Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

sabato 30 giugno 2012

I nuovi cittadini ci aiutano a rimettere in movimento l'Italia


Foto da http://www.corriere.it/
Lo straordinario abbraccio fra Mario Balotelli e la sua mamma adottiva Silvia, dopo la partita Italia-Germania dello scorso 28 giugno, sarà ricordato nel tempo. E' un bellissimo segno dell'importanza che hanno, in ogni società, i nuovi cittadini. Insieme all'amico Andrea Romiti, avevamo nel cassetto da diverso tempo una piccola riflessione sull'inclusione dei giovani immigrati e figli di immigrati nelle nostre comunità locali, in Toscana e in Italia. La abbiamo preparata nell'ambito del nostro comune impegno civico e politico con Italia Futura Toscana. Ci sembra un buon momento per diffonderla (Nda, 30/6/2012).



Cittadinanza come dovere, oltre che diritto

Riflessione sul percorso che conferisce la cittadinanza ai giovani nuovi Italiani
Livorno - Firenze, febbraio 2012

Andrea Romiti - Mauro Vaiani

I fenomeni migratori contemporanei impongono a tutti gli stati del mondo una continua e prudente manutenzione delle proprie leggi sull'ingresso, sul soggiorno, sulla naturalizzazione degli immigrati. I paesi dell'Unione Europea e dello spazio Schenghen, inoltre, devono accettare la responsabilità di far evolvere le proprie legislazioni in una direzione comune, per non creare eccessive disparità e ostacoli alla libera circolazione delle persone.
Vorremmo innanzitutto sfatare un luogo comune. In nessun paese europeo - ma nemmeno negli Stati Uniti e in altri paesi del mondo che attirano immigrati - esistono percorsi facili di acquisizione della cittadinanza. I principi astratti a cui si ispirano le diverse legislazioni, «ius soli», cioè il diritto alla cittadinanza a seguito della nascita su un territorio, e «ius sanguinis», cioè l’acquisizione della cittadinanza ereditandola da almeno uno dei genitori, sono variamente coniugati e miscelati.
In Francia, per esempio, una legge del 1998 ha stabilito che ogni bambino nato sul suolo francese da genitori stranieri acquisisce la cittadinanza francese al momento della maggiore età se, a quella data, ha ancora la propria residenza in Francia o vi ha avuto la propria residenza abituale durante un periodo, continuo o discontinuo, di almeno 5 anni, dall’età di 11 anni in poi.
La legge italiana del 1992, la n. 91, all’art. 4 comma 2, prevede qualcosa di analogo: “Lo straniero nato in Italia, che vi abbia risieduto legalmente senza interruzioni fino al raggiungimento della maggiore età, diviene cittadino se dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana entro un anno dalla suddetta data”.
Talvolta si parla di «ius soli» come uno slogan, con l'obiettivo politico di arrivare a integrare, più rapidamente i nuovi Italiani, i giovani nati nella Repubblica da genitori immigrati. Ma più rapidamente dovrebbe davvero significare “automaticamente”? Non è così in nessun altro paese europeo. Non crediamo che dovrebbe essere così nemmeno in un paese come il nostro. Un paese, l'Italia, in cui, non nascondiamocelo, il contrasto all'immigrazione clandestina e le nostre capacità di integrare efficacemente gli immigrati legali, sono storicamente problematiche e, in questi anni di crisi e di transizione politica, non si stanno purtroppo rafforzando.
Ciò di cui abbiamo bisogno non sono astratti e automatici diritti, ma percorsi più semplici e regole chiare e responsabilizzanti per tutti.
Dobbiamo dare piena attuazione a ciò che l’art. 4 della nostra legge sulla cittadinanza già prevede.
I bambini nati in Italia devono godere di permesso di soggiorno a lungo termine fino al compimento del diciottesimo anno. Una volta arrivati alla maggiore età, essi devono poter chiedere la cittadinanza con una procedura semplificata e autocertificata. Il richiedente deve esprimere la sua volontà di assumersi i doveri di una cittadinanza attiva e consapevole, dimostrando, per esempio, di aver assolto al compimento dell’obbligo scolastico.
Il futuro cittadino, di fatto, attraverso i suoi studi, ha già dato prova di conoscere la lingua italiana, i principi fondamentali e i diritti e doveri dei cittadini così come sanciti nella prima parte della Costituzione e una conoscenza sufficiente dell'ordinamento statale, regionale e locale.
Questi nuovi cittadini, lo dimostra la storia dell'immigrazione ovunque nel mondo, sono uno stimolo, un arricchimento, un esempio per tutti. Essi sono parte essenziale del nostro sforzo comune per rimettere in moto l'Italia. E' nel nostro interesse migliorare il loro percorso di accesso a una cittadinanza sentita e vissuta come dovere, oltre che come diritto. 


