Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

domenica 30 settembre 2012

Attorno a cosa unire un polo civico e liberale


Oggi, domenica 30 settembre, a Firenze, all'Hotel Baglioni, Oscar Giannino ha risposto a decine di domande e ha parlato a lungo a una folta assemblea di sostenitori del suo appello Fermare il declino, di cui anche chi scrive, insieme a tantissimi di Italia Futura, siamo firmatori.
Ha molto insistito sulla necessità di far qualcosa subito per i veri poveri, gli umili, le famiglie con figli, le piccole imprese, i giovani. Ha detto parole importanti contro lo sfruttamento e l'emarginazione delle donne nella nostra società. Non è diventato socialista, è e resta un liberista, ma da vero liberista sa che senza restituire speranza e reddito ai meno abbienti, lavoro ai giovani, opportunità alle donne, la nostra economia non ripartirà.
Occorre l'austerità, certo, ma occorrono anche - e subito - delle alternative alla austerità, perché la nostra società si rimetta in moto, torni a crescere.
Dove troveremo le risorse da dedicare al nostro impegno per includere socialmente, liberare il lavoro, incoraggiare l'innovazione? Si potrbbe cominciare, ha fatto un solo esempio Giannino, chiedendo un contributo di solidarietà a quel mezzo milione di persone che hanno una pensione (retributiva, non contributiva) superiore ai 4.000 Euro al mese. Hanno ricevuto un grande privilegio dalla Repubblica. Possono essere chiamati a restituire qualcosa. Giannino ha detto una cosa molto scomoda, ma molto seria e coraggiosa.
Ci sono ovviamente, Giannino li ha ricordati, i 20 punti pubblicati da Perotti sul Sole 24 Ore, per ridurre subito i costi della politica, che coincidono con l'elaborazione portata avanti da Italia Futura e da altre aggregazioni civiche.
C'è da costruire, ha insistito tanto su questo, una grande coalizione sociale e politica, capace di lavorare, ventre a terra, per decenni, per smantellare migliaia di ammistrazioni ed enti pubblici e parapubblici inutili o superati, mettere a frutto la manomorta dei patrimoni pubblici per abbattere il debito, sburocratizzare la Repubblica, rendere più snelli e più responsabili gli enti locali.
Così lo stato comincerà a pagare i suoi debiti e smetterà di essere al di sopra delle leggi. Noi cittadini cominceremo il lungo cammino per trasformarci, finalmente, da sudditi a sovrani della Repubblica.
Giannino ha detto cose importanti su tante altre riforme, contro le burocrazie, contro l'irresponsabilità dei mandarini della pubblica amministrazione, contro la vecchia politica.
Ha riconosciuto i meriti di Monti, ma anche parlato della necessità di andare oltre.
Ha espresso attenzione per la grande sfida di Renzi, che, per le novità politiche e culturali di cui è portatore, potrebbe diventare il nostro principale interlocutore.
A Renzi va riconosciuto un grande coraggio, in questo paese dove potrebbero far di tutto, cambiando le regole delle primarie e poi, magari, riformando contro di lui la legge elettorale solo dopo la sua eventuale vittoria alle primarie, pur di fermarlo.
L'iniziativa politica di Fermare il declino è difficile, ma è necessaria, ha concluso. Deve contribuire a unire decine di milioni di cittadini, produttori e lavoratori, connessi a Internet e attenti ai problemi delle nostre comunità. Se non si muovono milioni di cittadini sovrani, davanti al suicidio di un'altra generazione di politici a cui stiamo assistendo, il nostro paese andrà incontro al disastro.
Oscar Giannino ha parlato di una coalizione vasta, unita attorno a poche cose necessarie per salvare l'Italia, con il massimo pluralismo e la totale libertà di coscienza su tutto il resto. Un modo nuovo di stare insieme in una stagione di ricostruzione nazionale, senza portarci dietro le vecchie divisioni del passato.
Ha ricordato i tanti fallimenti civici e liberali del passato. Ha scherzato sul fallimento della lista Giannini del 1992.
Ci ha infine confermato, questo per noi è stato davvero importante, la sua incrollabile adesione a una democrazia fondata sui collegi uninominali e sulle primarie, con il rifiuto totale del disastroso ritorno delle preferenze. E' un tema importante, che ci deve distinguere, in meglio, dalla vecchia e spesso cattiva politica.
D'altra parte, che credibilità avremmo, nel voler lanciare dei nuovi leader, se li lasciassimo selezionare con le regole sbagliate che non hanno mai prodotto altro che disastri? Avanti, con i collegi uninominali e con le primarie.
Guardiamo avanti, non indietro.

