Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

venerdì 19 ottobre 2012

Alzate la voce, Toscani, contro le preferenze

Il Tirreno di oggi, venerdì 19 ottobre, a pagina 21, ospita un mio intervento, in cui continuo a smascherare il grande imbroglio del ritorno delle preferenze, invito la politica nazionale a imboccare nuovamente la strada dei piccoli collegi e delle primarie, rammento ai leader toscani che è giunto il momento di alzare la voce e di darsi una mossa. La mancata riforma elettorale toscana è, a questo punto, una oggettiva concausa del possibile disastroso ritorno della vecchia preferenza all'italiana, in quella variante greco-campana che è stata recentemente approvata in Senato. La gratitudine al Tirreno e al suo direttore, Roberto Bernabò, per l'ospitalità va raddoppiata: non solo continua a dare voce a chi, come me, si impegna per la riforma elettorale toscana, ma ospita un intervento che non è né breve, né - ritengo - semplice. La materia è complicata, richiede sacrificio e competenza. Ma la direzione in cui guardare è chiara: piccoli collegi, primarie, un modo di scegliere i nostri leader che sia selettivo e competitivo, in cui a decidere siano le maggioranze, non le minoranze clientelari organizzate.

Segnalo anche, per gli amici di Italia Futura, questa importante presa di posizione di Montezemolo.

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Testo integrale dell'intervento:

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Contro il ritorno dei signori delle preferenze




Le indispensabili riforme elettorali sono ancora lontane, ma il testo base approvato dalla commissione competente del Senato contiene il temuto ritorno delle preferenze. Anzi, introduce la doppia preferenza di genere: una preferenza per un uomo e un'altra per una donna. Il tutto in circoscrizioni enormi, incoraggiando con la proporzionale la moltiplicazione delle liste.
Questa élite politica, composta prevalentemente da gente che è in politica da decenni, da prima di Berlusconi, non pare per nulla spaventata dalla corruzione, dagli arresti, dalle vicende vergognose che si registrano in tutti gli organi che sono ancora dominati dai signori delle preferenze: il consiglio regionale lombardo, quello del Lazio, il parlamento della Sicilia. Vengono dal passato, è naturale che vogliano riportarci al passato delle vecchie preferenze all'italiana.
Per smascherare la pericolosa nostalgia delle preferenze facoltative, si vada a rivedere qualche dato dell'ultima volta che sono state usate, nel 1992, per elezioni della Camera, in una circoscrizione grande - ma non fra le più grandi - come che comprendeva Firenze, Prato, Pistoia, Empoli e Mugello.
Un grande e disciplinato partito come l'ex PCI prese quasi 350.000 voti, ma a scegliere i suoi sei eletti - Rodotà, Cioni, Vannoni, Campatelli, Innocenti, Guidi - furono comunque le strutture politiche interne, che mobilitarono appena 80.000 simpatizzanti. La vecchia DC fu, come era suo solito, lacerata dalla lotta intestina fra i suoi candidati; il partito prese oltre 200.000 voti, ma furono solo 60.000 elettori, cioè pochi gruppi organizzati, a scegliere gli eletti di allora: Bisagno, Casini, Matulli e Tiscar.
Quei candidati furono scelti da partiti chiusi in se stessi, non dai cittadini. Quegli eletti furono scelti da minoranze, non da maggioranze.
I fedelissimi che scrissero la preferenza erano tutti contattati e spesso anche controllati, uno per uno. Non c'era affatto spazio per un giovane, per una persona fuori dall'establishment, per un nuovo leader. Al contrario le fazioni si combattevano aspramente per confermare i propri vecchi capi e referenti.
Con la preferenza volontaria alla campana, più grandi sono le circoscrizioni, più i partiti si lacerano, più il voto si frammenta, e la grande massa degli elettori non decide un bel nulla. Impazzano, invece, le clientele, quelle che hanno distrutto la prima e strangolato sul nascere la seconda repubblica.
Per affrontare l'emergenza politica italiana e superare il disastro delle liste bloccate del Porcellum, bisognerebbe tornare subito a compromessi più ragionevoli, come il Provincellum o il ritorno del Mattarellum, soprattutto se migliorati seguendo le indicazioni di Violante e altri. Sono entrambi sistemi fondati sui collegi uninominali, dove le minoranze non vengono cancellate, dove sono possibili le primarie di collegio, dove gli elettori conservano il potere - che è stato faticosamente conquistato e che non va loro sottratto, come ha giustamente ricordato recentemente Carlo Fusaro - di scegliere il proprio rappresentante e, nello stesso tempo, di indicare un potenziale premier.
In questo momento di confusione politica nazionale, brillano per la loro assenza i nostri leader regionali. Dove sono finiti i politici toscani che, anni fa, avviarono con coraggio il superamento delle preferenze, imboccando la strada europea e americana delle primarie e dei piccoli collegi?
Dov'è la riforma toscana che avrebbe potuto dare un segnale alla riforma nazionale? Dopo tante promesse, il segnale che la Toscana avrebbe dovuto dare, lo stiamo ancora aspettando.



Mauro Vaiani




2 commenti:

  1. ....condivido completamente
    la rievoluzione può passare solo attraverso la valorizzazione delle eccellenze politiche individuate territorialmente... STOP ALLE NOMINE PRECONFEZIONATE!

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  2. Grazie Alessio, in bocca al lupo per il tuo impegno moderato-rivoluzionario, che spero non si riveli troppo distante dal mio impegno immoderato con Italia Futura e le diverse reti civico-liberali.

    RispondiElimina

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