* * *


Andrea Romiti: Dottore in Scienze Giuridiche – Consigliere Comunale Livorno, lista civica “Governare Livorno” – Assistente della Polizia di Stato









Mauro Vaiani: Dottorando in Geopolitica - Attivista civico-liberale in Toscana - Tecnico universitario

mercoledì 13 giugno 2012

Doppio turno e doppia promessa

Il Tirreno oggi ospita gentilmente un mio intervento, che ho inviato da Dublino, con il quale continuo a sostenere la necessità della riforma elettorale toscana. C'è un richiamo in prima e poi a pagina 17 il pezzo. Forse a Roma c'è una convergenza sul doppio turno, ma intanto in Toscana il governatore Rossi e i leader del Consiglio regionale toscano devono mantenere la doppia promessa.






* Il testo integrale del mio intervento (archiviato qui il 30/6/2012, nda). *


Doppio turno e doppia promessa

di Mauro Vaiani

C'è una doppia promessa toscana, da mantenere. Il governatore Rossi, con il conforto bipartisan dei maggiori leader del parlamento toscano, si è impegnato a fare la riforma elettorale in Toscana e a farla persino prima di quella nazionale.
Non dovrebbe essere difficile eliminare le odiate liste bloccate attualmente in vigore per l'elezione del nostro consiglio regionale, prima che Roma riesca a eliminare il Porcellum. La politica nazionale è, anche da questo punto di vista, molto più arretrata della politica toscana, anche se si è accesa, recentemente, una speranza di convergenza attorno al semi-presidenzialismo e al doppio turno alla francese. Una buona idea, quella rilanciata dal PDL, sulla quale potrebbero convergere PD e buona parte della sinistra, la parte finiana del Terzo Polo, le nuove reti di cittadinanza attiva che si stanno raccogliendo attorno a Italia Futura.
Nel frattempo il sistema politico toscano, che semi-presidenzialista già lo è, deve fare fino in fondo la sua parte. Una eventuale intesa su un doppio turno toscano sarebbe, ancora di più, un segnale importante per Roma. E per le altre regioni, che, non dimentichiamolo, sono ancora più indietro di noi, perché, a differenza della Toscana, non sono riuscite a liberarsi del discutibile sistema clientelare delle vecchie preferenze all'italiana.
Tutte le opzioni sono sul tavolo: collegi uninominali con primarie; con o senza ballottaggi; piccoli collegi con voto obbligatorio alle persone. L'essenziale è che ad eleggere i rappresentanti dei territori siano delle maggioranze, non delle minoranze di cittadini. Questo è, da più di vent'anni, ciò che il popolo sovrano vuole e contro cui una parte di ceto politico di lungo corso continua a resistere.
La scelta dei nostri rappresentanti è talmente importante, che vale la pena di andare a votare non una, ma anche due o persino tre volte: le primarie per la scelta delle persone, il voto fra i diversi partiti, l'eventuale ballottaggio. Sarebbero tempo e soldi ben spesi, perché un sistema elettorale più libero e più competitivo, produrrebbe una nuova generazione di leader.
Proprio ciò di cui abbiamo bisogno, in un tempo in cui si devono fare tagli formidabili alla spesa pubblica e liberare le energie intellettuali e imprenditoriali che possono rilanciare la produzione e l'occupazione.
Ci occupiamo di sistemi elettorali, perché vogliamo leader più autorevoli. Ci servono, non dimentichiamolo mai, per avere una politica migliore, capace di assicurare cultura, salvaguardia della bellezza della nostra terra, sicurezza e lavoro.