* * *

Ci è piaciuto. Nei prossimi giorni cercheremo di offrire una nostra chiave di lettura sulle possibilità che si aprono con la sua coraggiosa proposta, con le importanti cose che ha detto Montezemolo sul Corriere di oggi, con le attività di tanti nostri amici delle liste e dei movimenti civici presenti sul territorio, con le innovazioni possibili con la candidatura di Matteo Renzi. Sono tante cose diverse, ma sono possibili delle sintesi e delle sinergie. E tutte possono comunque concorrere ai miglioramenti civici, liberali, federalisti, ai quali chi scrive ha dedicato la propria vita.
Non ci sottrarremo dalla necessità di spiegare, nei prossimi giorni, su perché consideriamo necessaria, invece, una separazione netta, in termini di personale e programmi, fra il nostro mondo civico-liberale e quello di Casini, Fini e Rutelli. La loro area è piena di persone straordinarie, ma il loro orizzonte politico è purtroppo ristretto allo status quo, di cui essi hanno fatto parte fino a oggi. I cittadini si aspettano una nuova generazione di politici. E hanno ragione.

sabato 29 settembre 2012

Quello che un uomo solo non può fare


Il primo ministro Monti, riporta il Corriere della Sera di oggi, sabato 29 settembre, in una corrispondenza di Marco Galluzzo, ha parlato della riforma della legge elettorale italiana, a New York, al Council of Foreign Relations.
"L'aspetto che piace meno alla gente, di questa [attuale] legge, è il potere che hanno i leader di formare le liste e l'impossibilità di esprimere delle preferenze", le quali, invece, ha detto Monti "eroderebbero il potere dei leader e darebbero un ruolo maggiore ai cittadini". Questo ovviamente, ha concluso, avrebbe delle controindicazioni, come "l'influenza delle lobby e la possibilità di accordi poco chiari, un vero pericolo per una democrazia".
Una presa di posizione cauta, rispettabile, un pochino da professore che non vuole esporsi troppo in un grande scontro politico e culturale, qual è quello che oppone, da una parte, i fautori del disastroso ritorno delle preferenze, ai sostenitori dei collegi uninominali e delle primarie, dall'altra.
Le liste bloccate vanno certamente superate, ma con i collegi uninominali e con le primarie, non certo con il grande imbroglio delle preferenze.
Qualcosa, invece, nel sistema politico, culturale e mediatico italiano, continua ad alimentare questa pericolosa illusione che le vecchie preferenze volontarie all'italiana possano migliorare il sistema politico.
Il titolatore del Corriere, per esempio, introduce le parole di Monti così: "E agli americani spiega l'importanza delle preferenze". Un pochino tendenzioso, vero?
Le elite politiche - e anche giornalistiche e culturali - non sembrano per nulla coscienti del fatto che i più grandi disastri morali a cui stiamo assistendo sono causati, oltre che dagli errori di alcuni leader a cui abbiamo concesso troppo potere, proprio dallo strapotere dei signori delle preferenze, che ancora dominano i consigli regionali del Lazio e della Lombardia, del Piemonte e della Sicilia, così come i consigli comunali delle grandi città, così come il Parlamento Europeo.
E che anche il Parlamento italiano, nonostante per ben due volte sia stato formato dai nominati con il Porcellum, è ancora dominato da capi-bastone che si sono formati nella cultura e nel tempo delle preferenze.
Il problema è gigantesco.
Le sue radici storiche.
La sua comprensione difficile.
I cittadini, che vent'anni fa sapevano cos'erano le preferenze e le bocciarono, oggi sono continuamente disinformati. Si conta sulla loro smemoratezza.

La timida presa di posizione di Mario Monti forse non potrà essere facilmente strumentalizzata dai sostenitori del ritorno delle disastrose preferenze, ma ci spiega bene quello che questo uomo da solo non può fare.
La Repubblica ha bisogno di riforme, a partire dal cambiamento della Costituzione.
Le regioni hanno bisogno di autonomia fiscale e responsabilità finanziaria.
Le province devono essere abolite.
I comuni devono essere rafforzati e democratizzati.
Migliaia di enti pubblici e parapubblici, dalla Rai alla Croce Rossa, devono essere avviati allo smantellamento.
Per fare tutto questo Monti non basta.
Non ne ha la struttura mentale, né professionale.
Non è, semplicemente parlando, il suo mestiere, la sua missione, la sua vocazione.
La politica ha bisogno di una nuova generazione di politici, con una visione riformatrice molto più coraggiosa.
E questa nuova generazione di leader moderni non può arrivare altro che da metodi di selezione moderni, come le primarie e i collegi uninominali.
Per questo contro le preferenze, ci giochiamo una partita storica. Non si devono escludere, ma anzi onorare gesti estremi come i quaranta giorni di digiuno di Roberto Giachetti, su un tema così importante.
Ci batteremo fino all'ultimo.


venerdì 28 settembre 2012

Quello che una persona da sola può fare

Segnaliamo a tutti il sempre più vivace blog del nostro amico Damiano Anselmi, PrimariesConvention.com. Anselmi nella vita fa il professore di fisica. Come volontariato sociale e politico, è un apostolo delle primarie e della ambiziosa e insieme concretissima aspirazione che esse recano con sé: i cittadini sovrani devono poter partecipare in modo sempre più diretto e universale, informato e ponderato, attivo e cosciente, alla scelta dei loro leader. Non dei partiti, non delle liste, non delle etichette, non del solo leader di governo, bensì di ciascuna persona chiamata a rappresentarli, governarli, giudicarli.
Ha fatto più Anselmi da solo per la diffusione delle primarie nella nostra Repubblica, di una intera generazione di politologi, costituzionalisti, esperti di sistemi elettorali.
Sul nostro blog, ogni volta che si parla di primarie, sin dalle origini, abbiamo sempre un debito di riconoscenza con Damiano Anselmi.



