Alla prestigiosa Accademia dei Georgofili a Firenze, ieri, ho partecipato alla presentazione di una pubblicazione, intitolata "La mia terra". Si tratta di una ampia intervista su temi storici e politici fatta a Federico Vecchioni da Leonardo Tirabassi. Ha presieduto l'incontro il prof. Franco Scaramuzzi, storica guida dell'istituzione. E' intervenuto il prof. Amedeo Alpi, già preside di Agraria all'Università di Pisa.
Il curriculum di Federico Vecchioni, come imprenditore agricolo, come studioso, come dirigente nell'associazionismo imprenditoriale e, oggi, come protagonista della fondazione Italia Futura a fianco di Luca Cordero di Montezemolo, parla da solo.
Del suo intervento, ampio, competente e convincente, in cui ha parlato delle prospettive dell'agricoltura italiana e della sua centralità ecologica e sociale, e quindi politica, voglio ricordare tre cose, quelle che mi hanno colpito di più e la cui portata, mi pare, va ben oltre l'agricoltura, fino a richiedere un profondo cambiamento dell'intera agenda politica.
La prima, il paradosso europeo. Da una parte, abbiamo delegato a livello di Unione Europea, in una gestione collegiale fra 27 stati membri, la gestione di fondi vitali per l'agricoltura, la cui perequazione e redistribuzione forse dovrebbe tornare a essere decisa nei diversi territori locali, per porre fine a tante distorsioni, presunzioni e astrattezze. Dall'altra, nonostante la presenza della burocrazia europea e per la debolezza del governo italiano, siamo privi di una rappresentanza degli interessi della nostra agricoltura ai grandi tavoli mondiali dove si stabiliscono le regole del commercio internazionale.
La seconda questione, la dignità del lavoro, a partire da quello manuale, duro, disagiato. La restituzione di dignità, libertà, e anche di favore fiscale, al lavoro manuale, in tutta Italia, è una grande sfida. E' necessario che nella nostra società tornino rispetto spirituale e incentivazioni economiche per il lavoro manuale e fisico, per le attività rurali e artigiane, per i lavori operai e tecnici, per tutte le attività che implicano cura e esperienza, diligenza e disciplina.
Infine il terzo tema, la necessità di una risposta innovativa alla domanda: a chi si devono affidare la cura e la responabilità del territorio? Una buona risposta dovrebbe essere: ai suoi proprietari, che sono gli eredi diretti e quindi i primi responsabili delle nostre tradizioni rurali millenarie. Il tema della necessità di una maggiore libertà degli imprenditori agricoli, da tanti lacci e lacciuoli, coniugato con la riscoperta della loro responsabilità, delle loro capacità, delle loro potenzialità come capaci custodi del territorio e della sua bellezza, va affrontato in modo nuovo, con competenza e con audacia, da una nuova generazione politica.
Occorre un cambiamento politico, che sappia ascoltare e valorizzare gli studi e gli stimoli provenienti da tutti coloro che lavorano e amano la terra. Federico Vecchioni non nasconde di voler dare il suo contributo.
Voglio annotare, infine, non senza ammirazione, un dettaglio emerso nell'incontro: Vecchioni conosce davvero gli scritti del pensatore federalista repubblicano Carlo Cattaneo, una di quelle figure di cui hanno parlato invece, per vent'anni, a vanvera, una generazione di politici ormai screditati, che non sono riusciti a portare a termine la tanto attesa trasformazione federale della Repubblica italiana.
Come si dice in Toscana: segno buono!
E in bocca al lupo a Federico Vecchioni, persona da tenere d'occhio.
Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso
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