Un discorso diverso in Toscana, per chi crede, in questa nostra madreterra, in questa fugace vita, in qualcosa di diverso

giovedì 29 marzo 2012

Un piccolo passo avanti?

Lo so, sono un fanatico dei piccoli passi avanti, una sorta di estremista di tutto ciò che fa rima con riformismo e migliorismo, uno pressoché incapace di vedere il bicchiere mezzo vuoto, abbagliato come sono da quello mezzo pieno. Per questo, con qualche cautela, con qualche scongiuro, cum grano salis, confesso di non essere del tutto scontento di ciò che si è mosso questa settimana in materia di riforma elettorale, a Roma, ma anche in Toscana.  Vediamo perché.

Punto uno. Alla fine si è mossa prima Roma, che la Toscana. Questo non significa certo che dobbiamo interrompere la nostra pressione sul nostro Consiglio regionale. Pigiando a Firenze, si aiuta a Roma. Sostenendo Roma, si stuzzica Firenze. Avanti quindi. Possiamo anche vantarci, come gruppo di intellettuali che da tempo ci siamo uniti per sostenere un giusto compromesso fondato sui collegi uninominali, che in fondo i leader romani si sono seduti sui risultati acquisiti anche grazie al nostro lavoro.

Punto due. Alla fine, sia a Roma, che in Toscana, si lavora per un sistema simile a quello tedesco. Almeno la metà degli eletti sarà espressa in collegi uninominali. Si allontana il pericolo del ritorno degli oscuri signori delle preferenze, quelli che vogliono decidere, con l'aiuto di pochi clienti, della destinazione dei soldi di tutti. I collegi uninominali sono la vera frontiera di coloro che credono in una società aperta, governata dai suoi cittadini sovrani. Sono la costituency per eccellenza, quella in cui sono possibili primarie (magari obbligatorie), quella dove le persone contano più dei partiti, quella dove le maggioranze popolari contano più delle minoranze organizzate.

Punto tre. Si creano degli incentivi alla formazione di partiti grandi. Forze inclusive, organizzate democraticamente al proprio interno, radicate territorialmente. Si fa un piccolo passo in avanti, dal bipolarismo forzoso e fazioso dell'era berlusconiana, a un più maturo confronto fra grandi forze, che potrà facilmente evolversi in un moderno ed efficiente bipartitismo.

Punto quattro. Ultimo ma non meno importante. C'è da essere contenti di sentire qualche lamentela rivelatrice. Si lamentano le piccole fazioni, i cui capetti vorrebbero essere eletti con percentuali a una cifra. Si lamentano i populisti, che non vogliono candidarsi per cambiare le cose, ma solo continuare a urlare e galleggiare. Si lamentano gli estremisti, quelli all'estrema destra, all'estrema sinistra, all'estremo centro, all'estremo oltre dell'antipolitica, i grillini in particolare. Non condividono una etica della responsabilità. Non amano le istituzioni. Scappano ogni volta che c'è da sporcarsi le mani per sconfiggere lo status quo.

Lancio un monito a tutti, vicini e lontani, alle persone già impegnate nelle forze esistenti, o che stanno pensando di promuoverne di nuove: continuiamo a impegnarci per i collegi uninominali; lavoriamo perché si formino dei movimenti con una vocazione maggioritaria; aiutiamo la discesa in campo di leader che vogliono cambiare il paese, non la propria vita o, peggio, il proprio stipendio.

Diffidiamo, diffidiamo, diffidiamo di tutti coloro che vogliono il proporzionale puro, le preferenze e tutto ciò che consente di essere eletti con pochi voti, perché sanno già che non ne prenderanno mai tanti.

Sembrano democratici, sembrano movimentisti, sembrano l'anti-politica.

E invece, politicamente parlando, sono solo imbroglioni.

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