mercoledì 26 settembre 2012

Il dovere di rottamare

La lettura di un articolo di Verderami sul Corriere di oggi, sembrerebbe contenere una piccola buona notizia: Berlusconi mostrerebbe segni di resipiscenza rispetto all'annunciato disastroso ritorno delle preferenze. Proseguendo la lettura, però, si capisce che il sistema è impazzito, che neppure Monti - come abbiamo sempre pensato noi - basta più, che questi qua ci preparano l'elezione a presidente della repubblica di Amato il pluri-multi-mega-dorato-pensionato, che nessuno di loro sembra più credere a nulla, né nel liberalismo, né nel federalismo, né nella vocazione sociale, né nella sovranità popolare.
E' urgente la scelta di nuovi leader nei partiti che hanno le regole per cambiare leadership - in pratica il solo PD. E' urgente quindi anche la presentazione all'elettorato di nuove liste civiche, che possano candidare donne, giovani, nuove competenze e nuove esperienze. Rottamare è diventato un dovere trasversale e universale. Incuranti del disastro economico a cui hanno condotto la Repubblica (trascinandosi dietro anche le grandi aziende pubbliche, para-pubbliche e persino i grandi monopolisti privati), asserragliate nei loro lussuosi fortini, le caste hanno perso la testa. Via tutti. Quelli di Berlusconi e, ancora di più, quelli che c'erano prima di Berlusconi.

sabato 22 settembre 2012

A testa bassa contro le regioni?


Il Corriere della Sera di oggi, sabato 22 settembre 2012, ospita un editoriale di Michele Ainis intitolato "I pachidermi delle regioni". Si tratta di un attacco a testa bassa contro il regionalismo italiano e la sua possibile evoluzione in un serio e compiuto federalismo.

Abbiamo scritto al Corriere Fiorentino un nostro commento, piuttosto severo, sulle superficialità contenute in questo intervento del professore. Pubblichiamo qui integralmente il nostro testo.


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Siamo rimasti molto sorpresi dal tono irridente dell'articolo di Ainis nei confronti della storia delle regioni. Non ci è piaciuto il fatto che l'articolo metta in ridicolo le riforme del titolo V della Costituzione, fra le pochissime che siano uscite dalla palude politica nazionale e che abbiano superato il vaglio del voto popolare.
L'articolo contiene vere e proprie boutade, come l'asserita esistenza, presso ogni regione, di incaricati alla politica estera e sedi diplomatiche. Attribuisce alle regioni colpe che sono della politica nazionale e delle modalità con cui essa si finanzia, da decenni, da molto prima che esistessero le regioni.
Particolarmente fuorviante è accusare le regioni di essere responsabili della cementificazione del paese, mentre le responsabilità più dirette di questo disastro ambientale sono invece proprio in leggi e comportamenti politici che hanno tutti origine a Roma.
Non ci è piaciuta nemmeno l'invocazione del ritorno, in casi di emergenza, del potere centrale dello "Stato" (scritto, ovviamente, dal professore, con la lettera maiuscola...). Gentile professore Ainis, se decenni di centralismo romano e di gestione romana delle emergenze non le hanno instillato almeno un dubbio sulla sensatezza di questa cultura della "unica tolda di comando", come lei scrive, c'è davvero di che preoccuparsi.
Comunque coloro, come chi scrive, come tanti altri Toscani, credono davvero nella trasformazione in senso federale dell'Italia e dell'Europa, restano freddi davanti a un articolo come il suo, che ci risulta un concentrato di errori politici, culturali e, ci consenta professore, anche di comunicazione scientifica della materie che lei insegna.
Senza le regioni, non si può portare avanti l'abolizione delle province, delle prefetture, delle motorizzazioni, degli uffici provinciali distaccati di ogni ministero, delle sedi periferiche di migliaia di amministrazioni ormai obsolete. Un attacco al regionalismo non nasconderà mica proprio questa improvvida difesa dello status quo?
Senza le regioni, non si fa la valorizzazione del patrimonio pubblico. Le aste centralizzate a Roma, le prossime come quelle del passato, o non si faranno, o si riveleranno solo un'altra colossale svendita di beni di tutti a vantaggio di pochi.
Senza le regioni non si costruisce l'Europa. Sono le regioni italiane, insieme agli stati federati tedeschi e austriaci e alle altre autonomie europee, i mattoni del futuro di una nuova confederazione europea, che possa superare i limiti e i problemi del leviatano eurocratico.
Senza l'autogoverno regionale, insieme con quello delle città e delle comunità, infine, non ci sarebbe più democrazia. Ci pare un problema non da poco.
Aver lasciato incompiuta la trasformazione federale di questa vecchia e malandata repubblica, certamente ne ha aggravato lo stato. Cercare di tornare indietro, però, la ucciderebbe definitivamente.
Pensiamoci.

