismo, imputando questi affronti alla vanità e all'imperizia di alcuni dei suoi ministri.
Fingete di credere che quelle di Calderoli e della Gelmini, di Brunetta e di Sacconi, siano delle riforme profonde.
Restate convinti che il fisco non stia diventando più vessatorio che al tempo di Visco e che la spesa sanitaria e pensionistica sia sotto controllo.
Non fate come chi scrive, ormai deluso e scettico, già impegnato nella speranza di un dopo Berlusconi.
Trovatevi la vostra risposta, senza per forza prendere per buona la mia.


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