Cose da ricordare, mentre assistiamo alla caduta di altre foglie in questo lungo autunno del berlusconismo. Cose importanti per chi non si rapporta con questo momento storico come un tifoso, ma come un cittadino sovrano. Che magari ha creduto, oppure è sempre stato scettico; che magari è deluso, oppure aveva sempre sospettato; che di sicuro però non vuole, mai, buttare il proprio cervello all'ammasso.
Credo che sarebba stata giusta una qualche forma di protezione costituzionale per il presidente del consiglio dai rischi di un improprio attivismo da parte di pubblici ministeri politicizzati. Vorremmo sommessamente ricordare, però, che mentre molte democrazie prevedono una immunità temporanea per gli alti vertici dello stato riguardo a questioni accadute nel loro passato, praticamente nessuna mette al riparo i propri vertici dai misfatti che si compiono nel presente, durante il mandato.
Un eventuale scudo di buon senso avrebbe potuto rinviare nel futuro le inchieste che hanno tentato di scavare nel suo passato di imprenditore, ma non avrebbe comunque mai potuto metterlo al riparo da ipotesi di reato recentissime, come il suo ipotizzato coinvolgimento in casi di prostituzione minorile, o l'eventuale abuso di potere che potrebbe configurarsi nelle sue discutibili telefonate in questura.
Sui problemi giudiziari di Berlusconi, più in generale, c'è una considerazione che, per quanto possa dispiacere a chi ha creduto in lui e diffidato della vecchia sinistra, non si può più eludere. In molti siamo convinti che contro il Presidente ci sia stato accanimento giudiziario. Dopo tanti anni di governo, però, se la magistratura non è stata riformata, se le cose non sono cambiate, si dovrà pur cominciare a pensare che non si tratta più tanto di una manifestazione di odio politico pregiudiziale nei suoi confronti, quanto di una conseguenza diretta della sua incapacità a cambiare le istituzioni e le regole.
Dobbiamo rassegnarci all'idea che il presidente Silvio Berlusconi ha avuto come statista un successo inversamente proporzionale a quello che ottenuto nella sua vita da imprenditore. Peccato, perché di leader così trascinanti e, a parole, così rivoluzionari, non ne capitano di frequente.
Siamo vent'anni più vecchi e nessuno dei grandi cambiamenti istituzionali, politici o economici promessi, è arrivato in porto. Non è riuscito a sconfiggere la dittatura dello status quo, è finito in un cul-de-sac.
Ai fallimenti come statista, va aggiunto il disastroso fallimento del PDL. A più di tre anni dalla svolta del Predellino del 18 novembre 2007, al posto di un grande partito popolare e liberale di massa abbiamo una opaca inefficiente piramide, ai cui vertici scorrazzano veline e velini, pensionati sfigati, parlamentari voltagabbana e una serie di persone che sembrano essere state nominate ai vertici dei ministeri in dispregio di ogni possibile concezione di democrazia o meritocrazia, per premiare invece la sola fedeltà al leader.
Non va dimenticato, infine, che è stata guastata l'innocenza con cui una importante fetta di questo paese guardava alla vicenda politica di Silvio Berlusconi. A mio parere, è questa la parte più brutta del tramonto di Berlusconi.
Un uomo su cui un popolo intero ha riposto una fiducia così grande, non ha più tutta la libertà del privato cittadino, poca o tanta che sia.
Non può più permettersi, come invece è lecito per le persone comuni, di essere ipocrita, di essere evasivo, di manipolare i fatti con parole ai limiti della menzogna.
Il tempo fugge irreparabile. Anche noi, cittadini italiani, come i nostri vicini tunisini, dobbiamo liberarci del nostro sultano.
Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso
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