domenica 16 settembre 2012

Il canto del cigno della violenza politica islamista


Due post dell'amico e collega blogger, Mustapha, dal Libano, ci aiutano a orientarci in questi giorni di grande dolore per le tante vittime e le tante sofferenze che sono state scatenate, senza vergogna, senza onore, senza rispetto, dai facinorosi fanatici islamisti, nelle piazze di tante città arabe e islamiche, davanti a diverse ambasciate straniere.
Eccoli:
- http://beirutspring.com/blog/2012/09/15/satire-and-the-lebanese-self-image/
- http://beirutspring.com/blog/2012/09/12/on-insulting-muslims/
Vanno letti insieme. L'apparente leggerezza del primo ci aiuta a capire meglio l'urgenza politica e culturale del secondo.
Ci fanno capire che i giovani, le donne, gli intellettuali che stanno portando avanti la Primavera araba, e da cui ci aspettiamo un'altra primavera di libertà in Iran, stanno passando attraverso un processo lungo e faticoso che gli europei, gli occidentali, gli occidentalizzati conoscono bene. Quello che ci porta dall'essere una folla credulona e strumentalizzabile, a diventare una cittadinanza attiva, formata da invididui liberi e responsabili.

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E' un processo ben noto agli studiosi delle ambiguità della nostra modernità.
Inizia facendo i conti con il cosiddetto progresso, che sradica e distrugge.
Continua con gli imprenditori della politica moderna, che sfigurano e strumentalizzano le tradizioni indebolite, le religiosità tradite, le identità minacciate. Moderni stregoni contro cui bisogna reagire.
A un certo punto tanti esseri umani, che hanno perso il loro posto nel vecchio mondo distrutto, possono ritrovarsi soli e disperati nel mondo nuovo. Molti che credevano in qualcosa che sembra fallire e svanire, finiscono con il non credere più a nulla.
Coloro che non credono a nulla, finiscono fatalmente per diventare esseri tristi e pigri, pronti a credere a qualsiasi scempiaggine, non importa quanto incredibile o mostruosa.
Nei casi peggiori, tante persone possono diventare credulone nella vuota retorica di un leader populista, o affascinate dai numeri e dalla forza di un movimento politico fascisteggiante, o addirittura fanatiche pedine di un regime totalitario.
Se rimangono indietro in una società che va avanti, certe persone, che sono state chiamate perdenti radicali, possono diventare così disperate, così estreme, da trasformarsi addirittura in terroristi suicidi, moderni kamikaze.
Abbiamo attraversato guerre mondiali e indicibili sofferenze, per frenare questa degenerazione della nostra modernità.
E non potremo mai smettere di essere vigilanti.
La macchina sociale totalitaria è peggio della bomba atomica. Quest'ultima, una volta costruita, la sappiamo smontare. A smontare la seconda ci stiamo appena provando e solo le prossime generazioni ci sapranno dire se ci stiamo davvero riuscendo.

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Contro questa deriva, occorrono più fede, speranza, amore. Più virtù, non più scetticismo.
L'ancorarsi alle antiche virtù cristiane, ebraiche e laiche, ha salvato l'Europa e il mondo occidentale dal fascismo, dal nazismo, dalle degenerazioni totalitarie del comunismo, dalle tante forme di autoritarismo che ci hanno minacciato, che si ripresentano sempre, che vanno combattute, giorno per giorno.
Qualcosa di analogo sta iniziando nel mondo arabo e islamico. Ancorandosi alle sorgenti dell'Islam più tradizionale e più spirituale, tanti vogliono sfuggire alla trappola della violenza politica, vogliono essere protagonisti del cambiamento senza farsi travolgere dalle ambiguità della modernità, vogliono vivere in una società aperta e rispettosa di tutti.
Vogliono proseguire lungo la strada lunga, erta, tortuosa e difficile della libertà, l'unica possibile per tutti i veri credenti.
Di fronte a questo risveglio arabo, l'estremismo e il totalitarismo sono disperati, per questo hanno bisogno di strumentalizzare uno squallido filmino su Youtube.
Pietà per questi morti, vittime calpestate dalla violenza politica islamista, che sta disperatamente cercando di sopravvivere al suo declino.
Non saranno gli ultimi, purtroppo, ma il loro sacrificio contribuirà ad aprire gli occhi di altri.


sabato 15 settembre 2012

KiteGen, l'altra proposta per risolvere la crisi Alcoa

Seguo da anni gli audaci innovatori di KiteGen. Le loro idee sull'eolico di alta quota sono straordinarie. Sono ammirato dalle loro proposte per far svoltare la crisi Alcoa. Davvero tanti auguri, a loro, alla Sardegna, ai lavoratori dell'alluminio e alle loro famiglie.

