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domenica 30 gennaio 2011

Vento di libertà nel Maghreb

Un Duemilaundici per il mondo arabo come l'Ottantanove dell'Europa dell'Est? Come non sperarlo?

In Tunisia è di certo accaduto qualcosa di insperato. Una maggioranza popolare di giovani e donne, insieme ai, non molti, intellettuali dissidenti in circolazione, ha cacciato Ben Ali, il presidente satrapo, al potere da 23 anni. Ora le proteste popolari stanno continuando per impedire ai gattopardi di sopravvivere attraverso il governo provvisorio di Gannouchi. Il vento che ispira questa protesta profuma di un umanissimo e universale amore per la libertà, contro le caste, gli arbitrii, le violenze, il paternalismo, le menzogne e la propaganda del vecchio regime.

C'entrano qualcosa i problemi economici? C'entrano sempre le condizioni materiali della vita, ma l'anima di questa rivoluzione è in una straordinaria rivendicazione, prima di tutto, di libertà e dignità. Era povero il martire tunisino Mohamed Bouazizi? Immaginiamo pure di sì e immaginiamo anche la grande frustrazione che gli derivava dal fatto che il suo tentativo di riscattarsi attraverso gli studi si fosse rivelato vano. Quando però la violenza del regime gli ha rovesciato il suo povero banco da libero venditore autonomo, crediamo che ciò che è scattato in lui sia la fionda di Davide, sia la spallata di Atlante, sia quel bambino, nascosto nel profondo di tutti noi, che a un certo punto si mette a gridare che il re è nudo, come nella favola di Hans Christian Andersen.

La sua scelta di darsi fuoco, in segno di rivolta contro il presidente a vita, lo congiunge idealmente al martirio di Jan Palach contro il partito unico. Entrambi simboleggiano l'irriducibilità dell'individuo all'asservimento alle moderne incarnazioni del potere totalitario.

Intanto sta suonando la campana per tutti gli altri presidenti a vita.

Fonte: http://www.corriere.it (link allo scatto originale)
In Egitto è tempo che Mubarak, 82 anni, al potere da 30, prepari l'areo e raggiunga all'estero i suoi familiari. Perdiamo un alleato e si liberano forze dal carattere ancora ambiguo, affermano alcuni che hanno a cuore, come me, le ragioni dell'Occidente e in particolare quelle di Israele, ma, chiediamo sommessamente, può l'Occidente rimanere schiacciato nella difesa del mero status quo?

Nello Yemen trema persino l'abile e coriaceo Abdullah Saleh, 64 anni, presidente dal 1990.

Nella sempre turbolenta Algeria i giovani disoccupati, che si danno fuoco anch'essi come Jan Palach, prendono di mira il governo di Abdelaziz Bouteflika, al potere dal 1999. Un regime che non è stato in grado né di riconciliare, né di liberalizzare, né di lasciar crescere il paese, dopo gli anni terribili di una terribile guerra civile.

La situazione è forse più tranquilla in Giordania e in Marocco, dove però il potere si incarna nelle figure di due giovani monarchi, Abdullah II e Mohammed VI, che hanno da tempo aperto più di uno spiraglio alle prime timide riforme.

L'ordine sembra ancora regnare, almeno per ora, nella  Libia di Gheddafi e nella Siria degli al-Assad, ma
in realtà tutte le piramidi del mondo arabo, anche le cupola del terrore come Hamas o Hezbollah, stanno tremando.

In Occidente ci si domanda se questi movimenti popolari non rischiano di finire come nell'Iran del 1979. Guardando almeno alla Tunisia, che grazie alle testimonianze dirette dell'amico Giacomo Fiaschi stiamo seguendo più da vicino, ci sembra di poter essere cautamente ottimisti.

Non siamo più nel cupo mondo diviso nei due blocchi della guerra fredda. Non è più così facile, come negli anni settanta,  incantare le masse con ideologie pericolose.

Neppure l'islamofascismo, una delle ultime e forse una delle più resistenti incarnazioni della follia del totalitarismo, può più facilmente irretire masse di giovani che leggono e parlano l'inglese, che possiedono un cellulare, che accedono a Facebook e a Twitter, che, con gli occhi aperti su come si vive in Occidente, ma anche in India e persino in certe parti della Cina, non vogliono certo perdersi la loro fetta, non importa quanto piccola, di libertà personale, spirituale, materiale e anche sessuale, a cui sentono di avere diritto.

Né si può dimenticare che anche in Iran la gioventù, le donne, la società civile, non sono certo stati ridotti al silenzio. Le cose non sono ferme davvero, sotto il regime del fanatico Ahmadinejad e del papa corrotto Khamenei. Prima o poi, il vento del Maghreb e la Rivoluzione verde finiranno con l'incontrarsi.

L'eventuale avanzamento della libertà e dei diritti umani in così tanti e così importanti paesi arabi e islamici, invece che una preoccupazione, potrebbe diventare una fonte di speranza per la pacificazione dei due paesi dove noi occidentali abbiamo così tanto combattuto e così tanto sbagliato, l'Iraq e l'Afghanistan.

In Italia e in tutta Europa, negli USA, in Israele, nel Libano, in tutto l'Occidente, è tempo di svegliarsi e di tendere la mano a questo vento di libertà che attraversa il Maghreb.

Mauro Vaiani


Per un approfondimento sul martirio di Bouazizi:

Giacomo Fiaschi da Tunisi - http://www.facebook.com/video/video.php?v=1774749458203

http://invisiblearabs.com/?p=2555

http://nawaat.org/portail/2011/01/06/a-la-memoire-de-mohamed-bouazizi/

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