Mauro Vaiani

domenica 3 giugno 2012

Comunione e sistemazione

Roberto Formigoni,
metà anni Ottanta,
ai tempi in cui fu eletto
parlamentare europeo
e deputato italiano,
grazie alla macchina ciellina
delle preferenze
(Foto Wikipedia)

 

Tanti di quei giovani brillanti e anticonformisti, militanti di Comunione e Liberazione, attivisti del Movimento Popolare, volontari dei Meeting di Rimini, che ho conosciuto ormai quasi trent'anni fa, sono parecchio cambiati.

Impressionavano per il loro coraggioso rifiuto della religione, in favore di una scelta esistenziale cristiana. Il cristianesimo è vivere in compagnia di Gesù, non una obbedienza, una morale, o peggio, un moralismo, dicevano. 

Quanto li ho amati, quanto sono loro grato per questa provocazione evangelica, oltre che per le loro mille iniziative sempre controcorrente, dalla riscoperta di credenti scomodi come Pier Paolo Pasolini alla valorizzazione del cristiano omosessuale Giovanni Testori; dalla scoperta di figure come il cardinal Karol Wojtyla, Josef Tischner, Vaclav Havel, Jan Patocka, al sostegno alle chiese che soffrivano sotto le dittature, oltre che a movimenti come Charta ’77 e Solidarnosc.

Non sono solo invecchiati, come chi scrive, sono rimasti prigionieri di una trappola sempre pronta a scattare, per tutte le persone e per tutte le esperienze davvero eccezionali, l'autoinganno della presunzione. Funziona così: poiché noi siamo davvero speciali, abbiamo davvero capito le cose importanti della vita e della storia, nessuno ci può fermare, né noi potremo mai seriamente sbagliare. Addirittura - fra gli illuminati c'è sempre qualcuno che si crede più illuminato degli altri - si arriva a pensare che, essendo i nostri fini così alti, essendo così tanto il bene che facciamo, essendo così giusta la nostra causa, allora, in fondo, perché no, i nostri mezzi sono sempre giustificati... E patatrac...

Dalla sicumera di tanti di quegli straordinari ragazzi, sono derivati un sistema di potere che domina la sanità lombarda, una formidabile macchina di raccolta delle preferenze, l'efficiente strapotere del dott. Roberto Formigoni e l'arroganza - e le scorrettezze su cui è chiamato in giudizio - del suo alter ego, Mr Firmigoni. 

Va riconosciuto alle gerarchie di Comunione e Liberazione e a tante altre realtà collaterali di essersi date una mossa, non da ora, ma per tempo. Le opere e le comunità del movimento guardano verso il futuro. Per quanto riguarda la parte più strettamente politico-culturale, è sufficiente visitare il sito della Fondazione per la Sussidiarietà, per capire che la musica è cambiata, che ci si incontra con il think tank di Luca Cordero di Montezemolo, non certo con i politici del passato. 

Per capire anche i più profondi cambiamenti spirituali e comprendere il rinnovamento ecclesiale in atto, suggeriamo la lettura di almeno uno degli articoli scritti da Giovanni Colombo, un intellettuale cattolico e milanese, da sempre sinceramente critico della parabola ciellina, ma proprio per questo pronto a rispettarne il gradito riallineamento.

Sempre su suggerimento di Giovanni Colombo, un messaggio di speranza: vi segnaliamo una ballata sulla società dei furbi e dei potenti, scritta e cantata da un cantautore molto caro al mondo cristiano ciellino, Claudio Chieffo.

I furbi che si sono sistemati grazie alla grande ondata ciellina dovranno fare un gran bel passo indietro, come sempre accade, in casi analoghi. L'eccessiva devozione a un capo carismatico, l'acritica obbedienza ai capi di un movimento, il conformismo di gruppo, non portano da nessuna parte.

Un altro dei tanti contemporanei integralismi politico-religiosi, che sono il lato oscuro della nostra modernità, segue la sorte degli altri: si autodistrugge, crollando sotto il peso della propria ipocrisia.


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