mercoledì 12 settembre 2012

Matteo Renzi, classe 1975


Matteo Renzi, il sindaco di Firenze che, non dimentichiamolo mai, avrà quarant'anni nel 2015, inizia domani, giovedì 13 settembre 2012, la sua avventura.
Partecipa a primarie che non sono state ancora indette. Si candida a elezioni che ancora non si sa con quali regole saranno tenute. Con un coraggio da leone si propone per fare finalmente le molte riforme di cui in questa Repubblica si parla da decenni.
Da presidente della provincia di Firenze, Renzi, si trovò ad avere delle competenze su poche cose abbastanza delimitate, un po' di soldi disponibili, e portò a casa dei risultati. Fu fortunato, ma anche molto operoso e, soprattutto, poco ostacolato, essendo in uno spazio politico e amministrativo ben circoscritto.
Da sindaco di Firenze, invece, Renzi, si è accorto che, se vuole realizzare la linea 2 della tramvia, deve candidarsi a premier, deve cercare di far saltare il tappo che da Roma blocca tutto, deve scuotere questa repubblica dalle fondamenta.
Un sindaco che vuole cambiare qualcosa si ritrova contro intere burocrazie. Questa è una drammatica verità, ma, nello stesso tempo, può diventare il più forte appello elettorale di Matteo Renzi: occorre una persona come lui, questa è la convinzione che può diffondersi viralmente fra i cittadini attraverso la rete, per realizzare un salto generazionale e culturale, per far saltare Roma e tutto ciò che, da Roma, impedisce ai sindaci di migliorare le città e le comunità, ai servizi pubblici di servire i cittadini, ai territori di rinascere, agli imprenditori di lavorare, ai giovani di osare.
Il nostro mondo di liste civiche e iniziative civili, il PD, il Terzo Polo e tutti gli altri, devono fare i conti con questa necessità di un salto generazionale e culturale.
Matteo Renzi è più Obama che Berlusconi, attrae molto più Chiamparino e Montezemolo che Rutelli e Casini, unisce molti più cittadini di quanti ne spaventi ed è, infine, assolutamente e incredibilmente avanti e oltre tutto ciò che ancora avanza della seconda repubblica e sopravvive della prima.
C'è di che riflettere e parecchio da lavorare, per chi volesse rispondere davvero a questa sfida di grande valore.
Auguri, sindaco.

venerdì 7 settembre 2012

Cambiamo la nostra chiesa

L'edizione fiorentina di Repubblica è la prima testata toscana a pubblicare una lettera aperta molto importante, indirizzata all’arcivescovo Giuseppe Betori, firmata da suor Stefania Baldini, don Fabio Masi, don Alessandro Santoro e don Giacomo Stinghi. La lettera parla di fede e omosessualità. Contiene una riflessione molto profonda sulla necessità che la comunità cristiana includa e rispetti la condizione omosessuale e transessuale e ponga fine a ogni discriminazione nei confronti delle persone queer. La lettera è ancora più importante perché nasce dall'interno di alcune comunità cristiane fiorentine, dal basso, da una riflessione maturata negli anni, da una vera partecipazione popolare. Una presa di posizione pubblica come questa dimostra che possiamo - forse dovremmo dire dobbiamo - cambiare la nostra chiesa.
Suggeriamo a chi può di andare a firmare la lettera.
Lo si può fare partecipando alle messe della parrocchia della Madonna della Tosse, a Firenze, per esempio, la chiesa vicino al Parterre.
La raccolta di firme sarà aperta fino a domenica 16 settembre.
Segnatevi gli orari delle messe: sabato ore 18.30; domenica ore 9 e ore 11.
Domenica 16 settembre ci sarà anche una messa serale alle 19.
Per seguire l'iniziativa, restate anche collegati con il sito Gionata.
Grazie.

giovedì 6 settembre 2012

What's wrong with the Euro?


