Siamo schiacciati dai debiti dello stato, degli enti locali, degli enti statali e parastatali. Siamo scandalizzati dai costi impropri della politica, per non parlare della sfacciataggine di alcuni politici.
Davvero qualcuno pensa che, impoveriti e arrabbiati, non ci accorgeremo del disastro del ritorno delle vecchie preferenze all'italiana?
Davvero le elite politiche - ma anche accademiche, anche giornalistiche - credono che i cittadini non si ricordino più che sono state la proporzionale e le preferenze volontarie ad averci storicamente condotto fin qui? Che i guasti di vent'anni di berlusconismo e di anti-berlusconismo sono anch'essi figli delle preferenze?
Davvero i politici che c'erano prima di Berlusconi pensano di poter tornare, impunemente, a chiedere le preferenze, dopo il ritiro di Berlusconi?
Mi sembrano convinzioni al limite dell'impudenza.
Spetta a noi smontarle.
Quel poco che era stato raggiunto con i referendum popolari di vent'anni fa - per esempio l'elezione di una parte del parlamento con collegi uninominali - stava funzionando.
Poi i grandi traditori politici della rivoluzione liberale e della riforma federale hanno imposto il micidiale Porcellum, ma, soprattutto, hanno lasciato che le vecchie preferenze all'italiana impazzassero ancora a ogni altro livello politico ed elettorale.
Così il paese è ancora oggi ostaggio di politici selezionati ai tempi del proporzionale con le preferenze volontarie. Fra i nominati nelle liste bloccate ci saranno certo delle veline e dei velini, ma i veri proci, i veri affossatori della Repubblica sono proprio coloro che sono eletti, ancora oggi, con le vecchie preferenze all'italiana. Più grandi sono i loro collegi, più essi e le loro clientele sono famelici e pericolosi: dal Piemonte alla Sicilia, dalla Lombardia al Lazio, per non parlare della città di Roma.
Una verità scomoda va ripetuta fino allo sfinimento: i signori delle preferenze sono peggio dei nominati.
Coloro che, come chi scrive, ricordano bene come funzionava il sistema politico con le vecchie preferenze all'italiana, vi invitano a rileggervi i dati delle politiche del 1992, o quelli delle regionali del 2000. A chi si domanda come mai la Toscana abbia un parlamento regionale molto più sobrio di quello delle altre regioni, modestamente suggeriamo una risposta: abbiamo abolito le preferenze; abbiamo eletto i nostri consiglieri in collegi piccoli; abbiamo almeno provato a fare le primarie.
L'eventuale ritorno delle vecchie preferenze volontarie condurrebbe alla balcanizzazione degli attuali partiti e ucciderebbe sul nascere le candidature, sia nelle liste vecchie che in quelle nuove, di persone più giovani, o più competenti, o semplicemente diverse.
Questo è un vero spartiacque politico: da una parte coloro che vogliono piccoli collegi e primarie obbligatorie per tutti; dall'altra coloro che vogliono le preferenze volontarie, dove le minoranze organizzate vanno all'assalto della diligenza della spesa pubblica, all'insaputa delle maggioranze.
Il PD e il PDL non sopravviverebbero, se abbandonassero la scelta storica dell'uninominale.
I nuovi movimenti, se imbrogliano la gente con le vecchie preferenze, sono già morti prima di nascere.
Italia Futura, Fermare il declino, Spirito Libero, le liste civiche e tutti gli altri movimenti civili da cui noi ci aspettiamo un impegno per fare finalmente le riforme attese da trent'anni, per trasformarci da sudditi in cittadini, devono dire una parola forte, in favore dei collegi uninominali e delle primarie.
O noi, o loro.
O le primarie, o i signori delle preferenze.
E' arrivato il momento di dire a voce alta da che parte si sta.
Coraggio, guardiamo avanti, non indietro.
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Diffuso attraverso Toscana Insieme
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