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The World Poverty Stone, Dublin
(Uno scatto di Mauro Vaiani, 2012) |
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Oggi il
Tirreno ospita gentilmente un mio commento sull'Irlanda nel giorno del referendum sul nuovo Trattato europeo di stabilità. L'austerità ci riguarderà tutti, trattato o non trattato, ma dobbiamo coniugarla con una atavica e nobile tradizione irlandese, la lotta per cancellare la povertà. Per riformare l'Euro, per ridurre gli immensi debiti pubblici che minacciano la stabilità delle nostre economie, abbiamo bisogno di profonde riforme politiche e sociali, all'insegna della giustizia. Abbiamo bisogno, ma di questo riparleremo presto, di idee nuove e di una nuova generazione di politici.
* * *
Il testo dell'intervento:
L'Irlanda e
la lotta contro la povertà, non contro l'Euro
di Mauro
Vaiani*
Dublino,
giovedì 31 maggio 2012
Forse
il posto migliore dal quale cercare di capire qualcosa
dell'Irlanda è a nord del fiume Liffey, a Dublino, dove si trova il
suggestivo memoriale dedicato alle vittime della carestia che colpì
l'isola fra il 1845 e il 1849. Nessun Irlandese può dimenticare un
milione di morti, né il fatto che le grandi aziende agricole del
tempo continuarono a esportare cibo per tutti gli anni della “Great
Famine”, in cui centinaia di migliaia di poveri contadini fittavoli
morivano di fame, venivano cacciati perché morosi, erano costretti
dalla disperazione ad emigrare.
Una
targa, vicino al
monumento, ricorda l'impegno internazionale per lo “Eradication of
Poverty”, ma la lotta per la cancellazione della povertà, gli
Irlandesi lo sanno, inizia a casa propria. Da coloro che sono
lontani, in alto, o altrove, come i grandi proprietari terrieri
assenteisti dell'Ottocento, c'è ben poco da aspettarsi.
I
cittadini della Repubblica di Irlanda sono quattro milioni e mezzo,
quasi un milione in più dei Toscani. Sono sparsi su un territorio
tre volte più grande, molto più rurale, molto meno
industrializzato, ma non più povero. Il reddito pro capite lordo, a
parità di potere d'acquisto, è superiore a quello toscano (33.000
Euro contro i nostri 28.000). La crisi dei mercati finanziari -
quelli che distruggono rapidamente le grandi ricchezze virtuali che
avevano creato - ha colpito Dublino molto più duramente di Firenze
(o di Siena), perché l'Irlanda, con un suo regime fiscale
assolutamente vantaggioso, ospita un numero impressionante di
finanziarie internazionali.
Con un
referendum popolare, gli
Irlandesi sono chiamati (giovedì 31 maggio) ad approvare o a
respingere il nuovo Trattato di stabilità europea. L'esito è
incerto, perché, ancora una volta, come già accadde nel 2008,
quando bocciarono il pasticcio della cosiddetta “Costituzione
Europea”, gli Irlandesi temono le decisioni prese troppo lontano
dai loro occhi e troppo lontano dalla loro terra.
Ciò che è
certo invece, è l'austerità, quella che tutti sanno non si potrà
evitare, trattato sì o trattato no. Il deficit pubblico, anche qui,
era e resta strutturale. Lo era già negli anni del boom, prima che
la crisi costringesse il governo a un salvataggio - certamente
discutibile - di alcune grandi banche private. Sì, il deficit
strutturale c'è anche in questo piccolo paese, nonostante lo stato
sia meno esoso e sprecone, non esistano le pensioni d'oro o i
baby-pensionati, i cittadini siano molto più fiscalmente
disciplinati che da noi.
Qui la crisi
è chiamata con il suo vero nome: “European Sovereign Debt Crisis”,
crisi del debito pubblico degli stati europei. Lo stato spende
troppo. Non è affatto una crisi dell'Euro, è la crisi dei nostri
sistemi politici che continuano a spendere più di quello che
incassano.
L'Euro, da
questo punto di vista, funziona anche troppo bene: è una valuta
talmente forte che tutti coloro che hanno troppi debiti in Euro,
principalmente gli stati che non hanno mai mantenuto gli impegni
presi con il famoso e troppo spesso dimenticato Trattato di
Maastricht del 1992, sono con l'acqua alla gola.
Gli Irlandesi
vanno al voto sapendo che l'austerità è inevitabile, trattato sì,
trattato no.
Dalla crisi
del debito pubblico europeo non si esce con il Fiscal Compact, ma con
profonde riforme, che sono necessarie in una piccola repubblica,
figuriamoci in stati più grandi, più inefficienti, paurosamente più
costosi, come il Portogallo, la Grecia, la Spagna, il Belgio - di cui
si parla chissà perché così poco - e, naturalmente, l'Italia.
* Visitor
at the University College Dublin - School of Politics
* * *
Post Scriptum (venerdì 1 giugno 2012, ore 14.45):
Gli Irlandesi hanno deciso per il sì al nuovo Trattato di austerità. Il paese è diviso e confuso, ma la determinazione a impegnarsi per l'austerità e per le riforme è altissima. Serviranno ancora anni di sacrifici, da parte di tutti. In particolare dovranno sacrificarsi, coloro che hanno commesso grandi errori e corso grandi rischi. Gli Irlandesi hanno un piccolo vantaggio, rispetto a molti altri paesi europei, compreso il nostro e compresa la nostra Toscana. In piccoli collegi eleggono direttamente i propri leader politici. La politica è un po' meno scollata dalla vita reale, nonostante tutto. Gli errori, le inettitudini, gli scandali, ci sono ovviamente anche qui, e costano carissimi, ma vengono corretti più rapidamente e più frequentemente. Non è poco.