Ieri, mercoledì 5 settembre la New York University ha organizzato a Villa La Pietra un altro interessante momento di "dialogue", dedicato a una riflessione sulla crisi economica e finanziaria dell'Eurozona, intitolato "What's wrong with the Euro". Il prof. Roberto D'Alimonte ha tenuto una magistrale riflessione che è partita dalle origini del nazionalismo e dall'unificazione tedesca, per arrivare alle grandi scelte europeiste del secondo dopoguerra. I padri fondatori dell'Unione Europea, assistiti dagli scienziati politici che teorizzarono l'integrazione funzionale fra gli stati europei, scelsero di cominciare a mettere in comune competenze e funzioni, a poco a poco, per arrivare all'obiettivo storico di una solidarietà permanente fra gli Europei, che ponesse fine, per sempre, alla possibilità della guerra sul nostro continente.
Partirono dal carbone e dall'acciaio, ma l'obiettivo storico degli europeisti è sempre stato la costruzione di uno stato federale europeo.
Dopo il 1989, dopo la riunificazione tedesca, l'unificazione monetaria è sembrata sempre più urgente agli statisti europei, perché la nuova grande Germania riunificata doveva essere saldamente ancorata al progetto europeo e non vi fosse spazio per il ritorno di alcuna forma di nazionalismo tedesco.
Germania, Francia, Italia, che erano nemiche, sono così diventate amiche, grazie al lavorìo della progressiva unificazione europea.
La valuta unica europea è piena di difetti, che sono stati in parte francamente discussi, ma il prof. D'Alimonte è stato nettissimo, di una straordinaria chiarezza morale, unita alla lucidità storico-politica: tutte le riforme necessarie devono essere discusse e intraprese, ma non ci sono alternative al progetto europeo, non si può tornare indietro dall'unificazione europea.
Sviluppando uno spunto lasciato dal professore, potremmo chiederci cosa accadrebbe in un eventuale referendum popolare sull'Euro. Se la domanda fosse "volete ancora l'Euro", forse la risposta popolare potrebbe essere negativa. Ma se la domanda fosse "volete mantenere l'unione fra Germania, Francia e Italia", davvero si pensa che i popoli europei metterebbero in pericolo la pace e l'amicizia che si è stabilita dopo le grandi tragedie del Novecento?
I problemi economici e finanziari dell'Europa sono enormi e non mancano nemmeno delle vere e proprie storture, come il paradosso che la piccola Slovacchia si è trovata a dover aiutare un paese, la Grecia, che ha regalato ai propri cittadini pensioni enormemente più generose di quelle che ricevono i cittadini slovacchi. I poveri sono stati chiamati ad aiutare i ricchi, in questo momento difficile. L'Europa è anche questo. Sicuramente le cose devono cambiare, ma non certo facendoci tornare divisi.
Abbiamo condiviso fortemente anche una certa empatia che il prof. D'Alimonte ha mostrato con la politica tedesca. Le responsabilità che pesano sulle spalle di Angela Merkel e delle elite tedesche, sia quelle che guidano la maggioranza, sia quelle di opposizione, sono enormi. Stanno affrontando un compito immane. Avranno senz'altro fatto molti errori, ma meritano una qualche misura di comprensione e, forse, persino di fiducia.
Chi scrive su questo blog si è permesso di intervenire nel dibattito con una nota di ottimismo: crediamo che attraverso le riforme, i sacrifici, l'austerità - e magari anche cercando qualche alternativa seria e più equa dell'austerità come è stata intesa fin qui - gli stati europei possano superare quella che non vogliamo chiamare e speriamo non sia più chiamata "crisi dell'Euro", ma crisi della gestione di immensi debiti pubblici pregressi. Ripetiamo: non è una crisi della valuta unica europea (che pure è un sistema pieno di difetti), ma è essenzialmente una crisi dei debiti sovrani. Non solo quelli dei paesi meridionali, inefficienti, corrotti. Anche i paesi più settentrionali, avanzati e competitivi hanno enormi debiti pubblici (e privati) pregressi. Anche i paesi europei che non hanno adottato l'Euro hanno enormi debiti pubblici (e privati) che hanno difficoltà a gestire. Anche Stati Uniti e Gran Bretagna, Giappone e Cina, hanno enormi problemi, da questo punto di vista.
I tecnocrati che hanno disegnato l'Euro hanno commesso molti, moltissimi errori, ma è giusto anche chiedersi a che punto saremmo, se non avessimo adottato l'Euro. Non rispondiamo, ma evochiamo: Islanda? Argentina? Zimbabwe? Chi ci legge sa quanto su questo blog siamo critici con l'eurocrazia, ma non ci cambieriemmo con nessuno di questi paesi e non vorremmo la Toscana fuori dall'Euro, semplicemente perché la Toscana non potrebbe vivere fuori dall'Europa, punto.
Continuiamo quindi a studiare, lavorare, riformare, per far uscire gli stati europei dalla grande crisi dei debiti pregressi, in modo equo e responsabile, ma non parliamo più di crisi dell'Euro o di uscita dall'Europa. La prima è una espressione fuorviante. La seconda è una prospettiva spaventosa.

lunedì 3 settembre 2012

Manca il territorio


Ricevo e rilancio una bella lettera di Oscar Giannino, che spiega con notevole chiarezza morale e politica il punto a cui è arrivata l'idea di costruire una grande lista civica nazionale per le elezioni politiche del 2013, un "fronte per la crescita", costruito attorno alle intelligenze e alle generosità raccolte da Italia Futura, in collaborazione stretta con molte altre realtà civiche e civili, a partire dal movimento Fermareildeclino.it promosso dallo stesso Oscar Giannino.
Dico subito che mi piacciono i contenuti, il tono, le prospettive di questa lettera, e che appoggio l'idea di una lista civica nazionale che promuova un drammatico ma necessario cambio generazionale nelle elite politiche e burocratiche di questa nostra povera repubblica.
Mi permetto di osservare però che manca qualcosa.
Mancano i territori e le città, in questi ragionamenti che leggo, da parte degli intellettuali e dei promotori di questa nuova iniziativa politica nazionale, popolare e liberale.
Mi piace sentir parlare di una grande consultazione popolare per designare un premier capace di guidare un "fronte per la crescita", ma è ora di discutere anche, insieme, su come i territori e le città, potranno partecipare concretamente alle scelte programmatiche, alla indicazione dei candidati, alla sintesi delle nuove regole.
Sono i territori che devono finalmente dire la loro, sul completamento della transizione italiana da repubblica d'impronta centralista e partitocratica, a repubblica federale integrata con l'Europa.
Sono le città e le regioni che hanno il diritto di eleggere, localmente, i commissari che dovranno mobilizzare la grande manomorta pubblica, per abbattere il debito nazionale e quelli locali.
Sono i comuni e le comunità locali che devono vedersi conferire tutta l'autonomia impositiva necessaria per gestire l'austerità, ma anche per trovare alternative concrete all'austerità permanente.
Non ci crediamo alla salvezza centralizzata dell'Italia.
Non è mai venuto nulla di durevolmente buono, all'Italia e agli Italiani, dalle centralizzazioni. E continuiamo a non fidarci di elite politiche nazionali - ma anche europee e internazionali - che continuano a parlare di crisi dell'Euro, mentre siamo di fronte a una drammatica e storica crisi dei debiti pubblici. Che non può essere risolta centralmente, ma solo localmente, laddove ci sono le risorse pubbliche da valorizzare, le persone e le idee da liberare.



