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lunedì 2 gennaio 2012

Una primavera chiama l'altra

E' stata una grande stagione, questa Primavera araba che ha fatto del 2011 un nuovo 1989 per tanti popoli del mondo arabo e islamico.
Le preoccupazioni, certo, non mancano, come quelle espresse dal bravo Andrea Gilli e dalla mia amica Fiamma Nirenstein.
Eppure, secondo noi, è stata una vera primavera e i grandi cambiamenti occorsi in Tunisia, Egitto, Libia, Marocco, Giordania e oltre, ne provocheranno altri.
C'è fiducia che a questa primavera ne seguiranno altre, dalla Siria all'Iran, fino all'Afghanistan e al Pakistan.
Non solo minoranze oppresse e intellettuali liberali, ma grandi maggioranze popolari di giovani e di donne sono state coinvolte. Siamo appena all'inizio di un processo in cui, come scrisse Kagan nel 2008 nel suo pamphlet "The Return of History and the End of Dreams", nonostante tutte le nostre paure soggettive e tutte le difficoltà oggettive, non ci sono alternative. Non possiamo far altro che appoggiarlo. Il mondo libero, le società aperte "should continue to promote political liberalization; support human rights, including the empowerment of women; and use its influ­ence to support a free press and repeated elections that will, if nothing else, continually shift power from the few to the many. This, too, will produce setbacks. It will pro­vide a channel for popular resentments to express them­selves, and for some radical Islamists to take power through the ballot box. But perhaps this phase is as unavoidable as the present conflict, and the sooner it is begun, the sooner a new phase can take its place".
La democrazia, in sé, non garantisce l'avvento al potere di governi moderati e liberali. Intellettuali come Mustafa Akyol, però, ci lasciano capire quanto sia forte, anche nel mondo islamico, il bisogno di libertà per gli individui, di stato di diritto per le comunità e le imprese, di riconoscimento per le minoranze e, soprattutto, di libertà religiosa per tutti.
La modernizzazione sarà fortemente temperata e magari anche avvolta in veli di preoccupante bigottismo, dai nuovi governi e dalle nuove elite politiche di ispirazione islamista, ma, come ci hanno già dimostrato il nuovo governo in Tunisia e le nuove dinamiche politiche egiziane, l'esito non sarà una riedizione dell'Iran degli anni Ottanta.
C'è speranza, nel mondo islamico e in tutto il mondo. Un numero impressionante, senza precedenti nella storia, di persone umane, si è schierato dalla parte della libertà di ciascuno, dei doveri civici, dello stato di diritto.
Non sarà il paradiso sulla terra, ma sarà sempre meglio del mondo di prima, quello dei dittatori, dei presidenti a vita, dei partiti unici, delle menzogne di stato, dei regimi fondati sull'odio.
Grazie, dal profondo del cuore, agli eroi della Primavera araba del 2011 e avanti così, verso Damasco, verso Teheran!

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