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Oscar Giannino spiega i contenuti dell'incontro tra Fermare il declino e Italia Futura: prinicipi, modalità, tempi, leadership e prossime iniziative.

Fermare il declino e Italia Futura: le ragioni e le modalità della collaborazione



Cara amica, caro amico,
Come forse hai letto sul nostro sito o sugli organi di stampa che ne hanno parlato, sabato si è tenuto a Roma un incontro tra Fermare il declino e Italia Futura, presso la sede nazionale di IF: loro hanno uffici e personale retribuito, sono in pista da due annni e mezzo. All'incontro hanno partecipato per Fermare il declino, oltre ai fondatori presenti in Italia, anche i rappresentanti di alcune delle associazioni che si sono finora riconosciute nel nostro manifesto e programma, come Zero+, Civicum, Costituente liberale, Fondazione Oltremare, Indipendenti per Monti. L'incontro nasceva dalla comune esigenza di verificare la possibilità di  un'agenda il più possible comune, politica e organizzativa, che tenga conto dei tempi estremamente ristretti nei quali ci dobbiamo misurare, per verificare quali esiti e sviluppi dare alla nostra iniziativa.
È vero che la prima linea di Italia Futura si è riconosciuta nel nostro appello e programma. E che in talune parti d'Italia tra i nostri aderenti nelle prime settimane vi sono anche sostenitori di Italia Futura. Ma è altrettanto ovvio che il loro essere campo da due anni e mezzo con proprie risorse, presenze e agenda, poneva il problema di una immediata verifica operativa che sgombrasse il campo da ogni equivoco, mettesse a fuoco convergenze o margini di dissenso, ed elaborasse bozze di organi e procedure per strutturare da subito processi decisionali e un metodo di lavoro davvero condivisi.
Per questo io stesso ho proposto a inizio dei lavori un ordine del giorno in tre punti. Primo: organi e procedure di lavoro, politici organizzativi e programmatici. Secondo: valutazioni politiche sui tempi e i modi dello sviluppo della nostra iniziativa. Terzo: quali criteri seguire per l'estensione ulteriore del nostro movimento, ad associazioni, espressioni civiche, ma anche pezzi ed esponenti di politica locale in uscita dai vecchi partiti e coalizioni.
Ho premesso a tutto ciò una considerazione che ha una importanza essenziale, e che desidero qui ribadire con grande chiarezza a tutti, a maggior ragione vista la lettura che il Corriere della sera ha voluto proporre ieri del nostro incontro.


È ovvio che tra non molte settimane - stante che l'ipotesi realistica è che le elezioni politiche saranno tra fine marzo e metà aprile - quando dovremo tirare le fila dello sviluppo futuro di Fermare il declino, l'indicazione di una leadership sarà parte essenziale di una proposta credible per il Paese. Ma, ho aggiunto, quello che è chiaro è che non ci sono leader "in sonno" già decisi e che aspettano solo che altri lavorino per poi cavalcare l'onda: nè Montezemolo, nè Marcegaglia, nè altri. Quando sarà il momento la decisione sarà presa e saranno gli aderenti a votare e scegliere tra le candidature con le primarie.
Con questa inequivoca dichiarazione nostra gli esponenti presenti di Italia Futura si sono dichiarati d'accordo. E qui desidero ribadirlo a voi tutti, soprattutto ai molti che in rete e per mail ci hanno legittimamente chiesto conto di quella che per il Corriere stamane era invece solo una mera tattica per tirare la volata a un candidato leader già scelto. Non è così: come sempre abbiamo detto e come ieri con noi ha convenuto chi rappresentava Italia Futura.
La discussione sui tre punti è durata circa quattro ore. E ha prodotto i seguenti risultati.
Sul primo punto, è stato deciso senza particolari problemi di costituire tre comitati ristretti da porre al lavoro al più presto: un comitato politico, e al di sotto un comitato organizzativo e uno programmatico. Il comitato politico nasce attualmente come espressione di Fermare il declino e Italia Futura, per poi allargarsi in caso di auspicate nuove estensioni della nostra rappresentanza a soggetti civici, associazioni culturali e movimenti. Al comitato organizzativo spetta l'immediata attivazione della messa a matrice comune delle nostre presenze in tutte le Regioni, Province e Comuni dove sia possibile, e il coordinamento delle attività di adesione e sostegno alla nostra iniziativa.
Al comitato programmatico l'indirizzo prioritario dei punti del programma da approfondire ed estendere, a cominciare dai temi del lavoro, condizione femminile e giovanile sui quali molti degli intervenuti hanno puntato il dito, per sventare il rischio di apparire come una formazione a caratterizzazione solo macroeconomica. Numerosi interventi hanno risollevato un punto che torna in rete e sui social network ogni giorno: com pensarla su questo e su quello.
Noi restiamo fedeli all'idea che partiti e movimenti con una linea definita su ogni cosa siano un retaggio delle vecchie chiese. Nasciamo su alcune priorità per invertire il declino italiano, riconosciamo che dobbiamo perfezionare profondità ed estensione delle nostre proposte su alcuni temi, ma non ambiamo a diventare produttori di linea per ogni voce dell'ecnciclopedia.
Sul punto due, la discussione ha toccato a lungo il giudizio sul governo Monti. Le sensiblità erano e restanto diverse. I fondatori di Fermare il declino riconoscono a Monti uno stance internazionale che il predecessore non poteva neppur sognarsi, ma ritengono che il governo Monti non abbia scalfito le pessime prassi della PA italiana che sommate alla cecità della politica hanno condotto al declino italiano. Gli esponenti di Indipendenti per Monti hanno ribadito che tuttavia l'offerta attuale della politica consiglia di restare a difesa attiva di Monti oggi, e pronti a sostenerlo anche un domani se presenti in Parlamento. In posizione mediana IF, convinta dell'inopportunità di apparire come nemici del premier, mentre diverso è criticare anche pesantemente errori dei suoi ministri.
Sul punto tre, il radicamento territoriale e l'apertura verso l'inclusione di nuove associazioni e movimenti dovrà portare a "filtri" nei confronti di pezzi di vecchia politica e amministratori locali che si avvicinassero a noi. Regole formali scritte e precetti validi per tutti non possono essere facilmente identificati, l'esame della crediblità personale e collettiva andrà fatto caso per caso, alla luce dei punti del nostro manifesto e del programma.
A conclusione dei lavori, esaminato il presumibile calendario elettorale, la decisione finale è stata di tenere una grande convention a inizio novembre, nella quale sciogliere defitivamente il dilemma intorno alle modalità della piattaforma politica con la quale lanceremo una proposta nuova al Paese, programmatica e di cambio di classe politica e dirigente. Non serve un partitino nuovo. L'essenziale è capire se e come saremo in condizione di presentare liste e candidati in coerenza a ciò per cui siamo nati e che ci unisce, alla luce anche di quella che sarà l'eventuale riforma elettorale. E a quella data, in una manifestazione che potrebbe unire due luoghi evocativi del lavoro e della cultura a nord e a sud collegati via satellite, dovrà ovviamente essere sciolto anche il problema della leadership.
Cari amici, come vedete si tratta di un pecorso molto impegnativo. Il tempo è poco, le nostre risorse sono ancora troppo limitate. Ma se in quattro setimane di agosto ventimila hanno aderito, ora si tratta di di moltiplicare l'impegno di tutti per accresere le adesioni. I coordinatori di cui stiamo annnciando la nomina nelle diverse Regioni non sono al vertice di gerarchie nè eligendi a questa o quella assemblea politica, sono volontari tra volontari tra volontari che accettano di iniziare a organizzare e focalizzare presenza e iniziative degli amici. Servono in particolare da subito due tipi di eventi, localmente. Incontri anche conviviali finalizzati al fund raising, estesi a non aderenti, con la partecipazione di uno di noi che illustri brevemente le prorità che qui trovate. E vere e proprie presentazini pubbliche della nostra iniziativa, del suo programma, delle sue intenzioni di rimettere in piedi l'Italia senza più cadere trappola nè delle vecchie promesse dei partiti, nè della nuova seduzione della pura protesta.
C'è molto, moltissimo da fare. E lo faremo su base volontaria. Continuando a potenziarci nella comunicazione, dove siamo solo agli inizi. E nel web, dove già siamo un poco più avanti, con oltre 10 mila like al sito. Ma l'obiettivo alla nostra portata deve essere quello di arrivare oltre quota 50 mila nel giro delle prossime sei settimane, con un fund raising appropriato a sostenere le nuove iniziative che annunciamo.
Contiamo su ciascuno di voi, sul vostro entusiasmo, sulla vostra disponibilità a metterci faccia, tempo e credibilità. Come noi tutti facciamo..
Fermiamo il declino, 
Oscar Giannino 

* * *

Altre due letture interessanti sulle possibilità che si aprono per Italia Futura:
- Possibili sinergie con i giovani di Zero Positivo
- Un importante intervento di Luca Ricolfi sulle prospettive elettorali di una lista civica nazionale


 

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